Cons. Stato Sez. VI n. 371 del 19 gennaio 2011
Beni ambientali. Piano paesistico
Per ciò che attiene all’uso, cioè alla trasformazione del territorio, il Piano paesistico ha  la sua funzione precipua nell’individuare in negativo gli interventi che, per l’inconciliabilità con il contesto, sono in posizione di incompatibilità assoluta con i valori salvaguardati dal vincolo; e per questi introduce un regime di immodificabilità per zone, o per categorie di opere reputate comunque incompatibili con i valori protetti, dunque non realizzabili
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 N. 00371/2011REG.PROV.COLL.
 N. 04621/2010 REG.RIC.
 Il Consiglio di Stato
 
 in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 4621 del 2010, proposto da:
 Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni  Architettonici Paesaggio e Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico  di Napoli e provincia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello  Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
 Pasquale D'Avino, Maria Teresa Pastore, rappresentati e difesi dall'avv. Jacopo  Fronzoni, con domicilio eletto presso Michele Carrelli Palombi in Roma, via San  Nicola De Cesarini, 3;
 
 nei confronti di
 
 Comune di Anacapri;
 
 per la riforma
 
 della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VI n. 01871/2009, resa tra  le parti, concernente AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA
 
 
 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
 Visti gli atti di costituzione in giudizio di Pasquale D'Avino e di Maria Teresa  Pastore;
 Viste le memorie difensive;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2010 il Cons. Roberto  Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato dello Stato De Felice, e l’avvocato  De Luca per delega di Fronzoni.;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO e DIRITTO
 1). Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il Tribunale amministrativo  regionale per la Campania, in accoglimento di ricorso proposto da D'Avino  Pasquale e Pastore Maria Teresa, disponeva l’annullamento del decreto dalla  Soprintendenza per i beni architettonici, per il paesaggio e per il patrimonio  artistico e etnoantropologico di Napoli e provincia con il quale - nell’  esercizio dei poteri previsti dal regime transitorio di cui all’art. 159 d.lgs.  22 gennaio 2004, n. 42 - era stata dichiarata l’ illegittimità e in conseguenza  annullata l’autorizzazione paesaggistica n. 5946 del 15 aprile 2008 rilasciata  dal Comune di Anacapri di assentimento dell’autorizzazione alla realizzazione di  una piscina nella villa dei ricorrenti, anche mediante eliminazione di parte  della pavimentazione esistente, in Anacapri, alla via III traversa Dinaro n. 11.
 
 L’annullamento della Soprintendenza è motivato sul rilievo del contrasto  dell’opera con le previsioni stabilite per la “zona di protezione integrale con  restauro pesistico/ambientale” (P.I.R.).
 
 Avverso detta sentenza ha proposto appello il Ministero per i beni e le attività  culturali per i seguenti motivi:
 
 - la realizzazione di un manufatto, ancorché interrato e non costituente  volumetria, integra una costruzione edilizia a tutti gli effetti, non  equiparabile ad un intervento di mera riqualificazione estetica;
 
 - sussiste contrasto dei lavori con l’ art. 9 del P.t.p. dell’ isola di Capri,  che in tutte le zone interessate dal piano prevede la possibilità di inserimento  di “elementi architettonici tipici e tradizionali del luogo che non  costituiscano nuove volumetrie”;
 
 - l’ art. 11.3 del P.t.p. ammette i soli “interventi volti alla conservazione  del verde agricolo residuale; gli interventi per la ricostituzione del verde  secondo l’ applicazione di principi fitosociologici, che rispettino i principi  dinamico evolutivi e della potenzialità della vegetazione dell’ area”;
 
 - la sottrazione del verde in zona di protezione integrale (P.I.) non può essere  compensata, in misura eguale e corrispondente, con la destinazione a verde di  un’ area già pavimentata compresa in zona R.U.A., che presenta maggiore  antropizzazione ed è soggetta a un regime di tutela meno incisivo.
 
