Cass. Sez. III n. 38001 del 17 settembre 2013 (Ud 16 mag 2013)
Presidente: Squassoni Est.Fiale Ric. Recchia e altri
Urbanistica.Lottizzazione abusiva mediante suddivisione illegittima di edifici già costruiti 
Integra il reato di lottizzazione abusiva anche il frazionamento di edifici già costruiti, quando lo stesso si pone in contrasto con le scelte programmatiche sull'uso del territorio compiute dalle competenti autorità locali. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che ha ravvisato la sussistenza del reato con riguardo ad una vicenda di "conversione" di un complesso immobiliare alberghiero in una pluralità di unità immobiliari autonome, attuata mediante plurimi atti di compravendita).
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:         Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. SQUASSONI Claudia           - Presidente  - del 16/05/2013
 Dott. FIALE     Aldo         - rel. Consigliere - SENTENZA
 Dott. MULLIRI   Guicla            - Consigliere - N. 1495
 Dott. SARNO     Giulio            - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ORILIA    Lorenzo           - Consigliere - N. 33002/2012
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 RECCHIA GIUSEPPE N. IL 25/11/1961;
 FERRARESI STEFANO N. IL 16/12/1960;
 ROMANO LUIGI N. IL 25/01/1964;
 avverso la sentenza,n. 468/2010 CORTE APPELLO di TRENTO, del  01/02/2012;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/05/2013 la relazione fatta dal  Consigliere Dott. ALDO FIALE;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Enrico Delehaye,  che ha concluso per il rigetto del ricorso;
 Udito il difensore Avv.to Alessandro Melchioda, il quale ha chiesto  l'accoglimento del ricorso.
 RITENUTO IN FATTO
 La Corte di appello di Trento, con sentenza dell'1.2.2012, in  parziale riforma della sentenza 30.7.2010 del Tribunale di Trento -  Sezione distaccata di Cles:
 a) ha ribadito l'affermazione della responsabilità penale di  Recchia Giuseppe, Ferraresi Stefano e Romano Luigi in ordine al  reato di cui:
 - all'art. 44, lett. c), T.U. n. 380/2001 (per avere - il Recchia  quale presidente e gli altri due quali componenti del consiglio di  amministrazione della s.r.l. "Creocapital for Holiday" - realizzato  una lottizzazione abusiva, mutando la destinazione d'uso del primo,  secondo e terzo piano dell'Hotel Castello da alberghiera a  residenziale attraverso la stipula di contratti di compravendita con  terzi acquirenti di singole unità destinate a privata residenza, in  violazione delle prescrizioni del PRG del Comune di Ruffrè -  Mendola, che fissava la destinazione esclusivamente alberghiera  dell'area su cui sorge l'albergo - in Ruffrè - Mendola e Fondo,  dal 25.7.2008);
 b) ha confermato la condanna di ciascun imputato, previo  riconoscimento di circostanze attenuanti generiche, alla pena -  condizionalmente sospesa - di mesi 4 di arresto ed Euro 30.000,00 di  ammenda;
 c) e, laddove il primo giudice aveva ordinato la confisca di tutto il  compendio immobiliare, ha revocato questa disposizione "limitatamente  alle quote di comproprietà cedute a terzi con i contratti definitivi  di compravendita".
 Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore  degli imputati, il quale - sotto i profili della violazione di legge  e della illogicità manifesta della motivazione - ha eccepito:
 - la inconfigurabilità della lottizzazione abusiva, in quanto: a)  l'attività lottizzatoria potrebbe riguardare esclusivamente il  frazionamento di terreni e non di edifici; b) non integrerebbe  illecito frazionamento la vendita di quote millesimali di proprietà  di un singolo immobile; c) nella specie non vi sarebbe stato  aggravamento del carico urbanistico del territorio; d) la cessione di  una quota di comproprietà dell'immobile non implicherebbe negazione  della gestione unitaria alberghiera;
 - la incongruità del disconoscimento della buona fede di essi  venditori, non potendosi ravvisare nella loro condotta profili di  dolo ed avendo essi confidato nelle assicurazioni di piena  legittimità degli atti di compravendita ricevute dal notaio rogante;
 - la illegittimità della confisca delle parti dell'immobile non  compravendute e per le quali, pertanto, non può configurarsi  modifica della destinazione alberghiera.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 1. È necessario premettere, per la comprensione della vicenda, una  ricostruzione essenziale dei fatti.
