Cass. Sez. III n. 8061 del 20 febbraio 2013 (Ud 23 gen 2013)
Pres.Mannino Est.Orilia Ric.Ercolani
Rifiuti.Deposito temporaneo e nozione di luogo di produzione e di deposito
In tema di gestione illecita dei rifiuti, il luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo ai sensi dell'art. 183 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 non è solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma anche quello che si trova nella disponibilità dell'impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purchè funzionalmente collegato al luogo di produzione. (Fattispecie nella quale è stato ritenuto penalmente rilevante il deposito dei rifiuti avvenuto non nel luogo di raccolta ma su un piazzale privo dei necessari presidi di sicurezza).
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. MANNINO  Saverio Felice    - Presidente  - del 23/01/2013
 Dott. LOMBARDI Alfredo Maria     - Consigliere - SENTENZA
 Dott. GRILLO   Renato            - Consigliere - N. 197
 Dott. MULLIRI  Guicla            - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ORILIA   Lorenzo      - rel. Consigliere - N. 48598/2012
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 ERCOLANI ENRICO N. IL 22/05/1962;
 avverso la sentenza n. 362/2010 CORTE APPELLO di POTENZA, del  03/06/2011;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/01/2013 la relazione fatta dal  Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
 Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Izzo G., che ha  concluso per annullamento con rinvio;
 Udito il difensore Avv. Di Taranto (sost. proc.).
 RITENUTO IN FATTO
 1. Con sentenza 3.6.2011 la Corte d'Appello di Potenza ha confermato  quella del Tribunale di Matera sez. distaccata di Pisticci che ha  condannato Ercolani Enrico, alla pena di mesi quattro di arresto e  Euro 2000 di multa per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006,  art. 256, comma 1, lett. b, e comma 2 (perché, quale titolare della  ditta Ecologica srl con sede in Bernalda, avente in appalto la  bonifica delle tubazioni in cemento e amianto del Consorzio di  Bonifica Bradano e Metaponto, effettuava attività di raccolta e/o  abbandono di rifiuti speciali pericolosi depositando in Contrada  Spineto, all'interno dell'area di proprietà del predetto consorzio,  un cassone scarrabile di mt. 5,80 x 2,50 x 2,00 contente all'interno  circa 7 metri cubi di amianto in mancanza delle prescritte  autorizzazioni ovvero consentiva tale deposito o comunque non lo  impediva).
 La Corte di merito, dopo avere rigettato il motivo di gravame  relativo alla nullità del capo di imputazione e alla mancanza di  correlazione tra accusa e sentenza, ha ritenuto che la condotta  ascritta all'imputato non integrava l'ipotesi di deposito temporaneo  di cui all'art. 183 del citato D.Lgs. perché i rifiuti non si  trovavano su luogo di raccolta, bensì sul piazzale del Consorzio e  comunque in assenza di presidi di sicurezza.
 2. L'Ercolani, tramite il difensore, ricorre per cassazione con tre  censure deducendo:
 2.1. Violazione dell'art. art. 606 c.p.p., comma 2, lett. b)  inosservanza o erronea applicazione di legge, in particolare  dell'art. 256, comma 1, lett. b) e comma 2, nonché art. 183  (deposito temporaneo) del D.Lgs. n. 152 del 2006; dell'art. 606  c.p.p., comma 2, lett. e - mancanza, contraddittorietà o manifesta  illogicità della motivazione sotto il profilo della ritenuta  sussistenza del "fatto/reato" contestato. Osserva in particolare che  il "luogo di produzione" ove deve avvenire il deposito temporaneo di  rifiuti, di cui alla norma dell'art. 183, D.Lgs. cit., contrariamente  a quanto affermato dalla Corte di merito, coincide con il sito ove il  Consorzio ha l'area (piazzale recintato) di inizio della  canalizzazione delle acque.
 2.2 Violazione di legge - inosservanza delle norme stabilite a pena  di nullità - omessa motivazione - manifesta illogicità - sulla  indeterminatezza del capo di imputazione e sulla relativa conseguente  nullità della sentenza per difetto di correlazione tra il fatto  ritenuto accertato e l'imputazione (generica e alternativa) ex art.  521 c.p.p.. Afferma il ricorrente, nell'illustrare la censura, che si  è in presenza di una multivarietà dell'accusa, articolata in  maniera alternativa sia sul fatto contestato che sull'elemento  psicologico.
 2.3 Con un terzo motivo lamenta la "violazione dell'art. 606, comma  1, lett. b per erronea applicazione della norma e manifesta  illogicità e contraddittorietà". Il ricorrente insiste ancora nella  tesi del deposito temporaneo rilevando le conseguenze assurde  derivanti dalla diversa interpretazione data dalla Corte al concetto  di luogo di produzione.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 1. Il motivo di natura procedurale (il secondo, da esaminare con  precedenza per ragioni di priorità logica) è infondato.  Secondo la giurisprudenza di questa Corte (cass. Sez. 6, Sentenza n.  24397 del 26/02/2008 Ud. dep. 16/06/2008 Rv. 241041) dalla  coordinazione fra le norme degli artt. 521 e 522 c.p.p., resta  definito l'ambito applicativo del principio di correlazione fra  accusa contestata e sentenza, nel senso che il limite del potere del  giudice di dare al fatto una qualificazione giuridica diversa è  costituito dalla novità del fatto ritenuto in sentenza, essendo tale  quello diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio  ovvero nella contestazione eseguita a norma degli artt. 516 e 517  c.p.p., e art. 518 c.p.p., comma 2.
