Cass. Sez. III n. 39731 del 3 novembre 2011 (Cc. 28 set. 2011)
Pres. De Maio Est. Franco Ric. PM in proc. Rainone ed altro
Urbanistica. Sequestro immobile abusivo
In tema di sequestro preventivo in materia edilizia, il semplice inoltro di una richiesta di permesso di costruire in sanatoria non costituisce, di per sé, elemento idoneo ad elidere il periculum in mora.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Camera di consiglio
 Dott. DE MAIO Guido              - Presidente  - del 28/09/2011
 Dott. FIALE   Aldo               - Consigliere - SENTENZA
 Dott. FRANCO  Amedeo        - est. Consigliere - N. 1658
 Dott. SARNO   Giulio             - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. RAMACCI Luca               - Consigliere - N. 6648/2011
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno;
 avverso l'ordinanza emessa il 19 gennaio 2011 dal Gip del tribunale  			di Salerno;
 udita nella udienza in camera di consiglio del 28 settembre 2011 la  			relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
 udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore  			Generale dott.ssa FODARONI Maria Giuseppina, che ha concluso per  			l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata;
 udito il difensore avv. Domenico Lombardo.
 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 Il Gip del tribunale di Salerno rigettò la richiesta del pubblico  			ministero di disporre il sequestro preventivo, nei confronti di  			Rainone Gennaro e di Fanni Maria Giuseppina, di un piano  			sottotetto in relazione ai reati di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n.  			380, art. 44, lett. b), artt. 64 ss. e artt. 93 ss., perché  			l'altezza e la volumetria del detto piano sottotetto erano state  			aumentate rispetto a quanto previsto dal permesso di costruire. Il  			Gip ritenne sussistente il fumus dei reati ipotizzati ma escluse il  			periculum in mora non ritenendo che l'utilizzo del piano sottotetto  			potesse comportare un aggravio del carico urbanistico.  			Propose appello il pubblico ministero. Con l'ordinanza in epigrafe il  			tribunale del riesame di Salerno osservò che il Gip aveva errato nel  			ritenere ultimate le opere, mentre dovevano ancora essere effettuati  			i lavori interni di rifinitura. Ritenne però che non vi era  			periculum in mora perché, non avendo gli indagati proseguito i  			lavori relativi alle rifiniture interne nelle more del rilascio del  			permesso in sanatoria (come affermato dalla difesa), non vi era  			ragione per ritenere che essi riprendessero i lavori prima del  			rilascio della sanatoria. Qualora invece i lavori di rifinitura  			fossero stati nel frattempo ultimati, mancherebbe ugualmente il  			periculum in mora perché l'uso a scopi abitativi del sottotetto non  			comportava un aggravio del carico urbanistico, essendo già stato  			ritenuto legittimo dal comune.
 Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno  			propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge e  			mancanza di motivazione nell'avere ravvisato l'inesistenza delle  			esigenze cautelari esclusivamente sulla base di una mera asserzione  			difensiva, priva di riscontro, che una dichiarata intenzione di voler  			sanare l'abuso eliderebbe il periculum in mora, e ciò senza alcun  			accertamento sulla conformità alla normativa urbanistica delle opere  			abusive, che avevano comportato un aumento dell'altezza del  			fabbricato alla gronda di ben 80 cm. L'ordinanza impugnata si è  			quindi basata sull'erroneo principio che il semplice inoltro di una  			richiesta di permesso di costruire in sanatoria sarebbe di per se  			sola idonea ad elidere il periculum in mora.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Il ricorso del pubblico ministero è fondato perché effettivamente  			l'ordinanza impugnata - per la verità assai confusa e risolventesi  			nel richiamo ad una serie di massime giurisprudenziali per lo più  			esulanti dal thema decidendum ed inconferenti rispetto alla stessa  			decisione adottata - manca totalmente di motivazione sulle ragioni  			per le quali si sono ritenute inesistenti in concreto le esigenze  			cautelari. Il concreto pericolo della prosecuzione dei lavori abusivi  			e della conclusione delle rifiniture interne, è stato infatti  			escluso del tutto apoditticamente, sulla base della mera asserzione  			difensiva di una pretesa intenzione di voler sanare l'abuso e di non  			voler terminare i lavori prima del rilascio di una sanatoria, senza  			che sia stato indicato alcun elemento oggettivo di riscontro a tale  			affermazione, senza che sia stata nemmeno verificata la eventuale  			doppia conformità delle opere abusivamente realizzate agli strumenti  			urbanistici, e senza che sia stata valutata la reale consistenza  			degli aumenti di altezza e di volumetria apportati al progetto  			consentito. Oltre che fondata su una motivazione meramente apparente,  			l'ordinanza impugnata è anche erronea in punto di diritto, perché -  			come esattamente rileva il pubblico ministero ricorrente - si basa in  			sostanza sull'erroneo principio che, in tema di sequestro preventivo  			in materia edilizia, il semplice inoltro di una richiesta di permesso  			di costruire in sanatoria costituirebbe, di per sè, elemento idoneo  			ad elidere il periculum in mora.
 La motivazione della ordinanza impugnata è altresì apodittica e  			meramente apparente, e quindi in sostanza mancante, laddove afferma  			che il periculum in mora non sussisterebbe nemmeno qualora nel  			frattempo i lavori fossero terminati, e ciò per la mancanza di un  			aggravio del carico urbanistico. Tale presunta mancanza di aggravio  			non si fonda infatti su alcun elemento concreto, mentre non è  			spiegato perché nella specie si dovrebbe ritenere - contrariamente a  			quanto affermato da questa Corte in plurimi casi analoghi - che  			l'aumento di volumetria del piano sottotetto non comporterebbe  			l'idoneità dell'immobile ad ospitare un maggior numero di persone, e  			quindi un aggravio del carico urbanistico, indipendentemente dal  			numero di persone che attualmente lo abitano.
 L'ordinanza impugnata deve dunque essere annullata nella parte in cui  			ha escluso la presenza di esigenze cautelari, con rinvio al tribunale  			di Salerno per nuovo esame.
 P.Q.M.
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Salerno.  			Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione,  			il 28 settembre 2011.
 Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011
                    