 La società amministrata dagli imputati ha acquistato l'albergo in  questione (per il quale era in corso di concessione un contributo  pubblico) nell'anno 2005 e lo ha gestito per quattro anni. Ha poi  deciso di fare ricorso ad un'operazione di autofinanziamento  (asseritamente per effettuare lavori di ristrutturazione senza oneri  aggiuntivi per i soci), attraverso la cessione a terzi di alcune  unità immobiliari realizzate attraverso l'unione di precedenti  camere.
 Ha stipulato allo scopo (dal luglio al settembre 2008), a mezzo di un  unico notaio, plurimi atti di vendita con acquirenti privati aventi  ad oggetto la cessione di quote dell'albergo e la costituzione del  diritto di utilizzazione esclusiva, in capo a ciascuno degli  acquirenti, di specificate unità immobiliari bicamere.  Nell'art. 2 del "regolamento di comunione" allegato agli atti  pubblici di trasferimento è stato previsto che:
 - "ad ogni quota di proprietà è connesso il diritto di utilizzo  pieno, esclusivo e perpetuo dell'unità immobiliare" (lett. b);
 - "ciascun proprietario non ha alcun obbligo circa l'utilizzo della  propria unità immobiliare ne' per quanto concerne i periodi di  utilizzo (per i quali utilizzerà il proprio immobile in piena  autonomia senza dovere in qualunque modo darne comunicazione alcuna  nè alla parte venditrice ne' tanto meno al soggetto che gestisce le  parti comuni) ne' tanto meno per eventuali opere e/o modificazioni  interne dell'unità stessa" (lett. c).
 In data 13.11.2008, il Servizio turismo della Provincia autonoma di  Trento, rilevato che la cessione di quote dell'albergo era in  contrasto con la normativa provinciale (art. 5, comma 6, della legge  provinciale n. 7/2002), ha disposto la revoca della classifica  alberghiera.
 In data 22.6.2009, gli acquirenti hanno proceduto ad atto notarile  "di rettifica", con cui hanno dichiarato di rinunziare al diritto  esclusivo di utilizzo delle singole unità immobiliari già  attribuito dagli atti di acquisto e la società alienante e gli  stessi acquirenti, quali titolari delle quote di comproprietà, hanno  confermato l'obbligo di mantenere la destinazione alberghiera  dell'intero complesso immobiliare.
 Non risultano elementi concreti per configurare l'esistenza una  organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione dei servizi  comuni ed alla concessione in locazione dei singoli appartamenti  compravenduti secondo le regole comuni del contratto di albergo; anzi  dai sopralluoghi effettuati è emersa la mancanza, all'esterno  dell'edificio, dei segni identificativi dell'attività commerciale  (insegna e simili) e del cartellino prezzi all'interno delle singole  unità abitative.
 Uno degli acquirenti ha richiesto di fissare la propria residenza  nell'unità immobiliare acquistata.
