TAR Lombardia (BS) Sez. I  n. 428 del 15 maggio 2023
Rifiuti.Obbligo di rimozione e condotta negligente del proprietario del terreno

Risponde per l’abbandono di rifiuti su un’area da parte di terzi anche il proprietario che ne fosse a conoscenza e abbia omesso di attivarsi per contrastarlo, tipicamente con recinzioni del fondo ovvero per lo meno con denunce alle autorità competenti

Pubblicato il 15/05/2023

N. 00428/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00716/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 716 del 2021, proposto da
-OMISSIS A-, -OMISSIS B- e -OMISSIS C-, rappresentati e difesi dagli avvocati Paola Brambilla e Luca Pansini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Centore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS D-, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- dell’ordinanza n. -OMISSIS- 2021 emessa in data -OMISSIS- dal Sindaco di -OMISSIS-, e notificata il -OMISSIS-, avente ad oggetto l’obbligo di rimozione e smaltimento rifiuti ai sensi dell’art. 192 d. lgs. 152/2006 in via Matteotti n. 80 a -OMISSIS- entro il termine di 30 giorni (doc. 1);

- per quanto occorrer possa, di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso ai provvedimenti qui impugnati, laddove lesivo dei diritti e degli interessi legittimi dei ricorrenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2023 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- 2021 il sindaco del Comune di -OMISSIS- (BS), agendo ai sensi dell’art. 192 comma 3 d. lgs. n. 152/2006, ha ordinato al signor -OMISSIS D-, quale autore materiale della condotta, di provvedere entro e non oltre trenta giorni dalla notifica del provvedimento alle operazioni di rimozione e avvio allo smaltimento dei rifiuti abbandonati nel capannone di proprietà dei signori -OMISSIS A-, -OMISSIS C- e -OMISSIS B-, sito in quel Comune alla via Matteotti n. 80, rifiuti costituiti da circa 4.000 metri cubi di rifiuti tessili (cfr. verbale di sopralluogo 8 settembre 2021 doc. 10 parte ricorrente, con allegata ampia documentazione fotografica).

Con lo stesso provvedimento, il medesimo ordine è stato rivolto, in solido con il -OMISSIS D-, ai signori -OMISSIS A-, -OMISSIS C- e -OMISSIS B-, in qualità di proprietari del capannone oggetto dell’abbandono incontrollato dei rifiuti, ai quali il sindaco ha addebitato di non aver incardinato iniziative giudiziarie nei confronti dei soggetti responsabili della vicenda né sporto denuncia-querela per i fatti in questione nonostante si fossero resi conto – per espressa loro ammissione – che il capannone era stato riempito abusivamente di rifiuti già dalla prima settimana di marzo del 2020.

2. Il provvedimento ha fatto seguito ad altro analogo provvedimento (ordinanza n. -OMISSIS- 2021) assunto dal Responsabile dell’Area Servizi del Comune di -OMISSIS-, ma successivamente annullato in autotutela per vizio di incompetenza a seguito del ricorso proposto dagli interessati (R.G. 344/2021), con conseguente sentenza di questo TAR n. 661 del 16 luglio 2021 dichiarativa della improcedibilità del ricorso, con condanna dell’amministrazione comunale alla rifusione delle spese di lite per soccombenza virtuale.

3. I fatti che hanno condotto all’adozione del provvedimento impugnato sono stati descritti in modo sufficientemente analitico nel preambolo del provvedimento in questione, e possono essere così riassunti:

- il procedimento amministrativo ha tratto origine dal sopralluogo eseguito dall’amministrazione comunale in data 8 marzo 2021, dando seguito al verbale di dissequestro eseguito su delega della Procura della Repubblica di Brescia e notificato al sindaco del Comune di -OMISSIS- in data 2 marzo 2021, nel quale si ravvisavano “gravi profili di colpa dei proprietari del capannone (…) rispetto al deposito di rifiuti al suo interno di soggetti terzi, avendo gli stessi consegnato ad un potenziale affittuario le chiavi dell’immobile pur non essendo mai stato perfezionato un contratto di locazione affatto valido ed efficace tra le parti (il tutto senza controllare l’uso fatto dell’immobile da parte del consegnatario delle chiavi (…)”;

