TAR Campania (NA) Sez. II sent. 2043 del 20 aprile 2010
Urbanistica. Zone agricole
La destinazione a verde agricolo di un'area, che rientra nell'ampia discrezionalità del comune di orientare gli insediamenti urbani in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto territoriale, può, quindi, legittimamente anche essere preordinata ad un uso non strettamente agricolo, ma alla finalità di conservazione dei valori naturalistici ed ambientali e di contenimento del fenomeno di espansione dell'aggregato urbano, con una finalità che non è preclusa in radice dall'esecuzione di attività costruttive sull'area medesima, ma, anzi, concretizzabile nell'arresto di tali attività.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02043/2010 REG.SEN.
 N. 07107/2008 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
 
 (Sezione Seconda)
 
 ha pronunciato la presente
 
 SENTENZA
 
 Sul ricorso numero di registro generale 7107 del 2008, proposto da:
 Temistocle NUNZIATA, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Rosario  Porcaro,  con domicilio eletto in Napoli, Centro Direzionale Is. E/2;
 
 contro
 
 - il Comune di San Gennaro Vesuviano, in persona del Sindaco p.t., non  costituito in giudizio;
 - la Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t., rappresentato e  difeso  dall'avv. Luciano Scetta, con domicilio eletto in Napoli, piazza  Matteotti, 1;
 - la Regione Campania, in persona del Presidente p.t.,. rappresentato e  difeso  dall'avv Maria Vittoria De Gennaro, con domicilio eletto in Napoli, via  Santa  Lucia, n. 81.
 
 per l'annullamento
 
 - del decreto n. 392 del 6.08.2008 con il quale il Presidente della  Provincia di  Napoli ha approvato la Variante al Piano Regolatore Generale del Comune  di San  Gennaro Vesuviano, adottata con deliberazione della Commissione  Straordinaria n.  29 del 19.03.2004;
 
 - del Decreto dirigenziale n. 5 del 20.02.2008, pubblicato sul B.U.R.C.  n. 11  del 17.03.2008, con cui il Dirigente del Settore Urbanistica - A.G.C. 16  Governo  Territorio, Tutela Beni paesistico ambientali e culturali della Regione  Campania  ha ammesso al visto di conformità condizionato la Variante al P.R.G. del  Comune  di San Gennaro Vesuviano;
 
 - della delibera del Consiglio Comunale n. 29 del 10.07.2008 con cui il  Comune  di San Gennaro Vesuviano ha preso atto delle modifiche progettuali rese  in  conformità al Decreto dirigenziale n. 5 del 20.02.2008;
 
 - della delibera del Consiglio Provinciale n. 98 del 29.10.2007 con cui  la  Provincia di Napoli ha approvato la variante al P.R.G. del Comune di San  Gennaro  Vesuviano, con la conferma “delle prescrizioni avanzate con la  precedente  deliberazione consiliare n. 118 del 23.11.2006;
 
 - del provvedimento n. 3 del 4.07.2007 con cui la Sezione Provinciale  del C.T.R.  di Napoli ha espresso parere in merito alle controdeduzioni di cui alla  deliberazione n. 18 del 13.3.2007 della Commissione Straordinaria del  Comune di  San Gennaro Vesuviano e confermato il proprio precedente parere n.  14/2006  espresso nella seduta del 6 luglio 2006;
 
 - della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di San  Gennaro  Vesuviano n. 18 del 13.3.2007 recante le controdeduzioni alla  deliberazione del  Consiglio Provinciale n. 118 del 23.11.2006;
 
 - della deliberazione del Consiglio Provinciale n. 118 del 23.11.2006  con cui  l’Amministrazione Provinciale di Napoli ha approvato con prescrizioni la   variante al P.R.G. adottata con deliberazione della Commissione  Straordinaria  del Comune di San Gennaro Vesuviano n. 29 del 19.03.2004;
 
 - del parere n. n. 14 del 6 luglio 2006 espresso dalla Sezione  Provinciale del  C.T.R. di Napoli in relazione alla Variante al Prg;
 
 - della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di San  Gennaro  Vesuviano n. 69 dell’11 giugno 2004 recante “Variante al Piano  Regolatore Esame  osservazioni”;
 
 - della deliberazione del Consiglio Comunale n. 10 dell’11.3.2006 con  cui il  Comune di San Gennaro Vesuviano ha formulato controdeduzioni alle  osservazioni  inerenti alla Variante al P.R.G.;
 
 - della deliberazione della Commissione Straordinaria del Comune di San  Gennaro  Vesuviano n. 29 del 19.03.2004 di adozione della Variante al Piano  Regolatore  Generale del Comune di San Gennaro Vesuviano.
 