 All’ udienza del 5 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
 
 2). Si verte qui in appello dell’atto di annullamento – disposto nel 2008 dalla  Soprintendenza per i beni architettonici, per il paesaggio e per il patrimonio  artistico e etnoantropologico di Napoli e Provincia nell’esercizio dei poteri  previsti dal regime transitorio dell’art. 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 – di  un’autorizzazione paesaggistica, due volte rilasciata dal Comune di Anapri per  la realizzazione di una piscina in area classificata come “zona di protezione  integrale con restauro pesistico/ambientale” (P.I.R.) dal Piano territoriale  paesistico (P.t.p.) di Capri e Anacapri.
 
 Con la sentenza qui appellata dall’Amministrazione, il Tribunale amministrativo  regionale per la Campania ha accolto il ricorso del proprietario e annullato  l’atto del Soprintendente, ritenendo che non esservi contrasto tra le  prescrizioni del P.t.p. e l’intervento. Infatti questo non rientra tra gli  interventi non consentiti, perché non comporta aumento di volume o modifiche  dell’andamento del terreno: Anzi, si tratta di intervento ammesso in tutte le  zone ai sensi dell’art. 9 delle Norme di Attuazione del P.t.p., perché di  riqualificazione estetica degli immobili e delle aree pertinenziali. Né comporta  eliminazione di essenze arboree e migliora significativamente l’impatto  ambientale fortemente degradato, ed è insuscettibile di verticalizzazione e  occlusione di visioni prospettiche d’insieme.
 
 L’Amministrazione nell’appello contesta tali assunti e ribadisce il contrasto  dell’opera con le prescrizioni del Piano territoriale paesistico.
 
 L’ appello è fondato.
 
 2.1). Il Piano territoriale paesistico (P.t.p.) di Capri ed Anacapri - approvato  con d.m. 8 febbraio 1999 ai sensi dell’art. 1-bis, secondo comma, l. 8 agosto  1985, n. 431 - detta puntuali disposizioni di tutela del territorio dell’isola,  per il suo speciale pregio paesaggistico già sottoposto alla norma di  salvaguardia dell’art. 1-quinquies della stessa l. n. 431 del 1985, dallo  stretto vincolo di inedificabilità. Queste disposizioni di “specifica normativa  d’uso e di valorizzazione” (cfr. art. 1-bis l. n. 431 del 1985) del Piano – che  hanno sostituito quel regime cautelativo provvisorio - manifestano, in ragione  del particolare valore paesaggistico dell’isola e delle sue componenti (valutato  nel suo insieme e non più episodicamente, mediante una considerazione previa e  obiettiva, integrale e globale del contesto tutelato e della tollerabilità delle  trasformazioni future), limiti rigorosi e generali alla valutazione concreta di  compatibilità degli interventi modificativi dell’assetto dei luoghi. Per ciò che  attiene all’uso, cioè alla trasformazione del territorio, il Piano paesistico ha  del resto la sua funzione precipua nell’individuare in negativo gli interventi  che, per l’inconciliabilità con il contesto, sono in posizione di  incompatibilità assoluta con i valori salvaguardati dal vincolo; e per questi  introduce un regime di immodificabilità per zone, o per categorie di opere  reputate comunque incompatibili con i valori protetti, dunque non realizzabili  (cfr. Cons. Stato, II, 20 maggio 1998, n. 548/98 e 549/98).
 
 Nella specie la realizzazione della piscina, di pertinenza all’edificio  residenziale di proprietà dell’appellato, interviene in area classificata dal  P.t.p. come “zona di protezione integrale con restauro pesistico/ambientale” (P.I.R.).
 
 L’ art. 9 (interventi consentiti per tutte le zone) del P.t.p. - con  prescrizione relativa a tutti gli ambiti di tutela in cui è stato suddiviso il  territorio dei due comuni interessati, mediante le classificazioni P.I.  (protezione integrale); P.I.R. (protezione integrale con restauro  pesistico/ambientale); R.U.A. (recupero urbanistico/edilizio e restauro  paesistico/ambientale) – individua tipologie di interventi edilizi consentiti,  che sono per loro natura in funzione strettamente conservativa del patrimonio  edilizio esistente. Questi consistono in “interventi di manutenzione ordinaria e  straordinaria di restauro e risanamento conservativo e di riqualificazione  estetica degli immobili e delle aree pertinenziali, anche mediante l’  inserimento di elementi architettonici tipici e tradizionali del luogo che non  costituiscano nuove volumetrie”.
 
