Pres. Fabbri Est. Vancheri Ric. Parlanti.
Rifiuti. Inosservanza ordinanza sindacale contingibile ed urgente e art. 650 c.p.
È punibile ai sensi dell'art. 650 cod.pen. l'inosservanza dell'ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco ha il potere-dovere di emanare, a livello locale, e ai sensi dell'art. 50 D.Lgs. n. 267 del 2000 in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, sempre che nella motivazione dia conto della sussistenza concreta dei presupposti previsti dalla legge (necessità di immediata e tempestiva tutela di interessi pubblici, come la salute o l'ambiente, che in ragione della situazione di emergenza non potrebbero essere protetti in modo adeguato, ricorrendo alla via ordinaria). (Nel caso di specie si trattava di un'ordinanza sindacale con la quale era stato imposto, per ragioni di igiene pubblica, ai titolari di un impianto di depurazione di procedere, entro e non oltre le 48 ore, alla messa in sicurezza, alla bonifica ed al ripristino ambientale di acque fluviali, inquinate da fanghi maleodoranti per il cattivo funzionamento di detto impianto).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE 
SUPREMA DI CASSAZIONE 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza 
pubblica
Dott. FABBRI Gianvittore - Presidente - del 16/01/2007
Dott. 
BARDOVAGNI Paolo - Consigliere - SENTENZA
Dott. SANTACROCE Giorgio - 
Consigliere - N. 85
Dott. VANCHERI Angelo - Consigliere - REGISTRO 
GENERALE
Dott. CASSANO Margherita - Consigliere - N. 035241/2006
ha 
pronunciato la seguente: 
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) 
PARLANTI PAOLO N. IL 27/04/1950;
avverso SENTENZA del 08/02/2006 TRIB. SEZ. 
DIST. di PESCIA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in 
PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. VANCHERI 
ANGELO;
Udito il Procuratore Generale in persona delDott. GIALANELLA Antonio 
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL 
PROCESSO
Con sentenza dell'8.2.2006 il Tribunale Monocratico di Pistoia - 
Sezione Distaccata di Pescia - dichiarava PARLANTI PAOLO colpevole del reato di 
cui all'art. 650 c.p. - contestatogli per non avere, come amministratore unico e 
legale rappresentante della "Servizi Ecologici s.r.l.", impresa avente la 
gestione dell'impianto di depurazione installato nella Frazione di Pittini, 
ottemperato ad una ordinanza del Sindaco di Buggiano, con la quale si intimava 
al medesimo, per ragioni di igiene, di procedere entro e non oltre 48 ore dalla 
notifica "alla effettuazione di quanto risulti necessario alla messa in 
sicurezza, alla bonifica e al ripristino ambientale del Rio Santa Maria e del 
Rio Cessana", interessati dalla presenza di fanghi maleodoranti a causa del 
malfunzionamento del suddetto impianto - e condannato alla pena di Euro 206,00 
di ammenda. Rispondendo alle censure dell'imputato - che aveva dedotto che non 
spettava all'Impresa da lui rappresentata il compimento delle opere indicate 
nell'ordinanza sindacale, in quanto la gestione tecnico- operativa dei servizi 
di fognatura e depurazione, con convenzione stipulata dal Comune di Baggiano in 
data 30.4.2002, era stata data in appalto alla Società "Acque S.p.A.", e, in 
virtù di tale convenzione, tutti gli interventi di manutenzione straordinaria 
aventi carattere di urgenza negli impianti di depurazione e fognatura, tra cui 
anche quello di Pittini, spettavano alla suddetta società appaltatrice - il 
giudice di merito ha in contrario osservato che, avendo il Sindaco di Baggiano, 
nell'esercizio dei suoi poteri, emesso un'ordinanza contingibile ed urgente in 
presenza di circostanze che rendevano necessario un pronto intervento a tutela 
della salute pubblica, i rapporti contrattuali esistenti tra le parti erano 
irrilevanti, per cui, tenuto conto del fatto che l'aggravamento della situazione 
era concausalmente dovuto ad un guasto dell'impianto di depurazione e che non vi 
era certezza che il danno fosse causato dalla mancata effettuazione dei lavori 
di manutenzione straordinaria, la inottemperanza all'ordine legalmente dato 
integrava gli estremi del reato di cui all'art. 650 c.p. a carico dell'imputato. 
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo 
difensore, il Parlanti, lamentando:
1) inosservanza ed erronea applicazione 
di legge, sul rilievo che la norma di cui all'art. 650 c.p. è disposizione di 
carattere residuale, la cui applicazione presuppone l'inesistenza di norme che 
puniscano specificamente la fattispecie concreta, in ordine alla quale dovevano 
invece trovare applicazione le disposizioni contenute nel testo unico delle 
leggi sanitarie e la normativa in materia di tutela ambientale;
2) 
illegittimità dell'ordinanza sindacale sotto il profilo che, per un verso, con 
la stessa si era fatto riferimento alla norma di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, 
art. 58, comma 1, che prevede l'obbligo di procedere alle opere di bonifica a 
carico di chi provoca danni alle acque, al suolo e alle altre risorse 
ambientali, e, per altro verso, si era fatta applicazione della procedura 
prevista dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, che conferisce al sindaco, nei 
casi di cui sopra, il potere di emettere ordinanze contingibili ed 
urgenti;
3) violazione e falsa applicazione dell'art. 650 c.p. in quanto il 
Tribunale aveva ritenuto la configurabilità di tale fattispecie penale senza 
tenere conto che la condotta omissiva era nella specie punibile da altre 
disposizioni di legge, contenute nel D.Lgs n. 22 del 1997, che all'art. 17 
prevede l'adozione di un particolare procedimento onde provvedere alla bonifica 
e al ripristino dei siti inquinati, e nel D.Lgs. n. 267 del 2000, che all'art. 7 
bis punisce specificamente i comportamenti come quelli configurati nella 
imputazione con sanzione amministrativa, disposizioni che si pongono in rapporto 
di specialità rispetto al citato art. 650;
4) carenza di motivazione, non 
avendo il giudice di merito dato alcuna risposta alle osservazioni difensive che 
erano state opportunamente prospettate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso 
è infondato e va respinto.
