Cass. Sez. III n. 16689 del 6 maggio 2025 (CC 3 apr 2025)
Pres. Ramacci Est. Liberati Ric. Lanzi
Urbanistica.Limitato ambito di applicazione dell'art.36-bis TUE

L’art. 36-bis TUE, avente ad oggetto un nuovo accertamento di conformità urbanistica, riguarda gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa o con variazioni essenziali, e gli interventi eseguiti in assenza o difformità dalla SCIA semplice, e non è, quindi applicabile a ipotesi di opere realizzate in totale assenza del permesso di costruire

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 2 ottobre 2024 il Tribunale di Arezzo, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata da Settimio Lanzi, volta a ottenere la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione impartitogli, sottolineando l’assenza di determinazioni della autorità amministrativa o del giudice amministrativo incompatibili con l’esecuzione di tale ordine, nonché di procedimenti amministrativi volti a sollecitarne l’adozione, e anche la mancata indicazione da parte dell’istante di possibili ragioni ostative alla esecuzione della demolizione, risultando generico il riferimento contenuto nella richiesta al pregiudizio che sarebbe derivato dalla esecuzione della demolizione a un complesso immobiliare preesistente, con impianti comuni che sarebbero pregiudicati dalla esecuzione della demolizione.

2. Avverso tale ordinanza l’intimato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato Alfonso Di Benedetto, che lo ha affidato a un unico motivo, mediante il quale ha denunciato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), cod. proc. pen., un vizio della motivazione e la violazione della legge 24 luglio 2024, n. 105.
Ha esposto che con sentenza del 16 giugno 2006 del Tribunale di Arezzo, divenuta irrevocabile il 3 dicembre 2009, l’imputato era stato dichiarato responsabile di un illecito urbanistico, in relazione al quale era stata ordinanza la demolizione delle opere abusive, consistenti in un edificio in muratura a un solo piano, in parte seminterrato, con il lato a monte sistemato a portico e con copertura piana. A seguito della emissione da parte del Pubblico ministero, il 16 aprile 2024, della ingiunzione a demolire tali opere, con istanza del 17 giugno 2024 era stata richiesta la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione, in considerazione della entrata in vigore del d.l. n. 69 del 2024, conosciuto come “Decreto Salva Casa”, convertito con la l. 24 luglio 2024, n. 105. Successivamente alla emissione dei decreti attuativi da parte delle amministrazioni locali il 14 ottobre 2024 era, infatti, stata presentata istanza di sanatoria. Tanto premesso ha censurato l’ordinanza impugnata, fondata sulla insussistenza di atti amministrativi incompatibili con l’esecuzione dell’ordine di demolizione, posto che immediatamente dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni era stata avanzata istanza di sanatoria.

3. Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, sottolineandone la genericità, non essendo state indicate le ragioni concrete per le quali sia prevedibile l’emissione di atti amministrativi incompatibili con l’esecuzione dell’ordine di demolizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile a causa della sua genericità.

2. Secondo il consolidato e univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità l’ordine di demolizione è sempre riesaminabile in sede esecutiva al fine di una eventuale revoca, che è però consentita solo in presenza di determinazioni della pubblica amministrazione, o del giudice amministrativo, che siano incompatibili con l’abbattimento del manufatto, ovvero quando sia ragionevolmente prevedibile, in base a elementi concreti e specifici, che tali provvedimenti o decisioni saranno adottati in breve tempo (Sez. 3, n. 3128 del 18/11/2021, dep.2022, Scordino, Rv. 282698; Sez. 3, n. 37470 del 22/05/2019, Impagliazzo, Rv. 277668, Sez. 3, n. 55028 del 09/11/2018, B., Rv. 274135; Sez. 3, n. 9145 del 01/07/2015, dep. 2016, Manna, Rv. 266763; Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260972; cfr. da ultimo Sez. 3, n. 14647 del 13/3/2024, Casillo, non massimata; Sez. 3, n. 2785 del 12/10/2023, dep. 2024, De Simone, non massimata). 
Nel caso in esame del tutto correttamente il giudice dell’esecuzione ha rilevato l’assenza non solo di atti amministrativi o di decisioni del giudice amministrativo incompatibili con l’esecuzione dell’ordine di demolizione oggetto della richiesta di revoca o sospensione avanzata dall’intimato, ma anche di un procedimento che possa far ragionevolmente prevedere l’adozione di un atto amministrativo di tale contenuto, posto che al momento della pronuncia dell’ordinanza impugnata, ossia il 4 ottobre 2024, non era neppure stata presentata alcuna istanza di sanatoria, richiesta solo il successivo 14 ottobre 2024.
Quest’ultima, poi, che è stata allegata al ricorso, risulta del tutto generica, consistendo nella semplice richiesta di condono ai sensi del decreto legge 29 maggio 2024, n. 69, senza alcuna altra specificazione, unita alla, altrettanto generica, descrizione del fabbricato da demolire.
Si tratta, chiaramente, di una prospettazione del tutto generica, essendo priva della illustrazione delle irregolarità riscontrate nel fabbricato di cui è stata disposta la demolizione e anche della indicazione delle disposizioni che, ad avviso del ricorrente, ne consentirebbero la sanatoria, oltre che del contenuto di quest’ultima e delle ipotesi alle quali la relativa richiesta farebbe riferimento: si tratta, dunque, di una prospettazione che non consente, per la sua indeterminatezza, di ravvisare alcuna incompatibilità, neppure futura, con l’esecuzione dell’ordine di demolizione di cui è stata chiesta la revoca o la sospensione.

3. Va aggiunto, per completezza, che l’art. 36-bis del d.P.R. 380 del 2001, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. h), della legge 24 maggio 2024, n. 105, di conversione con modificazioni del decreto legge 29 maggio 2024, n. 69, prevede, attualmente, che solo le violazioni edilizie derivanti da parziali difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività, nonché conseguenti ad assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e a variazioni essenziali ai sensi dell’art. 32 d.P.R. 380 del 2001, possono essere regolarizzate, qualora risultino conformi ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione e alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, stabilendo che “in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 34 ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37, fino alla scadenza dei termini di cui all'articolo 34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle variazioni essenziali di cui all'articolo 32”.
Nel caso in esame, però, il ricorrente, oltre a non aver effettuato, né nell’istanza di sanatoria né nel ricorso, alcun richiamo a tale disciplina, non ha neppure affermato che ne ricorrano i presupposti di applicabilità, non avendo specificato alcunché a proposito delle irregolarità presenti nel fabbricato oggetto dell’ordine di demolizione, che, peraltro, secondo quanto esposto nel provvedimento impugnato e anche nel ricorso, risulta realizzato in totale mancanza di titolo, con la conseguente chiara insussistenza dei presupposti per poter applicare la disciplina di cui all’art. 36-bis del d.P.R. 380 del 2001, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. h), della legge 24 maggio 2024, n. 105, di conversione con modificazioni del decreto legge 29 maggio 2024, n. 69, con la conseguenza che risulta in ogni caso preclusa qualsiasi indagine in ordine alla eventuale applicabilità di detta disciplina.
L’art. 36-bis citato, avente ad oggetto un nuovo accertamento di conformità urbanistica, riguarda, infatti, gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa o con variazioni essenziali, e gli interventi eseguiti in assenza o difformità dalla SCIA semplice, e non è, quindi applicabile a ipotesi, quale quella in esame, di opere realizzate in totale assenza del permesso di costruire, necessario in ragione delle loro caratteristiche e della loro consistenza.
4. Il ricorso in esame deve, dunque, essere dichiarato inammissibile a causa della sua genericità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 3/4//2025