- in sostanza, alla luce di quanto evincibile dagli atti di causa, i predetti proprietari del capannone, verso la fine di febbraio del 2020, poco prima del noto lockdown a causa dell’emergenza pandemica da Covid 19, ricevevano, per il tramite di un sedicente agente immobiliare (tale -OMISSIS E-), la manifestazione di interesse del -OMISSIS D- per assumere in locazione il capannone industriale di loro proprietà, al fine di esercitarvi l’attività di “stoccaggio di stracci e residui tessili destinati alla produzione di semilavorati in cartongesso” (cfr. ricorso, pag. 3-4);

- dopo qualche giorno si svolgeva un incontro tra il -OMISSIS A- e il -OMISSIS D-, alla presenza anche del -OMISSIS E- e di tale -OMISSIS F- (anch’essa sedicente agente immobiliare) per dare corso alle trattative contrattuali finalizzate alla stipula del contratto di locazione, e in tale occasione il -OMISSIS D- consegnava al -OMISSIS C- un assegno bancario dell’importo di € 4.500,00 firmato dalla società -OMISSIS- di -OMISSIS- (BS), e contestualmente il -OMISSIS C- consegnava al -OMISSIS D- le chiavi del capannone; il tutto, peraltro, senza che le parti procedessero alla stipula di alcun contratto di locazione;

- il 25 maggio 2020, alla fine del periodo di lockdown, i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Brescia eseguivano un sopralluogo presso il capannone in questione e in tale occasione accertavano che l’immobile era stato riempito di materiale tessile, per un quantitativo di circa 4.000 metri cubi; nella stessa occasione i Carabinieri escutevano a sommarie informazioni il -OMISSIS A-, il quale riferiva che nella prima settimana di marzo dell’anno 2020 “…si rendeva conto che il capannone di circa 800 mq era stato riempito di rifiuti tessili…”;

- all’esito del sopralluogo, ritenendo che il materiale tessile stoccato nel capannone fosse qualificabile come rifiuto, i Carabinieri sottoponevano a sequestro sia il capannone che il suo contenuto, ravvisando il reato di abbandono illecito di rifiuti (cfr. verbale sequestro 25 maggio 2020, doc. 7.1 parte ricorrente);

- nel corso delle indagini preliminari, dopo la convalida del sequestro da parte del P.M., l’ARPA era incaricata di qualificare la tipologia di materiale rinvenuto nel capannone e l’Agenzia, svolti gli opportuni accertamenti, concludeva qualificando il materiale in questione come rifiuto e attribuendo al medesimo il codice CER 04 02 22 “Fibre tessili lavorate”;

- all’esito delle indagini preliminari (avviate sull’ipotesi di reato di cui all’art. 256 d. lgs. n. 152/2006, gestione rifiuti non autorizzata), nell’ottobre 2020 il G.I.P. presso il Tribunale di Brescia, su richiesta del PM - il quale rilevava che “l’attività di indagine svolta non consente di attribuire con certezza ai due indagati [-OMISSIS D- e -OMISSIS A-] la condotta di stoccaggio dei rifiuti rinvenuti nel capannone in questione, con richiesta di restituzione del capannone agli aventi diritto e la distruzione dei rifiuti tessili in sequestro”) - disponeva l’archiviazione del procedimento, il dissequestro del capannone e la confisca e distruzione dei rifiuti tessili, demandando quest’ultima attività dapprima alla polizia giudiziaria (con provvedimento del 21 gennaio 2021), e poi, correggendosi, ai proprietari del capannone (nel marzo 2021), a tal fine invitando il sindaco di -OMISSIS- ad adottare i provvedimenti di propria competenza ai sensi dell’art. 192 comma 3 d. lgs. n. 152/2006;

- dando seguito a tale sollecitazione, l’amministrazione comunale adottava in data 9 aprile 2021 una prima ordinanza ex art. 192 C.A. (n. 12/2021), a firma del responsabile del servizio;

- a fronte del ricorso proposto dagli interessati contro questa prima ordinanza (R.G. n.344/2021), il Comune annullava il provvedimento in autotutela, ravvisandovi un vizio di incompetenza del dirigente comunale in favore del Sindaco, e la sostituiva con l’ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- 2021, questa volta adottata correttamente dal sindaco.