Ed invero, contrariamente a quanto sostenuto dal 
ricorrente, nella fattispecie, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, 
si era venuta a creare, a seguito del malfunzionamento dell'impianto di 
depurazione delle acque reflue, una situazione di emergenza, dovuta allo 
sversamento, in due corsi d'acqua, di fanghi maleodoranti, che doveva essere con 
immediatezza fronteggiata per evitare ulteriori e più gravi danni all'ambiente e 
alla salute pubblica. Il sindaco ha esattamente individuato nell'imputato, nella 
sua qualità di amministratore unico e legale rappresentante dell'impresa che 
gestiva l'impianto in questione, ed ha, avvalendosi dei poteri a lui conferiti 
dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50, comma 5, emanato un'ordinanza 
contingibile e urgente, la cui violazione integra senza alcun dubbio il reato di 
cui all'art. 650 c.p.. Venendo alle specifiche doglianze prospettate dal 
ricorrente, va osservato che la norma di cui sopra prevede una contravvenzione 
di condotta essenzialmente omissiva, sicché, una volta accertato che l'ordine è 
stato legalmente emesso per una delle ragioni previste nella medesima 
disposizione, e che il soggetto, destinatario di tale ordine, non vi ha 
ottemperato, la fattispecie penale contestata al Parlanti deve considerarsi 
integrata in ogni suo aspetto. Nel caso in esame il provvedimento, avente 
carattere contingibile ed urgente, era da ritenere legittimamente dato, in 
quanto rientrante nella competenza del sindaco, e impartito al fine di prevenire 
ed eliminare pericoli per la salute e l'igiene pubblica. La condotta omissiva 
posta in essere dall'imputato, consistente nella inottemperanza ad un ordine 
legalmente emanato dall'autorità comunale per fronteggiare con rapidità e 
sollecitudine urgenti e transeunti necessità, la cui sussistenza è ricavabile 
proprio dalla particolare situazione di pericolo per la salute pubblica che si 
era venuta a creare nella fattispecie, come correttamente affermato dal giudice 
a quo, non può che essere, quindi, sanzionata ai sensi della disposizione di cui 
al citato art. 650 c.p..
L'ordinanza "contingibile ed urgente" che il sindaco 
può emanare ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, sopra richiamato, "in 
caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente 
locale", deve avere come requisito di legittimità formale una motivazione che 
dia conto dei presupposti concreti previsti dalla legge (necessità di immediata 
e tempestiva tutela di interessi pubblici, come la salute o l'ambiente, che, in 
ragione della situazione di emergenza, non potrebbero essere protetti in modo 
altrettanto adeguato, ricorrendo alla via ordinaria). Ora, una volta verificata 
l'esistenza di tali requisiti, non si verte in un'ipotesi di atto costituente 
elemento normativo della fattispecie di reato, ne' in un caso previsto "da altre 
disposizioni di legge", come, ad esempio, il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 17, che 
prevede l'adozione di un particolare procedimento per provvedere alla bonifica 
dei siti inquinati, o il D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 58, ora abrogato dal 
D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 175, non ancora in vigore, che prevede 
interventi di messa in sicurezza e di bonifica ambientale a cura di chi provoca 
un danno alle acque, al suolo o al sottosuolo, o il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 
7 bis sull'ordinamento degli enti locali, che punisce le violazioni alle 
ordinanze del sindaco in base a specifiche disposizioni di legge. Ma, 
trattandosi di atto compiuto nell'esercizio di una funzione pubblica, 
consistente nel potere-dovere di provvedere in via d'urgenza, che si esprime in 
un atto amministrativo ad intensa discrezionalità, si verte in un caso di 
violazione affatto diversa, non prevista specificamente da nessuna disposizione 
di legge e, quindi, incontrovertibilmente punibile ai sensi dell'art. 650 c.p.. 
Nè l'ordinanza sindacale può ritenersi illegittima sol perché nella stessa si 
sia fatto riferimento, nella motivazione, alla disposizione di cui al D.Lgs. n. 
152 del 1999, art. 58, comma 1 - che prevede l'obbligo di procedere ad opere di 
bonifica a carico di chi abbia provocato danni alle acque - per la semplice 
ragione che tale richiamo lascia inalterata la natura di provvedimento 
contingibile ed urgente, indubitabilmente attribuibile a quello che è stato 
adottato nella fattispecie dal sindaco di Buggiano.
L'estrema genericità 
della censura di cui al quarto motivo di gravame ne impedisce poi l'esame in 
questa sede.
Da ciò deriva che il ricorso va respinto, con conseguente 
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
Rigetta 
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese 
processuali.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2007.
Depositato in 
Cancelleria il 19 aprile 2007 
                    