 2. A fronte di tale situazione di fatto, rileva il Collegio che il  fenomeno della "conversione" di un complesso immobiliare alberghiero  in una pluralità di unità immobiliari autonome vendute ad  acquirenti privati, nella sua configurazione astratta, ha anzitutto  un forte impatto sul territorio, sotto il profilo dell'assetto  urbanistico di esso, in quanto pregiudica le autonome scelte della  programmazione edificatoria e condiziona la pubblica Amministrazione  nell'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria,  ma è altresì idoneo a produrre conseguenze negative in termini  socio - occupazionali (in primo luogo per la mancata assunzione del  personale destinato ad operare nella struttura alberghiera) ed  ulteriori pregiudizi all'economia turistica del Comune interessato.  2.1 In relazione a detta fenomenologia la giurisprudenza di questa  Corte Suprema ha ravvisato nelle condotte dianzi esplicate (sia pure,  talvolta, con i limiti propri dei giudizi in tema di misure  cautelari) gli elementi costitutivi del reato di lottizzazione  abusiva, nella prospettiva finale della tutela del bene, di rango  costituzionale (artt. 3, 9 e 32 Cost.), rappresentato dal territorio,  ovvero dall'habitat in cui l'uomo vive ed opera e che incide  direttamente sulla qualità individuale e sociale della vita.  È stato così inquadrato nella fattispecie lottizzatoria il  sostanziale conferimento di un diverso assetto ad una porzione di  territorio comunale, con "significativa trasformazione" della  organizzazione complessiva di detto territorio messa a punto dagli  strumenti urbanistici anche attraverso il coordinamento delle varie  destinazioni d'uso (da ciò discende l'assoluta irrilevanza delle  argomentazioni riferite dalla difesa, nel caso in esame, alla pretesa  carenza di un aggravio del carico urbanistico).
 La Corte Costituzionale ha rilevato infatti, al riguardo, che "le  destinazioni d'uso degli immobili sono in diretto rapporto con  l'assetto del territorio dei Comuni e costituiscono attuazione delle  funzioni e degli usi delle zone in cui viene articolato il territorio  medesimo, secondo le previsioni della pianificazione comunale" così  Corte Cost., 11.2.1991, n. 73.
 3. Questa 3^ Sezione, in particolare, con giurisprudenza costante, ha  affermato che è configurabile il reato di lottizzazione abusiva  mediante modifica della destinazione d'uso nel caso in cui,  attraverso la condotta dianzi descritta, venga alterato il  complessivo assetto del territorio comunale configurato dallo  strumento urbanistico, al quale è affidata la pianificazione delle  diverse destinazioni d'uso con assegnazione a ciascuna zona  territoriale di determinate quantità e qualità di servizi.  Ha rilevato, dunque, che la lottizzazione abusiva può essere  integrata - ove sussista contrasto con gli strumenti urbanistici -  dalla modifica della destinazione d'uso di una residenza turistico -  alberghiera realizzata attraverso la vendita di singole unità a  privati "allorché non sussista un'organizzazione imprenditoriale  preposta alla gestione dei servizi comuni ed alla concessione in  locazione dei singoli appartamenti compravenduti secondo le regole  comuni del contratto di albergo", atteso che in tale ipotesi le  singole unità perdono la originaria destinazione d'uso alberghiera  per assumere quella residenziale.
 Quanto alla individuazione della destinazione della struttura  immobiliare (alberghiera o abitativa), è stato escluso che si debba  tener conto della titolarità della proprietà della stessa, che  indifferentemente può appartenere ad un solo soggetto proprietario  oppure ad una pluralità di soggetti.
 Ciò che rileva, invece, è la configurazione della struttura (anche  se appartenente a più proprietari) come albergo ed una  configurazione siffatta deve essere caratterizzata dalla "concessione  in locazione delle unità immobiliari ad una generalità indistinta  ed indifferenziata di soggetti e per periodi di tempo  predeterminati".
 Se manca questa destinazione ad un pubblico generalizzato, ma si  destinano parte dei locali costruiti esclusivamente all'utilizzazione  dei soggetti proprietari, non si ha più utilizzazione alberghiera,  bensì abitativa.
 4. La consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente  affermato i principi secondo i quali:
 - Può configurare il reato di lottizzazione abusiva la modifica di  destinazione d'uso di un complesso alberghiero, realizzata attraverso  la vendita di singole unità immobiliari a privati, allorché  (indipendentemente dal regime proprietario della struttura) non  sussiste una organizzazione imprenditoriale preposta alla gestione  dei servizi comuni ed alla concessione in locazione dei singoli  appartamenti compravenduti secondo le regole comuni del contratto di  albergo, atteso che in tale ipotesi le singole unità perdono la loro  originaria destinazione d'uso alberghiera per assumere quella  residenziale.
