TAR Toscana Sez. III n. 1643 del 19 dicembre 2018
Urbanistica.Lottizzazione abusiva ed interesse tutelato dalla legge

In tema di lottizzazione, l’interesse tutelato dalla norma  è la salvaguardia dell’ordinato sviluppo del tessuto urbano e, soprattutto, del potere di pianificazione attuativa e di controllo dell’amministrazione, che risulterebbero pregiudicati dalla realizzazione di insediamenti potenzialmente privi dei servizi e delle opere di urbanizzazione necessari; mentre il concetto di “trasformazione” viene inteso in senso funzionale, dovendosi perciò avere riguardo al complesso delle opere realizzate e al correlativo aggravio del carico urbanistico, ancorché le singole costruzioni – isolatamente considerate – risultino eventualmente assistite da regolare titolo edilizio (per questo può costituire lottizzazione abusiva materiale anche il cambio di destinazione d’uso di un complesso immobiliare formato da singoli elementi legittimamente edificati, se ne deriva un carico urbanistico diverso da quello in origine previsto)

Pubblicato il 19/12/2018

N. 01643/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01105/2014 REG.RIC.

N. 01121/2014 REG.RIC.

N. 01876/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1105 del 2014, proposto da
Marco Castellani, rappresentato e difeso dall'avvocato Laura Attanasi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maddalena Gajo in Firenze, via del Pellegrino 26;

contro

Comune di Poggibonsi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fausto Falorni, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via de' Pucci 4;

nei confronti

Filippo Marcello Conti, Orazio Conti, non costituiti in giudizio;


sul ricorso numero di registro generale 1121 del 2014, proposto da
Eleonora D'Auria, rappresentata e difesa dall'avvocato Lucia Carillo, già domiciliata presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40, ed oggi con domicilio telematico come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Comune di Poggibonsi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fausto Falorni, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via de' Pucci 4;


sul ricorso numero di registro generale 1876 del 2014, proposto da
Ignazio Lauceri, Filippo Marcello Messina, Giuseppe Sorrentino, Orazio Conti, Giuseppe Romano, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Tullio D'Amora, con domicilio eletto presso lo studio legale Lessona in Firenze, via dei Rondinelli 2;

contro

Comune di Poggibonsi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fausto Falorni, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via de' Pucci 4;

per l'annullamento,

quanto al ricorso n. 1105 del 2014:

- dell'ordinanza n. 19/EU/14 del Settore Edilizia privata ed Urbanistica - Servizio edilizia privata del Comune di Poggibonsi, comunicata in data 7.04.2014 avente ad oggetto "Loc. Maltraverso/Martella Giovanni più altri: Realizzazione di lottizzazione abusiva. Ordinanza di sospensione della lottizzazione e divieto di disporre dei suoli e delle opere stesso con atto tra vivi Capo II art. 30 comma 7 del D.P.R. 6.6.2001 n. 380";

- di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente ancorché non conosciuto.

Quanto al ricorso n. 1121 del 2014:

- dell'ordinanza di sospensione della lottizzazione e divieto di disporre dei suoli e delle opere (capo II art. 30 comma 7 D.P.R. 380/2001 N. 19/EU/14 - raccolta segreteria 75 del 3 aprile 2014 - Comune di Poggibonsi, partita per la notifica il 16 aprile 2014, giusto sopralluogo del 16 febbraio 2014, avente ad oggetto i beni siti nel Comune di Poggibonsi, loc. Maltraverso, identificati al Catasto terreni al foglio di mappa 49 particella 275.

Quanto al ricorso n. 1876 del 2014:

- dell'ordinanza n. 19/EU/14 a firma del Dirigente del Settore Edilizia Privata ed Urbanistica - Servizio Edilizia Privata del Comune di Poggibonsi, comunicata il 07.04.2014, avente ad oggetto "Loc. Maltraverso/ Martella Giovanni, Valentino Anna, D'Auria Eleonora, Messina Filippo Marcello, Furnari Grazia Maria, Conti Orazio, Lauceri Maria, Sorrentino Giuseppe, Iacopo Elvira, Chianese Vittorio, Romano Giuseppe, Lauceri Grazia, Lauceri Ignazio, Contino Rosaria, Castellani Marco. Realizzazione di lottizzazione abusiva - ordinanza di sospensione della lottizzazione e divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atto tra vivi Capo II art. 30 comma 7 del D.P.R. 6-6-2001 n. 380";

- di ogni altro atto da questo presupposto, conseguente o comunque connesso ivi compresa la comunicazione di avvio del procedimento del 19.02.2014 ed il richiamato, ancorché allo stato incognito, verbale di P.M..