 L’ art. 12 del P.t.p. reca, inoltre, prescrizioni indirizzate all’ esclusiva e  specifica tutela della zona P.I.R..
 
 L art. 12, comma 3, per le “zone di protezione integrale con restauro  pesistico/ambientale” (P.I.R.), analogamente all’art. 11, comma 3, per le “zone  di protezione integrale” (P.I.), delle Norme di attuazione del P.t.p. individua  in positivo gli interventi ammissibili, nello stretto limite della conservazione  e miglioramento del verde e del risanamento e restauro ambientale, con  eliminazione di infrastrutture di contrasto indicate in dettaglio.
 
 L’art. 12, comma 4, analogamente all’art. 11, comma 4, detta poi in negativo, a  salvaguardia dell’integrità del territorio, una serie di divieti e limitazioni  fra i quali, per ciò che interessa la presente controversia, assumono rilievo i  divieti di “qualsiasi intervento che comporti incremento di volumi esistenti” e  di “alterazione dell’andamento naturale del terreno”.
 
 Ci si trova, quindi, di fronte di un corpo di disposizioni che, in relazione  alle caratteristiche intrinseche dei luoghi di cui è stato già accertato a suo  tempo, con il vincolo, il valore paesistico ed ambientale, si traducono in  incisive limitazioni delle facoltà del titolare del diritto dominicale riguardo,  segnatamente, all’esercizio del ius aedificandi.
 
 Ciò posto, è agevole rilevare che la costruzione della piscina, in relazione  alla sua consistenza modificativa e trasformativa dell’assetto del territorio,  non si configura come riconducibile fra gli interventi consentiti dal richiamato  art. 9 del P.t.p., cioè mediante una previsione trasversale giovevole per tutte  le zone.
 
 La previsione dell’art. 9, invero, concerne lavori che, alla luce delle  definizioni che si enucleano dall’art. 3, lett. a), b) e c) del testo unico  delle disposizioni legislative in materia edilizia, di cui al d.lgs. 6 giugno  2001, n. 378 - utili, per l’attitudine descrittiva del tipo di intervento, anche  in tema di tutela del paesaggio –, assolvono un ruolo strettamente manutentivo e  conservativo del patrimonio edilizio esistente ed escludono l’asservimento  all’edificazione di nuove porzioni del territorio, oltre quelle che sono già  state interessate dall’attività costruttiva. Ciò vale all’evidenza per i lavori  di “manutenzione ordinaria e straordinaria”, per i quali resta però fermo  l’obbligo di non alterazione delle superfici delle unità immobiliari e delle  destinazioni in uso in atto.
 
 Ad analoga conclusione si deve pervenire per gli interventi qualificati di  “restauro e risanamento conservativo”, ove si consideri che essi sono in ogni  caso circoscritti al “consolidamento, ripristino e rinnovo degli elementi  costituivi dell’ edificio”, nei limiti della cui consistenza originaria può aver  luogo l’ “inserimento (di) . . . elementi accessori” o di nuovi impianti.
 
 2.2). Non soccorre alle ragioni dell’appellato l’assenza di verticalizzazioni,  peculiari al manufatto con destinazione a piscina, e l’affermata inidoneità  dello stesso ad introdurre una nuova volumetria.
 
 La disciplina di tutela della zona, nei suoi effetti inibitori, prescinde  infatti dall’elevazione o meno sul piano di campagna delle opere e dalla loro  consistenza volumetrica. Il che è in linea con il tipo di prescrizione proprio  di un piano paesistico: il quale, a differenza di uno strumento urbanistico, non  è volto al dimensionamento dei nuovi interventi, quanto alla valutazione ex ante  della loro tipologia ed incidenza qualitativa. Il piano paesistico territoriale  del resto – avendo una funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di  tutela - non può essere subordinato a scelte di tipo urbanistico, per loro  natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale (Cons. Stato, II, 4  febbraio 1998, n. 3018/97).
 
