Sez. 3, Sentenza n. 15586 del 03/02/2005 Ud. (dep. 27/04/2005 ) Rv. 231508
Presidente: Papadia U. Estensore: Fiale A. Relatore: Fiale A. Imputato: Priami. P.M. Salzano F. (Parz. Diff.)
(Rigetta, Trib.Livorno sez.dist. Portoferraio, 25 Marzo 2002)
515 BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - 000 BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - Aree protette - Navigazione a motore - Violazione della legge n. 394 del 1991 - Individuazione dell'area con strumenti di segnalazione - Necessità - Momento di operatività - Individuazione.
Massima (Fonte CED Cassazione) La navigazione a motore nelle aree protette marine, anche se non segnalate ai sensi dell'art. 2, comma nono bis, della legge 6 dicembre 1991 n. 394, avvenuta in epoca precedente alla entrata in vigore della legge 8 luglio 2003 n. 172, integra la violazione dell'art. 19, comma terzo, della citata legge n. 394, sanzionata dal successivo art. 30, comma primo, atteso che soltanto con l'art. 9, comma primo, della citata legge n. 172, che ha introdotto il comma nono bis dell'art. 2 della legge n. 394, è stato prescritto che i limiti geografici delle aree protette entro i quali è vietata la navigazione senza la prescritta autorizzazione debbano essere individuati con mezzi e strumenti di segnalazione conformi alla normativa emanata dalla associazione internazionale di segnalazioni marittime (AISM-IALA).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 03/02/2005
Dott. ZUMBO Antonio - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 220
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 17024/2003
ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PRIAMI RODI, n. a Senavalle Pistoiese il 24.2.1950;
avverso la sentenza 25.3.2002 del Tribunale di Livorno - Sezione distaccata di 
Portoferraio;
visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
udita la pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo Fiale;
udito il Pubblico Ministero in persona del Dr. SALZANO Francesco che ha concluso 
per la declaratoria di inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 25.3.2002 il Tribunale di Livorno - Sezione distaccata di 
Portoferraio affermava la penale responsabilità di Priami Rodi in ordine al 
reato di cui:
- all'art. 30 della legge 6.12.1991, n. 394 (per avere effettuato la navigazione 
a motore nello specchio acqueo antistante l'isola di Pianosa e quindi in acque 
marine protette, interdette alla navigazione ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.M. 
19.12.1997 - acc. in Pianosa, il 13.8.2000) e lo condannava alla pena di euro 
516,00 di ammenda con il beneficio della non menzione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Priami, il quale ha eccepito:
- omessa motivazione in punto di affermazione della responsabilità penale, 
fondandosi la stessa esclusivamente su un verbale di accertamento acquisito al 
fascicolo del P.M. e non essendosi tenuto in conto: che esso ricorrente è un 
navigatore occasionale; che il divieto contestato non è notorio e che non si può 
"ritenere che un comune cittadino possa sapere con chiarezza la dislocazione e 
soprattutto l'estensione di tutti i parchi naturali presenti sul territorio";
- nullità del decreto di citazione a giudizio per indeterminatezza della 
contestazione;
- violazione della legge processuale, per "mancanza, nella sentenza, degli 
articoli di legge in forza dei quali è sanzionato il reato accertato";
- contrarietà dell'art. 30 della legge n. 394/1991 all'art. 25 della 
Costituzione, mancando nella norma incriminatrice "ogni criterio direttivo teso 
a limitare la discrezionalità amministrativa nell'esercizio del potere normativo 
integrativo della legge penale ovvero nella identificazione delle aree 
protette";
- violazione della legge processuale, per illegittima acquisizione al fascicolo 
del dibattimento del verbale di accertamento operato della polizia giudiziaria;
- incongrua esclusione della sussistenza degli estremi dell'errore scusabile, 
poiché, nella specie, l'autorità amministrativa non aveva predisposto alcuna 
forma di avvertimento, come boe segnaletiche, al fine di rendere palese ai 
naviganti il divieto di navigazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. Secondo la consolidata 
giurisprudenza di questa Corte Suprema, in tema di requisiti del decreto di 
citazione a giudizio, ai fini di ritenere completo nei suoi elementi essenziali 
il capo di imputazione, è sufficiente che il fatto sia contestato in modo da 
consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa. Nella fattispecie 
in esame la contestazione risulta formulata in modo chiaro, preciso e completo 
sotto il profilo materiale e soggettivo:
sono stati correttamente specificati gli articoli di legge violati e l'attività 
illecita posta in essere è stata specificamente descritta, anche con adeguato 
riferimento al luogo di commissione dei fatti.