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Poggibonsi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2018 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel febbraio – marzo del 2014, personale del Comune di Poggibonsi ha eseguito alcuni sopralluoghi presso un’area agricola in località Maltraverso, già di proprietà del signor Marco Castellani e da costui frazionata e successivamente alienata in porzioni separate, in forza di contratti di compravendita stipulati negli anni 2006, 2007 e 2010.

I lotti risultanti dal frazionamento e dalle successive compravendite – ai quali si accede, attraverso cancelli carrabili, dalla strada realizzata sul terreno confinante di proprietà del predetto signor Castellani – sono delimitati mediante recinzioni a maglia sciolta. All’interno dei singoli lotti sono presenti manufatti vari con struttura portante in legno ancorati su platee in cemento armato, vialetti pavimentati, illuminazione esterna, fosse biologiche, pozzi. In taluni casi si è constatata la presenza, all’interno dei manufatti in legno, di cucine o angoli cottura, bagni, impianti televisivi.

Con nota del 19 febbraio 2014, il Comune di Poggibonsi ha comunicato a tutti i proprietari interessati l’avvio del procedimento volto a contestare loro l’abusiva lottizzazione del fondo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 30 co. 7 del d.P.R. n. 380/2001.

All’esito del contraddittorio procedimentale, il Comune ha concluso per l’effettiva sussistenza di una lottizzazione abusiva “cartolare” e “materiale”, riconducibile cioè sia al frazionamento del terreno e alle successive vendite dei lotti, sia al successivo sfruttamento a scopo edificatorio di questi ultimi. E, con ordinanza n. 19/EU/14 del 3 aprile 2014, ha sospeso l’attività lottizzatoria, facendo divieto agli interessati di disporre per atto tra vivi dei terreni e delle opere soprastanti.

1.1. Il provvedimento ha formato oggetto di separate impugnazioni dinanzi a questo T.A.R. da parte dell’originario proprietario dell’area, il signor Marco Castellani (ricorso n. 1105/2014 R.G.), e di alcuni degli acquirenti dei lotti risultanti dal frazionamento, la signora Eleonora D’Auria (ricorso n. 1121/2014 R.G.) e i signori Ignazio Lauceri, Filippo Marcello Messina, Giuseppe Sorrentino, Orazio Conti, Giuseppe Romano (ricorso straordinario collettivamente proposto al Presidente della Repubblica, iscritto al n. 1876/2014 R.G. a seguito dell’opposizione del Comune ex art. 10 d.P.R. n. 1199/1971).

1.2. Nella camera di consiglio del 29 luglio 2014, il collegio ha respinto la domanda cautelare proposta con il proprio ricorso dalla signora D’Auria.

1.3. Nel merito, le tre impugnazioni sono state discusse e trattenute per la decisione nella pubblica udienza del 30 ottobre 2018, preceduta dallo scambio fra le parti di documenti e memorie difensive.

2. Manifeste ragioni di connessione oggettiva rendono opportuna la riunione e decisione congiunta dei giudizi in epigrafe, aventi ad oggetto il medesimo provvedimento, vale a dire l’ordinanza n. 19/EU/14, adottata dal Comune di Poggibonsi a norma dell’art. 30 co. 7 del d.P.R. n. 380/2001 a seguito dell’accertamento dell’avvenuta lottizzazione abusiva di un’area agricola originariamente unitaria, poi frazionata e venduta in lotti separati, sui quali è stata accertata la presenza di opere abusive dirette allo sfruttamento edificatorio.

Agli attuali proprietari dei lotti, e al loro comune dante causa, l’amministrazione procedente contesta in particolare di aver dato luogo, tramite il frazionamento, alla formazione di lotti tutti di forma rettangolare e con un lato sul fronte della strada abusivamente realizzata sul terreno confinante, rimasto in proprietà del venditore dei lotti e gravato da apposita servitù di passo. Il profilo “cartolare” della lottizzazione sarebbe confermato dalla circostanza che la vendita dei lotti è avvenuto con unico atto per almeno sei degli acquirenti, mentre il profilo “materiale” andrebbe individuato nella costruzione, all’interno dei singoli lotti, di manufatti adibiti all’uso residenziale e al tempo libero, non correlati all’attività agricola, in completa violazione della disciplina urbanistica di zona, oltre che nell’apertura della già menzionata strada di accesso ai lotti, anch’essa realizzata in violazione dello strumento urbanistico.