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
 Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e  della  Provincia di Napoli;
 
 Viste le memorie difensive;
 
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2010 il dott.  Dante  D'Alessio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 
 Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
 FATTO e DIRITTO
 
 1.- Il signor Temistocle Nunziata è proprietario di un appezzamento di  terreno  sito nel Comune di San Gennaro Vesuviano, alla Via Sarno, censito nel  N.C.T. del  Comune al Foglio n. 7, p.lla n. 114 di mq. 4.128, classificato nel  P.R.G.  approvato con decreto dell’Amministrazione Provinciale di Napoli n. 294  del  29.11.1994 come zona E a destinazione Agricola.
 
 2. Con il ricorso in esame il signor Nunziata ha impugnato i  provvedimenti,  specificati in epigrafe, con i quali è stata approvata la Variante al  Piano  Regolatore Generale del Comune di San Gennaro Vesuviano e classificato  ancora in  zona E (Agricola) il fondo di cui è proprietario, nonostante l’elevato  grado di  urbanizzazione dell’area.
 
 Il ricorrente ha sostenuto l’illegittimità degli indicati atti per i  seguenti  motivi:
 
 travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, illogicità, difetto di  istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà, sviamento,  eccesso di  potere: in quanto i provvedimenti impugnati si fondano su un’errata  ricognizione  dell’area e delle relative caratteristiche urbanistiche tenuto conto che  il  fondo di proprietà è ubicato in zona completamente urbanizzata  strettamente a  ridosso del centro storico/urbano e lungo un’arteria (via Sannio) di  primaria  importanza. La scelta operata penalizza il ricorrente anche perché per  le zone  agricole è stata prevista un’unità minima di intervento di 5.000 mq.  mentre il  ricorrente ha una proprietà di mq. 4.128 con la conseguente  impossibilità di  realizzare un qualsiasi corpo di fabbrica anche a destinazione agricola.  Devono  considerarsi inoltre errati i parametri utilizzati per l’individuazione e  la  quantizzazione della zona B2 (per numero di vani occorrenti e calcolo  dei volumi  esistenti). Immotivato è risultato inoltre il rigetto dell’osservazione  al Piano  presentata dal ricorrente.
 
 Violazione della Direttiva 42/2001Ce del Parlamento europeo e del  Consiglio del  27/6/2001, violazione degli artt. 45 e 47 della legge della Regione  Campania n.  16 del 2004, difetto di istruttoria, violazione del giusto procedimento  di  legge, travisamento ed eccesso di potere perché la Variante impugnata è  stata  approvata senza che fosse mai stata effettuata una Valutazione  Ambientale  Strategica (VAS);
 
 Violazione del Punto 4, Titolo II della legge della Regione Campania n.  14 del  1982, violazione dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942,  contraddittorietà,  violazione del’art. 118 della Costituzione, violazione del principio di  sussidiarietà verticale, violazione del giusto procedimento di legge,  sviamento,  eccesso di potere in quanto l’Amministrazione provinciale ha approvato  la  Variante stravolgendo completamente le scelte urbanistiche effettuate  dall’ente  locale al momento dell’adozione in particolare disponendo lo stralcio di  tutte  le destinazioni produttive e attribuendo alle aree ricadenti nelle zone  G1, G2;  D1 e D3 destinazione agricola;
 
 Ulteriore violazione del Punto 4, Titolo II della legge della Regione  Campania  n. 14 del 1982, violazione dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942,  violazione  dell’art. 4 della legge n. 59/97, contraddittorietà, violazione art. 118   Costituzione, violazione del principio di sussidiarietà verticale,  violazione  del giusto procedimento di legge, sviamento, eccesso di potere in quanto  le  modifiche apportate dall’Amministrazione provinciale in sede di  approvazione  della Variante costituiscono manifestazione di indebita ingerenza  dell’Ente  Provinciale nelle prerogative proprie dell’amministrazione comunale  nell’esercizio del potere pianificazione urbanistica;
 
 Ulteriore violazione del Punto 4, Titolo II della legge della Regione  Campania  n. 14 del 1982, violazione dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942,  contraddittorietà, violazione art. 118 Costituzione, violazione del  principio di  sussidiarietà verticale, violazione del giusto procedimento di legge,  sviamento,  eccesso di potere in quanto l’approvazione della Variante contrasta con  strumenti di pianificazione urbanistica sovra-comunale e con atti  deliberativi  adottati dalla stessa amministrazione provinciale tenuto conto che il  dimensionamento delle zone produttive riportato nel piano adottato dal  Comune  era coerente con le strategie dettate dal P.C.T.P. della Provincia di  Napoli e  dalla delibera della Giunta Provinciale n. 37/06.
 
