Consiglio di Stato Sez. II n. 2593 del 28 marzo 2025
Sviluppo sostenibile.Titoli di efficienza energetica

La convenienza economica dell’intervento è un elemento che non può non essere apprezzato al fine di verificare il requisito della addizionalità dei risparmi, pena il rischio di “premiare”, con titoli di efficienza energetica (TEE), interventi che comunque il mercato avrebbe consigliato o, in un’ottica imprenditoriale, addirittura imposto, avallando posizioni di rendita non sostenibili e a danno della collettività e della funzione stessa della incentivazione che, in definitiva, è quella di garantire la tutela dell’ambiente, sensibilizzando al risparmio energetico e all’utilizzo di fonti energetiche alternative. Va, infatti, rilevato che, nel settore delle energie rinnovabili e dei TEE, che certificano il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali di energia, attraverso interventi e progetti di incremento di efficienza energetica, la correttezza dell’incentivazione e della certificazione è strumentale all’adempimento degli obblighi nazionali di implementazione dell’efficienza energetica e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (da attuarsi entro il 2020) previsti, tra l’altro, dal Protocollo di Kyoto. Il criterio dell’addizionalità è stato adottato proprio al fine di consentire una sempre maggiore diffusione dell’efficienza energetica, anche ove apparentemente non conveniente, evitando tuttavia che il meccanismo dei TEE creasse ostacoli al mercato e alla concorrenza, avallando il sorgere di rendite di posizione. In quest’ottica, è chiaro che incentivare progetti che comunque converrebbe (anche in termini economici) realizzare non contribuisce in alcun modo a favorire il risparmio energetico negli utilizzatori di energia “meno sensibili”. Se una tecnologia, che consente un elevato risparmio di energia primaria, ha raggiunto un costo di investimento tale da essere ripagato dai risparmi generati dallo stesso, questi risparmi non possono essere considerati “addizionali” in quanto, anche in assenza dell’incentivo, il proponente avrebbe comunque acquistato la tecnologia ritenuta media di mercato.

Pubblicato il 28/03/2025

N. 02593/2025REG.PROV.COLL.

N. 07966/2022 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7966 del 2022, proposto da:
Enel X Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia e Mario Pagliarulo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

Gestore dei Servizi Energetici - GSE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio D’Aloia e Antonio Pugliese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio D’Aloia in Roma, via Emilio de’ Cavalieri, n. 11;

nei confronti

ARERA - Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, n. 8255/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Gestore dei Servizi Energetici - GSE s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2025 il Cons. Francesco Cocomile e udito per la parte appellante l’avvocato Mario Pagliarulo, anche per l’avvocato Angelo Clarizia;

Vista l’istanza di passaggio in decisione di Gestore dei Servizi energetici - GSE s.p.a.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. - In data 30 dicembre 2013 la società Yousave s.p.a. (in qualità di E.S.CO. - Energy Services Company specializzata nello sviluppo, realizzazione e finanziamento di progetti per l’efficienza energetica) presentava - ai sensi e per gli effetti dell’art. 6, comma 3, del D.M. 28 dicembre 2012 (recante “Determinazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico che devono essere perseguiti dalle imprese di distribuzione dell’energia elettrica e il gas per gli anni dal 2013 al 2016 e per il potenziamento del meccanismo dei certificati bianchi”) e della deliberazione n. 9/11 EEN del 27 ottobre 2011 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas - una proposta di progetto e programma di misura (PPPM) relativa alla realizzazione di un postcombustore “rigenerativo” da installarsi in prossimità della c.d. “stazione di essiccazione delle siviere” del sito industriale della acciaieria di proprietà della Dalmine s.p.a. (in provincia di Bergamo) con codice identificativo della proposta n. 0357995016713T083.

In data 13 febbraio 2014 il GSE approvava la suddetta proposta ai sensi dell’art. 6 del D.M. 28 dicembre 2012, riservandosi tuttavia “… di effettuare i necessari controlli per la verifica della regolare esecuzione delle iniziative, della loro conformità al progetto approvato e alle Linee Guida in vigore alla data di presentazione del progetto, della completezza e regolarità della documentazione da conservare …”.

Conseguentemente, in data 31 marzo 2015 la ditta Yousave presentava la correlata e consequenziale richiesta di verifica e certificazione (RVC) dei risparmi conseguiti (alla quale veniva associato l’identificativo n. 0357995016715R167).

Con nota prot. GSE/P20150052618 del 29 maggio 2015 il GSE chiedeva ulteriori informazioni e chiarimenti.

I medesimi venivano forniti in data 28 agosto 2015.

Con nota prot. GSE/P20150079826 del 20 ottobre 2015 il GSE comunicava il preavviso di rigetto.

In data 4 novembre 2015 la società presentava ulteriori osservazioni.

Con l’impugnata nota prot. P20160054995 del 20 maggio 2016 il GSE comunicava che la RVC (n. 0357995016715R167) non poteva essere accolta in quanto “… dall’analisi della documentazione e delle osservazioni ad oggi pervenute, il progetto non è conforme alle previsioni normative di cui al D.M. 28 dicembre 2012 in quanto dalla documentazione trasmessa risulta che i risparmi generati dall’intervento sono non addizionali, poiché si sarebbero comunque verificati per effetto dell’evoluzione tecnologica, normativa e del mercato. In particolare, dall’esame dei costi dichiarati si evince che il solo risparmio di gas naturale (2098,39 tep/anno) consente un risparmio economico significativamente superiore al costo dell’investimento dichiarato …”.

2. - Con ricorso introduttivo r.g. n. 1821/2016 proposto dinanzi al T.a.r. Lombardia la società Yousave s.p.a. chiedeva l’annullamento dei seguenti provvedimenti:

«- provvedimento del GSE S.p.A. del 20.5.2016 prot. GSE/P20160054995 ricevuto in data 26.5.2016 con il quale è stato comunicato che “la RVC n. 0357995016715R167 non può essere accolta”;

- nota prot. GSE/P20150079826 del 20.10.2015 recante il c.d. “preavviso di rigetto”;

- art. 1 dell’“Allegato A” alle linee guida approvate con delibera EEN 09/11 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 27 ottobre 2011, nella parte in cui definisce i “risparmi energetici non addizionali” come “quei risparmi energetici che si stima si sarebbero comunque verificati, anche in assenza di un intervento o di un progetto, per effetto dell’evoluzione tecnologica, normativa e del mercato”;

- ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, anche se allo stato non conosciuto».

Deduceva l’illegittimità di detti provvedimenti per i seguenti motivi:

«I. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 D.M. 28 dicembre 2012. Violazione e/o falsa applicazione della delibera EEN n. 09/11 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 27 ottobre 2011. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 d.m. 28 dicembre 2012 e della “Guida operativa” predisposta dall’ENEA per “ottenere i titoli di efficienza energetica, velocemente, sicuramente alla luce del decreto 28 dicembre 2012” (vers. 3.1), pubblicata in data 9.7.2014. Violazione del principio di legalità. Eccesso di potere, sub specie di difetto di motivazione, difetto di istruttoria, errore nei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà;

II. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 d.m. 28 dicembre 2012. Violazione e/o falsa applicazione della delibera EEN n. 09/11 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 27 ottobre 2011. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 d.m. 28 dicembre 2012 e della “Guida operativa” predisposta dall’ENEA per “ottenere i titoli di efficienza energetica, velocemente, sicuramente alla luce del decreto 28 dicembre 2012” (vers. 3.1), pubblicata in data 9.7.2014. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 l. 241/1990. Violazione del principio di legalità. eccesso di potere, errore nei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, difetto di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà;

III. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1 e 12 l. 241/90. Violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.). Violazione e/o falsa applicazione dei principi stabiliti dalla direttiva 2009/28/CE in materia di risparmio energetico. Violazione dei principi generali di proporzionalità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’azione amministrativa;

IV. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241. Violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.). Violazione e/o falsa applicazione dei principi stabiliti dalla direttiva 2009/28/CE in materia di risparmio energetico. Violazione dei principi in tema di tutela del legittimo affidamento e del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per contraddittorietà, violazione della prassi amministrativa, travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria ed assenza di motivazione. Ingiustizia manifesta;

V. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 D.M. 28 dicembre 2012. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 6 e 12 della delibera EEN n. 09/11 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 27 ottobre 2011».

