TAR Toscana, Sez. III, n.66, del 16 gennaio 2014
Urbanistica.Mancanza di visibilità della costruzione abusiva

Ove l'Amministrazione verifica l'inconciliabilità di un'opera abusiva rispetto ai valori paesaggistici tutelati, l'eventuale mancanza di visibilità della costruzione non potrà essere idonea a giustificare un esito positivo del giudizio di compatibilità, lì dove, viceversa, la particolare visibilità non potrà che aggravare il giudizio negativo di compatibilità. Senza peraltro considerare che qualora si accedesse alla tesi di parte ricorrente si finirebbe per introdurre nel sistema una sorta di esimente, non prevista dalla legge, mediante l’automatica sanabilità degli abusi edilizi pure se consistenti in opere che, per i materiali utilizzati e le caratteristiche costruttive e tipologiche, siano assolutamente inconciliabili con l'ambiente circostante, per il solo fatto della loro mancanza di visibilità. Con la conseguenza di una facile, ed inammissibile, elusione della normativa ambientale: si consentirebbe, infatti, in modo surrettizio la realizzazione di manufatti anche se palesemente contrastanti con i valori estetici del luogo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 00066/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00617/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 617 del 1998, proposto da: 
Giuseppe Fiorentini in proprio e quale legale rappresentante della Punto Mare di Massandrini G. e C. s.n.c., rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Morso, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Francesco Bonaini, n. 26;

contro

Comune di Orbetello; 
Provincia di Grosseto, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Vittorio Fanti, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. in Firenze, via Ricasoli, n. 40;

per l'annullamento

- del provvedimento di diniego di sanatoria emesso dal Dirigente - 3° Settore - del Comune di Orbetello n. 16 del 19/11/97, notificato al ricorrente il 6/12/1997, con il quale in primo luogo si dispone di non accogliere la domanda di concessione in sanatoria e in secondo luogo si ordina di procedere a sua cura e spese, entro il termine di giorni novanta dalla notifica del provvedimento, alla demolizione delle opere abusivamente realizzate e alla messa in pristino dello stato dei luoghi;

- del diniego di autorizzazione ai sensi dell'art. 7 e 15 della Legge n. 1497/39 n. 214/97 Cond. del 27/10/1997 nonché del parere contrario per il nulla osta sul vincolo idrogeologico forestale ai sensi del R.D.L. 30/12/1923 n. 3267 espresso dall'Amministrazione Provinciale di cui al Decreto Dirigenziale n. 941 del 05/09/1997, mai comunicati al ricorrente.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Grosseto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2013 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Nel ricorso introduttivo del giudizio il sig. Giuseppe Fiorentini, in proprio e quale legale rappresentante della società Punto Mare s.n.c., espone che la suddetta società ha realizzato in località Santa Liberata in Comune di Orbetello alcuni manufatti senza titolo autorizzatorio (manufatto delle dimensioni di m. 6,50 x 2,55 e altezza di m. 2,40 e piccolo bagno di m. 1,20 x 1,20 e altezza 2,35), ciò in area sottoposta a vincolo paesaggistico e a vincolo idrogeologico. In relazione ai suddetti manufatti è stata poi presentata domanda di condono ex lege n. 724 del 1994, che è stata respinta dal Comune di Orbetello, a seguito di parere negativo della C.E.I. e conseguente diniego di autorizzazione paesaggistica e di parere negativo della Provincia di Grosseto sul profilo idrogeologico.

Con il ricorso introduttivo del giudizio parte ricorrente impugna il provvedimento di diniego, in uno con il parere negativo della CEI, il consegnate diniego di autorizzazione paesaggistica e il parere della Provincia di Grosseto, articolando nei loro confronti le seguenti censure:

- con il primo motivo contesta il diniego impugnato per difetto di istruttoria e di motivazione, ciò con precipuo riferimento al profilo paesaggistico, non essendo adeguatamente esplicitate le ragioni di incompatibilità paesaggistica dei manufatti in questione e non essendo sufficiente un mero richiamo a pareri negativi;

- con il secondo motivo si evidenzia come i due manufatti realizzati siano completamente mimetizzati e schermati dalla vegetazione, non costituendo certo degrado ambientale, sicché l’Amministrazione avrebbe semmai dovuto suggerire ulteriori interventi di mitigazione;

- con il terzo motivo si contesta il diniego di nulla osta idrogeologico, evidenziando che le opere realizzate non sono in alcun modo idonee ad incidere su tale profilo di tutela;

- con il quarto motivo si muovono censure di violazione della legge n. 241 del 1990, quali la mancanza di comunicazione di avvio del procedimento, la mancata comunicazione dei pareri negativi e l’ingiunzione a demolire a seguito di atto non definitivo;

- con il quinto motivo si censura l’ordine di demolizione perché sproporzionato e non assistito da sufficiente giustificazione di pubblico interesse.

Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, la Provincia di Grosseto.

Con ordinanza n. 284 del 1998 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione.

Con decreto presidenziale n. 1373 del 2011 il ricorso è stato dichiarato perento ai sensi dell’art. 1 dell’all. 3 al d.lgs. n. 104 del 2010. Avendo parte ricorrente presentato nuova domanda di fissazione d’udienza nel termine di legge, con successivo decreto n. 747 del 2012 è stato revocato il provvedimento di perenzione ed è stata disposta la reiscrizione della causa nel ruolo di merito.

In data 24 aprile 2012 parte ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso con riferimento alla Provincia di Grosseto, stante la revoca da parte della medesima Provincia del parere negativo e il rilascio invece di autorizzazione in sanatoria ai fini idrogeologici.

Parte ricorrente ha depositato memoria in data 9 novembre 2013.

Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 11 dicembre 2013, relatore il cons. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Con il ricorso in esame parte ricorrente ha impugnato il provvedimento n. 16 del 1997 (in uno con gli atti prodromici come in epigrafe meglio esplicitati) con il quale il Comune di Orbetello ha respinto la domanda di sanatoria straordinaria per opere realizzate senza titolo autorizzatorio e nel contempo ha ordinato la demolizione delle medesime opere abusive. Il gravato provvedimento si fonda su due fondamentali atti endo-procedimentali, cioè il parere negativo della CEI del 13 giugno 1996 relativo al vincolo paesaggistico (che ha condotto al diniego di autorizzazione paesaggistica del 27 ottobre 1997) e il parere negativo della Provincia di Grosseto del 5 settembre 1997 relativo al vincolo idrogeologico. Con il ricorso parte ricorrente contesta tanto il parere negativo relativo al vincolo paesaggistico (motivi 1 e 2) quanto quello relativo al vincolo idrogeologico (motivo 3), oltre ad ulteriori censure procedimentali (motivo 4) e inerenti la demolizione (motivo 5). Nel corso del giudizio è poi emerso che la Provincia di Grosseto ha revocato il proprio precedente parere negativo del 5 settembre 1997 e concesso in data 20 luglio 2010 autorizzazione in relazione al vincolo idrogeologico con riferimento alla richiesta di sanatoria di parte ricorrente. Ciò determina il superamento del terzo motivo di ricorso, che aveva ad oggetto l’originario parere negativo sul vincolo idrogeologico, residuando l’interesse allo scrutinio delle ulteriori censure, stante l’idoneità del solo parere negativo sul vincolo paesaggistico a sorreggere, sul piano sostanziale, il gravato provvedimento di diniego di sanatoria edilizia straordinaria.

Con il primo e secondo mezzo, che possono essere fatti oggetto di congiunto esame, parte ricorrente contesta il diniego di condono edilizio laddove questo richiama il parere negativo della CEI sul vincolo paesaggistico, ritenendo che il parere richiamato non sia adeguatamente motivato e che sarebbero semmai state sufficienti, ad assicurare la compatibilità paesaggistica, la imposizione di opere di mitigazione.

Le censure sono infondate.