 Ulteriore violazione del Punto 4, Titolo II della legge della Regione  Campania  n. 14 del 1982, violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990,  violazione  dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942, carenza di motivazione,  difetto di  istruttoria, contraddittorietà, violazione art. 118 Costituzione,  violazione del  principio di sussidiarietà verticale, violazione del giusto procedimento  di  legge, sviamento, eccesso di potere in quanto la scelta di stralciare  tutte le  zone con destinazione produttiva, per i suoi contenuti e la sua  estensione, è  debordante rispetto alle finalità rappresentate.
 
 Violazione della legge regionale n. 16 del 2004, violazione della  delibera di  G.R. 234/2005, violazione dell’art. 97 della Costituzione,violazione  art. 1  della legge n. 241 del 1990, contraddittorietà, violazione del principio  di  economicità e violazione del principio di buon andamento in quanto la  Variante è  stata approvata seguendo l’iter della legge regionale del 1982  nonostante fosse  entrata in vigore la nuova legge urbanistica regionale con la  conseguenza che  entro due anni il Comune dovrà dotarsi di un nuovo PUC vanificando gli  sforzi  compiuti per l’approvazione della contestata Variante.
 
 3.- Al riguardo si deve preliminarmente ricordare in punto di fatto che:
 
 - il Comune di San Gennaro Vesuviano era dotato di Piano Regolatore  approvato  con D.P.A.P. n. 294 del 29.11.1994;
 
 - la Commissione Straordinaria del Comune di San Gennaro Vesuviano ha  adottato  la variante oggetto di impugnazione con atto n. 29 del 19 marzo 2004;
 
 - a seguito della (prima) pubblicazione della variante venivano  presentate 91  osservazioni (più una fuori termine) che il Comune valutava con atto  dell’11  giugno 2004 trasmettendo quindi la variante alla Provincia per  l’approvazione;
 
 - l’Amministrazione Provinciale di Napoli il 16 luglio 2004 rilevava  peraltro la  mancanza di alcuni atti e un difetto nella fase di pubblicazione  (riguardante la  mancata coincidenza di alcune date) e ne chiedeva l’integrazione al  Comune;
 
 - l’Amministrazione Provinciale con nota del 14 aprile 2005 ribadiva poi   l’improcedibilità istruttoria per difetto di pubblicazione e il 21  luglio 2005  diffidava il Comune ad adempiere la fase di pubblicazione carente, pena  la  nomina di un commissario ad acta;
 
 - il Comune procedeva quindi ad una nuova pubblicazione del Piano a far  tempo  dal 28 settembre 2005 e riceveva 110 osservazioni;
 
 - il Comune pertanto con delibera n. 10 dell’11 marzo 2006 formulava le  proprie  valutazioni in ordine alle osservazioni presentate (con parere  favorevole  all’accoglimento per 16 osservazioni e all’accoglimento parziale per una   osservazione) e con nota n. 3246 del 22 marzo 2006 ritrasmetteva gli  atti  all’Amministrazione Provinciale per l’approvazione della variante;
 
 - l’Amministrazione Provinciale con delibera del Consiglio n. 118 del 23   novembre 2006, viste anche le valutazioni espresse dal Comitato Tecnico  Regionale nella seduta del 6 luglio 2006 (parere n.14/2006), procedeva  all’approvazione della variante, peraltro con modifiche stralci e  integrazioni;
 
 - il Comune con delibera n. 18 del 18 marzo 2007 approvava le proprie  controdeduzioni alla delibera del Consiglio Provinciale n. 118 del 23  novembre  2006;
 
