TAR Toscana, Sez. III, n. 156, del 21 gennaio 2014
Urbanistica.Concetto di sagoma di un edificio

Relativamente al concetto di “sagoma” di un edificio, essa è da intendersi secondo l’insegnamento giurisprudenziale, come la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00156/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01281/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1281 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Enrico Amante, rappresentato e difeso dall'avv. Duccio Maria Traina, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Lamarmora, n. 14;

contro

Comune di Follonica, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Stefania Sili, con domicilio eletto presso l’avv. Carlo Catelani in Firenze, via Gustavo Modena, n. 23; 
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., e Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Siena e Grosseto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze e domiciliati in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4;

nei confronti di

Silvia Moreni, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luisa Gracili e Carolina Picchiotti, con domicilio eletto presso lo Studio Associato Gracili in Firenze, via dei Servi, n. 38;

per l'annullamento

- del permesso di costruire n. 853/2011 rilasciato a Silvia Moreni il 24.10.2011 dal dirigente dell'Ufficio di pianificazione urbanistica - s.i.t. del Comune di Follonica, conosciuto dal ricorrente, a seguito di istanza di accesso agli atti, il 18.07.2012;

- dell'autorizzazione paesaggistica n. 152 del 29.06.2011, a firma del dirigente dell'Ufficio di pianificazione urbanistica - s.i.t. del Comune di Follonica, conosciuta dal ricorrente, a seguito di istanza di accesso agli atti, il 18.07.2012;

- di ogni atto presupposto connesso e/o conseguente, in particolare:

- del parere prot. n. 7901 del 25.05.2011 della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Siena e Grosseto.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Follonica, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Siena e Grosseto e di Silvia Moreni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2013 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori D.M. Traina, S. Sili, A. Goggioli avvocato dello Stto, L. Gracili e C. Picchiotti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1 - Il sig. Enrico Amante, proprietario di un immobile posto in Comune di Follonica, via Lampedusa, n. 5, separato dal fronte mare da altro immobile di proprietà della sig.ra Silvia Moreni, con il ricorso introduttivo del giudizio impugna il permesso di costruire n. 853 del 2011 rilasciato alla sig.ra Moreni dall’Amministrazione comunale, nonché l’autorizzazione paesaggistica n. 152 del 29 giugno 2011 e il parere della Soprintendenza di Siena e Grosseto n. 7901 del 25 maggio 2011, ritenendo che i lavori assentiti, che consistono nella demolizione dell’edificio esistente e in edificazione di nuovo, risultino illegittimi sulla base dei seguenti motivi:

– “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9 (<Limiti di distanza tra i fabbricati>) d.m. 2.4.1968, n. 1444; artt. 11 e 131, comma 7, NTA del Regolamento Urbanistico Comunale approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 30 del 10.6.2011; art. 56 del Regolamento Edilizio Comunale approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 22 del 4 marzo 1997”; parte ricorrente evidenzia che il permesso di costruire gravato non rispetta la distanza minima prevista dalla normativa invocata che è di 10 m.t. dalle pareti finestrate dei confinanti, normativa che, benché essa parli di “nuovi edifici”, si applica anche nella specie giacché si è in presenza non di una “ristrutturazione edilizia” ma di una “sostituzione edilizia” che non consente di salvare le distanze pre-esistenti rispetto alla demolizione; d’altra parte la distanza di 10 mt. non è rispettata neppure rispetto al piano sopraelevato, non essendosi proceduto a effettuare sul punto una corretta misurazione; si contesta altresì che nel calcolo delle distanze si sia proceduto per “linee oblique e non attraverso il metodo c.d. del <ribaltamento> (proiezione in avanti delle facciate), e ciò in violazione dei succitati artt. 11, punto 18 delle NTA del RUC e 56, punto 18, del REC”;

- “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 (<Limiti di altezza degli edifici>) d.m. 2.4.1968, n. 1444”, evidenziando che l’edificio in costruzione è più alto di quello demolito di circa 2,50 mt. ed è più alto di quelli confinanti, in violazione dell’art. 8, comma 1, punto 2) del d.m. n. 1444 che per gli edifici ricadenti in zona B prevede che i nuovo edifici non possano avere altezza superiore a quelli preesistenti e circostanti, che si applica anche in caso di <sostituzione edilizia>;

– “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 188 delle NTA del RUC approvato con delibera del Consiglio comunale n. 30 del 10.6.2011”, evidenziandosi che l’edificio preesistente contemplava una sola unità immobiliare, mentre quello nuovo ne contempla due;

