Cass. Sez. III n. 23091 del 14 giugno 2022 (UP 29 apr 2022)
Pres. Andreazza Est. Scarcella Ric. PM in proc. Genta
Rifiuti.Reato di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione

Con riferimento al reato di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione, il destinatario della prescrizione è, comunque, responsabile anche se adotta misure diverse, ma di efficacia equivalente a quelle imposte dalla P.A. poiché il giudizio sull'offensività della condotta non dipende da ciò che in concreto sia stato realizzato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 23.09.2021, il tribunale di Asti ha assolto l'imputato GENTA GIOVANNI, per insussistenza del fatto, dal reato di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione rilasciatagli per la gestione dei rifiuti, in particolare per averli collocati in aree non autorizzate e per aver mantenuto i rifiuti pericolosi in deposito per oltre 180 gg., in relazione a fatti contestati come commessi il 22.11.2018.

2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Asti propone ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo, di seguito sinteticamente illustrato.

2.1. Deduce, con tale unico ed articolato motivo, il vizio di violazione di legge ed il correlato vizio di motivazione.
In sintesi, si censura la sentenza laddove ha ritenuto la vicenda priva di profili di offensività per il bene tutelato dal d. lgs. n. 152/2006. Richiama a sostegno Cass. 19439/2012, secondo cui la valutazione in ordine all'offesa al bene giuridico protetto va retrocessa al momento della condotta secondo un giudizio prognostico ex ante, essendo irrilevante l'assenza in concreto, successivamente riscontrato, di qualsivoglia lesione. Cita ancora Cass. 12373/2005, secondo cui l'offensività in concreto della condotta deve essere valutata con riferimento all'efficienza causale delle prescrizione violata, non potendosi sottrare il destinatario della prescrizione al corrispondente adempimento mediante l'adozione di accorgimenti diversi da quelli indicati dalla PA. La sentenza impugnata, anzitutto, si sarebbe collocata in una prospettiva ex post e non ex ante; in secondo luogo, avrebbe richiamato il concetto di “pericolo concreto”, esprimendo il giudizio in termini dubitativi con riferimento al punto dell'inappropriata collocazione dei veicoli all'interno della società, ancora, sarebbe censurabile laddove avrebbe erroneamente analizzato la prima inosservanza, avendo come termine di confronto la prescrizione di cui al punto 6) dell'autorizzazione mentre quella violata è quella del punto 4). Analogo vizio riguarderebbe la prescrizione che imponeva il limite di permanenza dei veicoli non bonificati presso l'impianto per non oltre 180 gg., in quanto il giudice avrebbe dovuto indagare sulla reale funzione protettiva spettante alla prescrizione del punto 15) e, solo dopo, stabilire se la condotta concretamente iniziata alla scadenza del termine di legge fosse tale da attualizzare il rischio presunto per l'ambiente, per fronteggiare il quale era stata posta la specifica prescrizione inadempiuta.
3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta datata 11.04.2022, depositata telematicamente, ha chiesto a questa Corte l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza.
In particolare, il PG ritiene infatti che la motivazione della sentenza impugnata presenti le denunciate carenze e contraddittorietà che ne impongono l'annullamento. Il Giudice, dopo avere dedicato gran parte della motivazione della sentenza oggetto di impugnazione alla problematica dell'individuazione dei criteri che sovrintendono alla valutazione circa la offensività della condotta, richiamando la consolidata giurisprudenza per cui in relazione ai reati di pericolo la valutazione in ordine all'offesa al bene giuridico protetto deve avvenire al momento della condotta secondo un giudizio prognostico "ex ante", dovendo essere probabile, secondo l'"id quod plerumque accidit", che alla condotta consegua l'evento lesivo, essendo irrilevante l'assenza in concreto, successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione (cfr. Sez. 3, n. 4973 del 18/10/2018, (dep. 01/02/2019) Rv. 275740 – 01), si è discostato da tali insegnamenti procedendo ad una valutazione fondata sulla riscontrata assenza di lesione al bene protetto che ha tenuto conto della situazione così come evolutasi in epoca successiva all’accertamento del reato.
La contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata tra premessa e conclusioni è per il PG evidente, così come segnalato dal PM ricorrente, sia con riferimento alla valutazione relativa alla sussistenza della contestata inosservanza della prescrizione di cui al punto 4) dell’autorizzazione, che vietava di collocare rifiuti in aree non autorizzate, sia a quella relativa alla violazione della prescrizione di cui al punto 15), che imponeva il limite di permanenza dei veicoli, avendo il giudice omesso di considerare le specifiche finalità cui erano volte tali prescrizioni e di procedere ad un giudizio prognostico ex ante volto a valutare l’idoneità delle condotte contestate a determinare situazioni di rischio per la salubrità dell'ambiente.

