Cons. Stato Sez. IV n. 4591 del 16 luglio 2010
Beni Ambientali. Sanatoria
Se una costruzione insiste in area inclusa in zona di PRG classificata a bosco, sottoposta a vincolo di tutela ambientale  per ciò stesso ogni richiesta di rilascio di concessione sanatoria deve necessariamente conseguire il nulla-osta dell’organismo preposto alla tutela del vincolo. Nell’esercizio di un siffatto potere l’organo a ciò preposto deve dare contezza del suo operato a mezzo di una motivazione che metta in evidenza l’iter logico seguito per giustificare le proprie conclusioni e valga a rendere il giudizio reso del tutto congruo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 N. 04591/2010 REG.DEC.
 
 N. 07175/2002 REG.RIC.
 REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 Il Consiglio di Stato
 in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 ha pronunciato la presente
 DECISIONE
 
 Sul ricorso numero di registro generale 7175 del 2002, proposto da:
 Nardelli Diego, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Devigili, Enrico  Romanelli, con domicilio eletto presso Enrico Romanelli in Roma, viale Giulio  Cesare, 14;
 
 contro
 
 Provincia Autonoma di Trento, rappresentato e difeso dagli avv. Raffaele Iemma,  Nicolo' Pedrazzoli, Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso Paolo  Stella Richter in Roma, viale G. Mazzini, N. 11;
 
 nei confronti di
 
 Comune di Trento, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio
 
 per la riforma
 
 della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00170/2002, resa tra  le parti, concernente INGIUNZIONE DI DEMOLIZIONE OPERE EDILI ABUSIVE.
 
 
 Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 
 Viste le memorie difensive;
 
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il Cons. Andrea  Migliozzi e uditi per la parte appellante l’avv. Gabriele Pafundi su delega di  Paolo Devigili e per la parte resistente l’avv. Paolo Stella Richter;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 IL Dirigente del Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio della Provincia di  Trento con riferimento ad opere abusivamente realizzate in relazione al recupero  di un fabbricato in legno sito in località Cadine del Comune di Trento, di  proprietà del sig. Diego Nardelli, con determinazione n.156 del 5/6/2000,  assunta sulla scorta del parere reso dalla Commissione provinciale per la tutela  paesaggistico-ambientale nella seduta del 4 aprile 2000, ordinava la completa  demolizione del manufatto in questione nonché la restituzione in pristino.
 
 L’interessato impugnava innanzi al TRGA di Trento detto provvedimento nonché il  citato parere della Commissione provinciale e il parere della Commissione  edilizia comunale espresso il 19/6/2000 relativamente alla presentata istanza di  sanatoria, deducendone la illegittimità sotto vari profili.
 
 L’adito Tribunale Amministrativo con sentenza n.170/2002 rigettava il proposto  ricorso, ritenendolo infondato e tanto, in particolare, sul rilievo  dell’abusività dell’opera in area in cui è preclusa l’edificazione e della “non  idoneità della tipologia costruttiva all’inserimento nel contesto ambientale”.
 
 Il sig. Nardelli col ricorso all’esame ha interposto appello avverso la  summenzionata sentenza, sviluppando due articolati mezzi con i quali in  relazione ai motivi d’impugnazione di primo grado denuncia la erroneità delle  statuizioni assunte dal TAR nonché l’insufficiente e comunque difettosa  motivazione della sentenza.
 
 Si è costituita in giudizio la Provincia Autonoma di Trento che ha contestato la  fondatezza del proposto gravame di cui ha chiesto la reiezione.
 
 La causa è passata in decisione all’odierna udienza
 DIRITTO
 L’appello è infondato.
 
 Ai fini della esatta comprensione della vicenda per cui è causa appare utile  focalizzare alcuni elementi di fatto ed altrettanti aspetti del regime  urbanistico relativi alla fattispecie all’esame.
 
 Oggetto della controversia è un manufatto, sito in località Stapiana di Cadine  del Comune di Trento, con struttura portante in ferro e tamponamenti in assi di  legno, delle dimensioni di pianta di ml4,50 x 3,50, di altezza 2,50 ml,  posizionato su un basamento in sassi e cls, definito, quanto all’epoca della sua  costruzione, sulla scorta degli elementi forniti in sede di sopralluogo della  Polizia Municipale del 14 dicembre 1999, “apparentemente di contestuale  realizzo”.
 