– “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 131, comma 3, NTA del RUC approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 30 del 10.6.2011”, poiché i “prospetti” del nuovo edificio sono del tutto diversi rispetto a quelli del fabbricato preesistente e si pongono in rapporto di disarmonia con il contesto edificato in cui insistono; si fa riferimento in particolare alla forma <ondulata> della terrazza fronte mare, all’andamento <curvilineo> e alle c.d. <orecchie> costituite al piano sopraelevato fronte mare; infatti la Soprintendenza ha rilasciato parere paesaggistico favorevole ma a condizione che fosse effettuata schermatura dell’immobile con quinta alberata; anche tale parere, gravato, è illegittimo perché la schermatura attenua ma non elimina la disarmonia;

- “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 delle NTA del RUC approvato dal Consiglio Comunale con delibera n. 30 del 10.6.2011”, essendo insufficiente la prevista dotazione di parcheggi, che non rispetta la misura di 1 mq di parcheggio ogni 3 mq di s.u.l.;

– “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17, comma 1, NTA del RUC approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 30 del 10.6.2011”, non essendo garantita una superficie permeabile di almeno il 30% come prescritto;

– “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 68 REC approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 22 del 4 marzo 1997”, rilevandosi che al piano seminterrato l’altezza netta è di mt. 2,30, bagno e ripostiglio dell’ultimo piano hanno altezza di mt. 2, in tal modo violando le prescrizioni di altezza media di 2,70 mt;

– “In riferimento all’autorizzazione paesaggistica – Eccesso di potere per motivazione perplessa, contraddittoria, incongrua e/o illogica”, apparendo del tutto incongrua la prescrizione di schermatura dell’opera.

2 - Con decreto presidenziale n. 572 del 4 agosto 2012 è stata accolta l’istanza di misure cautelari provvisorie.

3 - Si sono costituiti in giudizio il Comune di Follonica, la sig.ra Silvia Moreni, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Siena e Grosseto.

4 - Con ordinanza cautelare n. 589 del 5 settembre 2012 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione formulata da parte ricorrente.

5 - Con atto di motivi aggiunti depositato in data 7 novembre 2012, parte ricorrente ha articolato la ulteriore seguente censura: “Eccesso di potere per errore e travisamento. Violazione dell’art. 11 delle NTA del Regolamento Urbanistico di Follonica”: parte ricorrente rileva che la rappresentazione dello <stato attuale> del manufatto poi demolito contenuta negli allegati grafici al permesso di costruire evidenzia il tetto di copertura dell’edificio con una pendenza di falda pari a circa il 42% mentre la suddetta pendenza nella licenza edilizia iniziale e successivi titoli edilizi risulta pari al 25%, il che determina un maggiore sviluppo in altezza dell’edificio pari a circa 50 cm., in modo tale da aumentare notevolmente il volume del vecchio e quindi anche del nuovo fabbricato, che nelle dimensioni del vecchio trova il suo limite (così il nuovo fabbricato comporta un incremento volumetrico di 146,96 mc).

6 - Tutte le parti hanno presentato memorie finali. Il Comune di Follonica ha evidenziato, quanto alla censura articolata con motivi aggiunti, di avere in corso verifiche, “rese difficoltose dal fatto che l’immobile è ormai demolito ed il cantiere sotto sequestro penale”; la controinteressata replica ai rilievi di parte ricorrente, che insiste nelle propria tesi di cui ai motivi aggiunti, dichiarandosi disponibile ad una CTU o verificazione.

7 – Con ordinanza collegiale n. 709 del 26 aprile 2013 la Sezione ha disposto l’effettuazione di verificazione in punto di calcolo di distanze, altezze e consistenza volumetrica dell’immobile demolito e di quello progettato, affidandola al Dirigente della Direzione Generale <Governo del Territorio> della Regione Toscana o funzionario da lui delegato; il Direttore Generale citato, con atto del 13 maggio 2013, ha delegato agli adempimenti di cui alla richiamato ordinanza l’arch. Leonardo Balducci, funzionario tecnico della Direzione Generale <Governo del Territorio> della Regione Toscana; con ordinanze n. 1004 del 27 giugno 2013 e n. 1288 del 24 settembre 2013 sono state accolte istanze di proroga del termine per lo svolgimento delle operazioni richieste dal verificatore; questi ha quindi depositato la relazione conclusiva in data 30 settembre 2013.

8 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 18 dicembre 2013, relatore il cons. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

9 – Con il ricorso introduttivo del giudizio e i successivi motivi aggiunti il sig. Amante impugna il permesso di costruire n. 853 del 2011 e l’autorizzazione paesaggistica n. 152 del 2011 (in uno con il parere n. 7901 del 2011 della Soprintendenza di Siena e Grosseto) con i quali il Comune di Follonica ha autorizzato la sig.ra Silvia Moreni a svolgere attività edilizia di demolizione e ricostruzione di edificio sul proprio terreno. L’esame delle censure articolate nei confronti degli atti impugnati deve essere preceduta dalla qualificazione giuridica dell’intervento edilizio de quo, che assume precipua importanza al fine dello scrutinio delle censure medesime.

