Cons. Stato Sez. VI n. 4773 del 21 luglio 2010
Beni culturali. Struuture precarie in ambienti di pregio
La tutela di un ambiente di pregio esclude la presenza, al suo interno, di strutture precarie, che possono essere collocate solo per uno scopo preciso, e tollerate solo per il tempo proporzionato allo scopo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 N. 04773/2010 REG.DEC.
 
 N. 11367/2004 REG.RIC.
 
 Il Consiglio di Stato
 
 in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
 ha pronunciato la presente
 DECISIONE
 sul ricorso in appello numero di registro generale 11367 del 2004, proposto da: 
 Colla Anita, Pighi Giovanni, rappresentati e difesi dall'avv. Benedetto  Graziosi, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio  Emanuele II n. 18;
 contro
 Ministero per i beni culturali ed ambientali e Soprintendenza per i beni  ambientali ed architettonici di Bologna, rappresentati e difesi dall'Avvocatura  Generale dello Stato, domiciliati per legge presso i suoi uffici in Roma, via  dei Portoghesi n. 12;
 nei confronti di
 Comune di Fiorenzuola D'Arda; 
 per la riforma
 della sentenza del Tribunale Amministrativo dell’Emilia-Romagna, sede di Parma,  n. 00197/2004, resa tra le parti, concernente RIMOZIONE OPERE NON AUTORIZZATE SU  IMMOBILE VINCOLATO.
 
 Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i beni culturali ed  ambientali;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2010 il consigliere di Stato  Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Graziosi e dello Stato Urbani  Neri;
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 Con ricorso al Tribunale Amministrativo dell’Emilia Romagna, sede di Parma, i  sigg.ri Giovanni Pighi ed Anita Colla impugnavano la nota n. 6601 in data  2575/1994 con la quale la Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici  di Bologna li aveva diffidati a rimuovere con urgenza le opere non autorizzate  eseguite a delimitazione dell’appartamento di loro proprietà sito in un immobile  vincolato ai sensi della legge 1 giugno 1939, n. 1089.
 Sostenevano che le opere di cui si discute erano state debitamente autorizzate e  lamentavano eccesso di potere per travisamento, falso presupposto, illogicità,  violazione degli artt. 18 e 59 della legge 1 giugno 1939, n. 1089, e dell’art. 3  della legge 7 agosto 1990, n. 241; chiedevano quindi l’annullamento del  provvedimento impugnato.
 Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Amministrativo dell’Emilia Romagna,  sede di Parma, respingeva il ricorso.
 Avverso la predetta sentenza insorgono i sigg.ri Giovanni Pighi ed Anita Colla  contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua  riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.
 Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali in  persona del Ministro in carica, chiedendo il rigetto dell’appello.
 La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 4 giugno 2010.
 DIRITTO
 L’oggetto della controversia è costituito dal provvedimento con il quale la  Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici di Bologna ha imposto  agli odierni appellanti la rimozione delle opere eseguite nell’appartamento di  loro proprietà, situato in un immobile, vincolato ai sensi della legge 1 giugno  1939, n. 1089, al fine di meglio precisare i confini con le proprietà di altri  condomini.
 Le diverse proprietà sono infatti collegate da una galleria nella quale si  trovano dei pregevoli affreschi, all’interno della quale è situato il confine.
 L’intendimento degli odierni appellanti è quello di creare un elemento di  separazione univoco a protezione del loro appartamento.
 Nel corso di lavori di restauro dell’abitazione, debitamente autorizzati, è  stato collocato un elemento divisorio, che la Soprintendenza ha imposto di  rimuovere, assumendone il carattere provvisorio.
 Gli appellanti sostengono che l’elemento divisorio in questione è stato  autorizzato sul presupposto della sua realizzazione con materiali precari e  facilmente amovibili, ma che l’Amministrazione non ha affatto sancito la sua  provvisoria collocazione, per cui il provvedimento impugnato sarebbe illogico ed  in contraddizione con il precedente pronunciamento della stessa Autorità  amministrativa che ne consentiva il mantenimento a tempo indeterminato.
 Deducono, a sostegno dell’affermazione, i progetti a suo tempo presentati alla  Soprintendenza, dai quali non traspare affatto l’esclusiva destinazione delle  opere a protezione del cantiere, o comunque la necessità della loro rimozione.
 La tesi non è condivisibile in quanto il provvedimento impugnato è univoco  nell’affermare che la richiesta è accolta “in considerazione del carattere di  provvisorietà che deve connotare la struttura”.
 L’atto, inteso come proposto dagli appellanti, sarebbe manifestamente illogico.
 E’ pacifico, ed anzi sostenuto dagli stessi appellanti, che la galleria da  dividere è un ambiente di alto pregio artistico.
 E’ evidente che la tutela di un ambiente di pregio esclude la presenza, al suo  interno, di strutture precarie, che possono essere collocate solo per uno scopo  preciso, e tollerate solo per il tempo proporzionato allo scopo.
 Nel caso di specie, le strutture di cui si tratta sono state erette per la  realizzazione dei lavori di restauro di cui si è detto sopra, e nemmeno viene  ipotizzato che possano avere caratteristiche di finitura tali da renderle  compatibili con il pregio dell’ambiente nel quale sono state collocate.
 Il provvedimento non può quindi essere interpretato nel senso proposto dagli  appellanti.
 L’appello deve, conseguentemente, essere respinto, rilevando solo come la  Soprintendenza non si sia dichiarata pregiudizialmente contraria ad interventi  di divisione fra le proprietà che insistono sulla galleria di cui si discute, ed  abbia anzi fornito delle indicazioni di massima su come potrebbe essere  realizzata la separazione.
 In considerazione della particolarità della controversia sussistono i  presupposti di legge per compensare integralmente spese ed onorari del presente  grado del giudizio fra le parti costituite.
 P.Q.M.
 il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente  pronunciando, respinge l’appello.
 Compensa integralmente spese ed onorari del presente grado del giudizio fra le  parti costituite.
 Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2010 con  l'intervento dei Signori:
 Roberto Garofoli, Presidente FF
 Bruno Rosario Polito, Consigliere
 Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
 Claudio Contessa, Consigliere
 Fabio Taormina, Consigliere
 L'ESTENSORE                                              IL PRESIDENTE
 Il Segretario
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 21/07/2010
                    



