Consiglio di Stato Sez. IV n. 8068 del 17 ottobre 2025
Urbanistica.Sostituzione della copertura di un edificio
La sostituzione della copertura di un edificio si distingue dal ripristino e dalla ricostruzione proprio in ragione della contestualità delle operazioni di rimozione ed installazione, o almeno della loro contiguità temporale, in quanto la rimozione della precedente copertura si giustifica proprio in ragione della sua contestuale o imminente sostituzione con altra copertura, con conseguente sussistenza di un nesso causale tra la rimozione e la nuova installazione. Qualora, invece, sia trascorso un certo lasso temporale tra la rimozione della precedente copertura e il progetto della nuova installazione, non può più parlarsi di sostituzione, essendo venuto meno qualsiasi collegamento causale tra le due operazioni di rimozione e nuova installazione, che si configurano quindi come due interventi distinti ed autonomi.
Pubblicato il 17/10/2025
N. 08068/2025REG.PROV.COLL.
N. 02319/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2319 del 2024, proposto da Manuel Genovese, rappresentato e difeso dall'avvocato Alfonso Viscusi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Minucci, Antonella Pisapia e Matteo Romeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 00801/2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2025 il Cons. Rosario Carrano e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il ricorrente, premesso di essere proprietario di un compendio immobiliare sito in Firenze, via dell’Isolotto, costituito da un capannone ad uso industriale (edificio A) e dai relativi annessi (edifici B e C), ha presentato un’istanza di autorizzazione paesaggistica al fine di eseguire dei lavori di adeguamento sismico ed igienico sanitario, ottenendo il parere positivo della Soprintendenza e l’autorizzazione comunale.
2. – Con riferimento al medesimo progetto è stata inoltre presentata istanza di autorizzazione idraulica al Genio civile della Regione Toscana, posto che il compendio ricade in una golena indifesa del fiume Arno, in area classificata dal Piano di Bacino, stralcio “Rischio Idraulico”, quale area di tipo B soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta.
3. – Il Genio civile della Regione Toscana, con provvedimento n. 1416 del 6 febbraio 2018, ha precisato che “gli interventi edilizi eseguibili sono limitati a quelli che non determinano un incremento del rischio idraulico e/o di esposizione allo stesso” e che “le norme di piano pongono limiti anche sugli interventi edilizi ammissibili sugli immobili esistenti, limitandoli alle opere di demolizione senza ricostruzione, di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro, di risanamento conservativo e di adeguamento igienicosanitario, che non comportino aumenti di superficie coperta”.
4. – E’ stata quindi rilasciata l’autorizzazione idraulica “con la condizione che la natura degli interventi non ecceda la manutenzione straordinaria e che gli stessi non determinino un incremento del rischio idraulico e/o di esposizione allo stesso”.
5. – Il ricorrente ha pertanto presentato una segnalazione certificata di inizio attività (di seguito, SCIA) avente ad oggetto “opere finalizzate all’adeguamento igienico-sanitario ed adeguamento e/o miglioramento statico sismico” degli immobili in cui si articola il compendio immobiliare (SCIA n. 6789/2022).
6. – Con provvedimento del 26 luglio 2022 il Comune ha dichiarato inefficace la suddetta SCIA ed ha ordinato di non proseguire gli interventi eventualmente intrapresi, rilevando che: “1. lo stato di fatto attuale del complesso edilizio è quello di rudere, per cui alcune porzioni e parti dei manufatti, oltre ad interi manufatti (tettoia) che lo compongono risultano già crollate e ne è prevista la ricostruzione, senza un'adeguata documentazione dello stato legittimo (ovvero quello al 1967) e senza tener conto che la ricostruzione rientra nella definizione di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3 del DPR 380/01;
2. la soluzione progettuale prevede modiche prospettiche all’involucro edilizio (chiusure con infissi delle parti originariamente aperte e protette dall’intrusione solo con grigliati, realizzazione di lucernari in copertura non documentati nello stato originario) che fanno rientrare l'intervento nella fattispecie di Ristrutturazione edilizia di cui all’art. 10 comma 1 lett. c) del DPR 380/01, soggetta a Permesso di Costruire ovvero a SCIA sostitutiva ex art. 23 del D.P.R: 380/2001, nel qual caso i lavori non potrebbero iniziare prima di 30 giorni dal deposito;
3. l’intervento, in considerazione dei punti 1 e 2, eccede la definizione di manutenzione straordinaria indicata come limite massimo di intervento nella determinazione del Genio Civile ed altresì non è supportata da adeguata documentazione (con riferimento allo stato legittimo) che garantisca che non comporti aumento del carico urbanistico ed incremento dell’esposizione al rischio”.