10 - Sul punto le posizioni delle parti divergono con forza. Parte ricorrente ritiene che l’intervento sia da qualificare come <sostituzione edilizia>, ai sensi dell’art. 78, comma 1, lett. h) della legge regionale Toscana n. 1 del 2005, quale intervento di demolizione e ricostruzione di volumi esistenti non assimilabile alla <ristrutturazione edilizia>, ciò sul rilievo che si è proceduto alla integrale demolizione della preesistente villetta di proprietà della controinteressata e si è progettato l’edificazione di manufatto completamente diverso per altezza, sagoma, prospetti, copertura. L’Amministrazione comunale ritiene, di contro, che si sia in presenza di un intervento composito: in relazione al piano seminterrato e piano rialzato si tratterebbe di <ristrutturazione edilizia>, da realizzare mediante demolizione e ricostruzione per parti, con finale completa coincidenza di volume, sagome e posizione di edificio demolito e ricostruito; invece in relazione al primo piano, realizzata con recupero del sottotetto dell’originario edificio e lieve soprelevazione, si sarebbe in presenza di <sostituzione edilizia> assimilabile a nuova costruzione. La controinteressata sostiene che l’intervento edilizio autorizzato sia da qualificare come <ristrutturazione edilizia> del fabbricato esistente con modifica della tipologia del tetto (da falda a capanna semicircolare), mentre le modifiche di aggetti, prospetti e balcone non avrebbero alcun rilievo sulla sagoma rimasta immutata.

11 - Il Collegio ritiene, in esito alla valutazione della ricca documentazione versata in atti, che l’intervento di cui alla presente controversia sia da qualificare come <sostituzione edilizia>, ai sensi dell’art. 78, comma 1, lett. h) della legge regionale n. 1 del 2005. Deve essere preliminarmente osservato che tale qualificazione emerge dalle stesse valutazioni compiute in sede amministrativa, ed anzi già la “domanda per il rilascio di titoli abilitativi” presentata dalla sig.ra Moreni al Comune di Follonica in data 5 agosto 2011 (doc. 8 di parte ricorrente) avanza la richiesta di “permesso di costruire” per “sostituzione edilizia”, come risulta dalla casella barrata alla pagine due del modulo di domanda. In termini di <sostituzione edilizia> si esprime la relazione del tecnico-istruttore comunale del 15.9.2011 (all. 9 di parte ricorrente), ove si legge che “l’intervento in questione prevede l’intera demolizione del fabbricato e la sua ricostruzione con caratteristiche completamente diverse dall’esistente”, quali “la progettazione di una copertura curva, unica nella zona, che ha già ottenuto il parere favorevole sia delle CCP che della Soprintendenza con la condizione che, al fine di tutelare e alleggerire il waterfront dalla spiaggia, sia prevista una adeguata schermatura del nuovo edificio con essenze autoctone”; la nota prosegue rilevando che l’intervento è richiesto come <ristrutturazione edilizia> ma “non risulta ad esso assimilabile”, non rispettando le condizioni di fedele ricostruzione dell’organismo edilizio esistente di cui all’art. 25.1.4. del RUC e conclude che “essendo la progettazione non fedele all’esistente l’intervento deve essere assimilato alla sostituzione edilizia quale intervento di demolizione e ricostruzione diversa dall’esistente, nei materiali e nella sagoma”; in termini di <sostituzione edilizia> si esprime anche la proposta al dirigente del responsabile del procedimento del 6 ottobre 2011 (doc. 1 di parte ricorrente). Le tavole predisposte dall’istante e allegate alla pratica edilizia aperta in Comune di Follonica riportano la correzione da <ristrutturazione> a <sostituzione> (come si rileva dagli allegati 10, 11, 12, 16 e 17 di parte ricorrente) e soprattutto di <sostituzione edilizia> parla il permesso di costruire n. 853 del 2011 rilasciato dall’Amministrazione.