 - Irrilevante è la titolarità della proprietà della struttura  immobiliare, che indifferentemente può appartenere ad un solo  soggetto proprietario oppure ad una pluralità di soggetti. Ciò che  rileva, invece, è la configurazione della struttura medesima (anche  se appartenente a più proprietari) come albergo ed una  configurazione siffatta deve essere caratterizzata dalla "concessione  in locazione delle unità immobiliari ad una generalità indistinta  ed indifferenziata di soggetti e per periodi di tempo  predeterminati".
 Se manca questa destinazione dei locali ad un pubblico generalizzato,  ma si destinano parte dei locali costruiti esclusivamente  all'utilizzazione dei soggetti proprietari, non si ha più  utilizzazione alberghiera, bensì abitativa.
 - Si ha lottizzazione abusiva allorquando il frazionamento anzidetto  si ponga in contrasto con specifiche previsioni dello strumento  urbanistico generale, come ad esempio nel caso in cui detto  strumento, nella zona in cui è stato costruito l'albergo, non  preveda utilizzabilità diversa da quella turistico - alberghiera.  - Il reato di lottizzazione abusiva mediante modifica della  destinazione d'uso da alberghiera a residenziale è configurabile  anche nell'ipotesi in cui lo strumento urbanistico consenta  l'utilizzo della zona ai fini residenziali: sia quando il complesso  alberghiero sia stato edificato alla stregua di previsioni  urbanistico - edilizie derogatorie non estensibili ad immobili  residenziali; sia allorquando la destinazione d'uso residenziale  comporti la necessità di incrementare gli standards richiesti per  l'edificazione alberghiera e tali standards aggiuntivi non risultino  reperibili ovvero reperiti in concreto.
 5. Sono questi i principi che devono presiedere alla valutazione  della vicenda concreta in esame, ove il presupposto dell'illiceità  risiede nella incompatibilità della destinazione residenziale con la  strumentazione urbanistica vigente.
 La Corte di merito, con corretta applicazione di tali principi, ha  accertato, e ne ha dato conto con motivazione diffusa e razionale,  che:
 - il trasferimento di "quote" della proprietà dell'albergo, valutato  in sè stesso, potrebbe essere considerato legittimo solo allorquando  fosse restata immanente la gestione alberghiera dell'intero immobile,  ma - nella vicenda che ci occupa - l'assegnazione di specifiche  unità immobiliari di esclusiva pertinenza evidenzia l'intimo nesso  di connessione tra la c.d. "quota" e porzioni ben individuate  dell'intero compendio immobiliare e tale connessione rende palese un  espediente dissimulatorio al fine di aggirare il divieto di  lottizzazione posto dal legislatore;
 - non sono state messe a disposizione e concesse in locazione ad una  generalità indistinta ed indifferenziata di soggetti le unità  immobiliari vendute a privati;
 - non esiste una organizzazione imprenditoriale (non di tipo  essenzialmente condominiale) che abbia continuato a gestire come  "albergatore" i servizi comuni ed abbia dato in locazione, secondo le  regole del contratto di albergo, anche i singoli appartamenti  compravenduti.
 Va rilevato, in proposito, che le anzidette condizioni di gestione  (riscontrate insussistenti) devono essere integrate con riferimento a  tutti gli appartamenti ricompresi nell'autorizzazione di esercizio  alberghiero, e non ad alcuni soltanto di essi, e non possono  ovviamente riconnettersi a precarie e contingenti decisioni di alcuni  proprietari che abbiano deciso di locare temporaneamente gli immobili  di proprietà esclusiva.
 6. Infondata è l'eccezione secondo la quale - alla stregua della  formulazione letterale dell'art. 30, comma 1, del T.U. n. 380/2001 e  tenuto conto del principio di tassatività delle previsioni penali -  il reato di lottizzazione abusiva sarebbe configurabile  esclusivamente nei confronti del venditore e degli acquirenti di  "terreni illegittimamente frazionati" e non invece di "edifici già  costruiti".