3. - Con ordinanza n. 1799 del 4 ottobre 2016 l’adito T.a.r. Lombardia dichiarava la propria incompetenza in favore del T.a.r. Lazio, sede di Roma, con la seguente motivazione:

«… Considerato che la ricorrente ha impugnato il provvedimento del Gestore Servizi Energetici - G.S.E. S.p.A. con cui le è stato comunicato il rigetto della Richiesta di verifica e certificazione dei risparmi conseguiti in ambito energetico (RVC), unitamente alla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 27 ottobre 2011 - EEN 9/11, recante “Aggiornamento, mediante sostituzione dell’Allegato A alla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 18 settembre 2003, n. 103/03 e successive modifiche ed integrazioni, in materia di Linee guida per la preparazione, esecuzione e valutazione dei progetti di cui all’articolo 5, comma 1, dei decreti ministeriali 20 luglio 2004 e s.m.i. e per la definizione dei criteri e delle modalità per il rilascio dei titoli di efficienza energetica”, proponendo anche domanda cautelare;

Considerato che il G.S.E., costituitosi in giudizio, ha eccepito l’incompetenza di questo Tribunale Amministrativo Regionale;

Considerato che, ai sensi dell’articolo 15, comma 2, cod. proc. amm., “il giudice decide sulla competenza prima di provvedere sulla domanda cautelare e, se non riconosce la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide sulla stessa”;

Considerato che, in controversie nelle quali si è posta analoga questione, il Consiglio di Stato, adito per regolamento di competenza, ha statuito che l’impugnazione delle Linee guida dell’Autorità sopra richiamate non è idonea a fondare la competenza funzionale del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - sede di Milano, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, cod. proc. amm. (Consiglio di Stato, IV, 25 agosto 2016, n. 3691; 6 settembre 2016, nn. 3807, 3811 e 3812) e tale orientamento è stato recentemente condiviso anche da questa Sezione (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 20 settembre 2016, n. 1686);

Ritenuto che le considerazioni svolte in precedenza siano integralmente estensibili anche alla presente controversia, e che debba conseguentemente concludersi per l’inapplicabilità, nella specie, dell’articolo 14, comma 2, cod. proc. amm., dovendo invece la competenza determinarsi in base all’articolo 13 cod. proc. amm.;

Ritenuto, pertanto, che la causa appartenga alla competenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - sede di Roma, innanzi al quale essa potrà essere riassunta ai sensi dell’articolo 15, comma 4, cod. proc. amm.; …».

4. - Con atto di riassunzione notificato in data 6 ottobre 2016 Yousave s.p.a. provvedeva a riassumere il suddetto giudizio dinanzi al T.a.r. Lazio, sede di Roma (giudizio r.g. n. 10939/2016).

5. - In data dal 20 novembre 2021 la società Yousave s.p.a. veniva fusa per incorporazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2504 bis cod. civ., in Enel X Italia s.r.l. (in virtù dell’atto di fusione del 15 novembre 2021 rep. 64170, racc. 33217, Notaio dott. Nicola Atlante).

6. - L’adito T.a.r., nella resistenza dell’intimato GSE e dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico, con la sentenza segnata in epigrafe, respingeva il ricorso, ritenendo infondate le censure sollevate.

7. - Con rituale atto di appello la società Enel X Italia s.r.l. chiedeva la riforma della predetta sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua dei seguenti motivi di gravame:

«I. Error in iudicando: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241; violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.); violazione e/o falsa applicazione dei principi stabiliti dalla direttiva 2009/28/ce in materia di risparmio energetico; violazione dei principi in tema di tutela del legittimo affidamento e del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, eccesso di potere per contraddittorietà, violazione della prassi amministrativa, travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria ed assenza di motivazione, ingiustizia manifesta (vizi dedotti con il quarto motivo del ricorso di primo grado); violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, D.M. 28 dicembre 2012; violazione e/o falsa applicazione degli articoli 6 e 12 della delibera EEN 09/11 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 27 ottobre 2011 (vizi dedotti con il quinto motivo del ricorso di primo grado);

II. Error in iudicando: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 D.M. 28 dicembre 2012; violazione e/o falsa applicazione della Delibera EEN 09/11 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 27 ottobre 2011; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 D.M. 28 dicembre 2012 e della “Guida Operativa” predisposta dall’Enea per “ottenere i titoli di efficienza energetica, velocemente, sicuramente alla luce del decreto 28 dicembre 2012” (vers. 3.1), pubblicata in data 9.7.2014; violazione del principio di legalità, eccesso di potere, sub specie di difetto di motivazione, difetto di istruttoria, errore nei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà (vizi dedotti con il primo motivo del ricorso di primo grado); violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 D.M. 28 dicembre 2012; violazione e/o falsa applicazione della Delibera EEN 09/11 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 27 ottobre 2011; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 D.M. 28 dicembre 2012 e della “Guida Operativa” predisposta dall’Enea per “ottenere i titoli di efficienza energetica, velocemente, sicuramente alla luce del decreto 28 dicembre 2012” (vers. 3.1), pubblicata in data 9.7.2014; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, L. 241/1990; violazione del principio di legalità. Eccesso di potere, errore nei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà, violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, difetto di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà (vizi dedotti con il secondo motivo del ricorso di primo grado);

III. Error in iudicando: Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990 n. 241; violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.); violazione e/o falsa applicazione dei principi stabiliti dalla direttiva 2009/28/CE in materia di risparmio energetico; violazione dei principi in tema di tutela del legittimo affidamento e del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. eccesso di potere per contraddittorietà, violazione della prassi amministrativa, travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria ed assenza di motivazione. Ingiustizia manifesta».

8. - Resisteva al gravame il Gestore dei Servizi Energetici - GSE s.p.a., chiedendone il rigetto.

9. - All’udienza pubblica dell’11 marzo 2025 la causa passava in decisione.

10. - L’appello è infondato.

10.1. - Con il primo motivo di appello la società Enel X Italia s.r.l. asserisce che la sentenza impugnata sarebbe errata nella parte in cui ha respinto il quarto ed il quinto motivo del ricorso proposto in primo grado.

In particolare, viene censurata la pronuncia del T.a.r. laddove la medesima ha ritenuto, da un lato, che “alcun affidamento legittimo al conseguimento dei TEE può essersi radicato nella ricorrente per il solo fatto dell’avvenuta approvazione della PPPM” (pag. 11 della sentenza appellata) e, dall’altro, che in sede di esame della RVC i poteri del GSE non possono consistere nella mera verifica della corretta esecuzione della PPPM “… dovendosi, viceversa, ribadire che il GSE “essendo deputato all’erogazione di incentivi pubblici, mantiene in ogni fase del procedimento il potere di verifica e controllo circa la spettanza degli stessi; pertanto neppure può ritenersi configurabile, nella materia all’esame, un affidamento meritevole di tutela nel caso in cui le condizioni per l’accesso ai benefici non siano rigorosamente rispettate” (questa Sez. sent. 24 febbraio 2022, n. 2226). …” (pag. 11 della sentenza appellata).

Il motivo di appello non è meritevole di positivo apprezzamento.

Invero, contrariamente a quanto sostenuto da Enel X S.r.l., ritiene questo Collegio che la sentenza di primo grado sia corretta.

