Consiglio di Stato, Sez. IV n. 5666 del 7 novembre 2012
Urbanistica.Il vincolo a verde pubblico ha natura conformativa e non espropriativa

Le “Norme Tecniche di attuazione”, che consentono l’intervento diretto dei privati per il verde costituiscano disposizioni che hanno natura tipicamente conformativa . La previsione di una tipologia a “verde pubblico” non configura un vincolo preordinato ad esproprio né una inedificabilità assoluta, in quanto si tratta di prescrizione normalmente diretta a regolare concretamente l’attività edilizia, che attiene ad una potestà conformativa propria dello strumento urbanistico generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come stabilito dall’art. 11 l.17 agosto 1942, n.1150. Sono conformativi e al di fuori della schema ablatorio-espropriativo (non comportano indennizzo, non decadono al quinquennio e quindi non sussiste un dovere di ritipizzazione) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di ablazione del bene . (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05666/2012REG.PROV.COLL.

N. 04674/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4674 del 2012, proposto da:

Giuseppe De Filippis, Vincenza De Filippis, rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Pellegrino, con domicilio eletto presso Giovanni Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, 11;

contro

Comune di Squinzano, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Studio Legale Bdl in Roma, via Bocca di Leone, 78;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 00569/2012, resa tra le parti, concernente silenzio riservato dal comune di Squinzano sull'istanza di riqualificazione urbanistica

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Squinzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2012 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Pellegrino e Alberto Zito su delega di Ernesto Sticchi Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia gli attuali appellanti, Giuseppe De Filippis e Vincenza De Filippis, agivano per l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Squinzano sulla istanza del 4 luglio 2011 in ordine alla declaratoria dell’obbligo di procedere alla ridefinizione urbanistica del suolo di proprietà dei ricorrenti e per la nomina del commissario ad acta.

I ricorrenti risultavano proprietari di terreni tipizzati dagli strumenti urbanistici in parte come zona F.1.2 (attrezzature civili di interesse comune), in parte come zona F.1.4 (verde attrezzato), in parte come sede stradale.

Essi agivano sostenendo che si trattava in tutti i su descritti casi di vincoli sostanzialmente espropriativi, decaduti per decorrenza del termine, con conseguente qualificazione dell’area a zona bianca e quindi equiparabile alle aree prive di pianificazione. Ne conseguiva, quindi, un obbligo di ritipizzazione su tutte le aree.

Il giudice di primo grado accoglieva soltanto in parte la domanda, respingendola per la parte restante.

In particolare, secondo il primo giudice, può sostenersi la natura di vincolo diretto ad esproprio per quanto riguarda la parte destinata ad area stradale. Conseguentemente, in tale parte, alla decadenza quinquennale del vincolo, senza reiterazione, esiste l’ obbligo dell’amministrazione comunale di ritipizzazione alla scadenza del vincolo preordinato all’esproprio e quindi deve essere accolto il ricorso avverso l’illegittimo silenzio esistendo l’obbligo di provvedere.

Viceversa, per quanto riguarda la destinazione ad attrezzature civili di interesse comune e a verde attrezzato, si tratta di vincoli conformativi dovuti a generale zonizzazione, che non comportano l’azzeramento del contenuto economico del diritto di proprietà.

Nella specie, per le zone F.1.4 e F.1.2, che riguardano la prima la destinazione a “verde attrezzato” e la seconda quella ad “attrezzature civili di interesse comune” gli articoli 69 e 71 del PUG dispongono un rapporto di conversione per la realizzazione della perequazione urbanistica, pari, rispettivamente, a 0,50 e 0,30 fondiario e sono suscettibili di cessione gratuita.

Avverso tale sentenza, nella parte in cui risulta reiettiva della domanda diretta all’accertamento dell’obbligo di provvedere sulla istanza di riqualificazione urbanistica per decadenza del vincolo preordinato all’esproprio, per attrezzature di interesse comune e per zone a verde attrezzato, viene proposto appello, sostenendo quanto segue.