 Va rilevato, infatti, che le Sezioni Unite - già con la sentenza  28.11.1981, ric. Giulini - hanno affermato che, per la  configurabilità del reato all'epoca previsto dall'art. 17, lett. b)  - ultima ipotesi, della L. n. 10/1977, la nozione di "lottizzazione  dei terreni a scopo edilizio" allora posta dalla Legge Urbanistica n.  1150 del 1942, art. 28, modificato dalla L. n. 765/1967 non  comprendeva soltanto i casi di frazionamento di area, ma (alla  stregua della ratio legis e degli interessi tutelati) doveva "essere  estesa sino a comprendere qualsiasi forma di insediamento urbano, non  autorizzabile o non legittimamente autorizzato, realizzato attraverso  l'utilizzazione edilizia del territorio": ciò perché si determina  in ogni caso il pregiudizio delle autonome scelte programmatiche  sull'uso del territorio, riservate dalla legge alla competenza del  Comune, nonché il condizionamento della pubblica Amministrazione ad  eseguire le correlate opere di urbanizzazione primaria e secondaria  ed a sopportare i relativi costi.
 Solo un'interpretazione siffatta, già secondo la pronuncia in  oggetto, "sembra poter comprendere le varie e diverse accezioni del  termine lottizzazione, nei momenti e negli aspetti eterogenei e  multiformi, effettivi o simulati, nei quali essa ha dimostrato, nel  tempo, di potersi concretizzare e sviluppare".
 7. La giurisprudenza ormai costante di questa Corte è orientata nel  senso che la contravvenzione di lottizzazione abusiva, sia negoziale  sia materiale, possa essere commessa anche per colpa vedi, tra le  molteplici pronunzie in tal senso, Cass., Sez. 3^: 25.2.2011, n.  7238, Cresta; 3.2.2011, n. 3886, Lotito; 29.4.2009, n. 17865, Quarta;
 2.10.2008, n. 37472, Belloi; 7.4.2008, n. 14326, Zortea; 5.3.2008, n.  9982, Quattrone; 12.10.2005, n. 36940, Stiffi; 13.10.2004, n. 39916,  Lamedica.
 Non è ravvisabile, infatti, alcuna eccezione al principio generale  stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42 c.p., comma 4.  Il venditore non può predisporre l'alienazione degli immobili in una  situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la  programmata destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed  i soggetti che acquistano devono essere cauti e diligenti  nell'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e  pianificatorie di zona.
 Questa Sezione ha già enunciato il principio secondo il quale,  nell'illecito lottizzatorio, non può ritenersi assiomaticamente  sussistente la buona fede del venditore e dell'acquirente per il solo  fatto che essi si siano rivolti ad un notaio quale pubblico ufficiale  rogante (vedi Cass., Sez. 3^, 28.2.2013, n. 15981, P.M. in proc.  Moretti).
 Le parti stipulanti infatti - proprio al fine specifico di non fare  emergere elementi indiziari di uno scopo lottizzatorio dell'attività  negoziale - potrebbero rendere dichiarazioni non veritiere,  surrettiziamente incomplete o nebulose, oppure produrre  documentazione parziale e non corrispondente alla realtà.  Lo stesso notaio, infine, potrebbe concorrere alla lottizzazione  abusiva, sia contribuendo con la propria condotta alla realizzazione  dell'evento illecito (facendo proprio il fine degli autori del reato,  magari anche con attiva induzione propiziatoria) sia per violazione  del dovere della normale diligenza professionale media esigibile ai  sensi dell'art. 1176 c.c., comma 2.
 L'intervento del notaio non garantisce una sorta di "ripulitura  giuridica" della originaria illegalità dell'immobile abusivo,  permettendo che esso resti definitivamente radicato sul territorio,  nè può consentire all'acquirente di godere di un acquisto  dolosamente o colposamente attuato in ordine ad un bene di  provenienza illecita ed al costruttore abusivo di conseguire comunque  il suo illecito fine di lucro. Argomentandosi in senso difforme (come  efficacemente rilevato in dottrina) lo scempio territoriale, che è  intollerabile perché perpetrato in violazione anche dei doveri di  solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost., diventerebbe  praticamente intoccabile e la cultura dell'illegalità diventerebbe  diritto acquisito.