 Dal punto di vista urbanistico, “la casetta” viene a posizionarsi in zona  classificata dal PRG E4, “ a bosco”, soggetta a vincolo paesaggistico  –ambientale per la quale vige il divieto assoluto di edificazione, fatta  eccezione la possibilità di ristrutturare gli edifici già esistenti in zona.
 
 Va pure precisato che il sig. Nardella ha presentato, in data 21/2/2000, ai  sensi dell’art.129 della legge provinciale n.22/91 istanza di concessione in  sanatoria, inerente il recupero di detto manufatto e che tale domanda è stata  respinta, con determinazione del 5/6/2000, dal competente Servizio della  Provincia, (alla luce del parere reso dalla Commissione provinciale per la  tutela paesaggistico-ambientale), sul rilievo che le “opere abusivamente  realizzate contrastano con i rilevanti interessi paesaggistici-ambientali “
 
 Tanto doverosamente premesso, parte appellante col primo motivo di gravame  sostiene la tesi che l’intervento edilizio in contestazione è consistito nella  mera ristrutturazione e/o recupero di un edificio preesistente, risalente agli  anni cinquanta, sicchè nella specie si renderebbe applicabile la previsione di  cui all’art.61, comma 3, delle NTA del PRG recante la possibilità di  ristrutturazione dei fabbricati preesistenti, con conseguente sanabilità delle  opere per cui è causa.
 
 L’assunto non appare condivisibile.
 
 In primo luogo, si osserva come non sia stata affatto accertata l’esistenza in  loco di una costruzione risalente agli anni indicati dall’interessato sulla  quale si sarebbe operato, a detta dell’appellante, unicamente un intervento di  recupero e tanto lo si può evincere dalle risultanze istruttorie depositate a  seguito degli incombenti disposti dallo stesso TAR ( relazione del Servizio  Urbanistica e tutela del paesaggio del 17/11/2000 e verbale di sopralluogo del  26/2/2001) oltrechè dagli altri elementi di giudizio contenuti nella  documentazione pure depositata in giudizio ( vedasi nota del 20 novembre 2000  relativa agli esiti di “verifica aerofotogrammetrie”).
 
 In ogni caso, anche a voler ammettere l’esistenza di una costruzione in loco  risalente nel tempo, non è certamente dimostrato che colà esistesse un manufatto  esattamente corrispondente a quello che è stato accertato essere stato  realizzato in loco al momento dei sopralluoghi degli organi istruttori né è  possibile dedurre, con ragionevole certezza, che nella specie sia stata posta in  essere una sorta di operazione di semplice “sovrapposizione” di un manufatto ad  un altro preesistente, tale da far ritenere che i due manufatti, quello (  eventualmente ) prima esistente e quello dopo realizzato (e qui contestato)  siano uguali per dimensioni, caratteristiche planovolumetriche e posizionamento.
 
 Sempre con riferimento alle risultanze istruttorie che connotano la fattispecie,  è poi intervenuta la descrizione delle opere effettuata in sede di sopralluoghi  secondo la quale la costruzione rivela, quanto alle tecniche costruttive,  materiali utilizzati e aspetto esterno, caratteristiche sostanzialmente  riferibili ad un organismo sorto in tempi relativamente recenti.
 
 Se così stanno le cose, appare decisivo allora procedere all’accertamento della  qualificazione tipologica delle opere edilizie effettuate, così come rilevate  dagli organi preposti agli accertamenti in materia, dovendosi dare atto che, pur  a voler ammettere una preesistenza edilizia, in realtà nella fattispecie si è  dato vita ad un nuovo organismo edilizio, lì dove il quid novi sta significare  un qualcosa di diverso che vale comunque ad escludere l’avvenuta esecuzione di  un intervento volto semplicemente a ripristinare e ammodernare quanto in  precedenza esistente.
 