 Il contenuto prescrittivo dell’art. 12, come dell’art. 11, del P.t.p. è,  coerentemente, ispirato a criteri strettamente conservativi dell’assetto  naturale dei terreni che ricadono in zona, L’attenzione precipua della  disposizione, esclusa nei termini ricordati la nuova edificazione, si concentra  sugli elementi di conservazione e miglioramento della flora, delle colture  agricole e dell’assetto materiale del suolo. Particolare rilievo assume, in  questo contesto, il divieto di “alterazione dell’ andamento naturale del  terreno”.
 
 A fronte del riferito quadro regolatorio, incisivamente protettivo dei valori  naturalistici e tradizionali, è agevole rilevare che la costruzione di una  piscina nella zona di protezione integrale altera, per effetto dello scavo, l’  “andamento naturale del terreno” e non può assumere valenza di “riqualificazione  estetica . . . delle aree pertinenziali”. Tale ultima caratterizzazione - anche  se consentita in via generale dall’art. 9 per tutte le zone del P.t.p. - nella  zona in esame può aver luogo nei soli ristretti limiti di conservazione e  miglioramento dei valori naturalistici e tradizionali presi in considerazione  all’ art. 12, o 11, del Piano territoriale paesistico. Diversamente,  comporterebbe una vanificazione del ricordato precetto dedicato specificamente  alla zona in esame.
 
 2.3). Anche con riguardo all’incidenza sul piano volumetrico, la realizzazione  di manufatti con scavo nel sottosuolo – indipendentemente dal conteggio del  volume agli effetti degli indici di edificabilità secondo la disciplina  riconducibile al singolo strumento urbanistico, che qui non rileva – dà luogo ad  un nuovo e diverso assetto dei luoghi e determina l’asservimento a diversi  utilizzi (quali il deposito, il rimessaggio, le attività di diporto nel caso di  piscina), resi possibili dalla nuova costruzione.
 
 2.4).Non ha pregio il richiamo dell’appellato all’esecuzione di interventi  compensativi della porzione di suolo destinata a piscina con la realizzazione di  nuove piantumazioni e sistemazioni a verde ricavate nell’ambito di un’area già  pavimentata, non essendo siffatta forma di compensazione dei valori  paesaggistici del sito presa in considerazione dal P.t.p., in disparte il  rilievo che l’incremento del verde interviene in zona R.U.A. (recupero  urbanistico-edilizio e restauro paesistico-ambientale), diversa da quella in cui  ricade la progettata piscina.
 
 2.5). Non va, infine, condivisa la doglianza di eccesso di potere per disparità  di trattamento, per non avere l’autorità preposta alla tutela del vincolo  formulato rilievo in sede di controlli di altri provvedimenti autorizzatori  della realizzazione di piscine nella stessa zona.
 
 Il provvedimento di cui si controverte, di annullamento dell’autorizzazione  comunale ai sensi dell’art. 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni  culturali e del paesaggio), è – per la natura stessa del Piano paesistico, che è  sottoordinato al vincolo ma sopraordinato all’autorizzazione paesistica (Cons.  Stato, II, n. 548/98 e 549/98, cit.) e dunque condizionante il suo vaglio ad  estrema difesa del vincolo - strettamente applicativo della disciplina del  P.t.p. dell’isola di Capri nei suoi effetti ricognitivi della compatibilità  edificatoria con lo specifico paesaggio tutelato. Segue che avverso lo stesso  provvedimento non può avere ingresso il dedotto vizio di eccesso di potere per  violazione del canone di imparzialità, peculiare agli atti espressione di  potestà discrezionali.
 
 Per le considerazioni che precedono l’appello va, quindi, accolto e, per  l’effetto, in riforma della sentenza impugnata va respinto il ricorso di primo  grado.
 
 In relazione ai profili della controversia spese ed onorari del giudizio possono  essere compensati fra le parti.
 P.Q.M.
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente  pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per  l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo  grado.
 
 Spese compensate.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2010 con  l'intervento dei magistrati:
 
 Giuseppe Severini, Presidente
 Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
 Roberto Garofoli, Consigliere
 Bruno Rosario Polito, Consigliere
 Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 19/01/2011
                    



