Cass. Sez. III n. 7900 del 29 febbraio 2012 (Ud. 11 gen. 2012)
Pres. Mannino Est. Squassoni Ric. Di Giorgio ed altri
Beni Ambientali. Compatibilità paesaggistica ed effetto estensivo
La disposizione dell'art.181 c. 1 ter DLvo 42/2004 (introdotta con 1'art. 1 c.36 L.308/2004) prevede la non punibilità per fatti ritenuti dal Legislatore meno lesivi dello interesse protetto a condizione che venga accertata la compatibilità paesaggistica dei lavori eseguiti. La norma prevede la inapplicabilità delle sanzioni penali non per premiare ad un comportamento fattivo del richiedente la procedura (come avviene nella ipotesi del comma quinto ove la punibilità e esclusa in casi di tempestivo ripristino del bene), ma in considerazione della non lesività della condotta in rapporto agli interventi eseguiti; trattasi, di conseguenza, di una causa di non punibilità di natura oggettiva e non soggettiva che può estendersi ai concorrenti nel reato secondo le regole generali.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. MANNINO   Saverio Felice   - Presidente  - del 11/01/2012
 Dott. SQUASSONI Claudia     - rel. Consigliere - SENTENZA
 Dott. MARINI    Luigi            - Consigliere - N. 62
 Dott. ROSI      Elisabetta       - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ANDRONIO  Alessandro Maria - Consigliere - N. 35677/2011
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 1) DI GIORGIO ROSA N. IL 21/03/1970;
 2) ABITANTE GIUSEPPE N. IL 27/11/1967;
 3) PERRETTA VINCENZO ROSARIO N. IL 27/08/1966;
 avverso la sentenza n. 250/2009 CORTE APPELLO di POTENZA, del  			28/01/2011;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/01/2012 la relazione fatta dal  			Consigliere Dott. CLAUDIA SQUASSONI;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DELEHAYE Enrico  			che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Gli imputati Di Giorgio Rosa, Abitante Giuseppe, Perretta  			Vincenzo Rosario - nella loro rispettive qualifiche di committente,  			direttore ed esecutore dei lavori - sono stati tratti a giudizio per  			rispondere del reato previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art.  			44, comma 1, lett. c, di varie violazioni alla normativa sulle  			costruzioni in cemento armato ed in zona sismica e delle  			contravvenzioni di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1,  			L. n. 394 del 1991, art. 30.
 Con sentenza predibattimentale, il reato ex art. 44 TU citato è  			stato definito per rilascio del permesso di costruire in sanatoria.  			All'esito del giudizio di primo grado, gli imputati sono stati  			ritenuti responsabili dei reati loro ascritti con la eccezione, per  			la sola Di Giorgio, di quello D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 181  			perché non punibile a sensi del comma 1 ter della norma.  			La decisione del Tribunale è stata confermata dalla Corte di Appello  			di Potenza con sentenza 28 gennaio 2011.
 Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno ritenuto che gli  			imputati, muniti di due permessi di costruire, abbiano edificato  			opere non previste nel primo e difformi dal secondo; ciò in assenza  			del nulla osta ambientale e dell'Ente Parco Nazionale del Pollino  			perché quello rilasciato concerneva le opere oggetto del permesso di  			costruire e non gli interventi in concreto realizzati.  			La Corte non ha ritenuto estendere la previsione del D.Lgs. n. 42 del  			2004, art. 181, comma 1 ter ai coimputati per la natura soggettiva  			della causa di non punibilità, ha disatteso la prospettazione  			difensiva circa la insussistenza delle violazioni antisismiche, ed ha  			respinto la istanza di rinnovazione del dibattimento.  			Per l'annullamento della sentenza, gli imputati hanno proposto  			ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione  			di legge.
 Tutti rilevano:
 = che il permesso di costruire in sanatoria 13/2007 preceduto da  			tutti i pareri degli Enti preposti alla tutela dei vincoli, toglieva  			ogni rilevanza penale alla ipotesi incriminatrice di cui alla L. n.  			394 del 1991, artt. 13 e 30;
 inoltre, la estinzione del reato ambientale si estendeva a quello  			previsto dalla L. n. 394 del 1991;
 = che, trattasi di opere di minima entità, soggette soltanto a  			denuncia di inizio di attività, che non richiedevano gli adempimenti  			della normativa antisismica;
 = che il manufatto in legno era precario, ad uso del cantiere,  			destinato ad essere smontato e, pertanto, non necessitava di permesso  			di costruire;
 =che i reati erano estinti all'epoca della impugnata sentenza o lo  			sono attualmente perché il calcolo delle sospensioni effettuato  			dalla Corte territoriale (anni uno e giorni diciotto) non è esatto  			in quanto tiene conto dei rinvii necessari per esigenze probatorie.  			Abitante e Perretta, inoltre, deducono:
 =che esisteva agli atti la prova che non fossero rispettivamente il  			direttore e l'esecutore dei lavori in relazione alla edificazione per  			cui è processo: a queste deduzioni difensive, la Corte non ha  			risposto;
 = che la estinzione del reato ambientale per condono effettuata dalla  			imputata doveva stendersi anche ai coimputati;
 Perretta deduce:
 = che il reato previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 93, a  			soggettività ristretta non gli può essere ascritto;
 Di Giorgio deduce:
 = che i fatti contestati sub F, G, H sono identici a quelli sub B, C,  			D con violazione del principio del ne bis in idem.