12 – E’ in sede giudiziaria che l’Amministrazione ha avanzato la tesi di una doppia qualificazione dell’intervento de quo, che sarebbe da qualificare come <ristrutturazione edilizia> con riferimento alla porzione d’intervento relativa al piano seminterrato e al piano rialzato, mentre costituirebbe una <sostituzione edilizia> con riferimento al primo piano. Ma la tesi dell’intervento composito e della doppia qualificazione giuridico-edilizia dell’unitaria operazione edificatoria non convince. Nel caso in esame siamo in presenza di un unico intervento edilizio che si sostanzia nella demolizione di un fabbricato preesistente e nella edificazione di nuovo edificio, parzialmente diverso dal precedente; la qualificazione giuridica di tale operazione deve quindi essere unitaria, con sussunzione in una della categorie normative d’intervento edilizio contemplate dalla legislazione vigente, senza che possa effettuarsi una artificiosa separazione della parte del nuovo edificio che ripropone le caratteristiche del precedente (per ricondurla alla categoria della <ristrutturazione edilizia>, a sottolineare la connotazione conservativa rispetto alla identità architettonica della pregressa edificazione) rispetto alla ulteriore porzione del medesimo edificio avente connotati innovativi, ricondotta alla <sostituzione edilizia> e quindi qualificata come nuova edificazione. Una siffatta ricostruzione, oltre che concettualmente discutibile, contrasta con le stesse risultanze della procedura amministrativa posta in essere, ove è palese che la sig.ra Moreni in data 5 agosto 2011 ha avanzato domanda per un unitario intervento edilizio da essa stessa, come già sottolineato, qualificato intervento di <sostituzione edilizia>.

13 – La nozione di <ristrutturazione edilizia> ci è fornita dall’art. 3, comma 1, lett. d) del DPR n. 380 del 2001 che, per quel che qui rileva, ricomprende in essa anche gli interventi “consistenti nella demolizione e ricostruzione” di fabbricati esistenti, purché la ricostruzione avvenga “con la stessa volumetria e sagoma” dell’edificio demolito. Quello richiamato è il testo dell’art. 3 cit. successivo al d.lgs. n. 301 del 2002, la sua versione originaria essendo ancora più restrittiva, giacché rientravano negli interventi di <ristrutturazione edilizia> solo “quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”. In ogni caso, anche nel testo successivo al 2002, rientrano nella <ristrutturazione edilizia> solo gli interventi di demolizione e ricostruzione che rispettino il vincolo di “volume” e “sagoma”. È solo con l’art. 30 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 che il legislatore ha espunto dall’art. 3, comma 1, lett. d) del DPR n. 380 del 2001 il riferimento alla “sagoma”, lasciando in quella norma solo la menzione del vincolo di “volume”, ma si tratta di normativa non rilevante al fine del presente giudizio, giacché ai sensi del suo comma 6, le disposizioni dell’art. 30 cit. si applicano dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, cioè dall’entrata in vigore della legge 9 agosto 2013, n. 98, quindi successivamente all’emanazione del provvedimento oggetto del presente giudizio. D’altra parte, con riferimento al periodo anteriore a decreto-legge n. 69 del 2013 (o meglio alla sua conversione in legge), il vincolo della “sagoma” al fine di poter ricondurre un intervento edilizio di demolizione e ricostruzione alla <ristrutturazione edilizia> era del tutto cogente anche per il legislatore regionale, come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza 23 novembre 2011, n. 309, che ha dichiarato illegittima una previsione della legislazione regionale della Lombardia che definiva come ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma. Nella legislazione regionale della Toscana, ai sensi dell’art. 79, comma 2, lett. d) della legge n. 1 del 2005 si ha <ristrutturazione edilizia> in caso “demolizioni con fedele ricostruzione degli edifici, intendendo per fedele ricostruzione quella realizzata con gli stessi materiali o con materiali analoghi prescritti dagli atti di cui all’articolo 52 oppure dal regolamento edilizio, nonché nella stessa collocazione e con lo stesso ingombro planivolumetrico, fatte salve esclusivamente le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”; ai sensi invece dell’art. 78, comma 1, lett. h) della stessa legge regionale n. 1 del 2005 si ha <sostituzione edilizia> in presenza di interventi di “demolizione e ricostruzione di volumi esistenti non assimilabili alla ristrutturazione edilizia eseguiti anche con contestuale incremento volumetrico, diversa articolazione, collocazione e destinazione d’uso, a condizione che non si determini modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale e che non si renda necessario alcun intervento sulle opere di urbanizzazione”. Dunque la categoria della <sostituzione edilizia>, estranea alla disciplina statale, ricomprende interventi non riconducibili alla nozione di <ristrutturazione edilizia> e che costituiscono, sia nella legislazione statale che in quella regionale, interventi di nuova edificazione.

