Cass.Sez. III n. 37847 del 16 settembre 2013 (Cc 14 mag 2013)
Pres.Mannino Est.Marini Ric.Sorini 
Urbanistica.Provvedimento abilitativo sostanzialmente illegittimo e configurabilità del reato edilizio 
In materia di violazione dell'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, la non conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico-edilizia e alle previsioni degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se l'atto sia illecito, e cioè frutto di attività criminosa, ma anche nell'ipotesi in cui l'emanazione dell'atto medesimo sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge o nel caso di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere.
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Camera di consiglio SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. MANNINO  Saverio F.        - Presidente  - del 14/05/2013
 Dott. GENTILE  Mario             - Consigliere - SENTENZA
 Dott. MARINI   Luigi        - rel. Consigliere - N. 1234
 Dott. GRAZIOSI Chiara            - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ROSI     Elisabetta        - Consigliere - N. 10604/2013
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 SORINI Laura, nata a Torino il 14/10/1957;
 avverso l'ordinanza del 19/1/2013 del Tribunale di Savona, che ha  confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice  delle indagini preliminari del Tribunale di Savona in data 5/12/2012  in relazione al reato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44, lett.  c);
 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
 udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore  generale, D'AMBROSIO Vito, che ha concluso chiedendo rigettarsi il  ricorso;
 udito per la ricorrente l'avv. Scella Andrea in sostituzione  dell'avv. Mazzitelli Fausto, che ha concluso chiedendo accogliersi il  ricorso.
 RITENUTO IN FATTO
 1. Con ordinanza del 19/1/2013 il Tribunale di Savona, che ha  confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice  delle indagini preliminari del Tribunale di Savona in data 5/12/2012  in relazione al reato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44, lett.  c).
 A carico della sig.ra Sorini, quale legale rappresentante della  "Rivalmare S.r.l.", viene ipotizzata l'esistenza di violazioni  relative al piano di lottizzazione, oggetto di convenzione stipulata  l'8/3/2010 e di successivo permesso di costruire in data 21/5/2010,  relativo alla edificazione di sei villette in località Villanova  d'Albenga.
 In particolare, le volumetrie autorizzate risulterebbero molto  maggiori di quelle consentite dalla L.R. n. 1 del 2008 e dagli  strumenti urbanistici in vigore, non potendosi applicare alle nuove  costruzioni la disciplina che nell'anno 2001 aveva inteso  "regolarizzare" gli interventi effettuati nei sottotetti escludendo  che la relativa volumetria fosse da computarsi in quella complessiva  (il richiamo è alla L.R. n. 24 del 2001, poi recepita dalle N.T.A  del P.R.G. mediante il rinvio operato dall'art. 10).  2. Avverso tale decisione la sig.ra Sorini propone ricorso in  sintesi lamentando:
 a. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) in  relazione all'art. 10, comma 1, delle N.T.A al P.R.G. e alla L.R.  Liguria 6 agosto 2001, n. 24 avendo il Tribunale erroneamente  ritenuto che la disposizione in materia di sottotetti e relative  volumetrie sia da interpretarsi come applicabile unicamente agli  spazi esistenti al momento dell'entrata in vigore della legge in  parola, e dunque alla data del 6/9/2001. Si tratta di interpretazione  restrittiva che viola i principi in tema di interpretazione: il  richiamo alla legge regionale è stato operato dalle N.T.A. al chiaro  scopo di individuare i requisiti che consentono di destinare, a  titolo oneroso, gli spazi sottotetto ad uso residenziale. Il fatto  che il Tribunale consideri "irrazionale" la interpretazione adottata  dal Comune e sostenuta dai privati introduce un elemento di  valutazione di opportunità non consentito al giudice. Infine, il  parere favorevole del Comitato tecnico per il territorio circa la  variante integrale al P.R.G. conforta la lettura del citato art. 10  sostenuta dal Comune;
 b. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) di legge  in relazione all'art. 42 cod. pen. e all'art. 321 cod. proc. pen. in  quanto nel caso in esame appare evidente la buona fede di chi ha  agito in conformità al permesso di costruire emanato dall'ente  territoriale, con conseguente assenza dei presupposti di illiceità  della condotta e di emanabilità del sequestro preventivo; errata sul  punto la motivazione dell'ordinanza che richiama il rispetto  dell'art. 5 cod. pen. in un caso in cui il Comune ha applicato l'art.  10 in modo conforme a precedenti decisioni, così che sussiste un  ragionevole affidamento del privato nella correttezza dell'operato  della pubblica amministrazione. Operano, così, i principi in tema di  confiscabilità fissati dalla C.e.d.u. con riferimento ai presupposti  ex art. 7 della Convenzione di una misura che ha natura sanzionatoria  (Sez.3, n.447 del 28/9/2011).