7. – Nonostante la relazione tecnica prodotta dal ricorrente ad integrazione della documentazione a corredo della SCIA, il Comune, con nota del 5 settembre 2022, ha nuovamente escluso che l’intervento possa considerarsi di semplice manutenzione straordinaria e che lo stesso non comporti l’incremento dell’esposizione al rischio idraulico e rilevato la carenza degli adempimenti in materia idraulica, previsti dall’art. 3 comma 3 della legge regionale n. 41 del 2018.
8. – Con il ricorso di primo grado, quindi, il sig. Genovese ha impugnato il provvedimento del Comune di Firenze (prot. GP 296457/2022 del 5 settembre 2022) con il quale è stata confermata l’inefficacia della SCIA edilizia n. 6789/2022 per mancanza dei documenti di cui all’art. 145, comma 3, legge regionale Toscana n. 65 del 2014, oltre ad impugnare il provvedimento (prot. GP 256630/2022 del 26 luglio 2022) del medesimo Comune, recante “comunicazione di inefficacia per mancanza dei documenti di cui all'art. 145, comma 3, LRT 65/2014 e ordine di non proseguire i lavori. Comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio conseguente”.
8.1. – Con una prima articolata censura, il ricorrente ha dedotto l’errata qualificazione dell’intervento di termini di ristrutturazione edilizia, dovendo piuttosto essere qualificato come manutenzione straordinaria.
8.2. – Con il secondo motivo di ricorso, ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui ha evidenziato la mancata previsione di adempimenti finalizzati a contenere e ridurre il rischio idraulico connesso all’intervento, ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge regionale n. 41 del 2018, in quanto l’intervento sarebbe stato già autorizzato sotto il profilo idraulico con un atto valido ed efficace che il Comune non potrebbe rimettere in discussione.
9. – Con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha respinto il primo gruppo di censure, ritenendo che gli interventi in questione vadano ricondotti alla categoria della “ristrutturazione edilizia” e non già della manutenzione straordinaria “poiché nel complesso consentono la sostanziale ricostruzione di strutture edilizie risalenti agli anni Sessanta, ormai in avanzato stato di abbandono e degrado, come facilmente desumibile dal materiale fotografico allegato alla SCIA”, precisando altresì come tali interventi implichino “l’integrale ricostruzione delle coperture rimosse ormai da molti anni” (pag. 7 della sentenza impugnata).
9.1. – Inoltre, ha aggiunto che “l’eventuale persistenza delle orditure originali su cui posare il materiale di copertura non consente comunque di considerare l’intervento come semplice sostituzione del rivestimento e quindi come manutenzione straordinaria; sia per il lungo lasso di tempo trascorso dalla rimozione dei pannelli in eternit, che ha di fatto comportato il definitivo venir meno dei beni per come originariamente connotati; sia per le gravi condizioni in cui versano i manufatti, che rendono comunque necessario un intervento strutturale consistente. E’ peraltro irrilevante la ragione per la quale la copertura, molti anni addietro, è stata rimossa” (pag. 7 della sentenza impugnata).
9.2. – Ha respinto anche il secondo motivo di ricorso, nonostante ne abbia ritenuto superfluo l’esame in conseguenza dell’infondatezza del primo motivo di ricorso, statuendo che “Il rilascio della precedente autorizzazione idraulica non basta ad escludere il rispetto di tale prescrizione normativa [art. 3, comma 3, legge regionale n. 41 del 2018] per l’esecuzione di interventi in epoca successiva alla sua entrata in vigore” (pag. 8 della sentenza impugnata).