14 – Risulta quindi rilevante, alla luce della normativa applicabile nel presente giudizio, il concetto di “sagoma”, giacché la sua modificazione comporta, con riferimento agli interventi di demolizione e ricostruzione, il passaggio dall’istituto della <ristrutturazione edilizia> a quello della <sostituzione edilizia>. Quanto al concetto di “sagoma”, essa è da intendersi, secondo l’insegnamento giurisprudenziale, come la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti (cfr. Cons. Stato, Sez. 6^, 15 marzo 2013, n. 1564; Corte cost. 23 novembre 2011, n. 309; Cass. Pen., sez. 3^, 9 ottobre 2008, 38408 e 6 febbraio 2001, n. 9427). Avendo riguardo a tale concetto non par dubbio che nella specie l’edificio progettato e autorizzato con il provvedimento gravato comporti, rispetto a quello demolito, una modificazione di sagoma, risultando ciò dagli elaborati progettuali versati in atti e dagli stessi rilievi delle parti negli atti di giudizio. In particolare è evidente il diverso disegno e le diverse caratteristiche che il nuovo edificio assume rispetto al vecchio se si tiene conto del passaggio da una copertura tradizionale a falde inclinate ad una copertura del nuovo edificio con andamento semicircolare, delle modifiche degli aggetti e dei prospetti e scale di accesso (ammesse anche dalla controinteressata), del rialzamento del colmo della copertura di 80 cm misurati esternamente (ammesso dalla controinteressata). La diversità di sagoma, con riferimento al primo piano, è stata accertata anche nella svolta verificazione (pagg. 16 e 19 della relazione finale; il verificatore, con riferimento al primo piano, afferma che è stato totalmente reimpostato “cambiandone completamente perimetro e sagoma”), il che conforta le svolte considerazioni. Ne discende che la “sagoma” del nuovo progettato edificio, da valutarsi come intervento unitario, è sicuramente variata, il che esclude la sua riconducibilità alla <ristrutturazione edilizia> e il suo qualificarsi come <sostituzione edilizia>, il che comporta la configurazione dell’intervento stesso come nuova costruzione e non già come intervento sostanzialmente conservativo della pregressa edificazione, con le conseguenze che ne discendono.

15 – Deve solo essere aggiunto, in punto di qualificazione dell’intervento edilizio de quo, che il Collegio non ritiene che le conclusioni raggiunte al precedente punto 14 debbano essere modificate ove anche si prenda in considerazione, secondo le prospettazioni delle parti resistenti, che la tecnica utilizzata per la demolizione e ricostruzione è stata quella del c.d. <cuci e scuci>, consistente non già ad una integrale demolizione dell’esistente seguita da successiva ricostruzione ma da una progressiva demolizione e contestuale ricostruzione, per parti, dell’edificio medesimo; a prescindere dal rilievo se la demolizione sia in effetti avvenuta in modo integrale unitario (come la svolta verificazione sembra suggerire) o per parti progressive, non pare comunque che la tecnica utilizzata possa venire ad incidere sulla tipologia di intervento effettivamente realizzato e sulla sua conseguente qualificazione giuridico-edilizia, avendo la giurisprudenza ben ritenuto compatibile l’utilizzo del metodo <cuci e scuci> con la sussistenza, in termini giuridici, all’esito della progressiva sostituzione delle pareti dell’edificio preesistente, di un intervento di nuova costruzione (TAR Veneto, sez. 2^, 27 luglio 2009, n. 2226).

16 – Con il primo mezzo di cui al ricorso introduttivo del giudizio il ricorrente censura il gravato permesso di costruire, sul rilievo che esso autorizza la nuova edificazione ad una distanza inferiore a quella minima di legge di m. 10.

La censura è fondata.

Ai sensi dell’art. 9 del DM n. 1444 del 1968 in caso di “nuovi edifici” è prescritta (essendo l’edificazione qui rilevante posta in zona omogenea B) “la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti” (norma che potrà essere oggetto pro futuro di previsioni derogatorie, giusto il disposto dell’art. 2-bis del DPR n. 380 del 2001, introdotto dall’art. 30 del decreto-legge n. 69 del 2013, ma che è al presente cogente e imperativa); la previsione di tale distanza minima è ribadita dalla normativa locale (art. 11, punto 18, del RUC e art. 56, punto 18, del REC), che prevedono però la possibilità di mantenere le distanze esistenti in casi di intervento di <risanamento conservativo> e di <ristrutturazione edilizia>. Dunque da un lato abbiamo l’obbligo di rispetto della distanza minima di m. 10 per le ipotesi di “nuovi edifici”, nei quali rientrano anche le <sostituzioni edilizie> di cui alla legislazione toscana, dall’altro abbiamo invece gli interventi edilizi aventi più specifica natura conservativa dei fabbricati esistenti (<risanamento conservativo> e <ristrutturazione edilizia>) che possono conservare le distanze esistenti (le norme regolamentari citate del Comune di Follonica dispongono che in questi casi le distanze “non possono essere di norma inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati”), ancorché inferiori a minimi di cui all’art. 9 del DM n. 1444 del 1968. Nella specie - come esposto ai precederti punti 13, 14 e 15 della presente sentenza – l’intervento posto in essere è da qualificare come <sostituzione edilizia>, ragion per cui è imposto il rispetto della distanza minima di 10 m. di cui al citato art. 9; anzi tale distanza, stante la ritenuta natura unitaria dell’intervento edilizio assentito, deve essere rispettata con riferimento ai vari piani del progettato nuovo edificio, non già quindi solo rispetto al primo progettato piano.