Il meccanismo di accesso ai cd. certificati bianchi o titoli di efficienza energetica (TEE) introdotto dal D.M. 24 aprile 2001, poi sostituito dal D.M. 20 luglio 2004, successivamente modificato ed integrato dal D.M. 21 dicembre 2007 e dal D.M. 28 dicembre 2012, è strutturato in diverse fasi: preliminarmente deve essere presentata all’Ente responsabile della verifica e certificazione una PPPM (Proposta di progetto e programma di misura) descrittiva dell’intervento e, successivamente all’approvazione di quest’ultima, devono essere sottoposte alla medesima P.A. le rendicontazioni dei risparmi energetici conseguiti (c.d. Richieste di Verifica e Certificazione, RVC).

È solo a seguito dell’eventuale positivo esito della RVC che vengono attribuiti i certificati bianchi corrispondenti al risparmio energetico conseguito; tuttavia, l’approvazione della RVC non è automaticamente conseguente all’approvazione della PPPM.

Nella Guida operativa/3.1 predisposta dall’ENEA è stato evidenziato infatti, che “… il risparmio energetico quantificato in una PPPM non costituisce un riferimento obbligato ai fini dell’approvazione delle successive RVC; l’istanza infatti è solo una ‘proposta’ che potrebbe non essere realizzata sia in caso di esito favorevole che sfavorevole dell’istruttoria (contrariamente alle proposte standardizzate o analitiche che implicano l’avvenuta realizzazione fisica dell’intervento che sta già producendo risparmi energetici all’atto dell’invio della RVC). Il risparmio che fa fede, e che si traduce in titoli di efficienza energetica, è quello derivante dall’istruttoria della prima RVC, che in pratica cristallizza la dimensione del progetto …” (pag. 31) e che “… La prima RVC viene sottoposta ad istruttoria come si trattasse di una prima proposta, compilata tramite una modulistica più snella. Quest’ultimo aspetto è dovuto al fatto che le informazioni generali sulla proposta ormai sono state acquisite in sede di PPPM, ed il valutatore non deve più esprimersi al riguardo. È viceversa tramite la prima RVC che vengono emessi i primi TEE, sulla scorta delle prime risultanze provenienti dall’applicazione del programma di misura. …” (pag. 44).

Sul punto la giurisprudenza amministrativa (T.a.r. Lazio, Roma, Sez. V Stralcio, 16 agosto 2024, n. 15844 con argomentazioni condivise da questo Giudice) ha evidenziato che:

«… l’approvazione della PPPM non determina automaticamente il diritto al conseguimento dei certificati bianchi, in quanto - come si è innanzi esposto - la verifica e certificazione avviene solo a seguito della presentazione di ogni singola RVC, come previsto dall’art. 12 delle Linee Guida, con relativa valutazione da parte del GSE.

In questa prospettiva, occorre richiamare il costante orientamento di questo Tribunale (cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, 22 giugno 2022, n. 8255), dal quale il Collegio non intende discostarsi, secondo cui “il procedimento (a formazione progressiva) di attribuzione dei TEE “si articola in più fasi: preliminarmente, il proponente o Soggetto Titolare deve presentare al GSE (in passato, l’AEEG) una Proposta di Progetto e di Programma di Misura (PPPM) descrittiva dell’intervento e, successivamente all’approvazione di quest’ultima, il Soggetto Titolare deve presentare periodicamente delle Richieste di Verifica e Certificazione dei risparmi conseguiti (RVC). A seguito del positivo esito della RVC, che dunque non consegue automaticamente all’approvazione della PPPM, richiedendo invece diverse e autonome valutazioni, viene infine riconosciuto un certo numero di Certificati Bianchi (CB), corrispondenti al risparmio energetico effettivamente raggiunto (da ultimo, questa Sezione, sentenza n. 13316/2021). 7.2. L’approvazione della PPPM è quindi un requisito necessario, ma non sufficiente all’emissione dei titoli, presupponendo l’ulteriore fase del positivo riscontro della RVC” (Questa Sez. sent. 2 febbraio 2022, n. 1263; in termini questa Sez. sent. 24 febbraio 2022, n. 2226). Da ciò consegue che alcun affidamento legittimo al conseguimento dei TEE può essersi radicato nella ricorrente per il solo fatto dell’avvenuta approvazione della PPPM. …».

Ciò dimostra come anche successivamente all’approvazione della PPPM, il Gestore sia tenuto alla verifica della effettiva addizionalità dei risparmi generati dall’intervento eseguito, il cui positivo esito è condizione essenziale per il rilascio dei TEE.

In tal senso si è espresso T.a.r. Lazio, Roma, Sez. III Ter, 4 marzo 2019 n. 2872 (secondo cui “… La ricorrente non ha addotto ragioni tali da indurre il Collegio a discostarsi dall’orientamento della Sezione, secondo cui la potestà di vigilanza attribuita al Gestore dall’art. 42 d.lgs. n. 28/2011, previsione speciale rispetto alle norme generali sul procedimento amministrativo (stanti le peculiarità del settore, attinente all’incentivazione pubblica in materia di produzione di energia elettrica), può essere esercitata anche dopo l’approvazione di una pppm e perciò anche in sede di verifica e di certificazione, soluzione espressamente confermata dalle nuove disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-ter dell’art. 42, introdotti dalla legge n. 124 del 2017 (cfr. sent. 7 agosto 2018, n. 8846, che richiama la sent. 6 novembre 2017, n. 11009). Risulta perciò condivisibile l’assunto della parte resistente secondo cui l’intervenuta approvazione della prima rvc non può tradursi nella preclusione per lo stesso Gse di “emendare un errore di valutazione e svolgere un’analisi globale” di quanto allegato dall’interessata. …”), con pronuncia confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 1° marzo 2022, n. 1440 (“… la Sezione ritiene che l’argomentazione articolata dal Tar circa la natura del potere esercitato dal GSE sia corretta e immune da vizi logico-giuridici, in quanto il GSE ha esercitato poteri di verifica, controllo ed ispezione, che si fondano sulla completezza del quadro documentale delle informazioni rilevanti, anziché sulla sopravvenienza o sul mutamento di circostanze, le quali rilevano, invece, in relazione alla diversa fattispecie (che non ricorre nel caso di specie) dell’autotutela amministrativa. …”).

Nella pronuncia appellata il T.a.r. ha, pertanto, correttamente evidenziato come il Gestore, chiamato a verificare la corrispondenza della RVC al quadro normativo di riferimento, abbia del tutto legittimamente rigettato la richiesta avente ad oggetto risparmi non incentivabili, essendo - come detto - l’approvazione della PPPM un requisito necessario, ma non sufficiente ai fini dell’emissione dei titoli, presupponendo ciò l’ulteriore fase del positivo riscontro delle singole RVC.

A ciò consegue, inoltre, che alcun affidamento legittimo al conseguimento dei TEE può fondarsi sulla mera approvazione della PPPM poiché l’adozione del parere positivo in ordine alla medesima proposta presentata dalla società appellante non comporta il sorgere di alcun titolo in capo al proponente (e, tantomeno, di un diritto o di un legittimo affidamento) in ordine all’ottenimento di certificati bianchi.

È, altresì, condivisibile l’affermazione contenuta nella pronuncia di primo grado (pag. 11) ove è statuito che il GSE, in quanto Autorità deputata all’erogazione di incentivi pubblici, mantiene in ogni fase del procedimento il potere di verifica e controllo circa la spettanza degli stessi.