 Più specificatamente, nella specie, non sono ravvisabili gli elementi della  identità della volumetria e della sagoma tra i due manufatti (quello  preesistente e quello attuale) e della non avvenuta alterazione degli elementi  strutturali che individuano e qualificano l’edificio preesistente, la  sussistenza dei quali costituisce condizione imprescindibile per poter ritenere  che si sia in presenza di un intervento di ristrutturazione edilizia (cfr. Cons.  Stato , Sez. IV, 8/10/2007 n.5214).
 
 Neppure è ravvisabile un intervento di restauro e/o di recupero che presuppone  la conservazione pressoché in toto del fabbricato, soprattutto come forma ( cfr.  Cons Stato, Sez IV 12/9/2007 n.4829.) il che non è dato riscontrare nel caso de  quo, dal momento che, avuto riguardo allo stato dei luoghi e all’aspetto della  costruzione , sono stati apportati degli elementi aggiuntivi alla originaria (  incerta ) struttura.
 
 Collocandosi le opere de quibus al di fuori delle categorie tipologiche della  ristrutturazione e del recupero del “vecchio” (inteso come preesistente)  manufatto è evidente che il fabbricato non può giovarsi della normativa di  favore di cui al citato art.61 delle NTA (che consente interventi sulle  preesistenti strutture, in via di eccezione alla regola della preclusione di  edificazione nella zona a bosco), di talchè sotto tale profilo la realizzazione  della costruzione in questione non appare supportata da una legittimante  giustificazione.
 
 Vanno, quindi, esaminate le questioni relative alla sanabilità  urbanistico-edilizia del manufatto per il quale, stante l’assenza ab origine del  titolo ad aedificandum, è stata presentata domanda di sanatoria.
 
 Con le censure dedotte col secondo mezzo d’impugnazione parte appellante punta i  suoi strali sul giudizio di non sanabilità posto a fondamento dell’adottato  provvedimento demolitorio-ripristinatorio, ritenendo del tutto manchevole la  valutazione di non ammissibilità a sanatoria delle opere, lì dove, in  particolare, la motivazione di carattere negativo resa dalla Commissione  provinciale per la tutela paesaggistica-ambientale si rivelerebbe lacunosa e  comunque erronea.
 
 In dettaglio, l’appellante imputa alla Commissione provinciale, di aver  effettuato una impropria oltrechè illegittima commistione tra gli aspetti  edilizi e paesaggistici della costruzione, emettendo una valutazione basata su  un erronea rappresentazione della realtà e senza che ricorressero le condizioni  di grave compromissione dell’ambiente pure evidenziate dall’amministrazione.
 
 I dedotti motivi di doglianza si rivelano privi di fondamento.
 
 In via prioritariamente logica, nell’affrontare la questione pure fatta balenare  dall’appellante circa la portata dei poteri assegnati alla predetta Commissione,  va qui rilevato come la costruzione insiste in area inclusa in zona di PRG  classificata a bosco, sottoposta a vincolo di tutela ambientale e per ciò stesso  ogni richiesta di rilascio di concessione sanatoria deve necessariamente  conseguire il nulla-osta dell’organismo preposto alla tutela del vincolo che  nella specie, per quanto attiene alla Provincia di Trento, è da identificare  nella Commissione provinciale per la tutela paesaggistico-ambientale (CTP)  rivelandosi, l’acquisizione del relativo parere, una fase procedimentale del  tutto insostituibile (cfr Cons Stato Sez. VI 3/5/2007 n.1944).
 
 Appare all’uopo necessario far rilevare che la predetta Commissione si è  pronuncia in base alle prerogative e ai poteri previsti dal Testo Unico delle  leggi provinciali inerenti “l’ordinamento urbanistico e tutela del territorio “  , esprimendo la valutazione paesaggistica in relazione ad opere abusive  realizzate in assenza delle previste autorizzazioni; ed è appena il caso di  soggiungere che detto organo è investito di funzioni di consulenza inerenti  tutti i profili della gestione del territorio secondo una normativa, quella  recata dal citato T.U., dettata in applicazione di una nozione unitaria di  tutela del territorio che, come peraltro più volte sottolineato dal giudice  delle leggi (vedi sentenze Corte Costituzionale nn. 318 del 1994 e 83 del 1997)  comprende gli aspetti urbanistico-edilizi e quelli ambientali-paesaggiostici  quali valori e funzioni fra loro consustanziali e interagenti.
 