 Nella fattispecie in esame evidenti profili quanto meno di colpa  emergono dal fatto che i venditori ed il notaio avevano il dovere di  conoscere sia la destinazione esclusivamente alberghiera impressa  alla zona dalla pianificazione comunale sia la disciplina provinciale  di settore applicabile, sicché ha costituito condotta quanto meno  negligente ed imprudente quella di separare singole unità  residenziali da un compendio immobiliare alberghiero. Sembra comunque  razionalmente configurarsi, piuttosto, il fraudolento ricorso ad uno  strumento giuridico in sè legittimo ma surrettiziamente utilizzato a  scopo illecito e sul comportamento dello stesso notaio rogante  sarebbero stati opportuni approfondimenti investigativi.  8. Mentre dei motivi di ricorso fino a questo punto esaminati è  stata evidenziata l'infondatezza, appare invece meritevole di  accoglimento l'ultima eccezione in esso svolta nella parte in cui si  lamenta vizio di motivazione quanto alla disposta conferma della  confisca delle parti dell'immobile non compravendute (nella sentenza  di primo grado si fa riferimento ad un edificio di sei piani, dei  quali soltanto tre sarebbero stati trasformati).
 Il problema è quello della proporzionalità di tale disposizione  ablatoria, che ha riguardato la totalità del compendio immobiliare  alberghiero pure a fronte dell'accertata trasformazione edilizia ed  urbanistica soltanto di una parte di esso.
 Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 3^: 8-10-2009,  n. 39078, Apponi; 2-10-2008, n. 37472, Belloi):
 - nel caso in cui si accerti un preventivo frazionamento di un'area  abusivamente lottizzata, preordinato ad agevolarne l'utilizzazione a  scopo edilizio, la confisca prevista dall'art. 44, comma 2, del T.U.  n. 380/2001 investe l'intera area interessata da tale frazionamento  nonché dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere  urbanizzative, indipendentemente dall'attività di edificazione posta  concretamente in essere;
 - nell'ipotesi, invece, in cui non sia stato predisposto un  frazionamento fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un  diverso assetto ad una porzione di territorio comunale, la confisca  va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata  dalla vendita di lotti separati, dall'edificazione e dalla  realizzazione di infrastrutture.
 Qualora la lottizzazione abbia riguardato non un fondo ma un  edificio, a giudizio del Collegio, deve essere affermata comunque la  necessità di garantire il mantenimento di un giusto equilibrio tra  le esigenze dell'interesse generale della comunità (il buono e ben  ordinato assetto del territorio) e gli imperativi della salvaguardia  dei diritti fondamentali dell'individuo.
 In questa prospettiva va rilevato che, nella fattispecie in esame, la  Corte di merito non ha spiegato quale sia l'attività lottizzatoria  che abbia riguardato le parti dell'immobile non compravendute con  contratti definitivi ed anzi neppure le ha identificate attraverso la  specificazione della consistenza e delle caratteristiche di tali  parti. È stato omesso, in particolare, ogni riferimento alle  possibilità concrete di prosecuzione della gestione alberghiera a  fronte della cessione a terzi di quote di comproprietà e nel  rispetto della normativa provinciale vigente; non è stato  specificato se e quali opere edilizie abbiano interessato le parti  residue; non si è fatto riferimento a significative condotte  prodromi che a vendite ulteriori ovvero ad altre attività  preordinate ad una trasformazione delle parti non trasferite che  risultino incompatibili con la destinazione alberghiera.  9. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio  ad altra Sezione della Corte di appello di Trento limitatamente alla  disposta confisca delle parti immobiliari che non sono state  trasferite a terzi, demandandosi ad nuova valutazione di merito la  sussistenza dei presupposti della disposizione ablatoria.  Il ricorso deve essere, invece, rigettato nel resto.
 Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca e  			rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Trento.  			Così deciso in Roma, il 16 maggio 2013.
 Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2013
                    