Sul punto, infatti, l’art. 14, comma 1, del D.M. 28 dicembre 2012 prevede che “Il GSE, coadiuvato da ENEA, esegue i necessari controlli per la verifica della corretta esecuzione tecnica ed amministrativa dei progetti che hanno ottenuto certificati bianchi. Allo scopo, verifica a campione la regolare esecuzione delle iniziative, la loro conformità al progetto approvato ed in aderenza alle linee guida in vigore alla presentazione del progetto, la completezza e regolarità della documentazione da conservare così come prescritto nelle schede tecniche, incluse le eventuali varianti approvate. Possono essere eseguiti sopralluoghi in corso d’opera e ispezioni nel sito di realizzazione del progetto, durante la realizzazione del progetto stesso o comunque durante la sua vita utile, al fine di verificare il corretto adempimento degli obblighi derivanti dal riconoscimento dei certificati” e la giurisprudenza amministrativa - nel richiamare la citata disposizione - ha evidenziato che il potere di verifica e controllo del GSE ben può essere esercitato “… durante la realizzazione del progetto stesso o comunque durante la sua vita utile, al fine di verificare il corretto adempimento degli obblighi derivanti dal riconoscimento dei certificati e ben può avere ad oggetto il controllo ex post della sussistenza dei requisiti per l’ammissione del progetto medesimo ai meccanismi incentivanti …” (cfr. T.a.r. Lazio, Roma, Sez. III Ter, 7 agosto 2018, n. 8845 confermata da Cons. Stato, Sez. VII, 29 novembre 2023, n. 10309).

In definitiva, la sentenza di primo grado ha, da un lato, correttamente ritenuto non fondata la lamentata violazione del principio di tutela dell’affidamento e, dall’altro, ha condivisibilmente valutato come legittimo l’operato del GSE.

In ogni caso, l’assenza di addizionalità dell’intervento che, come di seguito esaminato, è stata correttamente valutata dal T.a.r., giustifica ex se la non ammissione al regime di sostegno.

10.2. - Con il secondo motivo la società appellante sostiene che la sentenza di primo grado meriterebbe di essere annullata nella parte in cui non ha riconosciuto l’addizionalità degli interventi de quibus poiché, a dire della stessa Enel X Italia s.r.l., tale requisito sarebbe sussistente.

Anche detta contestazione non merita positivo apprezzamento.

Invero, appare del tutto coerente la decisione del T.a.r. di ritenere non conforme alle previsioni normative di cui al D.M. 28 dicembre 2012 il progetto presentato da Enel X Italia s.r.l. sia in considerazione del grado di maturità tecnologica degli interventi di efficienza energetica per cui è causa, sia in considerazione dello stato ante intervento alla luce del confronto tra i risparmi di energia conseguibili ed i costi di investimento dichiarati.

A tal riguardo va evidenziato che in termini generali il suddetto requisito di “addizionalità” deve necessariamente essere inteso sia in termini legati all’evoluzione tecnologica, sia relativamente ai profili economici (o di mercato) che sono sottesi alla messa in atto dell’intervento.

Ciò significa, in sostanza, che devono essere escluse dal sostegno le tecnologie già rappresentative del mercato o del settore di riferimento. Gli interventi suscettibili di incentivazione sono, viceversa, i progetti concretamente “aggiuntivi” rispetto a quelli che si sarebbero comunque realizzati in assenza dell’incentivazione.

Al contrario, se non lo sono, finiscono per essere un sussidio all’impresa da parte dello Stato, lesivo della concorrenza.

Sul tema Cons. Stato, Sez. II, 27 maggio 2024, n. 4697 ha osservato:

«… nella presente sede non rileva il tema della riconducibilità o meno dei certificati bianchi nel novero degli aiuti di Stato in senso proprio, atteso che la soluzione a cui è pervenuto il primo giudice trova adeguato sostegno giuridico già nella letterale formulazione delle Linee Guida EEN 9/11 (applicabili al progetto in questione), le quali definiscono non addizionali “quei risparmi energetici che si stima si sarebbero comunque verificati, anche in assenza di un intervento o di un progetto, per effetto dell’evoluzione tecnologica, normativa e del mercato”. Al proposito, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, il requisito della addizionalità costituisce aspetto che è onere dell’impresa provare e che non può essere inteso in termini meramente legati all’evoluzione tecnologica, ma deve essere allargato ai profili economici (o di “mercato”) sottesi alla messa in atto dell’intervento (cfr., Cons. Stato sez. II, 7 aprile 2022 n. 2581; Cons. Stato sez. II, 17 giugno 2022, n. 4983).

E’ dunque legittimo affermare che i risparmi energetici incentivabili, la cui dimostrazione compete al richiedente, devono essere calcolati al netto dei risparmi non addizionali, cioè di quei risparmi che si sarebbero comunque ottenuti per effetto dell’evoluzione tecnologica, normativa o del mercato; ciò significa che devono essere escluse dal sostegno le tecnologie già rappresentative del mercato o del settore di riferimento, nonché gli interventi che devono essere realizzati per effetto di obblighi normativi. Gli interventi suscettibili di incentivazione sono invece quelli concretamente aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero realizzati in assenza dell’incentivazione. Al contrario, se non lo sono, finiscono per essere un sussidio all’impresa da parte dello Stato lesivo della concorrenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 2019, n. 2380).

Inoltre, posto che il concetto di “addizionalità” non può essere inteso in termini meramente legati alla sola evoluzione tecnologica ma (come anche consegue dalla lettera della definizione normativa, di cui all’art. 1 delle richiamate Linee Guida) deve anche essere allargato ai profili economici (o di “mercato”) che sono sottesi alla messa in atto dell’intervento, nelle ipotesi in cui quest’ultimo consenta il riassorbimento dei costi di investimento sostenuti solo per effetto del risparmio che ne deriva, logicamente la complessiva operazione non potrà considerarsi addizionale proprio perché essa, nel sostenersi da sola, non soddisfa il requisito della logica di sistema (la necessità del sostegno economico) nei sensi anzidetti; con la conseguenza che la rilevanza dei costi di investimento necessari per la realizzazione del progetto, in uno con la stima dei risparmi economici che essi potranno determinare, è insita nella definizione normativa che espressamente si riferisce anche all’evoluzione del mercato di riferimento.

Invero, sul piano teleologico, la ratio che ispira il sistema di incentivazione in esame è quella di stimolare i potenziali beneficiari ad intraprendere attività economiche che altrimenti non avrebbero avviato senza la concessione dell’aiuto. Mentre, nel caso in cui il costo dell’operazione trovi copertura nei risparmi da essa generati, viene meno l’effetto incentivante sotteso al meccanismo dei certificati bianchi, poiché il proponente può comunque realizzarla ricorrendo alla tecnologia media di mercato con un ritorno economico in tempi brevi dell’investimento.

In definitiva, ciò che viene correttamente in rilievo non è la convenienza economica dell’intervento o la ponderazione di opinabili profili finanziari, bensì la stretta correlazione tra incentivo e risparmio energetico, in quanto il primo costituisce condicio sine qua non del secondo: e, come già detto, laddove il risparmio sia suscettibile di essere comunque realizzato per effetto della fisiologica evoluzione tecnologica, normativa e di mercato, viene meno la causa dell’incentivo che, ove erogato, si tradurrebbe in un mero sussidio all’impresa privo di logica giustificazione e lesivo della concorrenza.

Anche la giurisprudenza più recente ha ribadito che il costo d’investimento non può essere escluso dalla valutazione del requisito di addizionalità, poiché la complessiva operazione non potrà considerarsi “addizionale” laddove essa, nel sostenersi da sola, non soddisfa il requisito della “necessità dell’aiuto” che costituisce la ratio sottesa al meccanismo dei certificati bianchi (Cons. Stato, sez. VII, 29 settembre 2023 n. 10309).

E dunque, il requisito in questione deve essere inteso in termini non meramente legati all’evoluzione tecnologica, ma estesi anche ai profili economici (o di “mercato”) che sono sottesi alla messa in atto dell’intervento. Gli interventi suscettibili di incentivazione devono, quindi, essere concretamente aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero realizzati in assenza dell’incentivazione (Cons. Stato, sez. II, n. 5095 del 2023; in senso analogo Cons. Stato, sez. IV, n. 2380 del 2019).

