LA DELEGA FUNZIONI NEL SETTORE PUBBLICO
di Claudio SABBATINI
 

LA DELEGA FUNZIONI NEL SETTORE PUBBLICO.

 

L’istituto della delega di funzioni è di creazione dottrinaria e giurisprudenziale non essendo stato legislativamente disciplinato, almeno sino all’entrata in vigore del d.lgs n. 81/2008 (Testo unico della Sicurezza del Lavoro).

 

Occorre fare quindi riferimento ai principi enucleati attraverso la elaborazione interpretativa che si è avvicendata nel corso del tempo.

 

Premettiamo alcuni profili di diritto sull’argomento, muovendo dall’applicazione dell’istituto nella realtà economica imprenditoriale per poi passare al suo modularsi nell’ambito pubblico.

 

Il fondamento dell’istituto è rinvenuto in uno dei principi cardine del sistema penale, che assurgere a livello di tutela costituzionale (art. 27 cost.), in base al quale la responsabilità penale è personale.

 

Ciò vuole significare, in particolare, che un soggetto non può essere sottoposto ad una sanzione criminale per un fatto penalmente rilevante, se non gli può essere mosso un rimprovero per averlo commesso con dolo o, quantomeno, con colpa.

 

Pertanto, non poteva essere compatibile con tale principio il fatto che a dover rispondere di un illecito ambientale dovesse comunque essere l’organo gestorio, in quanto primo destinatario del precetto penale, anche in quelle ipotesi in cui non si poteva rinvenire un suo comportamento colposo (si pensi ad un’ azienda di grandi dimensioni con plurime ramificazioni).

 

Viene così riconosciuta la possibilità a che costui deleghi le proprie (originarie) funzioni di garante della puntuale osservanza delle prescrizioni ambientali ad altro soggetto, anche facente parte dell’organigramma aziendale (es. direttore di stabilimento).

 

I limiti e le condizioni per l’operatività della delega devono essere, tuttavia, assai puntuali e rigorosi anche al fine di scongiurare il rischio che si creino artificiosamente “deleghe verso il basso” con l’intento perseguito dal legale rappresentante di sottrarsi ai propri doveri e responsabilità.

 

Quanto ai requisiti della delega, in particolare è necessario:

 

- che l’impresa sia di grandi dimensioni, tali da giustificare la necessità di trasferire determinate funzioni;

 

- che la delega sia scritta, adeguatamente pubblicizzata ed abbia un oggetto puntuale e specifico;

 

- che il delegato sia persona che possieda la dovuta competenza in riferimento ai compiti che gli sono affidati;

 

- che venga attribuita al delegato completa autonomia di gestione e piena disponibilità economica.

 

Venendo allora al settore pubblico, a livello di amministrazione comunale, il Sindaco, in quanto responsabile dell’amministrazione, è il primo destinatario del precetto penale ogni qualvolta il verificarsi di un inquinamento o del pericolo di inquinamento sia riconducibile alla sfera di attività del Comune (soprattutto nelle ipotesi in cui l’ente è obbligato ex lege a svolgerla).

 

Tuttavia, per individuare in concreto le singole responsabilità, occorre fare riferimento, oltre che alle disposizioni legislative, alle norme di organizzazione dell’ente (statuti e regolamenti comunali).

 

In particolare, principio informatore nella materia de qua è quello che si rinviene nell’art. 107 del d.lgs n 207/2000 in base al quale “…i poteri di indirizzo e controllo politico- amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti…”

 

E’ in questa disposizione che si “annida” la ratio della delega di funzioni in ambito pubblicistico la quale, pur con i necessari adattamenti, mutua i suoi connotati essenziali dalla disciplina sopra tratteggiata.

 

Infatti, se è vero che è l’organo elettivo a dover attendere ai compiti di c.d. alta amministrazione, egli, al contempo, potrà preporre- attraverso l’atto di delegazione, sulla base dello statuto e del regolamento comunale che ne disciplina anche le modalità di esercizio,- i singoli dirigenti (ovvero gli assessori) allo svolgimento degli incombenti di natura gestionale e tecnica

 

Pertanto, nel caso in cui venga ad integrarsi un illecito ambientale, qualora le cause dello stesso siano da ricondurre ad una carente o elusiva “politica ambientale”, rimane comunque ferma la responsabilità (pressoché esclusiva) del Sindaco.

 

Qualora, invece, l’evento sia originato da cause di natura tecnico gestionale, si possono in concreto verificare, in particolare, le seguenti ipotesi:

 

- il Sindaco non designa un preposto allo svolgimento dei suddetti compiti ed egli, sussistendone tutti i presupposti, risponderà dell’eventuale venire ad esistenza di un reato;

 

- il Sindaco esercita la delega. Seppure vi è un “trasferimento” di responsabilità penali dal delegante al delegato, per costante giurisprudenza, residua tuttavia, in capo alla figura apicale dell’ente, un dovere di vigilanza e controllo sull’operato del preposto che se non correttamente adempiuto potrebbe dare luogo ad una responsabilità concorsuale del delegante unitamente al delegato, che trova fondamento, sul piano causale, nell’art. 40, secondo comma c.p., in base al quale: “Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”.

 

A nostro sommesso avviso, non ci sentiamo di concordare con tale indirizzo giurisprudenziale in quanto eccessivamente rigoristico se rapportato a quelle che sono le rispettive competenze dell’organo elettivo e dei dirigenti.