Qui si collocano i risultati cui è giunta la verificazione disposta dal Collegio, che poneva, quale primo quesito, proprio quello delle distanze. Il tecnico verificatore ha distinto, nell’effettuare le misurazioni, tra “distanze dell’immobile preesistente da quelli confinanti” e “distanze dell’opera progettata dagli immobili confinanti”. Per quanto riguarda il “seminterrato” e il “piano rialzato” le distanze riferite all’immobile preesistente e a quello progettato coincidono e sono state determinate dal verificatore in m. 9,90 dall’edificio a nord (proprietà Amante), m. 5,40 dall’edificio ad ovest e m. 5,80 dall’edificio ad est. Per quel che concerne il “primo piano”, le conclusioni cui giunge il verificatore sono molto più caute e problematiche, soprattutto per la difficoltà di una misurazione da effettuarsi avendo come punto di partenza la copertura curvilinea del nuovo progettato edificio; viene evidenziato il rispetto della distanza di m. 10 riferito a molte misurazioni, ma “per la distanza dalla proprietà Amante (edificio a nord), c’è uno scarto di 10 cm. essendo tale misurazione di mt. 9,90” (aggiunge il verificatore che ciò “è logicamente perfettamente eguale alla distanza ai primi due livelli, in quanto anche il 1° piano è sullo stesso filo”); inoltre la relazione finale di verificazione rileva che “dallo spigolo nord-est del fabbricato ad ovest, e lo spigolo nord-ovest dell’edificio in oggetto è rilevabile una distanza di mt. 6,80” (chiosa il verificatore però “che tuttavia non si ritiene valida perché il ribaltamento di 90° dell’edificio prospiciente, coma da normativa, la esclude”).

Osserva il Collegio che già le misurazioni fornite dal verificatore consentono di ritenere fondata la prima proposta censura, giacché evidenziano il mancato rispetto della distanza minima di m. 10 che deve essere garantita, per le ragioni sopra richiamate, in relazione a tutti i piani dell’edificando edificio, cosa che non è, essendo state riscontrate misurazioni inferiori sia in relazione al seminterrato e piano rialzato che in relazione al primo piano. C’è da aggiungere che, con riferimento, alla misurazione dall’edificio a nord (proprietà Amante) invero non si condivide la conclusione cui è pervenuto il verificatore in punto di mancato computo della <loggia> che si rinviene nell’edificio medesimo. Si è, infatti, in presenza di un elemento architettonico le cui caratteristiche - come ben si evince dalle foto allegate alla documentazione tecnica di parte prodotta in giudizio in data 7 novembre 2013 (apertura a portico all’interno della sagoma dell’edificio con apertura sul fronte del muro esterno del fabbricato in modo da permettere la veduta) - le consentono di condividere interamente le funzioni e l’impiego delle finestre; per cui la distanza dalla stessa va misurata sulla stessa linea dalla sagoma della parete dell’edificio sulla quale essa si affaccia; donde il mancato rispetto della distanza con riferimento alla presenza della loggia viola non solo il regolamento edilizio (non essendo riconducibili ai balconi a sbalzo che l’art. 56, punto 18, n. 4, lett. q) del regolamento stesso esclude dal computo), ma anche, come sostenuto dal ricorrente, l’art. 11, punto 18 del regolamento urbanistico che non la ricompre fra le ipotesi di deroga dalle distanze fra fabbricati; con il risultato che si arriva a una distanza molto inferiore ai m. 9,90 considerati dal verificatore. Il che conferma ulteriormente la fondatezza della censura in esame.

17 – Con il secondo mezzo parte ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione dell’art. 8, comma 1, punto 2) del DM n. 1444 del 1968 che, in zona B, prevede che i nuovi edifici non possano avere altezza superiore a quelli preesistenti e circostanti.

La censura è fondata.

L’art. 8 del DM n. 1444 del 1968, rubricato “limiti di altezza degli edifici”, fissa le altezze massime degli edifici per le diverse zone territoriali omogenee e, in relazione alla zone B, com’è classificata l’area di cui alla presente controversia, stabilisce che “l'altezza massima dei nuovi edifici non può superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con la eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all'art. 7”. Dunque il parametro di riferimento posto dalla norma, e di cui deve essere vagliato il rispetto nel caso in esame, è dato dal rispetto delle altezze “degli edifici preesistenti e circostanti”; quanto al riferimento ai “nuovi edifici” valgono le considerazioni sopra svolte circa il rientrare in tale nozione anche l’ipotesi di intervento di <sostituzione edilizia>, data la sua natura innovativa e non conservativa dell’esistente.