Ne discende che la capacità del progetto di riassorbire i costi di investimento non rileva in sé quale atipica condizione ostativa all’ammissione al beneficio, ma in quanto atta a provare il difetto di addizionalità che costituisce un requisito espressamente previsto dalle Linee giuda ai fini dell’incentivazione, come sopra chiarito. …».

Inoltre, come evidenziato da Cons. Stato, Sez. II, 23 maggio 2023, n. 5095:

«… 9.1 Infondato è il primo motivo, col quale si lamenta che il T.a.r. avrebbe “stravolto” il dato normativo di riferimento in quanto il criterio della “addizionalità” non avrebbe “nulla a che vedere con il costo dell’intervento attraverso il quale ci si propone di realizzare un risparmio energetico, essendo invece rapportato unicamente al valore aggiunto che detto intervento realizza in termini di risparmio energetico rispetto al risparmio che ordinariamente si sarebbe certamente verificato per effetto della spontanea evoluzione del mercato e della tecnologia anche in assenza del provvedimento” (cfr. pag. 10 dell’atto d’appello). L’introduzione del criterio relativo al costo dell’investimento non avrebbe alcuna copertura normativa e sarebbe frutto di una interpretazione innovativa del requisito dell’addizionalità che GSE vorrebbe applicare in via retroattiva.

Su tale preliminare questione questa Sezione si è già espressa in termini affermativi, rilevando che “i risparmi energetici incentivabili devono infatti essere calcolati al netto dei risparmi non addizionali, cioè quei risparmi che si sarebbero comunque ottenuti per effetto dell’evoluzione tecnologica, normativa o del mercato. … Ciò significa che devono essere escluse dal sostegno le tecnologie già rappresentative del mercato o del settore di riferimento, nonché gli interventi che devono essere realizzati per effetto di obblighi normativi. Gli interventi suscettibili di incentivazione sono quindi quelli concretamente aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero realizzati in assenza dell’incentivazione. Al contrario, se non lo sono, finiscono per essere un sussidio all’impresa da parte dello Stato lesivo della concorrenza” (cfr. sentenza, sez. IV, 12 aprile 2019, n. 2380). Rilevata quindi la necessità di fornire un preciso quadro economico dell’intervento in maniera da cogliere la favorevole ricaduta dello stesso in termini di risparmio di spesa, tale dimostrazione non è stata adeguatamente fornita dall’appellante al fine di stabilire se il risparmio energetico che si ritiene incentivabile non sia da ricondurre al semplice approvvigionamento di strumenti tecnologici di mercato, che, per le dinamiche evolutive che lo contraddistinguono, comportano una progressiva riduzione di dispendio energetico. Né può configurarsi la lamentata violazione del divieto di motivazione postuma, in quanto il tema dei costi rientra in quello più generale che investe il requisito dell’addizionalità dell’intervento e sul quale il G. ha focalizzato le proprie osservazioni in sede endoprocedimentale. Ciò che rileva, al fine, è che la società non ha fornito un quadro esauriente in grado di confrontare la situazione relativi ai consumi energetici ante e post intervento in maniera quindi da comprovare con adeguata evidenzia il risparmio energetico che sarebbe conseguito al progettato intervento di recupero termico” (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 7 aprile 2022, n. 2581).

Rilevato pertanto che l’incentivo in parola non può prescindere dal descritto requisito di addizionalità siccome coerente con il principio di necessità degli aiuti di Stato, occorre verificare a chi spetti l’onere di fornire tale, come detto necessaria, dimostrazione. Al quesito risponde un consolidato orientamento di questo Consiglio, secondo cui “spetta dunque alla impresa comprovare la sussistenza delle condizioni di concedibilità dell’agevolazione” (cfr. sentenza, sez. VI, 27 settembre 2017, n. 4519), così come, più di recente, si è rilevato che “risulta … onere dell’interessato fornire tutti gli elementi idonei a dar prova della sussistenza delle condizioni per l’ammissione ai benefici, ricadendo sullo stesso eventuali carenze che incidano sul perfezionamento della fattispecie agevolativa” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2021, n. 594; cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, sentenza 27 aprile 2020, n. 2682, per la quale “al regime di incentivazione … è sotteso il principio di autoresponsabilità, secondo il quale costituisce onere dell’interessato ad ottenere il beneficio il fornire la prova di tutti i presupposti per l’ammissione all’incentivo, ricadendo sullo stesso eventuali carenze che incidano sul perfezionamento della fattispecie agevolativa (ex multis, in tal senso, Cons. Stato, IV, 24 dicembre 2019, n. 8808; Cons. Stato, IV, 2 ottobre 2019, n. 6583)”.

Va poi rilevato, concordando con le prospettazioni di G.S.E. non adeguatamente contraddette da controparte, che l’intervento non presenta un evidente carattere innovativo, essendo piuttosto qualificabile quale manutenzione straordinaria, e si connota per un forte squilibrio tra l’entità del beneficio economico conseguito e l’investimento sostenuto. …».

Precisamente, ai fini della qualificazione in termini di addizionalità / non addizionalità dell’intervento occorre, in genere, fare riferimento a tre autonomi profili: evoluzione tecnologica (in base alla quale il GSE è tenuto a valutare la sussistenza del risparmio energetico conseguito alla luce delle caratteristiche tecniche degli impianti diffusi nella pratica corrente, ossia i risparmi conseguiti da apparecchiature o dispositivi o soluzioni con più alte performance energetiche rispetto a prodotti “base” forniti dal mercato); evoluzione normativa (in considerazione della quale il GSE è tenuto a verificare se il risparmio energetico dichiarato dal richiedente sarebbe stato comunque conseguito poiché imposto da specifici obblighi di legge); infine, evoluzione del mercato.

In virtù di detto ultimo profilo per ritenere un risparmio munito del requisito della “addizionalità” occorre prendere in considerazione il grado di diffusione sul mercato della tecnologia anche con riferimento alla convenienza economica dell’intervento con particolare riguardo all’impatto in termini di sostegno economico effettivo che i certificati bianchi forniscono al richiedente, nella prospettiva di un’equa remunerazione dei costi sostenuti. Ciò al fine di evitare l’incentivazione di interventi di efficientamento che ex se consentono un risparmio economico superiore al costo di investimento dichiarato e che, pertanto, sarebbero stati comunque eseguiti dagli operatori del settore, poiché convenienti tenuto conto dell’andamento del mercato energetico.

Con riferimento al caso di specie, quanto sopra richiamato è posto alla base delle motivazioni correttamente addotte dal T.a.r. (cfr. pag. 14 della sentenza appellata) il quale ha ritenuto l’assenza di “addizionalità dell’intervento”, con conseguente mancata ammissione al regime di sostegno poiché la complessiva operazione di cui si discute, nel sostenersi da sola, non soddisfa tale requisito.

In altri termini, l’intervento in questione nel corso degli anni ha raggiunto un grado di maturità tecnologica tale per cui lo stesso sarebbe stato comunque realizzato anche in assenza di un incentivo. Ciò giustifica la legittima mancata approvazione delle RVC da considerarsi - si ribadisce - in modo indipendente ed autonomo dalla precedente approvazione della PPPM.

Con particolare riferimento alla fattispecie oggetto del presente giudizio, nell’ambito di un progetto di efficienza energetica pluriennale la società proprietaria dello stabilimento sito nel Comune di Dalmine, ha deciso di intervenire sulla stazione di essiccazione delle siviere, installando un sistema rigenerativo per la post combustione.

Dagli atti di causa risulta che negli stabilimenti siderurgici l’acciaio necessario alla produzione è trasportato allo stato liquido all’interno di siviere, cioè contenitori in grado di trasportare grossi quantitativi di acciaio (fino a 100 tonnellate), rivestite internamente da materiali refrattari (mattoni o altro materiale), in grado di resistere alle elevate temperature dell’acciaio liquido (circa 1600 °C).