10. – Con atto di appello, il sig. Genovese ha impugnato la sentenza reiterando in chiave critica i motivi di primo grado.
11. – Con apposita memoria si è costituita l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto dell’appello.
12. – Nella memoria ex art. 73 c.p.a., l’appellante ha chiesto, in subordine, nell’ipotesi di conferma della sentenza del T.a.r., di precisare in motivazione che l’installazione di un nuovo manto di copertura in sostituzione di quello in amianto non eccede la manutenzione straordinaria, al fine di poter presentare una nuova SCIA.
13. – All’udienza pubblica del 26 giugno 2025, la causa è stata trattenuta per la decisione.
14. – Preliminarmente, occorre delimitare l’ambito del presente giudizio.
Invero, la questione giuridica che si pone nella presente controversia attiene alla qualificabilità o meno dell’intervento edilizio in esame in termini di “manutenzione straordinaria”, essendo pacifico tra le parti, in quanto non oggetto di contestazione in questa sede, che l’unico intervento consentito nel caso di specie sia solamente quello rientrante in tale tipologia, essendo stata rilasciata l’autorizzazione idraulica “con la condizione che la natura degli interventi non ecceda la manutenzione straordinaria e che gli stessi non determinino un incremento del rischio idraulico e/o di esposizione allo stesso” (provvedimento n. 1416 del 6 febbraio 2018 del Genio civile della Regione Toscana).
15. – Ciò premesso, l’appello è infondato.
15.1. – Come è noto, gli interventi di “manutenzione straordinaria” sono definiti dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito, t.u. edilizia) come “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico” (art. 3, comma 1, lett. b), t.u. edilizia).
Inoltre, vengono definiti di “restauro e di risanamento conservativo”, gli interventi edilizi rivolti a “conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso”, purché compatibili con tali elementi e conformi alle destinazioni previste dagli strumenti urbanistici, includendo in tale categoria di intervento “il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio” (art. 3, comma 1, lett. c), t.u. edilizia).
Infine, gli interventi di “ristrutturazione edilizia” sono definiti dal medesimo testo unico come gli interventi “rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, inclusi il “ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”, nonché gli interventi di “demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planovolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico”, oltre agli interventi, per quanto qui interessa, volti al “ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza” (art. 3, comma 1, lett. d), t.u. edilizia).
Anche a livello regionale, la legge della Toscana del 10 novembre 2014, n. 65, recante “Norme per il governo del territorio”, replicando sostanzialmente le suddette definizioni, distingue tra “manutenzione straordinaria” (art. 135, comma 2, lett. b) e interventi di “restauro e di risanamento conservativo” (art. 135, comma 2, lett. c), mentre, nell’ambito della “ristrutturazione edilizia”, distingue ulteriormente tra ristrutturazione “conservativa” (art. 135 bis, comma 2) e “ricostruttiva” (art. 135 bis, comma 3), sempre sulla base delle medesime definizioni fissate dalla normativa statale.
15.2. – Secondo la parte appellante, l’intervento in questione andrebbe qualificato come manutenzione straordinaria, in quanto: a) la rimozione della precedente copertura, composta da lastre in eternit danneggiate, sarebbe stata necessaria per la messa in sicurezza dell’immobile, su invito dello stesso Comune di Firenze; b) tale intervento di bonifica avrebbe comportato la rimozione del solo rivestimento di copertura, senza intaccare le orditure primarie e secondarie; c) la rimozione del manto di copertura per bonificare l’amianto non potrebbe essere considerato un intervento di demolizione; d) l’installazione del nuovo manto di copertura non comporterebbe la ricostruzione di una parte dell’edificio demolito, ma una mera sostituzione di uno degli elementi strutturali che lo compongono, in linea con la nozione di “manutenzione straordinaria” (art. 3, comma 1, lett. b), t.u. edilizia); e) il rifacimento delle tamponature laterali con materiali nuovi, nonché la modifica degli impianti, rientrerebbero pure nella categoria della manutenzione straordinaria; f) le opere oggetto della SCIA non prevederebbero una chiusura della loggia (come ritenuto dal T.a.r.), ma solamente la sostituzione di un grigliato con degli infissi, il che non determinerebbe una modifica dell’involucro edilizio (inteso come ingombro planivolumetrico).