4. Con questa seconda ordinanza, adottata all’esito di una integrazione procedimentale svolta in contraddittorio con gli intimati, il sindaco ha addebitato ai ricorrenti profili di negligenza, per avere consegnato al promittente locatario le chiavi del capannone prima della stipula del contratto di locazione, e per non aver intrapreso successivamente alcuna iniziativa giudiziaria nei confronti dei responsabili dell’abbandono dei rifiuti, nè sporto denuncia-querela nei confronti del medesimo, pur avendo avuto contezza della situazione almeno a far data “dalla prima settimana di marzo 2020”.

5. Con ricorso notificato in data 11 novembre 2020 e ritualmente depositato, i signori -OMISSIS A-, -OMISSIS C- e -OMISSIS B- hanno impugnato l’ordinanza sindacale da ultimo citata e ne hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione, sulla base di quattro motivi, con i quali hanno dedotto censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili.

6. Il Comune di -OMISSIS- si è costituito in giudizio depositando documentazione e memoria difensiva, contestando il fondamento del ricorso e chiedendone il rigetto.

7. Con decreto n. 373 del 13 novembre 2021, il Presidente del TAR ha respinto motivatamente l’istanza di misure cautelari monocratiche proposte dalla parte ricorrente ex art. 56 c.p.a.

8. Con successiva ordinanza cautelare n. 456 del 16 dicembre 2021, il Collegio ha respinto la domanda cautelare e condannato la parte ricorrente alla rifusione delle spese della fase (€ 1.000), con motivazione estesa al merito delle censure dedotte.

9. Tale ordinanza è stata impugnata dagli interessati dinanzi al Consiglio di Stato, che con ordinanza della Quarta Sezione n. 1250 del 18 marzo 2022, ha respinto l’appello e condannato gli appellanti alla rifusione delle spese della fase, con diffusa motivazione.

10. In prossimità dell’udienza di merito, le parti hanno integrato la propria documentazione e depositato memorie conclusive (entrambe) e di replica (il Comune); in particolare;

- la difesa del Comune ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per acquiescenza e sopravvenuta carenza di interesse, dal momento che nelle more del giudizio il sindaco di -OMISSIS- ha adottato una nuova ordinanza (prot. -OMISSIS- 2022) con cui ha disposto l’esecuzione del provvedimento impugnato in danno degli obbligati, avendo constatato il persistente abbandono dei rifiuti nonostante il rigetto delle domande cautelari; i ricorrenti, non soltanto non hanno impugnato quest’ultimo provvedimento, ma vi avrebbero prestato acquiescenza, provvedendo ad avviare l’esecuzione dell’ordinanza impugnata, tant’è che in sede di sopralluogo eseguito il 16 febbraio 2023, sarebbe stata rilevata l’avvenuta rimozione di 421 tonnellate di rifiuti tessili, mentre permarrebbero ancora 170 tonnellate di rifiuti nel capannone;

- la parte ricorrente, nella propria memoria conclusiva, ha confermato che a seguito del rigetto delle domande cautelari, i propri assistiti, “seppure incolpevoli”, hanno avviato l’esecuzione dell’ordinanza impugnata, con la prospettiva di completarla entro la fine di marzo 2023 con il ritiro dell’ultimo lotto di rifiuti da parte di A2A; ciò premesso, la difesa di parte ricorrente ha ribadito la fondatezza del ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento; peraltro, in via subordinata, ha chiesto di “accertare la sopravvenuta cessazione della materia del contendere”, “stante l’avvenuta esecuzione dell’ordinanza”.

11. All’udienza pubblica del 5 aprile 2023, sentiti i difensori delle parti presenti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Si può prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari formulate dalla difesa del Comune, dal momento che il ricorso è infondato nel merito.