Tali materiali devono essere periodicamente sostituiti per garantire le resistenze alle elevate temperature. Quando ciò avviene, prima di poter utilizzare le siviere, è necessario provvedere all’essiccazione dei nuovi refrattari.

Durante detta fase il refrattario rilascia inquinanti nocivi alla salute dell’uomo, sia all’interno della siviera, sia al suo esterno dai fori presenti sul mantello. Per questo motivo, la siviera è posta a essiccare all’interno di una specifica stazione di essiccazione.

Tale stazione è costituita da due unità: - l’essiccatore, cioè un box mantenuto in depressione dall’aspirazione di un ventilatore che aspira i fumi di combustione dell’essiccatore, i fumi rilasciati dai mattoni e l’aria all’interno del box; - il postcombustore rigenerativo (RTO), in grado di ossidare i composti organici volatili (COV) contenuti nella corrente inquinata, da trattare in modo tale da ridurre l’emissione ai valori indicati dalla normativa ambientale.

In pratica, nella configurazione ex ante, l’essicazione delle siviere era sprovvista di container in depressione e di postcombustore; mentre nella configurazione ex post, è stato installato il container in depressione ed è stato installato un postcombustore di tipo rigenerativo.

È, dunque, evidente, alla luce di quanto sopra esposto, che l’incremento dell’efficienza energetica non può dirsi attribuibile a una tecnologia non standard, bensì all’impiego della soluzione rigenerativa del postcombustore rispetto alla media di mercato dei sistemi di postcombustione, rappresentata da combustori diretti.

È tale soluzione, infatti, a permettere ingenti risparmi di gas naturale rispetto ai sistemi tradizionali di postcombustione diretti, poiché i sistemi rigenerativi hanno al loro interno un sistema per il recupero del calore che permette di recuperare l’energia termica che diversamente sarebbe dispersa in atmosfera con i fumi.

Il T.a.r. ha, quindi, correttamente rilevato che l’intervento in esame non presenta il requisito dell’addizionalità, anche sotto il profilo tecnico e di mercato considerato che ai macchinari già presenti nello stabilimento non si è fatto altro che aggiungere dei “moduli” che hanno consentito una riduzione dei consumi.

Ancor più nel dettaglio, premettendo che il valore economico dell’investimento associato al progetto di efficienza energetica è stato pari a € 900.000 (dichiarato in fase di presentazione della RVC a pag. 2), dall’esame della documentazione inviata è stato possibile evincere che, grazie all’intervento effettuato, la riduzione di gas metano ottenuto in un anno è pari a 2.098,39 tep, equivalente a un risparmio economico pari a circa 775.000 €/anno (cfr. pag. 11 della sentenza appellata).

L’intervento, considerando quindi già solo il risparmio economico derivante dal saving di gas metano, possedeva un tempo di ritorno dell’investimento (Pay Back Time, PBT) pari a circa 1,2 anni.

Per quanto riguarda i benefici economici derivanti dai certificati bianchi, il progetto, sulla base della documentazione fornita in fase di prima RVC, ha generato 7.049 TEE/anno per cui (considerato un prezzo medio dei TEE pari a 110 €/TEE) avrebbe dovuto godere, sotto questo profilo (e in aggiunta al risparmio già ottenuto per via della riduzione del consumo di gas metano) di un incentivo annuo pari a 775.390 €/anno, ovvero un incentivo totale pari a € 3.876.950 in 5 anni.

Visti il risparmio economico in bolletta per il gas metano (775.000 €/anno) e i benefici derivanti dai TEE (circa 705.000 €/anno), la società, in definitiva, avrebbe ottenuto un beneficio economico pari complessivamente a 1.480.000 €/anno, con conseguente ritorno dell’investimento in soli 6 mesi, a fronte di un incentivo della durata di 5 anni.

Tale circostanza, anche da sola, conferma che il rapporto tra il costo dell’intervento e i risparmi conseguiti avrebbe comunque consigliato alla ditta appellante di realizzare il progetto, a prescindere dalla concessione dell’incentivo.

La convenienza economica dell’intervento è - come detto - un elemento che non può non essere apprezzato al fine di verificare il requisito della addizionalità, pena il rischio di “premiare”, con titoli di efficienza energetica, interventi che comunque il mercato avrebbe consigliato o, in un’ottica imprenditoriale, addirittura imposto, avallando posizioni di rendita non sostenibili e a danno della collettività e della funzione stessa della incentivazione che, in definitiva, è quella di garantire la tutela dell’ambiente, sensibilizzando al risparmio energetico e all’utilizzo di fonti energetiche alternative.

Va, infatti, rilevato che, nel settore delle energie rinnovabili e dei TEE, che certificano il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali di energia, attraverso interventi e progetti di incremento di efficienza energetica, la correttezza dell’incentivazione e della certificazione è strumentale all’adempimento degli obblighi nazionali di implementazione dell’efficienza energetica e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (da attuarsi entro il 2020) previsti, tra l’altro, dal Protocollo di Kyoto.

Il criterio dell’addizionalità è stato adottato proprio al fine di consentire una sempre maggiore diffusione dell’efficienza energetica, anche ove apparentemente non conveniente, evitando tuttavia che il meccanismo dei TEE creasse ostacoli al mercato e alla concorrenza, avallando il sorgere di rendite di posizione.

In quest’ottica, è chiaro che incentivare progetti che comunque converrebbe (anche in termini economici) realizzare non contribuisce in alcun modo a favorire il risparmio energetico negli utilizzatori di energia “meno sensibili”.

Se una tecnologia, che consente un elevato risparmio di energia primaria, ha raggiunto un costo di investimento tale da essere ripagato dai risparmi generati dallo stesso, questi risparmi non possono essere considerati “addizionali” in quanto, anche in assenza dell’incentivo, il proponente avrebbe comunque acquistato la tecnologia ritenuta media di mercato.

Nel caso di specie la stessa società appellante a pag. 2 della memoria di replica del 18 febbraio 2025 ammette che “… pacifica è l’alta efficienza dell’intervento de quo il quale ha consentito un elevato risparmio di gas naturale (2098,39 tep/anno) …”; a pag. 3 di detta memoria rileva che “… in pratica il sistema si autoalimenta, comportando risparmio di gas naturale …”.

In sostanza l’intervento oggetto di causa è stato comunque realizzato dalla società deducente ed ha conseguito notevoli risparmi nel corso degli anni, a dimostrazione del fatto che la stessa società lo avrebbe - come lo ha - comunque realizzato, a prescindere dalla ammissione all’incentivo che nel caso di specie non vi è stata.

A tal proposito si rappresenta che una misura di incentivo può dirsi efficace se è decisiva per convincere l’impresa a realizzare un investimento.

Non può dirsi efficace, invece, quando a usufruirne è un’impresa che in realtà avrebbe in ogni caso fatto quell’investimento, anche senza l’aiuto pubblico.

Tale ricostruzione è peraltro l’unica conforme alle scelte operate a livello europeo nel contesto dei cd. aiuti di Stato.

Il regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione del 6 agosto 2008, che definiva, tra l’altro, l’entità massima degli incentivi economici che un Paese membro può riconoscere a un’impresa senza indurre distorsioni della concorrenza nel mercato europeo di riferimento, con specifico riferimento agli investimenti in materia di tutela ambientale e di risparmio energetico, prevedeva, infatti, che “i costi ammissibili corrispondono ai sovraccosti d’investimento necessari a raggiungere un livello di tutela ambientale superiore a quello contemplato dalle norme comunitarie applicabili, senza tenere conto dei vantaggi e costi operativi” (cfr. art. 18, comma 5).