Inoltre, ha ribadito che la sostituzione dei materiali di tamponatura delle pareti perimetrali, sempre ai fini della bonifica dell’amianto, rientrerebbe nella nozione di manutenzione straordinaria e che non sarebbe previsto alcun consolidamento strutturale tramite “nuova struttura integrativa metallica”, ma solo un consolidamento delle strutture esistenti con interventi di “recupero e miglioramento dei nodi delle strutture stesse”.
Infine, anche la coibentazione termica delle pareti, il rifacimento degli impianti e dei servizi igienici ed il consolidamento statico e sismico delle strutture portanti non eccederebbe la manutenzione straordinaria.
15.3. – L’assunto di parte appellante è infondato.
L’intervento edilizio in esame ha ad oggetto un capannone industriale (c.d. edificio A) in evidente stato di degrado e abbandono, realizzato in epoca antecedente al 1967, composto da un solo piano fuori terra, privo di copertura (per la precedente rimozione di quella in amianto), con i relativi edifici annessi di minori dimensioni (c.d. edifici B e C) nelle medesime condizioni di degrado, come chiaramente desumibile dalla documentazione fotografica in atti (cfr. doc. 20 del fascicolo di primo grado – Relazione tecnico-descrittiva dell’intervento, pag. 25-27).
L’immobile, inoltre, è situato in area soggetta a vincolo paesaggistico di cui al d.m. 31 agosto 1953 (Sponde nord e sud dell’Arno nell’ambito del comune di Firenze).
L’intervento oggetto di SCIA prevede:
- la realizzazione di una nuova copertura degli edifici, con realizzazione di alcuni lucernari (attualmente non presenti, ma asseritamente preesistenti) e di alcuni comignoli di servizio sui vari edifici;
- la realizzazione di un cappotto termico sulle pareti perimetrali;
- la sostituzione di alcuni grigliati metallici con degli infissi lungo tutta una parete laterale;
- la realizzazione ex noxo di due bagni, con un antibagno, all’interno dell’edificio A (con annesse opere di allaccio alla fognatura e realizzazione di una nuova fossa biologica);
- la creazione di un nuovo vano tecnico, fuori terra ed adiacente all’edificio B, oltre alla demolizione della vecchia tettoia con realizzazione di una nuova di maggiori dimensioni, sempre sull’edificio B;
- il rifacimento degli impianti elettrico ed idro-sanitario;
- l’inserimento di collegamenti di rinforzo fra pilastri e capriate (squadrette metalliche, sia in testa che alla base dei pilastri) e tra pilastri esterni e tamponature esterne (piastre di collegamento), oltre alla realizzazione di un cordolo di rigiro in ferro in testa alla struttura portante;
- la “eventuale sostituzione di travi in ferro compromessi e/o rinforzo delle stesse con fibre di carbonio” come da successivo progetto strutturale.
15.4. – Orbene, dal complessivo tenore dell’intervento, come sopra descritto, deve escludersi che esso possa essere qualificato alla stregua di una semplice manutenzione straordinaria.
Invero, sebbene il suddetto progetto si componga di singoli interventi che isolatamente considerati potrebbero anche essere qualificati come manutenzione straordinaria, tuttavia, occorre necessariamente avere riguardo al complesso delle opere indicate in progetto.
Del resto, è la stessa parte appellante ad ammettere di non aver voluto frazionare un progetto unitario, ma solo di aver preso posizione in relazione alle obiezioni mosse sui singoli interventi.
