Cons. Stato Sez. VI n. 9578 del 29 dicembre 2010
Beni ambientali. Valutazione sovrintendenza 
L’intervento della Sovrintendenza deve tendere alla conservazione dei valori presidiati dal vincolo al fine di evitare ulteriori interventi deturpanti, a prescindere dall’esistenza di eventuali altre evidenze abusive. Infatti la situazione di compromissione della bellezza naturale ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che nuove costruzioni non deturpino esteriormente l’ambito protetto. Nondimeno, la prevenzione di siffatti ulteriori deturpamenti deve essere effettiva e non solo teorica. Perciò la valutazione dell’Amministrazione deve essere riferita alla circostante, anche se circoscritta, realtà. Perché l’azione amministrativa risulti ragionevole, deve avere per obiettivo un’effettiva tutela del paesaggio e non l’inutile evocazione di un valore astratto ed irreale. Perciò il giudizio di comparazione dell’opera al contesto da difendere va compiuto tenendo presente le effettive condizioni dell’area in cui il manufatto è stato inserito.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 N. 09578/2010 REG.SEN.
 N. 02449/2010 REG.RIC.
 Il Consiglio di Stato
 
 in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 2449 del 2010, proposto da:
 Ministero per i beni e le attivita' culturali, in persona del ministro in  carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata  per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
 contro
 Istituto Antoniano Maschile dei Padri Rogazionisti, in persona del legale  rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocatri Giuseppe Ceceri, Antonio  Nardone, Arturo Testa, con domicilio eletto presso l’avvocato Antonio Nardone in  Roma, piazza del Popolo, 18;
 
 per la riforma
 
 della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 01483/2009, resa tra  le parti, concernente DINIEGO CONCESSIONE EDILIZIA
 
 
 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
 Visto l'atto di costituzione in giudizio di Istituto Antoniano maschile dei  padri Rogazionisti;
 Visto l’appello incidentale proposto dall’Istituto predetto;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il consigliere  Roberta Vigotti e uditi per le parti l’ avvocato dello Stato Russo e l’avvocato  Ceceri;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
 Il Ministero per i beni e le attività culturali chiede la riforma della sentenza  con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha accolto il  ricorso presentato dall’Istituto Antoniano maschile dei Padri Rogazionisti  avverso il provvedimento con il quale la Soprintendenza per i beni  architettonici di Napoli ha annullato il provvedimento comunale recante parere  favorevole, ai sensi dell’art. 146 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, per la  concessione del condono edilizio relativamente al complesso immobiliare  destinato ad attività religiose sito in Napoli, viale dei Pini n. 53.
 
 Avverso la stessa sentenza ha proposto ricorso incidentale condizionato  l’istituto, per riproporre i motivi non esaminati dal primo giudice, in quanto  assorbiti.
 
 Risulta dagli atti che l’istituto ricorrente ha avviato nel 1957 lavori edilizi  di ampliamento dell’originario complesso con la sopraelevazione della struttura  risalente al XVIII secolo e con la costruzione, completata nel 1963, di un  secondo corpo di fabbrica, omettendo di chiedere concessione per tali lavori.
 
 Il 28 marzo 1986 l’istituto ha perciò chiesto il condono ai sensi della legge 28  febbraio 1985, n. 47; il 13 gennaio 2005 la commissione edilizia integrata del  Comune di Napoli, e successivamente il dirigente comunale competente, hanno  rilasciato parere favorevole rilevando che gli interventi si inseriscono un una  zona ampiamente urbanizzata, nella quale non creano alterazione ambientale, ma  tale parere comunale è stato annullato dalla soprintendenza con l’atto oggetto  del ricorso di primo grado, sul presupposto dell’esistenza del vincolo imposto  sull’area con d.m. 25 giugno 1965, dell’alterazione del paesaggio creato dalle  opere realizzate, del contrasto con altra pratica interessante il medesimo  complesso immobiliare.
 
 La sentenza impugnata ha accolto il ricorso, ritenendo che l’attività valutativa  dell’autorità di tutela non possa prescindere dalla tipologia delle opere  realizzate in connessione al contesto ambientale, e che debba essere condotta  alla stregua della valutazione dell’impatto concreto del manufatto, considerato  che, nel caso di specie, non può considerarsi incoerente con il contesto  urbanistico edilizio così come determinatosi nel corso degli anni.
 