1. Con il primo motivo, i ricorrenti hanno chiesto la sospensione (cautelare) del provvedimento impugnato in attesa della pronuncia del G.I.P. di Brescia sulla opposizione presentata dai ricorrenti ai sensi dell’art. 666 c.p.p. avverso l’ordinanza dello stesso G.I.P. che aveva posto a carico dei ricorrenti (in luogo della polizia giudiziaria) la distruzione dei rifiuti abbandonati nel capannone di loro proprietà, demandando al sindaco di adottare a tal fine l’apposita ordinanza ex art. 192 d. lgs. 152/2006; secondo i ricorrenti, sussisterebbe un rapporto di pregiudizialità necessaria tra l’esito del predetto giudizio di opposizione e il provvedimento impugnato, ai sensi degli art. 79 commi 1 e 3 d.lgs. 104/2010 e 295 c.p.c. dal momento che quest’ultimo sarebbe stato adottato soltanto per dare esecuzione all’invito contenuto nell’ordinanza di dissequestro del G.I.P., sicchè, laddove quest’ultima fosse stata revocata dallo stesso G.I.P. (nella parte concernente l’onere dei ricorrenti di provvedere alla distruzione dei rifiuti), anche l’ordinanza impugnata sarebbe divenuta affetta da illegittimità derivata.

1.1. La censura di parte ricorrente, formulata come autonomo motivo di ricorso ma concernente in realtà la sola fase cautelare del presente giudizio, vista la natura interinale e provvisoria del provvedimento richiesto a questo giudice, è stata già disattesa dal Collegio nella fase cautelare, e nelle more del giudizio essa è stata verosimilmente superata dagli eventi: la parte ricorrente non ha documentato in giudizio quale decisione abbia assunto il giudice penale sull’opposizione proposta dagli interessati ai sensi dell’art. 666 c.p.p., ma è ragionevole ritenere che sia stata negativa per i ricorrenti, che, in caso contrario, l’avrebbero prodotta in giudizio.

1.2. In ogni caso, nel merito, va rilevato che tra la decisione del giudice penale e il provvedimento impugnato non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità e di consequenzialità. L’ordinanza sindacale impugnata non è stata adottata, infatti, per dare esecuzione ad un presunto ordine del giudice penale, ma all’esito di un procedimento autonomo avviato dal sindaco alla luce della informativa contenuta nella decisione del giudice penale circa l’esistenza di un deposito incontrollato di rifiuti nel capannone artigianale di proprietà dei ricorrenti, con contestuale invito (non ordine) al sindaco ad esercitare i poteri di propria competenza ex art. 192 d. lgs. 152/2006; né, d’altra parte, il giudice penale potrebbe imporre all’amministrazione l’adozione di provvedimenti amministrativi, ostandovi il principio generale di separazione dei poteri dello Stato; e difatti non l’ha fatto, essendosi limitato ad invitare il sindaco ad esercitare i propri (autonomi) poteri di cui all’art. 192 d. lgs. 152/2006, peraltro alla luce di presupposti del tutto estranei al procedimento penale, in quanto relativi all’accertamento di eventuali profili di responsabilità colposa in capo a soggetti rimasti estranei al giudizio penale.

2. Con il secondo motivo la parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità derivata del provvedimento impugnato per essere stato adottato dal sindaco in esecuzione di un ordine illegittimo impartitogli dal giudice penale nell’ordinanza di archiviazione del procedimento penale, in quanto eccedente i poteri attribuiti al giudice penale dall’art. 24 L. 689/81; tale norma consente al giudice penale di irrogare eccezionalmente una sanzione amministrativa, in luogo della pubblica amministrazione, allorchè i fatti costituenti reato integrino nel contempo una violazione amministrativa, ma tale potere è esercitabile unicamente nei confronti dei soggetti responsabili del reato, mentre invece, nel caso di specie, esso sarebbe stato esercitato dal giudice penale nei confronti di soggetti estranei al procedimento penale (i proprietari del capannone), ordinando al sindaco di emettere nei confronti di tali soggetti il provvedimento ex art. 192 d. lgs. 152/2006; per l’effetto, il provvedimento impugnato, essendo stato adottato dal sindaco solo per ottemperare all’ordine del giudice penale, sarebbe affetto da invalidità derivata, in quanto emanato in assenza dei presupposti di legge, di adeguata attività istruttoria e di qualsivoglia valutazione in merito alla sussistenza dell’elemento psicologico richiesto dall’art. 192 in relazione alla figura del proprietario del sito interessato dall’abbandono incontrollato di rifiuti.