 - la Sezione Provinciale del C.T.R. di Napoli, con provvedimento n. 3  del  4.07.2007, esprimeva il suo parere in merito alle controdeduzioni di cui  alla  deliberazione n. 18 del 13.3.2007 della Commissione Straordinaria del  Comune di  San Gennaro Vesuviano e confermava il proprio precedente parere n.  14/2006  espresso nella seduta del 6 luglio 2006;
 
 - il Consiglio Provinciale con delibera n. 98 del 29.10.2007 (su  proposta della  Giunta del 5 ottobre 2007) approvava quindi con prescrizioni la variante  al  P.R.G. del Comune di San Gennaro Vesuviano, confermando il dispositivo  di cui  alla precedente deliberazione consiliare n. 118 del 23.11.2006;
 
 - la Regione Campania con Decreto del Dirigente del Settore Urbanistica -  A.G.C.  16 Governo Territorio, Tutela Beni paesistico ambientali e culturali n. 5  del  20.02.2008, pubblicato sul B.U.R.C. n. 11 del 17 marzo 2008, ha quindi  ammesso  al visto di conformità condizionato la Variante al P.R.G. del Comune di  San  Gennaro Vesuviano;
 
 - il Presidente della Provincia di Napoli con decreto n. 392 del 6  agosto 2008,  pubblicato sul B.U.R.C. n. 39 del 29.9.2008, ha infine approvato la  variante al  Piano Regolatore Generale del Comune di San Gennaro Vesuviano, a seguito   dell’atto consiliare comunale (delibera n. 29 del 10 luglio 2008 e  successiva  trasmissione degli elaborati modificati in data 22 luglio 2008) di  conformazione  alle prescrizioni di cui al Decreto Regionale n. 5 del 20/2/2008 di  ammissione  al visto di conformità condizionato.
 
 4.- Ciò precisato nella ricostruzione dei fatti si può ora passare  all’esame  delle questioni sollevate con il ricorso in esame.
 
 Si deve allora preliminarmente ricordare che, nelle scelte di  pianificazione, la  valutazione dell’idoneità delle singole aree a soddisfare, con  riferimento alle  possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, costituisce  espressione  del potere discrezionale dell’amministrazione (fra le più recenti:  Consiglio  Stato, sez. IV, 4 dicembre 2009, n. 7654), e nell’esercizio di tale  potere  l’amministrazione non ha la necessità di dare una motivazione specifica  sulle  scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree in quanto  le  stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del  piano  (Consiglio di Stato, sez. IV, 24 aprile 2009, n. 2630; sez. V, 2 marzo  2009, n.  1149), con la conseguenza che tali scelte possono essere censurate  soltanto in  presenza di evidenti vizi logico-giuridici nel quadro delle linee  portanti della  pianificazione.
 
 5.- Il privato che si ritenga leso da una scelta di piano non favorevole  ai suoi  interessi in ordine alla destinazione data ad una certa area di sua  proprietà,  non può censurare pertanto, se non per evidenti vizi logici, le ragioni  specifiche della singola scelta operata dall’amministrazione perché il  sistema  non richiede una giustificazione analitica delle singole scelte operate  ma solo  delle ragioni di insieme che hanno portato alle complessive scelte di  pianificazione.
 
 Coerentemente si è affermato che la regola dell'inesistenza di un  obbligo  specifico di motivazione delle scelte urbanistiche vale anche per le  osservazioni presentate al piano. Secondo l'orientamento  giurisprudenziale ormai  consolidato le osservazioni proposte dai cittadini nei confronti degli  atti di  pianificazione urbanistica non costituiscono infatti veri e propri  rimedi  giuridici ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, il loro rigetto  o il  loro accoglimento non richiede una motivazione analitica, essendo  sufficiente  che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali  dello  strumento pianificatorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2009,  n. 4024  cit.).
 
 6.- Le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio possono  quindi  formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di  arbitrarietà,  irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei  fatti, che  costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa (Consiglio  di Stato,  sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024 cit.), con la conseguenza che, a meno  che non  siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è  configurabile  neppure il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento  basata sulla  comparazione con la destinazione impressa ad altre zone adiacenti (fra  le tante:  Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024).
 