 

Come abbiamo ricordato, è lo stesso testo unico degli enti locali a rimarcare i compiti dell’organo di governo che sono di indirizzo politico in contrapposizione a quelli dirigenziali che sono di gestione, anche tecnica.

 

Il Sindaco come capo dell’amministrazione deve ad es. adottare scelte programmatiche idonee, effettuare adeguati impegni di spesa, selezionare il personale qualificato da preporre a singole incombenze.

 

A costui non potrebbe invece legittimamente chiedersi- una volta che egli abbia esercitato il potere di delegazione, proprio allo scopo di garantire, quale responsabile dell’amministrazione, l’osservanza delle prescrizioni ambientali -uno sforzo di diligenza atto a prevenire quei rischi non connessi alle sue funzioni istituzionali, dalle quali anzi potrebbe, diversamente opinando, essere sviato.

 

In altre parole, l’atto di delegazione avrebbe lo scopo di individuare in concreto, con la connessa assunzione di responsabilità, la persona con qualifica dirigenziale più idonea allo svolgimento di determinate funzioni che gli sono proprie.

 

Conseguentemente, una volta esercitata la delega, le responsabilità dell’organo elettivo in ordine a fatti non riconducibili a scelte di c.d. alta amministrazione, dovrebbero assottigliarsi notevolmente sino a scomparire del tutto, residuando nei casi limite in cui ad es. tale figura apicale sia venuta a conoscenza per una qualche ragione di una scelta tecnica non appropriata e nonostante ciò non vi abbia posto rimedio.

 

Accenniamo per concludere, limitandoci alla materia dei rifiuti, al nuovo assetto delineato dal d.lgs 152/2006 dove è stabilito che i Comuni concorrono …a livello degli ambiti territoriali ottimali…alla gestione dei rifiuti urbani ed assimilati …partecipando obbligatoriamente all’Autorità d’ambito, alla quale è trasferito l’esercizio delle loro competenze .

 

Infatti, seppure è espressamente previsto un nuovo soggetto dotato di personalità giuridica di diritto pubblico (l’Autorità d’ambito)- la quale a sua volta affida il servizio di gestione dei rifiuti ad una società (spesso a capitale misto)- i Comuni non si spogliano completamente dei loro poteri-doveri (con connesse responsabilità) in ordine alla (corretta) gestione dei rifiuti urbani e al controllo delle matrici ambientali ricadenti sul loro territorio, in quanto trasferiscono all’ Autorità d’ambito il solo esercizio delle competenze in materiae non anche la titolarità .

 

Pertanto, accanto ad una “delega” funzionale all’esercizio del potere (da parte dei Comuni alle Autorità d’ambito) potranno al contempo continuare a trovare luogo e ragion d’essere deleghe da parte dell’organo di vertice dell’ente locale- partecipante all’Autorità d’ambito- al dirigente ovvero assessore.

 
 
 


Gli illeciti ambientali in quanto consistenti, allo stato attuale della legislazione, quasi esclusivamente in ipotesi contravvenzionali sono puniti, sotto il profilo dell’elemento psicologico, oltre che a titolo di dolo (volontarietà dell’evento) a titolo di colpa (dove l’agente non vuole che si realizzi l’evento ma cionondimeno, qui è il fondamento della punibilità, avrebbe potuto prevederlo e quindi evitarlo se avesse fatto uso dell’ordinaria diligenza).

Cfr Cass.pen., sez. III, n. 2478 del 17 gennaio 2008 dove, in una fattispecie avente ad oggetto l’illecito abbandono di rifiuti tracimati da un tratto della pubblica fognatura, è stata confermata la sentenza del giudice di merito, che aveva condannato il Sindaco, in quanto costui aveva omesso “di indicare l’organo amministrativo dell’ente delegato all’esercizio del potere di controllo di cui nella specie si tratta nonché l’atto organizzativo in cui tale individuazione sarebbe stata operata..”.

Diamo per presupposto che la delega rispetti tutti i requisiti e condizioni a cui sopra abbiamo accennato, altrimenti essa sarebbe priva di effetti.

Questo è l’orientamento maggioritario dei giudici di legittimità, che ha avuto uno dei suoi primi importanti arresti con la sentenza Bressan, dove il Sindaco, quale responsabile del macello comunale, aveva disposto rituale delega all’assessore all’ecologia.

Infatti, si evince dalla parte motiva della sentenza di cui alla nota che precede che il Sindaco è stato assolto, non perché i giudici hanno escluso che l’amministratore pubblico dovesse attivarsi per controllare l’operato del delegato ma perché hanno ritenuto che la correttezza di quella precipua scelta tecnica operata dal delegato (la soppressione delle vasche di stoccaggio) non potesse essere valutata dal Sindaco (quindi è stata esclusa una sua culpa in vigilando).

Ad.es. sostituendo il delegato con altra persona idonea. Non potrebbe invece il Sindaco ingerirsi continuamente nell’attività del delegato e “scegliere” in luogo di costui perché ciò significherebbe, secondo gli insegnamenti della giurisprudenza (cfr di recente Cass.Pen., sez. III, n. 19882 dell’11 maggio 2009) revocare di fatto la delega, con la conseguenza che di una eventuale violazione ambientale risponderebbe comunque il Sindaco.

Cfr in particolare l’art. 201, comma 2.

Cfr Tar Sicilia (Catania) Sez. I n. 2241 del 24.11.2008, anche se in una fattispecie avente ad oggetto l’esercizio delle competenze spettanti alle Autorità d’Ambito in materia di gestione delle risorse idriche.