Il citato regolamento europeo n. 800/2008 è stato abrogato dal regolamento della Comunità Europea 17 giugno 2014 n. 651/2014/UE (art. 57) che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato (Testo rilevante ai fini del SEE).

In particolare il nuovo regolamento n. 651/2014 all’art. 36, comma 4 attualmente statuisce:

«I costi ammissibili corrispondono ai sovraccosti dell’investimento determinati confrontando i costi dell’investimento con quelli di uno scenario controfattuale che si verificherebbe in assenza dell’aiuto, come segue:

a) se lo scenario controfattuale consiste nell’effettuare un investimento meno rispettoso dell’ambiente che corrisponde alla normale prassi commerciale per il settore o per l’attività in questione, i costi ammissibili consistono nella differenza tra i costi dell’investimento per il quale è concesso l’aiuto di Stato e i costi dell’investimento meno rispettoso dell’ambiente;

b) se lo scenario controfattuale consiste nell’effettuare lo stesso investimento in un momento successivo, i costi ammissibili consistono nella differenza tra i costi dell’investimento per il quale è concesso l’aiuto di Stato e il valore attuale netto dei costi dell’investimento effettuato in un momento successivo, attualizzati al momento in cui l’investimento sovvenzionato verrebbe realizzato;

c) se lo scenario controfattuale consiste nel mantenere in funzione gli impianti e le attrezzature esistenti, i costi ammissibili consistono nella differenza tra i costi dell’investimento per il quale è concesso l’aiuto di Stato e il valore attuale netto degli investimenti per la manutenzione, la riparazione e l’ammodernamento degli impianti e delle attrezzature esistenti, attualizzato al momento in cui l’investimento sovvenzionato verrebbe realizzato;

d) nel caso di attrezzature oggetto di contratti di leasing, i costi ammissibili consistono nella differenza tra il valore attuale netto del leasing delle attrezzature per le quali è concesso l’aiuto di Stato e il valore attuale netto del leasing di attrezzature meno rispettose dell'ambiente che sarebbero state oggetto di un contratto di leasing in assenza dell’aiuto; i costi di leasing non comprendono i costi relativi al funzionamento dell’attrezzatura o dell’impianto (costi del carburante, assicurazione, manutenzione, altri materiali di consumo), indipendentemente dal fatto che facciano parte del contratto di leasing;

In tutte le situazioni elencate al primo comma, lettere da a) a d), lo scenario controfattuale corrisponde a un investimento caratterizzato da una capacità di produzione e durata comparabili e conforme alle norme dell’Unione già in vigore. Lo scenario controfattuale è credibile per quanto riguarda obblighi giuridici, condizioni di mercato e incentivi generati dal sistema ETS dell’UE.

Se l’investimento per il quale è concesso l’aiuto di Stato consiste nell’installazione di una componente aggiuntiva in una struttura già esistente per la quale non vi è un investimento controfattuale meno rispettoso dell’ambiente, i costi ammissibili corrispondono al totale dei costi di investimento.

Se l’investimento per il quale sono concessi gli aiuti di Stato consiste nella costruzione di infrastrutture dedicate di cui all'articolo 2, punto 130), ultima frase, per l’idrogeno ai sensi del paragrafo 1 ter, il calore di scarto o il CO2, che sono necessarie per consentire l’aumento del livello di tutela ambientale di cui ai paragrafi 2 e 2 bis, i costi ammissibili corrispondono al totale dei costi di investimento. I costi per la costruzione o l’ammodernamento degli impianti di stoccaggio, ad eccezione degli impianti di stoccaggio dell’idrogeno rinnovabile e dell’idrogeno di cui al paragrafo 1 ter, secondo comma, non sono ammissibili.

Non sono ammissibili i costi non direttamente connessi al conseguimento di un livello più elevato di tutela dell’ambiente.».

Tale previsione conferma che, in generale, l’intensità di un aiuto/incentivo non può superare una soglia massima e che questa soglia massima è data dai costi che un soggetto non avrebbe sostenuto in assenza di aiuti.

In altri termini, in virtù dei principi euro-unitari di addizionalità e necessità operanti in tema di aiuti di Stato, l’incentivo economico di fonte pubblica deve essere volto a favorire un investimento che l’operatore non avrebbe realizzato in assenza dell’aiuto e non già a compensare ex post scelte di investimento che l’imprenditore avrebbe comunque realizzato anche in assenza dell’incentivo.

Inoltre, T.A.R., Lazio, Roma, Sez. III Ter, 7 giugno 2022, n. 7387 ha osservato:

«… La Sezione ha peraltro già avuto modo di rilevare, e deve in questa sede ribadire, che le valutazioni condotte dal Gestore in merito all’addizionalità del risparmio energetico, presupposto imprescindibile della misura incentivante in argomento, sono connotate da discrezionalità tecnica, così che il sindacato sulle stesse, avendo pur sempre ad oggetto la legittimità e non il merito, è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, ovvero altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti (sent. 2296/2022, 13316/2021), che non ricorrono nel caso di specie. …».

Detta ultima decisione è stata confermata da Cons. Stato, Sez. II, 24 marzo 2025, n. 2423 secondo cui:

«… la consolidata giurisprudenza amministrativa riconosce, alle valutazioni del Gestore in merito all’addizionalità del risparmio energetico, adeguati spazi di discrezionalità tecnica, così che il sindacato sulle stesse, avendo pur sempre ad oggetto la legittimità e non il merito, è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, ovvero altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti …».

Analogamente T.A.R., Lazio, Roma, Sez. III Ter, 9 febbraio 2023, n. 2206 (con considerazioni parimenti condivise da questo Giudice) ha evidenziato:

«… Le censure inerenti l’esercizio della discrezionalità tecnica del Gestore su questi due aspetti (addizionalità ed efficienza energetica dei motori elettrici) non sono, dunque, per le ragioni espresse, idonee a evidenziare vizi logici macroscopici o travisamento dei fatti tali da rendere inattendibile l’esercizio del potere tecnico speso nella vicenda in esame (“la valutazione del Gestore circa l’assenza di addizionalità costituisce esercizio di discrezionalità tecnica così che il sindacato del giudice amministrativo sulla stessa, avendo pur sempre ad oggetto la legittimità e non il merito, è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, ovvero altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti (sent. 13316/2021 cit., che sul punto richiama Cons. di Stato, sez. I. parere n. 1999/2020), così questa Sezione, 28 febbraio 2022, n. 2296). …».

È del tutto evidente, dunque, come nessuna erroneità manifesta possa ravvisarsi, anche sotto tale profilo, nel ragionamento svolto dal T.a.r. nella sentenza appellata.

Le deduzioni articolate dalla società appellante non sono condivisibili anche laddove censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto non fondata l’argomentazione secondo cui il diniego della RVC sarebbe stato adottato sulla base di un criterio non previsto da alcuna disposizione.

All’opposto ritiene questo Collegio che il T.a.r. abbia correttamente ritenuto che la verifica del rapporto tra il costo sostenuto per la realizzazione del progetto e i risparmi conseguiti/conseguibili rappresentino uno degli strumenti utili per comprovare che i risparmi energetici si sarebbero comunque verificati “per l’effetto dell’evoluzione tecnologica, normativa e del mercato” (cfr. pag. 14 della sentenza appellata).

Il principio economico, infatti, è da ritenersi un valore intrinseco al concetto di addizionalità di mercato e non potrebbe essere altrimenti, considerato che è fondamentale per garantire il corretto ed efficace utilizzo delle risorse pubbliche, evitando il sorgere di rendite di posizione.

D’altro canto, il sistema dei certificati bianchi, introdotto nella legislazione italiana dai decreti ministeriali del 20 luglio 2004 e successive modificazioni e integrazioni, promuove il “risparmio energetico”, cercando di indirizzare al meglio le (limitate) risorse a disposizione e con un occhio di riguardo agli interessi dei consumatori finali vista la necessità “… sia di garantire la promozione di nuovi interventi in grado di generare risparmi energetici reali, verificabili e addizionali, sia di minimizzare il costo complessivamente sostenuto per il funzionamento del meccanismo” (cfr. delibera dell’Autorità energia del 27 ottobre 2011, EEN 9/11).