 7.- Stabilito che l’amministrazione, per regola generale, ha la più  ampia  discrezionalità nell’individuare le scelte ritenute migliori per  disciplinare  l’uso del proprio territorio (ed anche nel rivedere le proprie  precedenti  previsioni urbanistiche) e che non deve dare motivazione specifica delle  singole  scelte urbanistiche, si deve peraltro aggiungere che tale regola  generale  subisce un'eccezione in alcune situazioni specifiche in cui il principio  della  tutela dell’affidamento impone che il piano regolatore dia conto del  modo in cui  è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state  operate  le scelte di pianificazione (rendendole quindi sindacabili davanti al  giudice  amministrativo).
 
 Ciò si verifica nei casi in cui la modifica progettata (della precedente   destinazione urbanistica) va ad incidere su singole posizioni, connotate  da una  fondata aspettativa sulla destinazione dell’area, che per questo si  differenziano dalle posizioni degli altri soggetti interessati.
 
 L’amministrazione in tali casi ha il dovere di valutare con attenzione  l’opportunità di modificare la precedente destinazione urbanistica di  un’area e,  se ritiene di dover diversamente disciplinare tale area e sacrificare  comunque  gli interessi dei soggetti coinvolti, deve indicare le ragioni logiche  che hanno  portato a tale nuova scelta pianificatoria.
 
 8.- Come è stato chiarito dalla giurisprudenza, meritevoli di questa  particolare  forma di tutela sono peraltro solo quelle situazioni caratterizzate da  un  affidamento “qualificato” (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 aprile 2008,  n. 1476).  E tale posizione è stata riconosciuta: a) nel superamento degli standard  minimi  di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l'avvertenza che la motivazione  ulteriore va  riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di  sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla  destinazione di  zona di determinate aree; b) nella lesione dell'affidamento qualificato  del  privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto  privato  intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, dalle aspettative  nascenti  da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia (oggi  permesso  di costruire) o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione; c)  nella  modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata,  interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Consiglio di Stato,  Adunanza  Plenaria, 22 dicembre 1999, n. 24, Consiglio di Stato, sez. III, 6  ottobre 2009,  n. 1610; sez. V, 2 marzo 2009, n. 1149; sez. VI, 18 aprile 2007, n.  1784).
 
 Negli altri casi l’esistenza di una precedente diversa previsione  urbanistica  non comporta invece per l’amministrazione la necessità di fornire  particolari  spiegazioni sulle ragioni delle diverse scelte operate anche quando  queste sono  nettamente peggiorative per i proprietari (e per le loro aspettative),  dovendosi  (in tali altri casi) dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che  le nuove  scelte pianificatorie intendono perseguire.
 
 9.- Nel caso di specie si deve peraltro osservare che la destinazione di  piano  (E agricola) impressa all’area del ricorrente risulta confermativa della   precedente destinazione e la scelta (confermativa) del Comune non  risulta  censurabile, non sussistendone motivi, per le ragioni che si sono su  ampiamente  esposte riguardo all’ampia discrezionalità che ha l’amministrazione  comunale  nell’individuare le destinazioni più appropriate da dare alle singole  parti del  territorio comunale.
 
 10.- Sostiene peraltro il ricorrente che l’amministrazione avrebbe  dovuto  diversamente provvedere tenendo conto che il fondo di sua proprietà è  ubicato in  zona completamente urbanizzata, strettamente a ridosso del centro  storico/urbano  e posto lungo un’arteria (via Sannio) di primaria importanza.
 
 11.- Tali circostanze non sono tuttavia sufficienti per far ritenere  manifestamente illogica o viziata da evidenti errori di fatto la scelta  del  Comune di conservare al suolo in questione la destinazione agricola.
 
 Né in relazione alle circostanze indicate il ricorrente può ritenersi  portatore  di un affidamento qualificato ad una diversa destinazione del suolo di  sua  proprietà, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza che si è in   precedenza richiamato, con la conseguenza che l’amministrazione non  aveva la  necessità di compiere particolari valutazioni sullo stato dei luoghi e  sulle  scelte operate né tantomeno di esprimere i risultati di tali valutazioni   particolari in una puntuale motivazione. Come si è visto in precedenza  sono  infatti altre le situazioni che in sede di pianificazione urbanistica  possono  determinare un affidamento “qualificato”.
 
 12.- Né può avere particolare incidenza sulle scelte urbanistiche  l’esistenza di  uno stato di urbanizzazione di un’area o di attività in essere. La  giurisprudenza amministrativa ha infatti sul punto chiarito che  l'esistenza di  fabbricati, anche di recente costruzione, non può essere considerata di  ostacolo  all'introduzione di destinazioni urbanistiche difformi da quelle  previgenti  sulle corrispondenti aree di sedime (T.A.R. Lombardia Brescia, 12  gennaio 2001 ,  n. 2; Consiglio di Stato, sez. IV, 2 novembre 1995, n. 887).
 