 Ciò precisato in ordine alla investitura e al ruolo della Commissione in parola  e ribadita la obbligatorietà del parere dell’Autorità preposta alla tutela del  vincolo gravante sul bene anche in relazione a domande di sanatoria (cfr. Cons  Stato, Sezi. VI, 14 febbraio 2007, n.607), costituisce jus receptum il principio  per cui i pareri e nulla osta resi in materia ambientale espressi dagli organi  deputati alla tutela in questione costituiscono una valutazione di natura  tecnico –discrezionale, resa cioè in virtù di nozioni ed esperienze di natura  tecnico-scientifica applicate alla fattispecie e volta appunto a verificare la  compatibilità o meno dell’opera alle esigenze di rispetto delle caratteristiche  paesaggistico-ambientali che connotano lo stato dei luoghi oggetto del vincolo  (Cfr. Cons.Stato, Sez IV, 9/4/1999, n.601; idem Sez. VI, 11/4/2006, n..2001) .
 
 Nell’esercizio di un siffatto potere l’organo a ciò preposto deve dare contezza  del suo operato a mezzo di una motivazione che metta in evidenza l’iter logico  seguito per giustificare le proprie conclusioni e valga a rendere il giudizio  reso del tutto congruo e se questa costituisce la regola in generale da  applicarsi nell’esercizio del potere assegnato dal legislatore nazionale e/o  regionale (come nella specie), è indubitabile che nella specie un siffatto  principio di legalità e legittimità risulta perfettamente essere stato  osservato.
 
 E’ sufficiente procedere alla semplice lettura dell’ampia motivazione riportata  nella parte narrativa della stessa determinazione dirigenziale qui impugnata  (opportunamente virgolettata) per rendersi agevolmente conto come la CTP ha  fornito ampia se non esaustiva contezza del proprio operato, con l’esposizione  di ragioni in fatto e in diritto che mettono validamente e congruamente in  evidenza il giudizio reso, lì dove la valutazione di non compatibilità  ambientale ha preso in rassegna tutti gli aspetti dello stato dei luoghi sulla  scorta di parametri obiettivi che univocamente inducono ad una delibazione di  disvalore paesaggistico e sottraendosi da quale che sia manchevolezza e/o  incongruenza logica.
 
 Sulla scorta della documentazione istruttoria illustrativa dei fatti per cui è  causa dunque e tenuto conto dell’assenza di vizi di logicità e di insufficienza  di motivazione in ordine al parere reso dalla Commissione per la tutela  paesaggistico-ambientale, si deve ragionevolmente ritenere che :
 
 - l’intervento edilizio in discussione non riguarda il mero recupero di una  corrispondente preesistenza;
 
 - le opere realizzate qualificano un organismo edilizio con connotazioni  proprie, secondo una tipologia che non rispetta i parametri imposti  dall’ambiente naturale in cui sono state inserite;
 
 - i lavori oggetto di sanatoria in quanto contrastanti con i rilevanti interessi  paesaggistico-ambientali, sono interdetti dalla normativa del piano urbanistico  provinciale che prevede per l’area in questione (a bosco) una tutela assoluta.
 
 Conclusivamente, gli atti oggetto di contestazione puntualizzano correttamente  il carattere abusivo delle opere in rilevo, la non compatibilità ambientale  delle stesse e tutto ciò, come sufficientemente posto in evidenza dalla  decisione di primo grado qui gravata, costituisce legittima giustificazione  delle determinazioni di rigetto della chiesta sanatoria e di irrogazione della  sanzione della completa demolizione del manufatto e ripristino dello stato dei  luoghi.
 
 Le spese e competenze di causa vanno poste a carico della parte soccombente e  liquidate come da dispositivo.
 P.Q.M.
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente  pronunziando sull’appello in epigrafe, lo rigetta.
 
 Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente  grado di giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 (tremila)  oltre IVA e CPA.
 
 Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 con  l'intervento dei Signori:
 
 Gaetano Trotta, Presidente
 
 Pier Luigi Lodi, Consigliere
 
 Armando Pozzi, Consigliere
 
 Sergio De Felice, Consigliere
 
 Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
 
 L'ESTENSORE                                                           IL PRESIDENTE
 
 Il Segretario
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 16/07/2010
                    