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 1. La Corte ritiene che l'esame del ricorso debba prendere le mosse  dal principio, affermato dalla giurisprudenza di questa Sezione,  secondo cui "la non conformità dell'atto amministrativo alla  normativa che ne regola l'emanazione alle disposizioni legislative  statali e regionali in materia urbanistico edilizia e alle previsioni  degli strumenti urbanistici può essere rilevata non soltanto se  l'atto sia illecito e, cioè, frutto di attività criminosa, ma anche  nell'ipotesi in cui l'emanazione dell'atto medesimo sia espressamente  vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge o nel caso  di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere"  (Sez. 3, n. 40425 del 28/09/2006, Consiglio, rv 237038).  2. Versandosi in tema di misura cautelare, va considerato che, per  quanto in presenza di misure ablative finalizzate a futura confisca  debba aversi la necessaria attenzione alla presenza del "fumus" di  reato che deriva dalla natura sostanzialmente sanzionatoria del  provvedimento atteso, il controllo che è demandato al giudice del  riesame e, quindi, alla Corte di cassazione non può spingersi fino  all'analisi del merito della contestazione e alla completa  valutazione anche dell'elemento soggettivo del reato. Senza  dimenticare che in ipotesi di edificazione che violi i limiti fissati  dagli strumenti urbanistici il sequestro preventivo ha la finalità  di impedire l'aggravarsi della situazione di illegalità e di offrire  tutela ai beni aggrediti dalla violazione, così che non può cedere  di fronte alle pretese di buona fede del costruttore che non si  sostanzino nella assoluta e "ictu oculi" evidente estraneità  all'illecito.
 3. Venendo la caso in esame, non può dirsi allo stato decisivo il  tema se la disposizione dell'art. 10 delle N.T.A. sia "norma  autonoma", come sostenuto dalla Difesa in sede di discussione, e  dunque prescinda dal rinvio alla legge regionale, ovvero sia  disposizione che trova giustificazione proprio nella disciplina  regionale sopra richiamata.
 4. La Corte ritiene pacifico che la innovazione contenuta nella L.R.  n. 24 del 2001 avesse ad oggetto gli edifici già esistenti e mirasse  a regolarizzare una situazione di fatto diffusa e ritenuta meritevole  di un intervento di favore. Ritiene, altresì, evidente che una  disciplina di generalizzata indifferenza rispetto ai volumi  realizzati nei sottotetti dei nuovi edifici porrebbe, in concreto,  nel nulla i limiti di volumetria fissati per le singole aree,  soprattutto con riguardo alle zone destinate a forme di edificazione  che debbono essere particolarmente rispettose delle caratteristiche  dell'area. In altri termini, deve certamente essere valutata la  circostanza che, a fronte di una volumetria autorizzata nei termini  massimi e pari a 1.153 mc, le opere in concreto realizzate come  abitabili presentano una volumetria quasi doppia. Ora, qualora si  ritenesse conforme alla legge e alla disciplina urbanistica che le  opere realizzate nei sottotetti non concorrono a definire la  volumetria autorizzabile, dovrebbe concludersi che si rimette alla  insindacabile decisione del costruttore il definire la portata e le  caratteristiche degli interventi, così da giungere a un carico  urbanistico non disciplinabile ne' valutabile da parte del soggetto  pubblico autorizzante.
 5. La circostanza che la disciplina contenuta nell'art. 10, citato,  sia stata oggetto di approvazione non appare argomento decisivo,  posto che tale norma si presta a una interpretazione diversa da  quella data dal Comune e, invece, conforme alla previsione contenuta  nella legge regionale che esclude i sottotetti dal calcolo della  volumetria esclusivamente in relazione ai limiti anche temporali  sopra fissati.
 6. Senza dimenticare, poi, che dai provvedimenti emerge che uno dei  sottotetti costituiva unità immobiliare autonoma e non collegata  agli spazi sottostanti.
 7. Quanto si è detto finora esclude che il Tribunale sia incorso in  palese errore allorché ha valutato sussistere il "fumus" di reato e  allorché ha ritenuto allo stato non del tutto carente l'elemento  soggettivo del reato. Questo, infatti, non può essere escluso solo  sulla base dell'avvenuto rilascio di autorizzazione e sulla base  della conformità di tale rilascio alla prassi esistente, posto che  gli argomenti che questa Corte ha sopra utilizzato per valutare la  sussistenza del "fumus" di reato costituiscono ordinaria applicazione  dei principi interpretativi della legge e della disciplina  urbanistica e ben possono essere tenuti presenti da parte di chi  opera professionalmente nel settore edilizio.
 8. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve  essere respinto e la ricorrente condannata, ai sensi dell'art. 616  c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
 Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese  			processuali.
 Così deciso in Roma, il 14 maggio 2013.
 Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2013
                    