2.1. Il ricorso n. 1105/2014 R.G..

Avverso l’ordinanza n. 19/EU/14 insorge da un lato il signor Marco Castellani, già unico proprietario dell’area dalla quale sono stati ricavati i lotti interessati dall’intervento del Comune di Poggibonsi, e ancora proprietario dei terreni con essa confinanti.

Egli espone in fatto di essersi limitato a cedere come appezzamenti di terreno agricolo i lotti ricavati dal frazionamento, e di essere estraneo agli interventi realizzati dai suoi aventi causa successivamente alle vendite.

In diritto, con il primo motivo il signor Castellani deduce – con il corredo di citazioni giurisprudenziali invero sovrabbondanti – la violazione dell’art. 30 d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 42 Cost.. Mancherebbero, nella fattispecie, gli indici rivelatori dell’esistenza della lottizzazione abusiva, posto che i terreni sarebbero stati venduti con destinazione agricola e sul presupposto che tale destinazione sarebbe stata conservata: le pur ridotte dimensioni dei lotti sarebbero, del resto, compatibili con lo svolgimento di una piccola attività di orticoltura a carattere familiare, come pure il corrispettivo versato dagli acquirenti sarebbe coerente con la destinazione agricola dei fondi (un euro per metro quadrato).

Dal canto suo, la strada che conduce ai lotti non rappresenterebbe un’opera di urbanizzazione, ma una semplice strada poderale (“capezzagna”) utilizzata ancora una volta a fini agricoli, mancando la quale i terreni sarebbero interclusi. E nessun addebito potrebbe essere mosso al venditore con riferimento alle opere realizzate dagli odierni proprietari dei lotti, la cui destinazione agricola non sarebbe smentita dai manufatti contestati dal Comune, trattandosi di piccoli annessi di servizio utilizzati come depositi di attrezzi e materiali, come testimoniato anche dalla loro tipologia costruttiva.

Con il secondo motivo, il ricorrente ribadisce che la strada a servizio dei lotti sarebbe un tracciato di campagna, non necessitante di autorizzazione. In ogni caso, anche a volerla ritenere una vera e propria strada, essa non sarebbe abusiva, perché preesistente e al più fatta oggetto di modeste modifiche di percorso, compatibili con la previsione di cui all’art. 13 co. 6 delle norme di attuazione del regolamento urbanistico comunale.

2.2. Il ricorso n. 1121/2014 R.G..

L’ordinanza n. 19/EU/14 è impugnata autonomamente altresì dalla signora Eleonora D’Auria, acquirente, in forza di contratto del 22 novembre 2006, di uno dei lotti derivati dal frazionamento operato dal signor Castellani.

Con il primo motivo di gravame, ella sostiene che una più accurata istruttoria avrebbe condotto il Comune a escludere l’ipotesi della lottizzazione abusiva, della quale non sussisterebbero gli elementi caratterizzanti. Non solo nessuna opera di urbanizzazione sarebbe stata realizzata, ma ciascuno degli acquirenti eserciterebbe sul proprio lotto l’attività agricola (su quello di proprietà della signora D’Auria sarebbe presente un’ampia area coltivata a orto), mentre la presenza di alcuni annessi in legno adibiti a depositi e incompatibili con l’uso abitativo non farebbe che confermare tale affermazione.

Mancherebbe, inoltre, l’elemento soggettivo tipico della fattispecie lottizzatoria, atteso che la ricorrente avrebbe acquistato nella consapevolezza della destinazione agricola del terreno, da lei mantenuta, e per un prezzo di mercato assolutamente congruo.

Con il secondo motivo, la signora D’Auria lamenta che il Comune di Poggibonsi – non avendo effettuato l’accesso al lotto di sua proprietà, come attestato nell’ordinanza impugnata – non avrebbe potuto verificare la natura dei manufatti ivi realizzati, e, conseguentemente, accertarne la natura di annessi agricoli, ciò che avrebbe consentito di escludere l’esistenza della presunta lottizzazione. E, con il terzo motivo, ribadisce di essere rimasta estranea a qualsiasi intento di concorrere all’urbanizzazione dell’area asseritamente lottizzata, e di non poter essere ritenuta responsabile dell’illecito: l’assenza dell’elemento soggettivo implicherebbe la non punibilità penale e, con essa, l’impossibilità di disporre la confisca e, a maggior ragione, l’impossibilità per l’amministrazione comunale di acquisire coattivamente il lotto interessato, oltretutto mediante una procedura che non offrirebbe le necessarie garanzie di legalità e terzietà.