 Per quanto riguarda poi l’esistenza di immobili in zona agricola si è  anche  affermato che, nonostante la realizzazione di interventi edilizi sul  suolo, la  destinazione a verde agricolo può considerarsi pur sempre rispondente ad   apprezzabili esigenze funzionali di sviluppo equilibrato e sostenibile  dell'agglomerato, nonché di salvaguardia della vivibilità urbana (TAR  Lombardia,  Brescia, 20 ottobre 2005, n. 1043), della salubrità (Consiglio di Stato,  sez. V,  19 aprile 2005, n. 1782; sez. IV, 20 settembre 2005, n. 4818 e n. 4828) e  della  qualità ambientale.
 
 La destinazione a verde agricolo di un'area, che rientra nell'ampia  discrezionalità del comune di orientare gli insediamenti urbani in  determinate  direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto  territoriale,  può, quindi, legittimamente anche essere preordinata ad un uso non  strettamente  agricolo, ma alla finalità di conservazione dei valori naturalistici ed  ambientali e di contenimento del fenomeno di espansione dell'aggregato  urbano  (Consiglio di Stato, sez. IV, 25 luglio 2007, n. 4149; 3 novembre 2008,  n.  5478), con una finalità che non è preclusa in radice dall'esecuzione di  attività  costruttive sull'area medesima, ma, anzi, concretizzabile nell'arresto  di tali  attività (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 17 settembre 2009, n.  4977).
 
 13.- In conseguenza non può ritenersi illegittima la classificazione a  verde  agricolo dell’area di proprietà del ricorrente e pertanto la censura  centrale  sollevata (soprattutto) con il primo motivo di ricorso risulta quindi  infondata.
 
 14.- Con il terzo, con il quarto, con il quinto e con il sesto motivo il   ricorrente ha sostenuto, sotto diversi profili, che, nel caso in esame,  la  Provincia, in sede di approvazione della variante al PRG ha valicato  tutti i  limiti imposti dall’ordinamento in ordine all’esercizio delle funzioni  conferite, con la violazione del principio di sussidiarietà verticale  affermato  dall’art. 118 della Costituzione.
 
 Tali censure che possono essere esaminate congiuntamente, devono  ritenersi  preliminarmente inammissibili per carenza di interesse tenuto conto che  al suolo  di proprietà del ricorrente era stata data la destinazione E (agricola)  già dal  Comune, con l’atto di adozione della Variante urbanistica, e tale  determinazione  non è poi mutata in relazione alla complessa fase di approvazione dello  strumento urbanistico, alla quale hanno partecipato anche la Provincia  di Napoli  e la Regione Campania, che ha portato allo stralcio di ampie aree fra le  quali  tutte quelle a destinazione produttiva (G1, G2, D1 e D3).
 
 15.- In ogni caso la censura è anche infondata.
 
 Si deve al riguardo innanzitutto escludere che gli atti della Provincia  (e della  Regione) siano stati emessi in violazione delle norme che regolano i  rapporti  fra i diversi soggetti (Comune, Provincia e Regione) che a diversi  livelli  operano nel complesso procedimento attraverso il quale si giunge alla  definitiva  approvazione di un nuovo strumento urbanistico o ad una variante del  precedente  strumento di pianificazione territoriale.
 
 Del resto il procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico  (o di una  sua variante) costituisce un atto complesso ineguale in ragione del  fatto che  deve intendersi la risultante del concorso di diversi atti di volontà,  quello di  livello comunale, esponenziale e rappresentativo della collettività e  degli  interessi locali, e quello regionale (e provinciale), espressione di un  più  ampio potere di indirizzo e coordinamento in materia urbanistica.
 
 Ciò comporta che sul piano procedimentale, la dialettica che si instaura  tra i  diversi livelli di governo non ha una dimensione statica ed immutabile  bensì  presenta margini di variabilità in ragione della misura di convergenza  delle  valutazioni effettuate nei due diversi stadi decisori.
 