Inoltre, nell’ambito della sua attività di verifica il GSE può certamente, in applicazione del menzionato requisito di addizionalità, valutare caso per caso quando bassi valori di tale parametro rappresentino un chiaro indice circa l’opportunità per il proponente di realizzare l’intervento a prescindere dalla concessione dell’incentivo, costituendo questo un valido motivo per non procedere alla concessione della misura di agevolazione.

Ciò, infatti, rientra proprio nei poteri del GSE che, ai sensi dell’art. 5 del D.M. 28 dicembre 2012, cura tutta “… l’attività di gestione, valutazione e certificazione dei risparmi correlati a progetti di efficienza energetica condotti nell’ambito del meccanismo dei certificati bianchi …”, nel rispetto dei fondamentali principi, anche di rango costituzionale, di tutela dell’ambiente (art. 9 della Costituzione come novellato dalla legge costituzionale n. 1/2022) e di sostenibilità economico-finanziaria del sistema degli incentivi (art. 81 della Costituzione come novellato dalla legge costituzionale n. 1/2012).

Invero, il principio di equilibrio tra entrate e spese imposto dagli artt. 81 e 97 della Costituzione come modificati nel 2012 impone alla P.A. di conseguire gli obbiettivi prefissati in sede politica in modo efficiente, ossia nel rispetto dei principi di efficacia, di efficienza e, soprattutto, di economicità, attraverso l’ottimizzazione dei risultati in relazione ai mezzi e alle risorse (limitate) a disposizione.

Il tema della sostenibilità, in particolare, pone in risalto l’esigenza indefettibile di un uso delle risorse finanziarie in ogni ambito dell’azione amministrativa che sia rigorosamente orientato al rispetto dei requisiti e delle condizioni che legittimano una spesa (in questo caso nella forma dell’ammissione agli incentivi per lo sviluppo delle energie rinnovabili), proprio allo scopo di impedire che un impiego non controllato delle risorse possa pregiudicare la loro utilizzazione futura a vantaggio di progetti che siano effettivamente meritevoli e conformi al parametro normativo di ammissibilità.

Anche sotto questo angolo visuale, dunque, le deduzioni articolate dalla società appellante vanno disattese.

10.3. - Con il terzo motivo di appello, infine, la ditta Enel X Italia s.r.l. sostiene l’asserita erroneità della sentenza di primo grado (pag. 18) laddove il T.a.r. ha affermato che “… le modalità con cui l’Autorità ha stabilito cosa debba intendersi per risparmio netto e la sua costante interpretazione giurisprudenziale, compreso il richiamo all’evoluzione tecnologica, normativa e del mercato, appaiono del tutto coerenti con le suesposte linee interpretative in materia di aiuti all’ambiente ed energia, poste dalla Commissione Ue …”. In particolare secondo la prospettazione della società istante sarebbero illegittimi la deliberazione 27 ottobre 2011 - EEN 9/11 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, la definizione di “risparmio netto” ivi riportata e, in via derivata, i provvedimenti del GSE che ne hanno fatto applicazione (i.e. “preavviso di rigetto del 20 ottobre 2015 e provvedimento di diniego del 20 maggio 2016).

Il motivo di appello va respinto.

Invero, il potere esercitato dall’Autorità allo scopo di definire i criteri e le modalità per il rilascio dei titoli di efficienza energetica trova fondamento in una serie di previsioni normative.

Precisamente, la promozione del risparmio energetico attraverso i certificati bianchi è stata prevista dai decreti ministeriali del 20 luglio 2004 che, all’art. 5, comma 6, attribuiscono all’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas la funzione di predisporre le “… linee guida per la preparazione, l’esecuzione e la valutazione consuntiva dei progetti ..., e i criteri e le modalità di rilascio dei titoli di efficienza energetica ..., compresa la documentazione comprovante i risultati ottenuti, che deve essere prodotta dai distributori”, precisando anche che “nella predisposizione di tali atti l’Autorità per l’energia elettrica e il gas tiene conto anche dell’esigenza di promuovere la concorrenza, il progresso tecnologico e la tutela degli interessi degli utenti meno abbienti” (dette previsioni sono state superate dal D.M. 28 dicembre 2012 che all’art. 6, comma 2, prevede che “… Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, si provvede all’adeguamento, rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo n. 28/2011, delle linee guida per la preparazione, esecuzione e valutazione dei progetti e per la definizione dei criteri e delle modalità per il rilascio dei certificati bianchi. L’adeguamento delle linee guida è effettuato con il supporto dell’ENEA e di RSE e previo svolgimento, da parte degli stessi Ministeri, di una consultazione pubblica e diventa operativo nei termini stabiliti dal decreto di adozione dell’adeguamento e, comunque, non prima del 1° gennaio 2014. A decorrere dalla medesima data del 1° gennaio 2014, hanno accesso al sistema dei certificati bianchi esclusivamente progetti ancora da realizzarsi o in corso di realizzazione. Fino all’entrata in vigore del decreto di approvazione dell’adeguamento, sono applicabili, ai fini dell’attuazione del presente decreto le linee guida approvate con la delibera EEN n. 09/11 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas del 27 ottobre 2011, nelle parti non incompatibili con il presente decreto …”).

Tali funzioni si inseriscono in un quadro più ampio, che è quello delle competenze assegnate all’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas dalla legge 14 novembre 1995, n. 481 recante “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”, nell’ambito del quale la citata Autorità è altresì chiamata a garantire “… la promozione della concorrenza e dell’efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità …”, nonché assicurare “… la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori ...” (cfr. art. 1, comma 1, prima parte, della legge n. 481/1995). Il sistema tariffario deve inoltre “… armonizzare gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse” (cfr. art. 1, comma 1, seconda parte, della legge n. 481/1995).

Ciò premesso, ritiene questo Collegio che sia legittima la previsione di cui alla delibera del 27 ottobre 2011 contestata dalla società Enel X Italia s.r.l.

Invero, si rivelano del tutto appropriate e non censurabili le modalità attraverso le quali correttamente l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas ha stabilito in via preventiva e in modo chiaro con l’impugnata delibera del 27 ottobre 2011, EEN 9/11 (cfr. in particolare art. 1 dell’Allegato A secondo cui: “risparmio netto (Rl) è il risparmio lordo, depurato dei risparmi energetici non addizionali, cioè di quei risparmi energetici che si stima si sarebbero comunque verificati, anche in assenza di un intervento o di un progetto, per effetto dell’evoluzione tecnologica, normativa e del mercato”) cosa debba intendersi per risparmio netto, visto il richiamo ai concetti di “evoluzione tecnologica, normativa e del mercato”, che, da una parte, costituisce il confine entro il quale il GSE è chiamato - alla stregua dei principi richiamati al precedente par. 10.2 - a valutare i risparmi ottenuti, e, dall’altra, garantisce anche che il sistema degli incentivi sia applicato nel rispetto del principio di concorrenza, tutela dell’ambiente, legalità, proporzionalità, trasparenza e tutela degli interessi dei consumatori e quindi in ossequio ai parametri che devono ispirare l’agire della P.A. ai sensi degli artt. 1 e 12 della legge n. 241/1990 (criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza; attribuzione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici di qualunque genere previa predeterminazione dei criteri e delle modalità cui le stesse amministrazioni devono attenersi).

In definitiva, anche detta censura va disattesa.

11. - In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte l’appello deve essere respinto con consequenziale conferma della sentenza appellata.

12. - Stante la peculiarità e complessità della presente controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Francesco Frigida, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Francesco Cocomile, Consigliere, Estensore