2.3. Il ricorso n. 1876/2014.

Altri acquirenti dei lotti venduti dal signor Castellani hanno impugnato collettivamente l’ordinanza n. 19/EU/14 mediante ricorso straordinario, poi trasposto in sede giurisdizionale. L’unico, articolato, motivo del gravame da essi proposto è dedicato a confutare il valore indiziario delle circostanze allegate dal Comune a comprova dell’abuso lottizzatorio.

In primo luogo, la vendita dei lotti sarebbe avvenuta in momenti diversi e distanti nel tempo, tra il 2006 e il 2010; e, soprattutto, sarebbero le stesse dimensioni dei lotti a escluderne lo sfruttamento edificatorio, non foss’altro che per l’impossibilità di rispettare le distanze legali tra costruzioni aventi destinazione residenziale. I terreni, in realtà, sarebbero stati venduti e acquistati come agricoli, a un prezzo coerente con tale destinazione, e sarebbero utilizzati dagli attuali proprietari appunto come orti o giardini privati ove trascorrere alcune ore di riposo con le famiglie.

Sul piano materiale, non sarebbero i modesti abusi edilizi realizzati all’interno dei lotti a legittimare la qualificazione dell’intervento nei termini prospettati dal Comune. La dotazione di pozzi e forniture elettriche sarebbe avvenuta sulla base di denunce di inizio di attività regolarmente inoltrate all’amministrazione, e le caratteristiche degli annessi contestati sarebbero incompatibili con l’uso abitativo per dimensioni, altezze, modalità costruttive. Al più potrebbe contestarsi ai ricorrenti di avere realizzato opere eccedenti le dimensioni massime consentite dal R.U., ma non certo di aver stravolto l’assetto dell’area e di aver impresso alla medesima una destinazione differente da quella agricola.

Mancherebbero, in definitiva, elementi sufficientemente precisi e univoci dai quali desumere la volontà di asservire all’edificazione un’area non urbanizzata.

3. Come si vede, le prospettazioni convergono nel tentativo di dimostrare l’insussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 30 del d.P.R. n. 380/2001 ai fini della configurabilità della lottizzazione abusiva contestata dal Comune di Poggibonsi, e possono pertanto essere trattate unitariamente, senza per questo obliterare le posizioni individuali e il differente ruolo ascrivibile ai protagonisti della vicenda.

Sostanzialmente unitarie sono le difese in diritto del Comune, che muovono dalla ricostruzione della disciplina urbanistica dell’area interessata dalla presunta lottizzazione abusiva, ricadente in zona agricola, al cui interno l’art. 42 delle norme di attuazione del regolamento urbanistico consente nuove costruzioni solo se finalizzate all’uso agricolo ed esclude, invece, ogni utilizzazione di carattere residenziale o comunque non connessa alla coltivazione del terreno. A norma dei successivi artt. 43 e art. 44 delle medesime N.T.A., in linea di principio sarebbe assentibile la realizzazione di annessi con superficie fino a 15 mq e altezza interna massima di ml 2,40 per le aziende comprese fra i 1.000 e i 5.000 mq di superficie utile agraria, purché costituite nell’attuale dimensione anteriormente alla data del 1 giugno 2001, mentre per quelle costituite in epoca successiva successivamente a tale data e che abbiano avuto origine da frazionamenti fondiari avvenuti nei 10 anni precedenti la richiesta di costruzione la superficie minima richiesta per la costruzione di un annesso precario è pari ad almeno 5000 mq complessivi. Ne discende, ad avviso del Comune, che nei lotti di cui è causa, aventi ciascuno superficie inferiore ai 5000 mq e costituiti nell’attuale dimensione solo dopo il 2006, non sarebbe possibile la realizzazione di alcun annesso agricolo, neppure entro il limite dei 15 mq.