Pertanto, deve ritenersi che il complesso dei suddetti interventi, per come sopra descritti, costituisca un “insieme sistematico di opere” tipico sia degli interventi di ristrutturazione edilizia (art. 3, comma 1, lett. d), t.u. edilizia) che di quelli di restauro e risanamento conservativo (art. 3, comma 1, lett. c), t.u. edilizia), ma certamente non ricompreso nella minore categoria di manutenzione straordinaria (art. 3, comma 1, lett. b), t.u. edilizia).
Invero, la realizzazione di una nuova copertura degli edifici, con realizzazione di alcuni lucernari (attualmente non presenti, ma asseritamente preesistenti) e di alcuni comignoli di servizio, nonché il consolidamento strutturale con “eventuale sostituzione di travi in ferro compromessi”, oltre alla realizzazione di un cappotto termico, previa sostituzione dei materiali di tamponatura delle pareti perimetrali, con l’installazione di infissi lungo tutta una parete laterale in luogo di preesistenti grigliati metallici, rappresentano un insieme di opere che, nel loro complesso, sono funzionali al conseguimento di una finalità conservativa dell’intero edificio mediante un intervento di tipo sistematico.
La parte appellante, invece, sebbene ai soli fini difensivi, si è limitata ad argomentare in ordine ai singoli interventi isolatamente considerati, senza prendere specifica posizione rispetto al complesso delle operazioni edilizie.
Pertanto, essendo pacifico che nella specie non sono consentiti interventi eccedenti la straordinaria manutenzione, l’appello sul punto deve ritenersi infondato.
15.5. – Inoltre, con specifico riferimento alla copertura dell’edificio (che rappresenta una delle censure principali), non vale argomentare in ordine alla necessità di rimuovere la precedente copertura in eternit, con la conseguenza di qualificare la nuova copertura alla stregua di una mera sostituzione di uno degli elementi strutturali dell’edificio, in linea con la nozione di “manutenzione straordinaria” (art. 3, comma 1, lett. b), t.u. edilizia).
Sul punto, la parte appellante ha sostenuto che se la rimozione della copertura dovesse effettivamente qualificarsi come “demolizione”, la successiva installazione di un manto di copertura “dovrebbe qualificarsi sempre e comunque come “ricostruzione” anche se realizzata contestualmente” (pag. 15 dell’appello).
Tale assunto è infondato.
Invero, la sostituzione di distingue dal ripristino e dalla ricostruzione proprio in ragione della contestualità delle operazioni di rimozione ed installazione, o almeno della loro contiguità temporale, in quanto la rimozione della precedente copertura si giustifica proprio in ragione della sua contestuale o imminente sostituzione con altra copertura, con conseguente sussistenza di un nesso causale tra la rimozione e la nuova installazione.
Nel caso di specie, invece, essendo trascorso un certo lasso temporale (pari a 7 anni circa) tra la rimozione della precedente copertura e il progetto della nuova installazione, non può più parlarsi di sostituzione, essendo venuto meno qualsiasi collegamento causale tra le due operazioni di rimozione e nuova installazione, che si configurano quindi come due interventi distinti ed autonomi.
Una conferma normativa in ordine alla autonomia dei due tipi di intervento in ragione del trascorrere del tempo, la si rinviene proprio nella legislazione regionale toscana (l.r. 10 novembre 2014, n. 65) che, al suo art. 135 (Opere ed interventi soggetti a SCIA), assoggetta a SCIA, tra gli altri, anche le “demolizioni di edifici o manufatti non contestuali alla ricostruzione o ad interventi di nuova edificazione” (comma 2, lett. e-ter).
Sul punto, infine, deve essere confermata la statuizione di primo grado anche nella parte in cui ha ritenuto irrilevante il motivo del crollo o della demolizione della precedente copertura, in quanto ciò che rileva ai fini che qui interessano è solo il dato fattuale della inesistenza materiale di una parte dell’edificio che occorre ripristinare in base alla sua preesistente consistenza.
16. – In conclusione, quindi, l’appello deve essere respinto.
17. – Le spese di lite possono essere compensate in ragione della peculiarità della vicenda.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Silvia Martino, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere
Rosario Carrano, Consigliere, Estensore