 16.- Per quanto riguarda poi, in particolare, la questione riguardante  lo  stralcio, in sede di approvazione, di intere zone del Piano adottato, si  deve  osservare che questa Sezione (con le sentenze n. 5107, n. 5114, n. 5115 e  n.  5116 del 30 settembre 2009) ha di recente affrontato la questione  riguardante la  legittimità degli atti di approvazione degli strumenti urbanistici con  lo  “stralcio” di alcune aree ed ha ricordato che la giurisprudenza ha da  tempo  ritenuto ammissibile l’approvazione del Piano Regolatore con lo  stralcio, con o  senza raccomandazioni (fra le tante: Consiglio di Stato, sez. IV, 7  settembre  2006, n. 5203; sez. IV, 2 marzo 2004, n. 960).
 
 L'approvazione di uno strumento urbanistico con uno o più «stralci»  costituiva,  originariamente, un espediente escogitato per non procrastinare  eccessivamente,  o addirittura sine die, l'entrata in vigore di un piano che, nel suo  insieme  appariva meritevole di approvazione, tranne che per qualche limitato  particolare  aspetto.
 
 Ciò avveniva in un quadro normativo, anteriore alla legge n. 765 del  1967, che  non prevedeva la possibilità di un'approvazione «con modifiche». Lo  «stralcio»  veniva quindi legittimato con riferimento al principio secondo cui  l'autorità  cui compete approvare un atto o un provvedimento può approvarlo anche  parzialmente, riservandosi un riesame per le parti residue. E poiché per  il  piano regolatore generale vigeva e vige la regola secondo cui esso deve  riguardare la totalità del territorio comunale, si ammetteva lo  «stralcio» a  condizione che non lasciasse indefinito o incerto l'impianto generale  dello  strumento urbanistico caratterizzato dalle scelte fondamentali.
 
 Una volta che la legge n. 765 del 1967, modificando la legge  urbanistica, ha  ampliato i poteri dell'autorità competente all'approvazione,  consentendole,  entro certi limiti ed a certe condizioni, di introdurre direttamente  talune  modifiche d’ufficio al piano, con lo stesso atto di approvazione, si  poteva  forse ritenere venuta meno quella necessità che aveva indotto ad  escogitare la  figura dello «stralcio».
 
 Ma, di fatto, questa figura non è scomparsa dalla prassi e la  giurisprudenza ha  continuato a riconoscerne la legittimità nella considerazione che chi  avrebbe il  potere d'introdurre direttamente una modifica allo strumento  urbanistico,  facendolo entrare in vigore modificato, può anche limitarsi a  sospenderne, in  parte, l'approvazione, invitando il Comune a rinnovare l'esame della  situazione  delle aree stralciate e a formulare per le stesse una nuova proposta  (Consiglio  di Stato, sez. IV, 7 settembre 2006, n. 5203 cit.; sez. IV, 6 settembre  2005, n.  4563).
 
 17.- Lo stralcio costituisce quindi uno strumento alternativo alla non  approvazione del Piano, determinato dall'esigenza di economizzare  attività  amministrativa e di attribuire una regolamentazione urbanistica  definitiva anche  solo ad una parte (comunque prevalente) del territorio oggetto delle  previsioni  comunali.
 
 In tale quadro, lo stralcio lascia integro ed impregiudicato il potere  del  Comune di riproporre una nuova disciplina urbanistica diretta a  completare la  pianificazione relativamente alle aree oggetto di stralcio e l'autorità  comunale  resta libera nell'attività di completamento della disciplina  urbanistica,  costituendo la motivazione dello stralcio una "raccomandazione" in  funzione del  (rinnovato) esercizio della potestà pianificatoria da parte dell'Ente  (Consiglio  di Stato, Sezione IV, 29 ottobre 2002, n. 5912).
 
 Non assumendo poi la "raccomandazione" natura di atto autoritativo,  vincolante,  il Comune può recepire le indicazioni provenienti dall'autorità cui  l'ordinamento riconosce il potere di approvare la strumentazione  urbanistica,  condividendo le considerazioni esposte da tale autorità, ovvero  discostarsene  motivatamente in sede di variante integrativa.
 
 18.- La scelta di stralciare le aree destinate ad attività produttive  non può  peraltro ritenersi manifestamente illogica sulla base delle ragioni che  sono  state indicate negli atti del procedimento di approvazione della  variante (in  particolare nei due pareri del Comitato Tecnico Regionale e nelle  relazioni  allegate ai provvedimenti dell’amministrazione provinciale).
 