Tanto premesso, l’amministrazione resistente sostiene che sotto il profilo “cartolare” il frazionamento del terreno originario (di circa 10.000 mq) e la vendita dei lotti così ottenuti evidenzierebbero in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio di questi ultimi, anche considerando la tempistica del frazionamento e delle alienazioni, nonché il numero dei lotti, la loro posizione lungo la strada carrabile appositamente realizzata, le loro modeste dimensioni incompatibili con l’uso agricolo, il fatto che nessuno dei proprietari sarebbe dedito all’attività agricola o avrebbe dimostrato di esserlo nel corso del giudizio.

Sotto il profilo materiale, l’intento lottizzatorio sarebbe rivelato dal fatto che all’alienazione separata dei lotti ha fatto seguito la realizzazione senza titolo di opere e sistemazioni che niente avrebbero a che vedere con l’uso meramente agricolo del terreno e che avrebbero determinato una profonda trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, in contrasto con le previsioni del regolamento urbanistico e in difetto di autorizzazione.

La possibilità di desumere, dai contratti di compravendita, la natura agricola dei terreni non varrebbe certo a escludere l’intento edificatorio da parte dei soggetti interessati. E, analogamente, sarebbe del tutto irrilevante il prezzo dichiarato delle compravendite, correlato alla natura agricola dei terreni, senza che questo possa escludere l’intendimento delle parti di attuare la destinazione a scopo edificatorio.

Quanto alla strada realizzata dal venditore per garantire l’accesso ai lotti, essa non sarebbe certo riconducibile alla nozione di “capezzagna”, da intendersi come percorso che subisce modificazioni in base alle esigenze della lavorazione agricola, ma presenterebbe i caratteri di una vera e propria infrastruttura viaria, non a caso gravata di stabile servitù di passaggio carrabile e pedonale.

Le costruzioni e le altre opere realizzate sui diversi lotti non avrebbero alcun nesso con la coltivazione dei fondi, e la possibilità di realizzare annessi agricoli sarebbe comunque esclusa in forza delle previsioni di regolamento urbanistico sopra richiamate.

3.1. I ricorsi sono infondati.

3.1.1. Ai sensi dell’art. 30 co. 1 del d.P.R. n. 380/2001, la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio consiste nella trasformazione urbanistica o edilizia degli stessi attuata mediante l’avvio e l’esecuzione non autorizzati di opere, in violazione degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, ovvero predisposta attraverso il frazionamento e la vendita di un terreno in lotti che, per le loro caratteristiche, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio (la norma elenca una serie di elementi rivelatori di tale destinazione, sui quali si tornerà infra).

Può, dunque, trattarsi di un’attività materiale o anche soltanto giuridica (lottizzazione “negoziale” o “cartolare”), ma anche del concorso dell’una e dell’altra (lottizzazione “mista”). La giurisprudenza ha da tempo individuato l’interesse tutelato dalla norma nella salvaguardia dell’ordinato sviluppo del tessuto urbano e, soprattutto, del potere di pianificazione attuativa e di controllo dell’amministrazione, che risulterebbero pregiudicati dalla realizzazione di insediamenti potenzialmente privi dei servizi e delle opere di urbanizzazione necessari; mentre il concetto di “trasformazione” viene inteso in senso funzionale, dovendosi perciò avere riguardo al complesso delle opere realizzate e al correlativo aggravio del carico urbanistico, ancorché le singole costruzioni – isolatamente considerate – risultino eventualmente assistite da regolare titolo edilizio (per questo può costituire lottizzazione abusiva materiale anche il cambio di destinazione d’uso di un complesso immobiliare formato da singoli elementi legittimamente edificati, se ne deriva un carico urbanistico diverso da quello in origine previsto: fra le moltissime, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 luglio 2017, n. 3788, e i precedenti ivi citati; id., sez. IV, 30 agosto 2016, n. 3721; id., sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3115).

Nel caso in esame, gli accertamenti svolti dal Comune di Poggibonsi e trasfusi nel provvedimento impugnato attestano l’avvenuta realizzazione di opere che, in contrasto con lo strumento urbanistico vigente, hanno determinato la trasformazione urbanistica dei terreni già di proprietà del signor Marco Castellani e da costui frazionati e alienati.