Anche sul profilo delle altezze è stata svolta verificazione, la quale giunge ai seguenti risultati: ha calcolato l’altezza dell’edificio demolito in m. 7,30 (pag. 9 della relazione), quella degli edifici circostanti in m. 7,20 l’edificio a sinistra guardando da viale Italia e l’edificio retrostante e m. 7,10 l’edificio a destra (pag. 15 della relazione), mentre ha concluso che l’edificio progettato ha altezza di m. 7,60 (pag. 11 della relazione). Si tratta di conclusioni che rilevano la maggiore altezza dell’edificio progettato sia rispetto al preesistente (m. 7,60 in luogo di m. 7,30) che rispetto agli edifici preesistenti (m. 7,60 rispetto a m. 7,20 e 7,10), in violazione quindi dell’art. 8 del DM n. 1444 del 1968. Peraltro il verificatore individua l’altezza dell’edificio progettato in m. 7,60 scartando altre ipotesi, dallo stesso indicate come compatibili con la normativa comunale, in particolare, partendo dalla quota terra di viale Europa, ha ritenuto di optare per il calcolo effettuato con riferimento al punto di intersezione della copertura con le intercapedini laterali dei vani interni. Ha invece scartato la soluzione che risulta più rispondente alla disciplina locale; l’art. 56 del REC, al punto 11, sotto la rubrica “altezza del fabbricato”, stabilisce che “l’altezza massima del fabbricato è quella maggiore dei vari fronti dell’edificio misurata dalla (QRC) quota di riferimento convenzionale all’intradosso delle strutture portanti delle coperture”, aggiungendo che “qualora la pendenza massima del tetto sia superiore al 33% il riferimento in sommità è rappresentato dal colmo del tetto”; il verificatore ammette che nella specie la pendenza del tetto è maggiore del 33% “se considerato nel suo intero sviluppo”, il che avrebbe dovuto portare a calcolare l’altezza con riferimento al colmo del tetto, arrivando quindi a determinare l’altezza dell’edificio costruendo in m. 8,20. Il che conforta ancor più nel senso della fondatezza della censura in esame.

18 – Con il terzo mezzo parte ricorrente censura il provvedimento impugnato per violazione dell’art. 188 delle NTA del RUC, giacché l’edificio demolito contemplava una sola unità immobiliare, mentre quello progettato ne contempla due.

La censura è infondata.

Il Collegio ritiene sufficiente sul punto richiamare quanto risultato dall’esame documentale effettuato dal verificatore, che ha accertato che preesistevano due unità immobiliari, una originaria e una assentita a seguito di sanatoria ex lege 47 del 1985; d’altra parte lo stesso ricorrente, pur insistendo nella censura, “prende atto di quanto affermato dal verificatore circa l’indicazione, nei moduli allegati alla domanda di condono, dell’esistenza di due unità immobiliari” (memoria del 15.11.2013 pag. 15).

19 – Con il quarto mezzo il ricorrente censura il progettato edificio della controinteressata per i “profili disarmonici” che lo caratterizzano, quali la forma ondulata della terrazza fronte mare, l’andamento curvilineo e “ad orecchie” del piano sopraelevato.

La censura è infondata.

Come evidenziato anche dal verificatore (a pag. 15 della relazione, seppur fuori dei quesiti espressamente posti dal Collegio) l’edificio progettato presenta certamente una “certa originalità”, ma non tale da poter dar luogo ad una disarmonicità determinante illegittimità del progetto assentito, anche perché inserito in zona che non pare caratterizzata da un stile architettonico preciso e nella quale quindi è ammissibile una ampia liberta di tipologia edificatoria. La Soprintendenza, peraltro, pronunciandosi sul vincolo paesaggistico ha ritenuto solo di imporre una schermatura con essenze arboree del fronte mare, ritenendo per il resto ammissibile il progetto stesso.

20 – Con il quinto mezzo il ricorrente censura il provvedimento gravato per violazione dell’art. 15 delle NTA del RUC, stante la insufficiente previsione di dotazione di parcheggi.

La censura è infondata.

La richiamata disposizione dell’art. 15 delle NTA del RUC prevede, per la destinazione residenziale, che siano destinati a parcheggio “1 mq ogni 3 mq di superficie lorda, garantendo comunque almeno 1 posto auto effettivo per ogni unità immobiliare”; ciò consente di ritenere sufficiente, al fine di escludere la illegittimità, la sussistenza di due posti auto, che paiono in concreto mantenuti rispetto all’edificio preesistente, essendo previsto un garage di 33 mq.

21 – Con il sesto mezzo il ricorrente censura il gravato permesso di costruire per violazione dell’art. 17 delle NTA del RUC non essendo garantita una superficie permeabile di almeno il 30%.

La censura è fondata.