 In tali atti viene infatti evidenziata la necessità che il  dimensionamento delle  stesse debba essere rivisto sulla base di più corrette modalità di  calcolo degli  spazi occupati dalle attività già esistenti e per la necessità di  operare il  corretto dimensionamento con riferimento a precisi indirizzi di  pianificazione  su scala sovra comunale (non potendosi sul punto ritenere pertinente il  riferimento al P.T.C.P. adottato nel 2003 e poi ritirato  dall’amministrazione  provinciale per la successiva rielaborazione).
 
 19.- In conseguenza la destinazione data all’area di proprietà del  ricorrente  non può ritenersi illegittima dovendosi ritenere che tale destinazione  sia stata  dettata per il perseguimento dell’interesse pubblico ad una migliore  complessiva  organizzazione del territorio comunale. Né la posizione del ricorrente  può  ritenersi così “qualificata”, secondo i canoni che si sono su indicati,  da poter  giustificare una particolare specifica motivazione sulle ragioni che  hanno  condotto alla impugnata scelta urbanistica.
 
 20.- Resta da esaminare il secondo motivo di ricorso con il quale il  sig.  Nunziata ha lamentato la violazione della Direttiva 42/2001CE del  Parlamento  europeo e del Consiglio del 27/6/2001, la violazione degli artt. 45 e 47  della  legge della Regione Campania n. 16 del 2004, difetto di istruttoria,  violazione  del giusto procedimento di legge, travisamento ed eccesso di potere  perché la  Variante impugnata è stata approvata senza che fosse mai stata  effettuata una  Valutazione Ambientale Strategica (VAS).
 
 Tale censura deve ritenersi inammissibile per carenza di interesse.
 
 Si deve infatti ricordare che la valutazione ambientale strategica (VAS)  è volta  a garantire che gli effetti sull’ambiente di determinati piani e  programmi siano  considerati durante l'elaborazione e prima dell'adozione degli stessi,  così da  anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella  valutazione di  compatibilità ambientale che, se effettuata (come avviene per la  valutazione di  impatto ambientale) sulle singole realizzazioni progettuali, non  consentirebbe  di compiere un'effettiva valutazione comparativa, mancando in concreto  la  possibilità di disporre di soluzioni alternative per la localizzazione  degli  insediamenti e, in generale, per stabilire, nella prospettiva dello  sviluppo  sostenibile, le modalità di utilizzazione del territorio (T.A.R. Umbria  Perugia,  19 giugno 2006, n. 325).
 
 Ciò chiarito non si ritiene che il ricorrente possa vantare un interesse   giuridicamente rilevante a contestare l’eventuale carenza della VAS nel  procedimento di approvazione della variante urbanistica impugnata,  tenuto conto  che il suo interesse è volto ad ottenere una destinazione non più  agricola del  fondo di sua proprietà e si pone quindi in un’ottica completamente  contraria  alle indicate finalità della VAS.
 
 21.- Infondato risulta infine anche il settimo motivo di ricorso con il  quale il  signor Nunziata ha lamentato la violazione della legge regionale n. 16  del 2004  (e di altre disposizioni) in quanto la Variante è stata approvata  seguendo  l’iter della legge regionale del 1982 nonostante fosse entrata in vigore  la  nuova legge urbanistica regionale.
 
 Il regime giuridico della variante in questione deve essere infatti  mutuato  dalle disposizioni di cui alla legge regionale n. 14/82 in ragione della  chiara  previsione di cui all’art. 45 della legge regionale n. 16 del 2004 che  reca la  disciplina transitoria della strumentazione in itinere al momento di  entrata in  vigore del precitato provvedimento normativo e prevede espressamente che  gli  strumenti di pianificazione urbanistica comunale, ivi comprese le  varianti al  P.R.G., adottati e non ancora approvati alla data di entrata in vigore  della  presente legge, concludono il procedimento di formazione secondo le  disposizioni  di cui alla disciplina previgente.
 
 22.- Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve essere respinto.
 
 Si ritiene di dover tuttavia disporre la compensazione integrale fra le  parti  delle spese e competenze di giudizio.
 
 P.Q.M.
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli,  Sez. II,  respinge il ricorso in epigrafe n. 7107 del 2008 R.G., proposto da  Temistocle  Nunziata.
 
 Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze  di  giudizio.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità  amministrativa.
                    