Segnatamente, sui lotti di proprietà dei ricorrenti il Comune ha riscontrato la presenza, nell’ordine: di un manufatto con struttura in legno ancorato su platea in cemento armato e conformazione interna abitativa (pavimentazione in monocottura, pareti perimetrali rivestite in cartongesso, zona cottura attrezzata, impianto elettrico e televisivo, bagno annesso), nonché di recinti esterni per cani, pollaio, tettoie, ricovero attrezzi e pavimentazione in blocchetti di cemento nei vialetti e nelle piazzole (proprietà Lauceri); di un manufatto con struttura portante in legno su platea in cemento con bagno annesso e munito di cucina attrezzata, impianto elettrico e televisivo, fossa biologica esterna (proprietà Messina); di un manufatto con struttura portante in legno su platea in cemento armato, corredato anch’esso di cucina attrezzata, impianti elettrico e televisivo, bagno annesso e fossa biologica esterna, oltre a un gazebo e vari capanni in lamiera e PVC per il ricovero di attrezzi (proprietà Sorrentino); di un manufatto con struttura portante in legno, ancorato su platea in cemento, con antistante tettoia aperta, cucina esterna, barbecue in muratura e fossa biologica per la raccolta degli scarichi (proprietà Conti); di due manufatti, uno in lamiera, l’altro in legno, adibiti a deposito attrezzi, con fornitura di energia elettrica (proprietà Romano).

Sul lotto di proprietà dell’altra ricorrente D’Auria si trovano due manufatti in legno, ancora una volta ancorati su platea in cemento armato, e una tettoia in metallo utilizzata come ricovero attrezzi e parcheggio di camper e caravan, oltre alla fossa biologica per gli scarichi fognari.

Sui due lotti rimanenti, i cui proprietari sono estranei alla controversia, il Comune ha rinvenuto infine un manufatto in legno su platea in cemento, ancora in corso di costruzione, dotato di fornitura di energia elettrica (proprietà Martella/Valentino); e di altro manufatto in legno, poggiato su pedane in legno, munito di tettoia antistante e corredato all’interno di cucina, impianto elettrico e televisivo, oltre a varie tettoie esterne (proprietà Iacopo/Chianese).

Tali evidenze smentiscono la tesi secondo cui gli acquirenti dei lotti non avrebbero fatto altro che realizzarvi dei piccoli annessi da adibire a deposito di attrezzature, al più violando i limiti dimensionali stabiliti dal regolamento urbanistico per le costruzioni in zona agricola. È appurata infatti la realizzazione senza titolo, in pressoché ciascuno dei lotti, di manufatti e strutture di tipo abitativo e destinate alla stabile permanenza, come inequivocabilmente attestato dalla presenza di cucine, bagni, impianti televisivi, fosse biologiche, il tutto ad opera di soggetti non professionalmente dediti all’agricoltura e comunque al di fuori delle condizioni stabilite dalla disciplina urbanistica dettata dal Comune delle zone agricole, nelle quali non è permessa la costruzione di nuovi volumi diversi da annessi agricoli, manufatti precari stagionali e serre, ed è fatto espresso divieto di realizzare servizi di bagno e cucina, come pure opere di ancoraggio, pavimentazione interna ed esterna, uso del cemento anche non armato: si vedano al riguardo gli artt. 42 e seguenti delle norme tecniche di attuazione del regolamento urbanistico di Poggibonsi, che consentono la realizzazione di annessi agricoli sui soli fondi aventi superficie agraria superiore ai 1.000 mq, e, per quelli di superficie compresa tra i 1.000 e i 5.000 mq, a condizione che abbiano conseguito la dimensione attuale anteriormente al 1 giugno 2001, requisito on posseduto dai lotti di proprietà dei ricorrenti, derivati dal più volte ricordato frazionamento del 2006.

Resta peraltro fermo che, ai sensi della richiamata disciplina urbanistica, gli interventi descritti sono assentibili esclusivamente in favore di operatori professionali (aziende agricole), qualifica che nessuno dei ricorrenti riveste.

Più in generale, non può poi dubitarsi della trasformazione funzionale subita dall’area in questione. Come si ricava anche dalla documentazione fotografica in atti, quella che costituiva porzione di un più ampio appezzamento di terreno agricolo si presenta oggi come una sorta di villaggio accessibile dalla strada realizzata sul terreno rimasto in proprietà al signor Castellani, formato di piccoli lotti tra loro confinanti, recintati, su ciascuno dei quali insistono manufatti e strutture inequivocabilmente destinati alla prolungata permanenza umana, se non all’abitazione, al di fuori di qualsivoglia connessione con l’attività agricola e in frontale contrasto con la disciplina urbanistica di zona. Come si è visto, il fatto che su taluni dei lotti venga anche praticata l’orticoltura non avrebbe potuto legittimare alcun tipo di costruzione, neppure se i ricorrenti fossero stati titolari di aziende agricole, e questo fa sì che anche coloro i quali, tra i ricorrenti, hanno realizzato sul lotto di proprietà unicamente manufatti destinati a deposito di attrezzature abbiano concorso alla significativa alterazione urbanistico-ambientale che ha interessato l’area nel suo complesso, distogliendola dalla destinazione agricola in favore di utilizzi diversi, promiscui tra quello residenziale e quello per il tempo libero e comportanti come tali un innegabile aumento del carico urbanistico.