L’art. 17 cit., rubricato “contenimento dell’impermeabilizzazione superficiale”, stabilisce che “gli interventi urbanistico-edilizi con realizzazione di nuovi edifici (compresi gli interventi di ristrutturazione urbanistica, sostituzione edilizia, etc.)…devono prevedere: il mantenimento di un quantitativo minimo del 30% di superficie permeabile di pertinenza in tutti i casi sopra citati”. Parte ricorrente ha evidenziato che, a fronte di una superficie fondiaria del lotto pari a circa 310 mq, l’intervento assentito prevede una superficie permeabile di soli mq 56,97, pari a poco più del 18%. Il Comune di Follonica, nella memoria del 14 novembre 2013 (pag. 19), conferma che la superficie permeabile prevista è di mq 56,97 e giustifica ciò con la considerazione che “non trattandosi di intervento di nuova edificazione, non viene calcolata la nuova permeabilità pari al 30% della superficie di pertinenza, ma viene mantenuto (anzi migliorato) quella esistente”, giustificazione non convincente giacché lo stesso art. 17 cit. prevede il rispetto della percentuale del 30% anche negli interventi di sostituzione edilizia.

22 – Con il settimo mezzo il ricorrente censura i progetto edilizio assentito per violazione dell’art. 68 del REC, sul rilievo che le altezze del bagno e del ripostiglio dell’ultimo piano non rispettano i limiti minimi previsti dalla disciplina locale.

La censura è inammissibile.

Ritiene il Collegio che il ricorrente, quale proprietario di immobile confinante, non abbia interesse giuridicamente apprezzabile a censurare il mancato rispetto delle altezze interne di alcuni vani della progettata edificazione sull’altrui suolo, anche in considerazione del fatto che tali violazioni, ove esistenti, dovranno essere valutate in sede di assentimento dell’abitabilità.

23 – Con l’ottavo mezzo il ricorrente censura il parere positivo della Soprintendenza per difetto di adeguata motivazione.

La censura è infondata.

La Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Siena e Grosseto, in presenza di vincolo paesaggistico legato alla bellezza della “superficie in declivio completamente ricoperta di vegetazione cedua e di alto fusto senza soluzione di continuità”, ha ritenuto di esprimere parere paesaggisticamente positivo al progettato intervento edilizio, tuttavia con la imposizione di prescrizioni, e cioè con la imposizione di “schermatura del nuovo edificio con essenze autoctone (pinus pinea) anche in sostituzione dell’esemplare di cui è previsto l’abbattimento”. Si tratta di scelta tecnico-discrezionale che non appare illogica e frutto di travisamento dei fatti, per cui non risulta censurabile in sede di legittimità.

24 - Con il motivo aggiunto parte ricorrente ha rilevato che la rappresentazione dello <stato attuale> del manufatto poi demolito contenuta negli allegati grafici al permesso di costruire evidenzia il tetto di copertura dell’edificio con una pendenza di falda pari a circa il 42% mentre la suddetta pendenza nella licenza edilizia iniziale e successivi titoli edilizi risulta pari al 25%, il che determina un maggiore sviluppo in altezza dell’edificio pari a circa 50 cm., in modo tale da aumentare notevolmente il volume del vecchio e quindi anche del nuovo fabbricato, che nelle dimensioni del vecchio trova il suo limite (così il nuovo fabbricato comporta un incremento volumetrico di 146,96 mc).

Il motivo è, solo parzialmente, fondato.

La questione della volumetria è stata rimessa alla verificazione del tecnico incaricato, il quale è giunto ad evidenziare che l’edificio demolito aveva un volume di mc 795,162, mentre quello progettato un volume di mc 802, 756, quindi solo di pochi mc superiore ( e non degli oltre 140 mc indicati da parte ricorrente).

25 – Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso e i connessi motivi aggiunti devono essere, nei termini esposti, accolti, con conseguente annullamento del permesso di costruire impugnato.

26 – In punto di spese di giudizio, stante la complessità delle questioni affrontate, il Collegio stima equo disporre la compensazione delle stesse tra tutte le parti del giudizio; le spese di verificazione sono invece poste a carico, in solido, dell’Amministrazione comunale e della controinteressata e sono liquidate (in assenza di notula del verificatore) in € 2.000,00, comprensivi dell’anticipazione già disposta con l’ordinanza n. 709 del 2013.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, definitivamente pronunciando, accoglie in parte il ricorso e i connessi motivi aggiunti, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il permesso di costruire n. 853 del 2011.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Liquida il compenso del verificatore, arch. Leonardo Balducci, in € 2.000,00, comprensivi dell’anticipazione di cui all’ordinanza n. 709 del 2013, che pone a carico, in solido, del Comune di Follonica e della sig.ra Silvia Moreni.

Dispone che la presente sentenza sia comunicata alle parti e al verificatore, arch. Leonardo Balducci.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente

Riccardo Giani, Consigliere, Estensore

Silvio Lomazzi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)