Il motivo, osserva il Collegio, è infondato per ragioni analoghe a quelle esposte in relazione al primo motivo di ricorso.

2.1. Il provvedimento impugnato non è stato adottato in esecuzione di un ordine impartitogli dal giudice penale, ma nell’esercizio degli autonomi poteri attribuiti al sindaco dall’art. 192 d. lgs. n. 152/2006, poteri che il giudice penale si è limitato ad invitare il sindaco ad esercitare. L’adozione del provvedimento ha implicato lo svolgimento di un apposito procedimento amministrativo, svolto mediante accertamenti istruttori in contraddittorio con gli interessati, e si è concluso con un provvedimento nel quale il sindaco ha dovuto valutare elementi e soggetti rimasti totalmente estranei al giudizio penale, ossia la sussistenza di profili di eventuale responsabilità colposa in capo ai proprietari dell’area in merito all’abbandono incontrollato dei rifiuti realizzato da terzi.

2.2. La sussistenza di una responsabilità colposa dei proprietari in relazione al deposito incontrollato dei rifiuti è stata argomentata in modo congruo e del tutto autonomo rispetto agli esiti del giudizio penale e alle valutazioni svolte da quel giudice, che avevano riguardato i presunti autori materiali della condotta.

2.3. Al riguardo, nella propria ordinanza cautelare, il giudice di appello ha rilevato, tra l’altro, che “quanto risulta dal provvedimento 17 gennaio 2022 del Gip Tribunale di Brescia sopra citato non è vincolante ai fini del procedimento e processo amministrativo, dato che il Giudice penale non ha giurisdizione in materia e non ricorre comunque la fattispecie di cui all’art. 654 c.p.p. per cui, nei casi da quella norma previsti, una sentenza del Giudice penale può avere efficacia di giudicato nel processo amministrativo. Va poi comunque notato che il provvedimento 17 gennaio 2022 lascia espressamente impregiudicati i poteri esercitabili dal sindaco in base all’ art. 192 d. lgs. 152/2006”.

3. Con il terzo motivo, la parte ricorrente ha dedotto vizi di violazione dell’art. 192 comma 3 d. lgs. n. 152/2006 e di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in particolare in ordine all’accertamento del profilo di negligenza attribuito ai ricorrenti, consistente nella loro asserita “inerzia giudiziaria”, per non avere sporto denuncia-querela nei confronti del responsabile dell’abbandono dei rifiuti; tale assunto sarebbe totalmente infondato, atteso che:

(i) il sig. -OMISSIS C- ebbe a consegnare le chiavi del capannone, non al promissario conduttore, ma all’agente immobiliare e solo per consentire la visione dell’immobile da parte dell’interessato, nelle more del perfezionamento del contratto di locazione; mai i proprietari avrebbero potuto immaginare che l’agente avrebbe poi consegnato le chiavi al -OMISSIS D-;

(ii) il rinvenimento del materiale all’interno del capannone da parte del -OMISSIS A- è avvenuto la prima settimana di marzo 2020, ovvero contestualmente alla deflagrazione dell’emergenza epidemiologica Covid- 19 ed al primo noto periodo di lockdown che dal 7 marzo 2020 al 4 maggio 2020 ha comportato l’interruzione di ogni attività, di movimento e di circolazione sull’intero territorio nazionale, con espresso divieto di spostamento se non per comprovate e gravi ragioni di necessità ed urgenza; il che avrebbe impedito ai ricorrenti di attivarsi per denunciare l’accaduto alle Autorità competenti;

(iii) immediatamente dopo il primo lockdown generalizzato, ovvero in data 25 maggio 2020, il sig. -OMISSIS C- è stato subito chiamato e sentito a sommarie informazioni dai Carabinieri del NOE di Brescia - che da tempo stavano conducendo indagini nei confronti del -OMISSIS D- per il reato di cui all’art. 256 TUA - e lo stesso giorno il capannone è stato sottoposto a sequestro probatorio;

(iv) allorquando il capannone è stato dissequestrato, i ricorrenti hanno presentato opposizione alla seconda ordinanza del G.I.P. che ha posto a loro carico la rimozione del materiale già confiscato dalla polizia giudiziaria;

(v) in sostanza, nel caso di specie non sarebbe configurabile una condotta omissiva imputabile ai ricorrenti, dal momento che il comportamento tenuto dai medesimi sarebbe stato quello ragionevolmente esigibile nelle circostanze date.

La censura, osserva il Collegio, non può essere condivisa.

3.1. Dalla disposizione dell'art. 192, d.lgs. n. 152/2006 emerge testualmente che alla rimozione dei rifiuti è tenuto, in ogni caso, il responsabile dell'abbandono o del deposito dei rifiuti e che, in via solidale, vi è tenuto il proprietario dell'area interessata o chi ne abbia a qualunque titolo la disponibilità, ove a questi sia imputabile l'abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa.

La norma in questione attribuisce quindi rilievo all’eventuale negligenza del proprietario che, a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti, si disinteressi del proprio bene per una qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesemente inadeguate. In altri termini, il requisito della colpa postulato da detta norma ben può consistere proprio nell'omissione degli accorgimenti e delle cautele che l'ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un'efficace custodia e protezione dell'area, così impedendo che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi (T.A.R. Napoli, sez. V, 11/11/2021, n. 7215).

3.2. Va richiamato, al riguardo, l’insegnamento della costante giurisprudenza secondo cui risponde per l’abbandono di rifiuti su un’area da parte di terzi anche il proprietario che ne fosse a conoscenza e abbia omesso di attivarsi per contrastarlo, tipicamente con recinzioni del fondo ovvero per lo meno con denunce alle autorità competenti, che qui non constano: così per tutte Cons. Stato, sez. IV, 1 giugno 2021, n. 42 Cons. Stato, Sez, V, 10 giugno 2014 n. 2977; Cons. Stato, sez. II 5 dicembre 2011 n.2990.

3.3. Nel caso di specie, come puntualmente rilevato dal giudice di appello nell’ampia motivazione del proprio provvedimento cautelare, “(…) questo specifico profilo di negligenza è ravvisabile in base a quanto risulta dal provvedimento amministrativo impugnato (…): -OMISSIS C- in un primo tempo ha affidato a terzi – non rileva se all’aspirante affittuario o alla mediatrice - le chiavi del capannone senza concludere un contratto di locazione, ma solo per permettere di visitarlo; nel marzo 2020 si è quindi accorto che il capannone stesso veniva utilizzato come deposito di rifiuti, e quindi per un’attività che non vi sarebbe dovuta essere. A questo punto, ben avrebbe potuto e dovuto attivarsi presso le autorità, al limite anche con una semplice telefonata di allarme alle Forze di polizia, ciò che era del tutto possibile, sia in linea di diritto che di fatto, anche nella situazione di confinamento esistente all’epoca. L’omissione risulta poi ancora più grave se si considera il contesto, che pure risulta dall’ordinanza, dato che -OMISSIS C- entrò in contatto con -OMISSIS D- tramite mediatori non autorizzati e ricevette come garanzia un assegno – notoriamente mezzo di pagamento, e non strumento di garanzia - emesso da una terza persona estranea all’affare, circostanze tutte tali da indurre in sospetto qualsiasi persona prudente (…)”.

3.4. In sostanza, la condotta negligente dei ricorrenti è consistita, oltre che nel consegnare le chiavi del capannone al -OMISSIS D- senza prima aver stipulato alcun contratto, nel non aver adottato alcuna condotta dissociativa rispetto all’abbandono incontrollato dei rifiuti posto in essere dal promissario conduttore, dopo averne appreso l’esistenza già primi giorni di marzo 2020, intraprendendo a tal fine ogni opportuna iniziativa a propria tutela, quanto meno per denunciare l’accaduto alle forze di polizia e sollecitarne l’intervento; e tale condotta, certamente possibile ed esigibile anche durante il periodo di lockdown generalizzato imposto dalle misure emergenziali correlate al periodo pandemico, è stata omessa, a ben vedere, anche nel periodo successivo alla conclusione dello stesso, fino a quando la situazione non è stata scoperta autonomamente dai Carabinieri del NOE il 25 maggio 2020, in esito a sopralluogo spontaneo, o quanto meno non sollecitato dai ricorrenti.

3.5. Tali circostanze sono state chiaramente evidenziate dall’amministrazione nella motivazione dell’atto impugnato, il quale, pertanto, si sottrae alle cesure di difetto di istruttoria e di motivazione dedotte dai ricorrenti con il motivo di ricorso qui in esame, che va quindi disatteso.

4. Infine, con il quarto e ultimo motivo, la parte ricorrente ha dedotto ulteriori vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria, lesione delle garanzie partecipative e del contraddittorio, illogicità, travisamento dei presupposti di fatto e sviamento dalla causa tipica; il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato su presupposti apodittici e indimostrati (quali la presunta sussistenza di possibili situazioni di grave pericolo per la pubblica incolumità e la sussistenza di ragioni di salvaguardia ambientale) e sulla base di accertamenti istruttori (sopralluoghi) effettuati soltanto dopo l’avvio del procedimento al solo fine di legittimare ex post le determinazioni già assunte, e comunque senza concedere ulteriori termini a difesa agli intimati dopo i predetti sopralluoghi; il provvedimento sarebbe irragionevole nella misura in cui avrebbe omesso di considerare che i rifiuti in questione non sono rifiuti organici, soggetti per loro natura a deperimento, putrescenza, o percolamento, né sono rifiuti pericolosi; in ogni caso, la pavimentazione del capannone escluderebbe il rischio di inquinamento del suolo e del sottosuolo.

Anche tale censura, osserva il Collegio, è infondata.

4.1. Il provvedimento impugnato è stato adottato all’esito di un procedimento svolto in contraddittorio con gli interessati, ai quali è stato comunicato l’atto di avvio del procedimento ed è stato consentito di partecipare ai sopralluoghi effettuati dagli enti competenti e di presentare osservazioni nel proprio interesse.

4.2. Il provvedimento è stato legittimamente adottato in ragione della presenza incontestata di un deposito incontrollato di rifiuti nel capannone di proprietà dei ricorrenti, addebitato a corresponsabilità colposa della proprietà; e tanto era sufficiente a giustificare l’adozione dell’ordine di rimozione e smaltimento, posto che l’art. 192 TUA non richiede indagini ulteriori circa la particolare tipologia di rifiuti e la loro pericolosità, che attengono alle fasi successive concernenti l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 242 e ss. d. lgs. 151/2006 preordinati alla caratterizzazione del sito ai fini della verifica dello stato di eventuale contaminazione e della sua eventuale bonifica, peraltro di competenza di altra Autorità.

4.3. In ogni caso, va anche rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, i rifiuti rinvenuti nel capannone di loro proprietà sono stati giudicati pericolosi, così come accertato dai Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Brescia con verbale del 13 ottobre 2021, in quanto esposti al pericolo di incendio.

5. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va conclusivamente respinto perché infondato sotto tutti i profili dedotti.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, con distrazione in favore dell’avvocato Paolo Centore, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente a rifondere al Comune di -OMISSIS- le spese di lite, che liquida in € 3.000,00 (tremila), oltre accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Paolo Centore, dichiaratosi antistatario.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dei ricorrenti, dei signori -OMISSIS D-, -OMISSIS E-, -OMISSIS F-, -OMISSIS A-, della società -OMISSIS-, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i ricorrenti e altri soggetti comunque indicati in sentenza.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore

Luca Pavia, Referendario