Poiché le opere abusive sono state realizzate in area paesaggisticamente vincolata ai sensi della legge n. 1497 del 1939 la procedura di condono ha visto la sottoposizione della relativa istanza al parere della CEI, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, la quale si è espressa in senso negativo con parere n. 280 del 13 giugno 1996, sulla base della seguente motivazione: <I manufatti realizzati, per i materiali impiegati e la casualità della loro localizzazione creano notevole impatto e degrado ambientale>. Con le censure in esame parte ricorrente sostiene la insufficienza della richiamata motivazione. Tale assunto non può tuttavia essere condiviso. Invero, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, la relatività del vincolo di inedificabilità di cui alla legge 29 giugno 1939 n.1497 non comporta un obbligo di analitica motivazione del diniego di autorizzazione ambientale, obbligo che sussiste, viceversa, per il rilascio dell’autorizzazione nonostante il vincolo, stante la preminenza dell’interesse pubblico tutelato dal vincolo di inedificabilità, costituente valore costituzionale ex art. 9 Cost. (cfr., ex multis, TAR Toscana, III, 7 maggio 2013, n. 724; TAR Toscana, III, 17 gennaio 2000, n. 7; 29 dicembre 1997, n. 344; Cons. St., V, 7 settembre 2009, n. 5232). A ciò si aggiunga che il parere negativo in ordine alla sanatoria di opere eseguite su aree tutelate costituisce espressione di discrezionalità tecnica, incensurabile nel merito, con la conseguenza che il giudizio può risultare viziato solo allorché esso sia manchevole quanto alla sua ragionevolezza e comunque non abbia attinenza alla fattispecie concreta, circostanza, questa, non ricorrente nel caso di specie. Infatti, il parere contrario formulato dalla C.E.I. per le opere abusive di cui si controverte e richiamato nell’atto gravato, risulta motivato in termini che risultano chiari e univoci e non evidenzia, anche alla luce della documentazione fotografica prodotta, profili di travisamento o palese illogicità della valutazione, insindacabile nel merito, compiuta dalla C.E.I.. Dalla motivazione del parere si evince l’avvenuto accertamento della esistenza di un impatto negativo, per di più notevole ( “notevole impatto e degrado ambientale”), ciò con specifico riferimento ai materiali utilizzati e alle specifiche caratteristiche costruttive (“per i materiali utilizzati e la causalità della loro localizzazione”). L’Amministrazione comunale ha recepito detto giudizio di disvalore che, stanti le caratteristiche strutturali delle opere, non può considerarsi privo di una sua puntuale e logica giustificazione. D’altra parte la valutazione negativa della C.E.I., riferita ad un contesto tutelato dal punto di vista paesaggistico, costituisce atto vincolante ai fini del diniego di condono edilizio (cfr., TAR Toscana, III, 2 ottobre 2000 n. 2011; 6 marzo 2006 n. 793; 26 febbraio 2010 n. 547; 14 maggio 2010 n. 1458). Né appare fondato il rilievo attinente alla possibile imposizione da parte dell’Amministrazione, ai fini dell’assentimento del condono, di opere di mitigazione dell’impatto visivo attraverso la schermatura della vegetazione. Infatti, la compatibilità delle opere con le esigenze di tutela ambientale non è un giudizio legato alla maggiore o minore visibilità delle opere stesse, ma al rispetto di determinati criteri e modalità di costruzione, che costituiscono i presupposti per il corretto adeguamento del vincolo paesaggistico (cfr., T.A.R. Valle d'Aosta, sent. n. 103 del 23.05.2003; nello stesso senso T.A.R. Umbria, sent. n. 218 del 24.03.1998). In altri termini, ove l'Amministrazione verifichi l'inconciliabilità di un'opera abusiva rispetto ai valori paesaggistici tutelati, l'eventuale mancanza di visibilità della costruzione non potrà essere idonea a giustificare un esito positivo del giudizio di compatibilità, lì dove, viceversa, la particolare visibilità non potrà che aggravare il giudizio negativo di compatibilità. Senza peraltro considerare che qualora si accedesse alla tesi di parte ricorrente si finirebbe per introdurre nel sistema una sorta di esimente - non prevista dalla legge - mediante la automatica sanabilità degli abusi edilizi pure se consistenti in opere che, per i materiali utilizzati e le caratteristiche costruttive e tipologiche, siano assolutamente inconciliabili con l'ambiente circostante, per il solo fatto della loro mancanza di visibilità. Con la conseguenza di una facile - ed inammissibile – elusione della normativa ambientale: si consentirebbe, infatti, in modo surrettizio la realizzazione di manufatti anche se palesemente contrastanti con i valori estetici del luogo (cfr., TAR Toscana, III, 7 maggio 2013, n. 724; TAR Toscana, sez. III, 6 novembre 2001 n. 1738).

Con il quarto mezzo parte ricorrente muove censure di violazione della legge n. 241 del 1990, quali la mancanza di comunicazione di avvio del procedimento, la mancata comunicazione dei pareri negativi e l’ingiunzione a demolire a seguito di atto non definitivo

La doglianza di mancata comunicazione di avvio del procedimento è infondata.

Sul punto è sufficiente rilevare, per quanto concerne il diniego di condono, che, essendo stato tale provvedimento emesso a conclusione di un procedimento attivato ad istanza di parte, detta comunicazione non era necessaria (cfr., ex multis, TAR Toscana, III, 7 maggio 2013, n. 724; TAR Toscana, III, 9 luglio 2012, n. 1290; Cons. St., VI, 8 giugno 2010, n. 3624). Per quanto concerne, poi, l’ordine di demolizione, è ius receptum che i provvedimenti repressivi di abusi edilizi non soggiacciono all’onere procedimentale fissato dall’art. 7 della legge n. 241/90, trattandosi di provvedimenti a carattere strettamente vincolato sul cui contenuto non può in alcun modo incidere l’apporto partecipativo del destinatario dell’atto (cfr., ex multis, TAR Toscana, III, 16 ottobre 2012, n. 1616; Cons. St., VI, 24 settembre 2010 n. 7129). E, pertanto, nel caso in esame, una specifica comunicazione dell'avvio del procedimento sfociato nell’ordine di demolizione era oggettivamente superflua poiché il contenuto dell'atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ciò ai sensi dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241. Conclusivamente se il privato, come nel caso di specie, nulla può aggiungere a quanto accertato dalla Amministrazione, viene meno lo scopo dell'art. 7 della legge n.241 del 1990 poiché la sua partecipazione non potrebbe in alcun modo incidere sulla determinazione finale del procedimento amministrativo.

Egualmente infondata è la censura di mancata comunicazione dei pareri negativi, conosciuti solo attraverso l’atto finale. Quelli citati sono atti endo-procedimentali che producono effetti esterni lesivi solo attraverso il provvedimento finale e vengono quindi portati a conoscenza dei destinatari attraverso l’atto finale, com’è avvenuto nella specie.

Quanto al rilievo che l’ordine demolitorio “non tiene conto che il diniego di sanatoria non è ancora atto definitivo” è anch’esso infondato; l’Amministrazione ha adottato l’ordine di demolizione a fronte di opere ritenute abusive e in esito al rigetto della procedura di sanatoria straordinaria, come atto vincolato e consequenziale; ciò non preclude la impugnabilità del diniego di sanatoria e la conseguente perdita di efficacia che il provvedimento di demolizione subirà in esito a eventuale accoglimento della impugnazione rivolta al diniego di sanatoria medesimo.

Con il quinto mezzo parte ricorrente censura l’ordine di demolizione perché sproporzionato e non assistito da sufficiente giustificazione di pubblico interesse.

La censura è infondata.

L’Amministrazione comunale ha doverosamente ritenuto di applicare la sanzione demolitoria dell’art. 7 della legge n. 47/85, sul presupposto che si tratti di lavori eseguiti in assenza di concessione edilizia (come del resto riconosceva lo stesso ricorrente nella relazione illustrativa della domanda di condono). Ne consegue che, accertata l’esecuzione di opere le quali, attesa la loro natura, avrebbero richiesto il rilascio della concessione edilizia, l’emanazione dell’ordine di demolizione rappresenta la conseguenza dovuta ed inevitabile dell’accertata abusività delle opere (cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli, IV, 21 febbraio 2006, n. 2194; 13 aprile 2007, n. 3565; TAR Toscana, II, 15 gennaio 2007, n. 6; Cons. St., V, 21 maggio 1999, n. 587), senza che sia in alcun modo richiesta una specifica motivazione sull’interesse pubblico che sorregge la disposta demolizione.

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto.

In punto di spese, non vi è luogo a disporre sulle medesime nei confronti del Comune di Orbetello, stante la sua mancata costituzione in giudizio; devono invece essere compensate le spese di giudizio nei confronti della Provincia di Grosseto, tenuto conto della circostanza che essa ha successivamente revocato l’originario parere negativo sulle opere abusive di cui alla presente controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti del Comune di Orbetello. Spese compensate nei confronti della Provincia di Grosseto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Testori, Presidente

Riccardo Giani, Consigliere, Estensore

Ugo De Carlo, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)