 Nella disciplina dettata dal codice il principio di correlazione e la  sanzione di nullità comminata dall'art. 522 c.p.p., comma 2, sono  posti in rapporto diretto funzionale rispetto al diritto di difesa,  che non può dirsi violato quando il fatto contestato non viene  immutato, ma solo riportato alla fattispecie corrispondente a una  norma incriminatrice diversa, e l'oggetto dell'imputazione non viene  sostituito, ma soltanto adattato alla nuova qualificazione giuridica.  Nel caso di specie, la contestazione, come risultante dal capo di  imputazione (sopra integralmente trascritto), era sufficientemente  chiara per porre l'imputato in condizioni di comprendere agevolmente  l'accusa mossa nei suoi confronti e di apprestare la linea difensiva,  come di fatto è avvenuto. Nessuna immutazione del fatto contestato  quindi vi è stata nella sentenza della Corte di merito che ha  accertato i fatti così come contestati.
 2. Gli altri due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto  strettamente connessi sono anch'essi infondati, anche se si rende  necessario rettificare l'errore di diritto in cui è incorsa  l'impugnata sentenza, errore peraltro privo di influenza decisiva sul  dispositivo (art. 619 c.p.p.).
 Secondo il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 183, lett. bb (testo  attualmente in vigore) per deposito temporaneo si intende "Il  raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel  luogo in cui gli stessi sono prodotti ...".
 Questa Corte ha già affrontato il problema del significato  dell'espressione "luogo di raccolta" adoperata dal legislatore ed ha  in proposito affermato che in tema di gestione dei rifiuti, il luogo  di produzione dei rifiuti rilevante ai fini della nozione di deposito  temporaneo ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 183, comma  1, lett. m) non è solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma  anche quello in disponibilità dell'impresa produttrice nel quale gli  stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato a quello di  produzione (Cass. Sez. 3, sentenza n. 45447 del 30.9.2008 Ud. dep.  9.12.2008; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 35622 del 11/07/2007 Ud. dep.  27/09/2007 Rv. 237388).
 Nel caso di specie, è stato accertato che il cassone contenente i  tubi di amianto dismessi si trovava nel piazzale del Consorzio di  Bonifica: cioè in un luogo sicuramente nella disponibilità  dell'impresa produttrice (il Consorzio stesso) e quindi, secondo  l'interpretazione di cui sopra, nel luogo di produzione. Pertanto, è  errata la motivazione della Corte di merito laddove afferma che il  concetto di luogo di raccolta debba intendersi con riferimento al  punto esatto in cui essi vengono prodotti.
 Tuttavia, anche ritenendo - secondo l'interpretazione corretta - che  i rifiuti si trovassero nel luogo di raccolta, la pronuncia impugnata  non merita censura laddove ha escluso la liceità del deposito,  perché, richiamando la motivazione del primo giudice, ha comunque  evidenziato - attraverso un accertamento in fatto privo di vizi  logici e come tale incensurabile in questa sede - che l'unico  accorgimento adottato per prevenire pericoli derivanti dalla  dispersione della pericolosa sostanza era costituito da un telo di  plastica lacerato in più punti e che chiunque poteva accedere al  sito e che il contenitore era poggiato sul terreno in prossimità di  una vasca per la raccolta e la successiva distribuzione dell'acqua  consortile. Ha quindi concluso per l'assenza di presidi di sicurezza.  Del resto, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della  motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui  si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo,  restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a  fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi  parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie,  cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass. 6.6.06 n. 23528).  L'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio  denunciatole, deve essere evidente, cioè di spessore tale da  risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di  legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica  evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e  considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non  espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la  decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato  le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del  20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999,  24.11.1999, Spina, RV. 214794).
 Nel caso di specie, quindi sulla base degli accertamenti in fatto  compiuti dalla Corte di merito, in ogni caso non ricorrevano le  condizioni per ritenere sussistente l'ipotesi di deposito temporaneo  perché, come affermato da questa Corte (cass. Sez. 3, Sentenza n.  39544 del 11/10/2006 Ud. dep. 30/11/2006 Rv. 235703), il deposito  temporaneo è libero, anche se è pur sempre soggetto al rispetto dei  principi di precauzione e di azione preventiva che le direttive  comunitarie impongono agli stati nazionali in forza dell'art. 130  (ora art. 174) del Trattato CE (v. Corte di Giustizia Europea, Quarta  Sezione, del 5.10.1999, Lirussi e Bizzaro, cause riunite C-175/98 e  177/98). Inoltre, in quanto deroga ai principi comunitari di  protezione dell'ambiente, la nozione di deposito temporaneo deve  essere interpretata in senso restrittivo (così la Commissione nelle  cause riunite Lirussi e Bizzarro, succitate; cass. Sez. 3, Sentenza  n. 39544 /2006 cit.; v. anche Cass. Sez. 3, n. 4957 del 21.1.2000,  Rigotti, rv. 215946).
 Nel nostro ordinamento, i presidi di sicurezza in materia di rifiuti  pericolosi contenenti amianto sono specificamente previsti non solo  dalla norma generale dell'art. 183 del D.Lgs cit. ma anche dal D.M.  29 luglio 2004, n. 248 e da quelli del D.M. Sanità 6 settembre 1994,  D.M. Sanità 26 ottobre 1995 e D.M. Sanità 20 agosto 1999.  Ed è appena il caso di aggiungere che anche la mancanza di presidi  di sicurezza determina l'abbandono dei rifiuti, contestato appunto  nel capo di imputazione.
 rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese  			processuali.
 Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2013.
 Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013
                    