D’altro canto, se è vero che ciascun proprietario risponde relativamente alle opere realizzate sul proprio fondo, la lottizzazione abusiva costituisce, secondo la definizione che ne dà la giurisprudenza penalistica, fattispecie a forma libera e progressiva nell’evento, al cui perfezionamento ben possono concorrere più soggetti e anche con condotte eterogenee, purché tutte abbiano contribuito alla causazione dell’illecito (per tutte, cfr. Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 2018, n. 14053; id., 16 luglio 2013, n.37383). Ed è per tale ragione che, una volta riguardati nel contesto del mutato assetto dell’area, gli interventi eseguiti dai diversi proprietari sui singoli lotti non possono venire trattati come abusi individuali a se stanti, ma esprimono la volontà di partecipare alla complessiva trasformazione dei luoghi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2018, n. 2082, richiamata anche dalla difesa comunale).

3.1.2. A tale conclusione non si sottrae l’operato del ricorrente Castellani, autore del frazionamento che ha condotto alla formazione dei lotti successivamente acquistati dagli altri ricorrenti.

Egli ha concorso sul piano materiale alla lottizzazione, realizzando la strada pedonale e carrabile che fornisce ai lotti di proprietà degli altri ricorrenti l’accesso da e per la via vicinale della Mutola. Un percorso che, come si ricava dalle osservazioni endoprocedimentali formulate dallo stesso signor Castellani, solo in parte ricalcherebbe una preesistente strada poderale e la cui consistenza non può essere derubricata a quella di semplice “capezzagna”, vale a dire di tracciato utilizzato per la lavorazione dei campi e soggetto a possibili variazioni stagionali: la stabilità della strada in questione è infatti assicurata dalla servitù che vi grava in favore dei lotti originati dal frazionamento, costituita in sede di compravendita dei lotti medesimi e relativa non a un generico diritto di passo sulla residua proprietà Castellani, ma, appunto, alla “strada” individuata mediante puntuale descrizione nei contratti, contenenti altresì la riserva del venditore di estendere in futuro la servitù a servizio di altri appezzamenti di terreno e dei loro acquirenti (il contratto di compravendita del 2006, intercorso fra il ricorrente Castellani e gli altri ricorrenti, reca altresì in allegato una planimetria catastale che identifica il percorso della strada e ne mostra con chiarezza la non sovrapponibilità alla preesistente viabilità poderale).

La stabilità della strada è ulteriormente confermata nei fatti dalla circostanza – non contestata dai ricorrenti – della sua realizzazione con l’impiego di materiali inerti “non connessi con il terreno”, come si legge nel provvedimento impugnato. A questo si aggiungano gli oneri di manutenzione che, sempre in forza dei contratti di compravendita, gravano sui proprietari dei lotti e si riferiscono esattamente alla strada così individuata.

Per quanto riguarda la posizione del signor Castellani, la realizzazione della strada di accesso ai lotti rappresenta un elemento da leggersi, evidentemente, in combinato disposto con la pregressa attività di frazionamento e vendita dei lotti, che, alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale del fenomeno, integra a sua volta una condotta di lottizzazione abusiva sul piano cartolare o negoziale.

Si è detto come l’art. 30 co. 1 del d.P.R. n. 380/2001 individui una serie di indici rivelatori della destinazione a scopo edificatorio sottesa alla vendita dei lotti ricavati dal frazionamento di un terreno. L’elencazione, non tassativa, attiene alle caratteristiche dei lotti, quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione, e alla qualità degli acquirenti.

Il frazionamento operato dal ricorrente Castellani ha dato vita alla scomposizione di una più ampia area a destinazione agricola in lotti di superficie assai modesta, per lo più di poco superiore ai 1.000 mq. Fanno eccezione il lotto ceduto alla ricorrente D’Auria, di 2.000 mq, e altri due lotti, ceduti a persone estranee al giudizio, aventi superficie di 725 e 1.549 mq (rispettivamente venduti nel 2006 e nel 2010 ai signori Abriano/Conti Maria Grazia e Martella/Valentino).