 I ricorsi di Abitante e Perretta sono fondati, nel limite in  			prosieguo precisato, per cui si impone un annullamento con rinvio  			alla Corte territoriale di Salerno essendo quella di Potenza munita  			di una unica sezione.
 Gli imputati, nell'atto di appello, avevano formulato articolati  			motivi tendenti a dimostrare che non rivestivano la qualifica  			soggettiva in base alla quale sono stati ritenuti responsabili dei  			reati per cui è processo e che altre persone avevano le mansioni di  			direttore dei lavori ed esecutore degli stessi; chiedevano, anche, la  			rinnovazione della istruzione dibattimentale per provare il loro  			assunto. In presenza di queste circostanziate censure, non  			all'evidenza infondate, la Corte territoriale si è limitata ad  			evidenziare quali siano le condizioni per effettuare un supplemento  			istruttorio in grado di appello; non ha motivando in merito alla  			consistenza delle confutazioni difensive ed alla ragione per la quale  			l'art. 603 cod. proc. pen. fosse inapplicabile nel caso concreto. La  			lacuna argomentativa sarà colmata dai Giudici del rinvio i quali, se  			concluderanno per la sussistenza della qualifica in base alla quale  			gli imputati sono stati incriminati, terranno conto di quanto segue.  			La disposizione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter  			(introdotta con la L. n. 308 del 2004, art. 1, comma 36) prevede la  			non punibilità per fatti ritenuti dal Legislatore meno lesivi dello  			interesse protetto a condizione che venga accertata la compatibilità  			paesaggistica dei lavori eseguiti.
 La norma prevede la inapplicabilità delle sanzioni penali non per  			premiare ad un comportamento fattivo del richiedente la procedura  			(come avviene nella ipotesi del comma quinto ove la punibilità è  			esclusa in casi di tempestivo ripristino del bene), ma in  			considerazione della non lesività della condotta in rapporto agli  			interventi eseguiti; trattasi, di conseguenza, di una causa di non  			punibilità di natura oggettiva e non soggettiva che può estendersi  			ai concorrenti nel reato secondo le regole generali.  			Le residue censure di Abitante e di Perretta e quelle della Di  			Giorgio non sono meritevoli di accoglimento.
 La concessione rilasciata in seguito al positivo riscontro dello  			accertamento in conformità (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36)  			estingue, a sensi del successivo art. 45, soltanto i reati di cui  			all'art. 44 (cioè le contravvenzioni previste dalle norme  			urbanistiche vigenti); l'effetto estintivo non si estende alle  			violazioni ambientali che hanno una disciplina difforme e  			differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente  			oggettività giuridica diversa rispetto a quella riguardante  			l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio (ex plurimis: Sez.  			3 sentenza 37318/2007). Inoltre, è stata applicata previsione dal  			D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter (e non il ed
 minicondono ambientale) ; la norma è chiara nel limitare il suo  			ambito alla disposizione del precedente primo comma senza estensione  			ad altri reati pur posti a tutela dello ambiente. Sul punto, deve  			ribadirsi quanto già evidenziato dai Giudici di merito, cioè, che  			la realizzazione di interventi ed opere in aree protette deve essere  			sottoposta al preventivo rilascio di tre autonomi provvedimenti: il  			permesso di costruire previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001,  			l'autorizzazione paesaggistica di cui al D.Lgs. n. 42 del 1994, il  			nulla osta del parco L. n. 394 del 1991, ex art. 6 stante l'autonomia  			dei profili paesaggistici ed ambientali da quelli urbanistici (ex  			plurimis: Sez. 3 sentenza 33966/2006). In merito alle violazioni in  			zona sismica, si deve precisare come qualsiasi interventi in tali  			aree (ad eccezioni di quelli di semplice manutenzione ordinaria che  			non riguardano il caso in esame) deve essere preventivamente  			denunciato al competente ufficio al fine consentire i prescritti  			controlli; soggetto attivo del reato D.P.R. n. 380 del 2001, ex art.  			93 è anche il titolare della ditta chiamata ad eseguire i lavori in  			quanto destinatario diretto del divieto di edificare in zona sismica  			in assenza dell'autorizzazione ed in violazione della prescrizioni  			tecniche e, come tale, non esonerato da responsabilità per la  			presenza del direttore dei lavori. (Cass. Sez. F sentenza 35298/2008)  			Le residue censure non erano inserite nell'atto di appello ed  			incorrono nel divieto di nuove deduzioni in Cassazione.  			Da ultimo, si osserva che non sono maturati i termini previsti dagli  			artt. 157-160 cod. pen. causa dei rinvii del processo (a richiesta  			del Difensore o per suo impedimento) e conseguente sospensione del  			decorso della prescrizione.
 P.Q.M.
 Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Abitante Giuseppe e  			Perretta Vincenzo Rosario con rinvio alla Corte di Appello di  			Salerno. Rigetta il ricorso di Di Giorgio Rosa che condanna al  			pagamento delle spese processuali.
 Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2011.
 Depositato in Cancelleria il 29 febbraio 2012
                    