Gli articoli 69 e 71 delle NTA al PRG prevedono l’acquisizione da parte del Comune, senza necessità di variante urbanistica e non è consentita l’iniziativa privata, considerato che la cessione gratuita delle aree al Comune, alternativa all’esproprio, presuppone l’approvazione di un preventivo piano urbanistico esecutivo.

Il piano deve essere di iniziativa pubblica o privata, ma solo su proposta dei proprietari delle aree inserite nel comparto con previsioni edificatorie (zone omogenee di tipo C) e non anche dai proprietari delle aree destinate a servizi.

Pertanto, le tipizzazioni F.1.2 e F.1.4 devono ritenersi vincolate a futura ablazione.

L’appello argomenta anche dalla circostanza che la differenza tra vincoli espropriativi e conformativi si è formata nell’ambito della giurisprudenza relativa alla diversa problematica della determinazione della indennità di esproprio (per cui si considerano i vincoli che incidono su una generalità di soggetti in funzione della classificazione di una intera zona).

Nel campo che riguarda l’oggetto della controversia esaminata, secondo l’appello, si dovrebbe avere riguardo alla sostanza del vincolo imposto, che consente la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera senza necessità di variante urbanistica, anche laddove l’intervento sia attuabile per iniziative privata e in una logica di mercato.

Si è costituito il Comune di Squinzano chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Alla camera di consiglio del 9 ottobre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.L’appello è infondato e come tale va rigettato.

Va in via logica chiarito che la controversia resta limitata alla natura dei vincoli – se conformativi o espropriativi – decaduti per quinquennio, in quanto solo in caso di decadenza di vincoli espropriativi, ricorre l’obbligo del Comune di procedere alla riqualificazione urbanistica dell’area, risultando illegittimo il silenzio serbato sulla istanza-diffida dell’interessato.

E’ noto che a seguito della decadenza di vincolo preordinato ad esproprio e alla inerzia dell’ente territoriale nell’attribuire al terreno una nuova destinazione, il proprietario non resta senza tutela ma può promuovere gli interventi sostitutivi oppure attivare la procedura di messa in mora e tipizzazione giurisdizionale del silenzio davanti al giudice amministrativo (così Cassazione civile sezioni unite, 6 maggio 2009, n.10362).

La giurisprudenza di questo Consesso ha già avuto modo di affermare come tale obbligo di ripianificazione sussista soltanto in relazione alla decadenza dei vincoli espropriativi e non anche in caso di vincoli conformativi (tra tante, Consiglio Stato, IV, 27 giugno 2012, n.3804).

Si è altresì sostenuto che non hanno carattere espropriativo, ma soltanto conformativo, e perciò non sono soggetti a decadenza e all’obbligo di indennizzo - né emerge l’obbligo di ritipizzazione e l’inadempimento all’obbligo di provvedere (che non sussiste) - tutti i vincoli di inedificabilità imposti dal piano regolatore, a qualsivoglia titolo, per ragioni lato sensu ambientali.

Tra tali ipotesi, rientrano il vincolo di inedificabilità (c.d. di rispetto) a tutela di una strada esistente, il vincolo di verde attrezzato, il vincolo di inedificabilità per un parco e per una zona agricola di pregio, la destinazione a verde e così via (tra tante, Consiglio di Stato, IV, 23 dicembre 2010, n.9372).

2.Parte appellante sostiene la natura espropriativa dei vincoli per le aree per le quali, al contrario, il primo giudice l’ha esclusa: aree destinate ad “attrezzature civili di interesse comune” e a “verde attrezzato”.

Il primo giudice ha sostenuto la natura di vincolo conformativo, in quanto è previsto un rapporto di conversione per la realizzazione della perequazione urbanistica; inoltre, tali aree sarebbero suscettibili anche di cessione gratuita alla amministrazione comunale, con la conseguenza che i cessionari parteciperebbero dei benefici perequativi derivanti dalle convenzioni attuative dei comparti edificatori.

Parte appellante, al fine di contestare tale ragionamento, sostiene che la cessione gratuita al Comune presuppone l’approvazione di un piano urbanistico esecutivo, attivabile o per iniziativa pubblica o per iniziativa privata, ma solo dei proprietari di aree inserite nei comparti con previsioni edificatorie e non dai proprietari di aree destinate a servizi.

Le doglianze sono infondate.

In relazione al verde attrezzato, si ritiene generalmente che le “Norme Tecniche di attuazione”, che consentono l’intervento diretto dei privati per il verde costituiscano disposizioni che hanno natura tipicamente conformativa (Corte Costituzionale n, 20 maggio 1999, n.179; da ultimo Consiglio Stato, IV, 13 luglio 2011, n.4242 e 19 gennaio 2012, n.244).

La zonizzazione del territorio, con i vincoli di generalità e in modo obiettivo su intere categorie di beni, è connaturata normalmente alla pianificazione urbanistica, per cui non può essere ex se considerata di natura ablatoria.

La possibilità che il diritto di proprietà subisca alcune limitazioni in ragione dell’interesse pubblico costituisce d’altronde un rischio fisiologico connesso al diritto stesso secondo il giudice delle leggi (n.179 del 1999 su menzionata).

La previsione di una tipologia a “verde pubblico” non configura un vincolo preordinato ad esproprio né una inedificabilità assoluta, in quanto si tratta di prescrizione normalmente diretta a regolare concretamente l’attività edilizia, che attiene ad una potestà conformativa propria dello strumento urbanistico generale, la cui validità è a tempo indeterminato, come stabilito dall’art. 11 l.17 agosto 1942, n.1150 (tra tante Consiglio Stato, IV, 10 giugno 2010, n.3700).

Sotto l’altro profilo evidenziato, non può aderirsi alla tesi di parte appellante secondo cui l’area in questione permetterebbe la realizzazione di opere soltanto ad iniziativa pubblica.

Al contrario, i richiamati articoli 69 e 71 NTA prevedono l’acquisizione da parte del Comune, ma anche interventi esecutivi diretti di iniziativa pubblica mediante progetti esecutivi approvati dall’amministrazione comunale.

In generale, inoltre, e ciò vale per tutte le destinazioni per le quali il primo giudice ha escluso la natura espropriativa dei vincoli, deve osservarsi che l’attività di realizzazione poteva avvenire sia in via ordinaria che attraverso gli strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa privata (“progetti esecutivi approvati dall’Amministrazione comunale”).

Sono conformativi e al di fuori della schema ablatorio-espropriativo (non comportano indennizzo, non decadono al quinquennio e quindi non sussiste un dovere di ritipizzazione) i vincoli che importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, che non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di ablazione del bene (così, Consiglio Stato, IV, 22 giugno 2011, n.3797).

Il riferimento al rapporto di perequazione dimostra che non si assiste ad un completo e occulto svuotamento del contenuto del diritto dominicale, prevedendosi un preciso rapporto di conversione per la realizzazione della perequazione.

Se tale indice non è ritenuto soddisfacente delle aspettative di lucro dei privati, ciò nonostante tutti i proprietari, compresi quelli dei lotti destinati ad essere ceduti all’amministrazione, beneficiano pro quota della potenzialità volumetrica complessivamente assegnata al comparto sotto forma di indice territoriale riferito all’intero comparto e non ai singoli lotti.

In definitiva, poiché sulla proprietà degli appellanti insistevano (anche) vincoli di natura conformativa, come tali non soggetti a decadenza, restavano e restano valide le destinazioni urbanistiche che consentono l’intervento diretto anche dei privati, che beneficiano del meccanismo perequativo.

3.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto.

La particolare natura delle questioni giuridiche rappresentate giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:

rigetta l’appello, confermando la impugnata sentenza. Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Diego Sabatino, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/11/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)