La maggior parte dei lotti (sei) è stata venduta contestualmente per contratto del 22 novembre 2006, a soggetti sprovvisti della qualifica di imprenditori agricoli. Quanto ai tre lotti residui, due sono stati venduti per contratto del 27 dicembre 2007, e l’ultimo per contratto del 7 luglio 2010, nuovamente a soggetti non esercenti l’agricoltura.

La ridotta dimensione dei lotti risultanti dal frazionamento, la contestualità temporale delle vendite di un numero di lotti di per sé idoneo a modificare la destinazione dell’area (fermo restando che anche per le vendite del 2007 può parlarsi di significativa quasi contestualità), la qualità degli acquirenti, la realizzazione della strada di accesso ai lotti stessi (abusiva, perché contrastante con l’art. 13 co. 6 delle N.T.A. di R.U., che vieta la costruzione di nuova viabilità privata) e la costituzione su di essa del diritto di passo costituiscono, nel loro insieme, sufficienti indizi della volontà di venditore e acquirenti di piegare la destinazione agricola dell’area a usi non consentiti dalla disciplina urbanistica (per fattispecie analoghe, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 gennaio 2016, n. 26; id., sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5304; id., sez. IV, 31 marzo 2009, n. 2004).

È appena il caso di ricordare l’esistenza del divieto di nuove costruzioni, ivi compresi gli annessi agricoli, su terreni di superficie inferiore ai 5.000 mq, stabilito dalle norme di attuazione del R.U. e il cui rispetto avrebbe reso per esperienza comune impraticabile lo sfruttamento agricolo dei lotti originati dal frazionamento, anche a volerla mantenere nei limiti di un’attività di tipo amatoriale; ciò che rende inverosimile immaginare, come vorrebbe invece sostenere il ricorrente Castellani, che gli acquirenti dei lotti non avrebbero realizzato quantomeno dei (non consentiti) depositi per l’attrezzatura e altri manufatti per il tempo libero, ipotesi poi verificatasi, com’era del tutto prevedibile.

Né vale invocare, quale indizio contrario, il prezzo di vendita dei lotti, la cui corrispondenza ai valori di mercato dei terreni agricoli appare un dato necessitato dalla dichiarata destinazione agricola dei lotti, posto peraltro che la mancanza di un intento speculativo del venditore non esclude di per sé la configurabilità dell’illecito lottizzatorio.

3.1.3. Le considerazioni sino ad ora esposte si attagliano a tutti i motivi di impugnazione pur separatamente proposti con i ricorsi riuniti, e ne comportano il rigetto.

Deve solo precisarsi, con riguardo al terzo motivo di cui al ricorso n. 1121/2014 R.G., che, secondo un indirizzo interpretativo emerso in giurisprudenza, l’art. 30 d.P.R. n. 380/2001 “prevede l'adozione di atti amministrativi volti a colpire e sanzionare sul piano amministrativo la lottizzazione abusiva di terreni, senza che sia prevista alcuna pregiudiziale penale, Il provvedimento amministrativo de quo non può essere, quindi, equiparato o assimilato alla confisca penale, per cui non valgono nemmeno i principi fissati dalla Corte di Strasburgo riguardo a quest'ultima tipologia di misura” (così Cons. Stato, sez. VI, n. 2028/2018, cit.).

Ma anche a voler ritenere che l’acquisizione al patrimonio del Comune, allo stesso modo della confisca penale, possa venire disposta nei soli confronti dei soggetti “la cui responsabilità sia stata accertata in ragione di un legame intellettuale (coscienza e volontà) con i fatti” (cfr. Corte Cost., 26 marzo 2015, n. 49; Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 20 gennaio 2009, “Sud Fondi s.r.l. e altri contro Italia”), gli accertamenti svolti dall’amministrazione resistente dimostrano adeguatamente, lo si è visto, la personale responsabilità di tutti i ricorrenti in ordine alla commissione dell’illecito contestato.

4. In forza di tutto quanto precede, i ricorsi non possono trovare accoglimento.

4.1. Le spese di lite seguono la soccombenza dei ricorrenti e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi, li respinge.

Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida a carico di ciascuno in 500,00 euro, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Rosaria Trizzino, Presidente

Bernardo Massari, Consigliere

Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore