TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 1076 del 14 aprile 2010
Urbanistica. Interventi precari
Rientrano nella previsione delle norme urbanistiche e richiedono, pertanto, il rilascio di concessione edilizia non solo i manufatti tradizionalmente compresi nelle attività murarie, ma anche le opere di ogni genere con le quali si intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può, essere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con l'irremovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione ad essa assegnata, ma si estrinseca nella oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia nell'attitudine ad una utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente. La natura precaria di un manufatto, quindi, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione dell'opera come attribuitale dal costruttore, ma deve risultare dalla intrinseca destinazione materiale della stessa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01076/2010 REG.SEN.
 N. 00690/1996 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
 
 (Sezione Quarta)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 Sul ricorso numero di registro generale 690 del 1996, proposto da:
 Voltolin Luigi S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Liberto Losa,  con  domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Aurelio Saffi, 10;
 
 contro
 
 Comune di Lonate Pozzolo, non costituito;
 
 per l'annullamento
 
 previa sospensione dell'efficacia,
 
 - del provvedimento prot. 16.318 in data 13.12.1995 con il quale viene  intimata  la rimozione di alcuni manufatti in conglomerato cementizio prodotti  dalla ditta  ricorrente e depositati sull’area di pertinenza dell’edificio a  destinazione  produttiva;
 
 - di ogni altro atto preordinato e connesso ivi compreso, ove occorra,  il  verbale di sopralluogo dei tecnici comunali prot. 15.688 del 30.11.1995.
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
 Vista l’ordinanza del T.A.R. Lombardia, sede di Milano, sez. II, 13  marzo 1996  n. 648;
 
 Viste le memorie difensive;
 
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2010 il dott.  Alberto Di  Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
 La ricorrente, società con sede in Lonate Pozzolo che produce e  commercia  manufatti in cemento, ha occupato, mediante deposito di materiale edile  destinato alla vendita, un’area di sua proprietà (map. 806) che ha  destinazione  agricola. A seguito degli accertamenti effettuati dalla Polizia  Municipale  l’ufficio tecnico comunale ha provveduto in data 13.12.1995 ad emettere  l’ordinanza prot. n. 16.318 con la quale ha ingiunto la rimozione dei  manufatti  in cemento per usi edili ed il ripristino dello stato dei luoghi.
 
 Il ricorrente insorge contro il provvedimento in questione per i  seguenti  motivi:
 
 I) Violazione e falsa applicazione della L.R. 93/1980 ed eccesso di  potere per  travisamento dei fatti in quanto l’occupazione del terreno con materiale  edile  non violerebbe la destinazione agricola dell’area.
 
 II) Violazione degli artt. 4 ss. della L. 47/1985 in quanto  l’occupazione del  terreno con materiale edile non costituirebbe trasformazione urbanistica  dei  luoghi.
 
 III) Violazione degli artt. 4 ss. della L. 47/1985 in quanto il deposito  sarebbe  meramente temporaneo.
 
 IV) Violazione degli artt. 4 ss. della L. 47/1985 per la mancata  indicazione  dell’interesse pubblico alla rimozione dei manufatti, anche alla luce  del fatto  che l’area possiede tale destinazione da lungo tempo.
 
 All’udienza del 23 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta dal  Collegio per la  decisione.
 DIRITTO
 Il ricorso non merita accoglimento per le seguenti motivazioni.
 
 Si ritiene necessario affrontare, per ragioni logiche, prima il secondo  motivo  di ricorso, secondo il quale l’occupazione del terreno con materiale  edile non  costituirebbe trasformazione urbanistica dei luoghi, insieme al terzo  motivo,  secondo il quale il deposito sarebbe meramente temporaneo.
 
 I motivi sono infondati in quanto è pacifico in giurisprudenza che  rientrano  nella previsione delle norme urbanistiche e richiedono, pertanto, il  rilascio di  concessione edilizia non solo i manufatti tradizionalmente compresi  nelle  attività murarie, ma anche le opere di ogni genere con le quali si  intervenga  sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo  tecnico con  cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può, essere  infisso o  anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con  l'irremovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione ad  essa  assegnata, ma si estrinseca nella oggettiva destinazione dell'opera a  soddisfare  bisogni non provvisori, ossia nell'attitudine ad una utilizzazione che  non abbia  il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente. La  natura  precaria di un manufatto, quindi, non può essere desunta dalla  temporaneità  della destinazione dell'opera come attribuitale dal costruttore, ma deve   risultare dalla intrinseca destinazione materiale della stessa ad un uso   realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e  limitati nel  tempo (Cassazione penale , sez. III , 22 marzo 2005 , n. 14044).
 
 Nel caso in giudizio sussistono i requisiti indicati per sottoporre  l’attività  al preventivo rilascio di titolo abilitativo. In primo luogo vi è un  intervento  sul suolo equiparabile ad un’attività di trasformazione urbanistica ed  edilizia,  in quanto il deposito sul suolo di manufatti in cemento di rilevanti  dimensioni,  pur non infissi al suolo, è sostanzialmente equiparabile alla  realizzazione di  un’attività muraria, come risulta chiaramente anche dalle foto  dell’area.
 
 In secondo luogo non sussiste il carattere della precarietà in quanto  l’area  risulta permanentemente destinata a deposito, come risulta dagli  accertamenti ,  e dal fatto che l’area è destinata in modo stabile a servizio  dell’attività  produttiva del ricorrente.
 
 Il primo motivo, secondo il quale l’occupazione del terreno con  materiale edile  non violerebbe la destinazione agricola dell’area, è infondato in quanto  sono  compatibili con la destinazione agricola esclusivamente le opere che,  per le  loro caratteristiche, non siano tali da incidere in modo apprezzabile  sulla  fruizione dell’area in relazione alla sua destinazione agricola. Ora è  chiaro  dai documenti prodotti che la ricorrente ha realizzato opere che tutto  incompatibili con l’uso agricolo dell’area, anche inteso in senso ampio  come  destinazione a verde dell’area medesima. Infatti ha realizzato un  piazzale  sterrato ove transitano veicoli pesanti e sono depositati manufatti  cementizi di  notevoli dimensioni, sottraendo quindi l’area alla sua naturale  destinazione.
 
 Anche il quarto motivo, con il quale la ricorrente denuncia la mancata  indicazione dell’interesse pubblico alla rimozione dei manufatti, è  infondato.
 
 E’ opinione comune di questo Tribunale che gli ordini di demolizione non  debbono  essere motivati in modo particolare neppure decorso un notevole lasso di  tempo  dal verificarsi degli abusi (TAR Lombardia, Milano, Sez.II sent. 8  novembre 2007  n. 6200). Infatti l’interesse pubblico al ripristino della situazione  prevista  dalla normativa di settore è in re ipsa.
 
 Né può sostenersi (v. TAR Campania, Napoli, sez. VI, 30 luglio 2007 n.  7130) che  il decorso del tempo costituisca una situazione di affidamento a favore  del  privato, in quanto non è degno di tutela l’affidamento fondato su una  situazione  illecita. La motivazione dell’ordinanza di demolizione non deve infatti  essere  sorretta da alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza  dell’interesse pubblico a disporre la sanzione della demolizione, poiché  l’abuso  non può giustificare alcun legittimo affidamento del contravventore a  veder  conservata una situazione di fatto che il semplice trascorrere del tempo  non può  legittimare.
 
 Non essendosi costituita l’amministrazione non occorre statuire sulle  spese.
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano,  sezione  IV, così definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo  respinge.
 
 Nulla sulle spese.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
                    