Non vi è mai stata possibilità di equivoci quanto ai contenuti dell'addebito ed 
in ordine all'accusa l'imputato ha avuto piena possibilità di difendersi.
È assolutamente pretestuoso, pertanto, adombrare una qualsiasi possibilità di 
configurazione della nullità prevista dall'art. 429, 2 comma, c.p.p., in 
relazione alla prescrizione di cui alla lettera c) del 1^ comma del medesimo 
articolo, mentre la sentenza contiene adeguato riferimento alla disciplina 
applicata.
2. Il verbale di accertamento della contravvenzione, redatto da personale della 
Capitaneria di porto, legittimamente è stato acquisito al fascicolo del 
dibattimento, a norma dell'art. 431, 1^ comma, lett., b), c.p.p..
Trattasi, invero, di verbale di constatazione riconducibile alla categoria degli 
atti irripetibili, nel cui novero rientrano tutti quegli atti "mediante i quali 
la polizia giudiziaria prende diretta cognizione di fatti, situazioni o 
comportamenti umani dotati di una qualsivoglia rilevanza penale, suscettibili, 
per loro natura, di subire modificazioni o scomparire in tempi più o meno brevi, 
così da risultare suscettibili di essere, in seguito soltanto riferiti o 
descritti" (vedi Cass., Sez. m, 3.4.1998, n. 4132).
Tale atto, quindi, altrettanto legittimamente è stato utilizzato quale fonte di 
prova (fra l'altro con il consenso delle parti) ai sensi dell'art 511, 1^ comma, 
c.p.p..
3. Infondati sono pure i motivi di ricorso concernenti la pretesa illegittimità 
della norma incriminatrice.
3.1 Deve rilevarsi, infatti, che:
- l'art. 30, 1 comma, della legge 6.12.1991, n. 394 punisce, tra l'altro, con la 
pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda "chiunque viola le disposizioni di 
cui all'art. 19, comma 3" della stessa legge;
- l'art. 19, 3 comma, della legge n. 394/1991, a sua volta, prevede che "nelle 
aree protette marine sono vietate le attività che possono compromettere la 
tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione e delle 
finalità istitutive dell'area" e, alla lettera e), ricomprende espressamente ed 
in particolare, tra le attività vietate, "la navigazione a motore";
- l'art. 30, comma 1 bis, della legge a 394/1991 - introdotto dall'art. 4, comma 
2, della legge 8.7.2003, n. 172 - dispone che "qualora l'area protetta marina 
non sia segnalata con i mezzi e gli strumenti di cui all'art. 2, comma 9 bis, 
chiunque, al comando o alla conduzione di un'unità da diporto, che comunque non 
sia a conoscenza dei vincoli relativi a tale area, violi il divieto di 
navigazione a motore di cui all'art. 19, comma 3, lettera e), è soggetto alla 
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 200 euro a 1.000 euro";
- il comma 9 bis dell'art. 2 della legge n. 394/1991 specifica che "i Untiti 
geografici delle aree protette marine entro i quali è vietata la navigazione 
senza la prescritta autorizzazione sono definiti secondo le indicazioni 
dell'Istituto idrografico della Marina ed individuati sul territorio con mezzi e 
strumenti di segnalazione conformi alla normativa emanata dall'Association 
Internazionale de Signalisation Marittime - International Associatici of Marine 
Aids to Navigation and Lighthouse Authorities (AISM - IALA)". 3.2 Il decreto 
19.12.1997 del Ministero dell'ambiente - al quale si fa riferimento nel capo di 
imputazione - riguarda la "Individuazione di un'area di interesse naturalistico 
e apposizione di misure di salvaguardia per una fascia di mare intorno l'isola 
di Pianosa". Esso è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 
1998 ed è stato emanato in seguito alla dismissione della struttura 
penitenziaria già sita nell'isola di Pianosa ed al conseguente venire meno della 
sorveglianza da parte della polizia carceraria (cessazione attuata a decorrere 
dal 31 dicembre 1997). Detta dismissione aveva comportato, infatti, il venire 
meno degli effetti del Decreto 7.8.1992 dei Ministero della marina mercantile, 
finalizzato a garantire la tutela della sicurezza della casa di reclusione, che 
aveva già posto il divieto di pesca, balneazione e transito di tutte le navi 
nazionali ed estere di qualsiasi tipo e tonnellaggio.