 La sentenza merita conferma.
 
 Giova premettere che l’ampliamento edilizio del quale si tratta risulta eseguito  negli anni sessanta del secolo scorso; che tutta la zona nella quale l’opera è  inserita ha avuto un notevole sviluppo ad alta intensità edilizia e oggi è per  conseguenza densamente abitata; che il fatto che l’intera area non possa, in  realtà, essere considerata come il belvedere asserito dall’Amministrazione è  effetto dell’intensa e di fatto irreversibile urbanizzazione ed edificazione  realizzata negli anni successivi, anche in deroga al vincolo paesaggistico  gravante sulla stessa area.
 
 È in linea di diritto anzitutto da sottolineare che è certamente condivisibile  quanto affermato dal Ministero appellante, cioè che l’intervento della  Sovpintendenza deve tendere alla conservazione dei valori presidiati dal vincolo  al fine di evitare ulteriori interventi deturpanti, a prescindere dall’esistenza  di eventuali altre evidenze abusive. Infatti è valido principio della  giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che la situazione di compromissione  della bellezza naturale ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché  impedire, maggiormente richiede che nuove costruzioni non deturpino  esteriormente l’ambito protetto (Cons. Stato, VI, 13 febbraio 1976, n. 87; 11  giugno 1990, n. 600; 28 agosto 1995, n. 820; II, 17 giugno 1998, n. 853.).
 
 Nondimeno, la prevenzione di siffatti ulteriori deturpamenti deve essere  effettiva e non solo teorica. Perciò la valutazione dell’Amministrazione deve  essere riferita alla circostante, anche se circoscritta, realtà. Perché l’azione  amministrativa risulti ragionevole, deve avere per obiettivo un’effettiva tutela  del paesaggio e non l’inutile evocazione di un valore astratto ed irreale.  Perciò il giudizio di comparazione dell’opera al contesto da difendere va  compiuto tenendo presente le effettive condizioni dell’area in cui il manufatto  è stato inserito.
 
 Tale valutazione, nel caso dell’edificazione oggetto della richiesta di condono  in questione, va dunque rapportata alla considerazione del sistematico degrado  dei valori paesaggistici naturali originariamente tutelati mediante il vincolo.  Questo degrado si è sedimentato per effetto di numerosissime costruzioni del  tipo e del genere di quella di cui si discute, nel cui stretto contesto questa è  collocata. Risulta dagli atti che l’intero abitato circostante (il Viale dei  Pini, in Capodimonte, Napoli) è stato trasformato - per spazi e cubature - in  modo così affollato, intenso e sistematico da rendere per quel luogo  radicalmente diverso e la bellezza naturale assoggettata a vincolo sminuita  rispetto alle forme pregresse.
 
 Questa circostanza, se da un lato non fa venir meno il vincolo paesaggistico (e  con esso la necessità che ogni nuovo intervento vi risulti compatibile, come che  una tale compatibilità venga accuratamente vagliata), da un altro richiede  all’Amministrazione di tener presente la realtà e di valutare l’offensività  effettiva dell’innovazione rispetto a quanto davvero persiste dei valori  paesistici protetti. Un’innovazione che effettivamente sia idonea a ledere  quanto rimane del pregio paesaggistico che presiede al vincolo è, ai fini della  tutela, meritevole del diniego di legittimazione. Ma così non appare essere nel  caso di specie.
 
 La sentenza impugnata, che su tali considerazioni essenzialmente si basa, merita  pertanto conferma (a nulla comunque rilevando le sue ridondanti considerazioni  circa la natura dell’ente di cui si tratta, che è inconferente rispetto alla  tutela del paesaggio): la reiezione dell’appello dell’Amministrazione esime il  Collegio dall’esaminare l’appello incidentale proposto dall’istituto appellato  per il caso di accoglimento del gravame principale.
 
 Le spese di lite possono, peraltro, essere compensate tra le parti per  giustificati motivi.
 P.Q.M.
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente  pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto,  conferma la sentenza impugnata.
 
 Dichiara inammissibile per carenza di interesse l’appello incidentale.
 
 Spese compensate.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Giuseppe Severini, Presidente
 Rosanna De Nictolis, Consigliere
 Roberto Garofoli, Consigliere
 Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore
 Bernhard Lageder, Consigliere
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 29/12/2010
                    