Con il D.M. 19.12.1997, in vista dell'ampliamento del Parco nazionale 
dell'arcipelago toscano nell'area marina interessante l'isola di Pianosa:
- è stata individuata come "area naturale marina di interesse nazionale", ai 
sensi della legge n. 394/1991, "la fascia di mare, per un'estensione di un 
miglio marino dalla costa, intorno all'isola di Pianosa" (art. 1);
- in tale zona di mare è stata "vietata qualsiasi attività di pesca, sia 
professionale che sportiva, la balneazione e il transito di qualsiasi nave, 
tranne quelle di servizio per la vigilanza, per lo studio e la ricerca, adibite 
ai servizi di collegamento o alla necessità dei residenti sull'isola" (art. 2).
3.3 Nella fattispecie in esame la condotta illecita posta in essere consiste 
nella violazione dell'art. 19, 3 comma, della legge n. 394/1991 - sanzionata dal 
successivo art. 30, 1 comma, - che, come si è già detto, vieta espressamente, 
nelle aree protette marine, "la navigazione a motore": attività questa che, 
secondo la previsione del legislatore, è astrattamente idonea a compromettere la 
tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione. La legge, 
dunque, non affida ad una fonte secondaria la determinazione delle condotte 
concretamente punibili, mentre l'individuazione delle aree marine protette è 
rimessa ad un atto normativo subordinato che assolve soltanto alla funzione di 
specificare un elemento del fatto già contemplato dalla legge che configura il 
reato.
La Corte Costituzionale - con la sentenza n. 168 del 1971 - ha affermato in 
termini generali che le c.d. "norme penali in bianco" non violano il principio 
di legalità, posto dall'art. 25 della Costituzione, quando sia una legge dello 
Stato, anche se diversa da quella incriminatrice, ad indicare i presupposti, il 
contenuto e i limiti del provvedimento dell'Autorità alla cui violazione la 
legge riconnette una sanzione penale e, nella specie:
- l'art. 5, comma 2, della legge 8.7.1986, n. 349 attribuisce al Ministero 
dell'ambiente la competenza ad individuare le zone di importanza naturalistica, 
nazionale ed internazionale, su cui potranno essere costituiti parchi e riserve 
naturali;
- l'art. 6, comma 1, della legge 6.12.1991 consente al Ministro dell'ambiente, 
in caso di necessità ed urgenza di individuare aree da proteggere ai sensi della 
legge stessa e di adottare su di esse misure di salvaguardia.
4. Quanto, infine, all'elemento soggettivo del reato (pretesa inconfigurabilttà 
della colpa ed addotta sussistenza degli estremi dell'errore scusabile) va 
ricordato che:
- l'art. 30, comma 1 bis, della legge n. 394/1991 - introdotto dall'alt. 4, 
comma 2, della legge 8.7.2003, n. 172 - prevede un'ipotesi di condotta 
sanzionata esclusivamente in via amministrativa, riguardante coloro che violino 
il divieto di navigazione, trovandosi al comando o alla conduzione di un'unità 
da diporto, "qualora l'area protetta marina non sia segnalata con i mezzi e gli 
strumenti di cui all'art. 2, comma 9 bis" ed essi comunque non siano a 
conoscenza dei vincoli relativi a tale area;
- soltanto con l'art. 4, 1^ comma, della legge n. 172/2003 (attraverso 
l'introduzione del comma 9 bis dell'art. 2 della legge n 394/1991) è stato 
prescritto che "i limiti geografici delle aree protette marine entro i quali è 
vietata la navigazione senza la prescritta autorizzazione sono definiti secondo 
le indicazioni dell'Istituto idrografico della Marina ed individuati sul 
territorio con mezzi e strumenti di segnalazione conformi atta normativa emanata 
dall'Association Internazionale de Signalisation Marittime - International 
Association of Marine Aids to Navigation and Lighthouse Authorities (AISM - 
IALA)";
- nella vicenda in esame (svoltasi il 13 agosto del 2000), pertanto, l'area in 
cui vigeva il divieto di navigazione non doveva essere "segnalata con i mezzi e 
gli strumenti di cui all'art. 2, comma 9 bis" e, nel giudizio di merito, non è 
stata dimostrata l'insussistenza di idonei strumenti di segnalazione del divieto 
di navigazione;
- in punto di fatto è stato accertato, invece, che l'imbarcazione condotta 
dall'imputato navigava nell'immediata prossimità (circa 0,2 miglia) della costa, 
ove da otto anni sussisteva un divieto già posto dal Decreto 7.8.1992 del 
Ministero della marina mercantile. 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna 
del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., rigetta 
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2005.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2005 
                    