4. Con memoria 22.04.2022, depositata telematicamente presso la cancelleria di questa Corte, la difesa dell’imputato ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, trattato ai sensi dell’art. 23 co. 8 del DL n. 137/2020, conformemente alle conclusioni del PG, è fondato.

2. Al fine di meglio chiarire le ragioni dell’approdo cui è pervenuta questa Corte, pare opportuno brevemente sintetizzare il merito della vicenda.
L'azione penale è stata esercitata nei confronti dell'imputato in quanto amministratore munito di poteri esclusivi di amministrazione e rappresentanza per le materie attinenti all'ecologia, così come riportato nell'estratto dell'atto di nomina del 14.12.2011 inserito all’interno della visura camerale della Ro.Met s.n.c. Risulta pacifico che la società operasse nel settore dello smaltimento dei rifiuti sulla base di un apposito provvedimento autorizzativo rilasciato dalla Provincia di Cuneo: tale autorizzazione era stata da ultimo rinnovata in data 02.03.2018, attraverso il rilascio di un provvedimento dirigenziale recante in allegato una analitica serie di prescrizioni da rispettare nello svolgimento dell’attività d’impresa così autorizzata.
lncontestata è poi la duplice circostanza che i tre trattori agricoli menzionati in imputazione  fossero stati rinvenuti dai funzionari dell'A.R.P.A. in una zona dell'impianto della Ro.Met. diversa da quella appositamente adibita  al conferimento e allo  stoccaggio dei veicoli fuori uso prima del loro trattamento in base alla previsione di cui al punto 4) dell'allegato alla menzionata autorizzazione e che gli stessi fossero stati presi in carico dall'azienda da un tempo ampiamente superiore a quello massimo di centottanta giorni previsto  dalla previsione di cui al punto 15) del medesimo documento.

3. Tanto premesso, anzitutto, il Tribunale, dopo aver riferito che la difesa aveva sostenuto come “in ogni caso il prolungato  stoccaggio dei trattori presso il proprio impianto non avesse in concreto causato alcun pericolo per l'ambiente, dovendosi perciò l'intera vicenda considerare del tutto priva di qualsiasi profilo di offensività per il bene giuridico tutelato dal D.lgs. 152/2006”, ha sviluppato  l’analisi della fattispecie alla luce dell'elaborazione giurisprudenziale in tema di compatibilità del principio di offensività con i reati di pericolo astratto.
E’ ben vero che al giudice di merito non è precluso il compito di verificare, anche in tali reati, la sussistenza di un sia pur minimo profilo di offensività in concreto. Sul punto, la Corte Costituzionale ha infatti più volte affrontato il problema del rispetto del principio di offensività nei reati a tutela anticipata, affermando la legittimità  delle  fattispecie di  pericolo astratto, purché la valutazione legislativa della pericolosità di una classe di comportamenti non sia arbitraria e irrazionale (c.d. offensività in astratto) ed il giudice eviti di applicare la norma penale a fatti del tutto privi di potenzialità  lesiva (c.d. offensività in concreto) (cfr. C. Cost. n. 333/1991, n. 265/2005, n. 225/2008). In questa prospettiva, come ha affermato Cass. n. 19439 del 17/01/2012 - dep.23/05/2012, Miotti, Rv. 252908 - 01, la valutazione in ordine all'offesa al bene giuridico protetto va retrocessa al momento della condotta secondo un giudizio prognostico "ex ante", essendo irrilevante l'assenza in concreto, successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione (nello stesso senso, in relazione ai reati in materia di inquinamento, v., da ultimo, Cass. n. 4973 del 18/10/2018 - dep.01/02/2019, Mastroianni, Rv. 275740 – 01).
Deve, tuttavia, convenirsi con il PM ricorrente laddove sostiene che in nome del principio di offensività «in concreto», non è consentito trasformare i reati di pericolo astratto (o presunto) in reati di pericolo concreto (e tantomeno di danno): pertanto, da un lato la verifica dell'offensività «in concreto» non può essere svolta tenendo conto della situazione che si palesa «dopo» la commissione del reato; dall’altro lato, non si può neppure indagare se la condotta (posta in essere in formale violazione di legge) fosse, in origine, tale da esporre a «concreto pericolo» il bene giuridico. Correttamente, dunque, l'indagine deve essere condotta collocandosi ex ante e accertando la presenza di elementi concreti e non meramente ipotetici o congetturali che, secondo la migliore scienza ed esperienza facciano ritenere probabile che il comportamento specificamente realizzato esprima quella situazione pericolo per il bene giuridico corrispondente a quella assunta nella norma penale quale ratìo dell'incriminazione. In definitiva, come bene sottolinea il PM ricorrente, il giudizio sull'inoffensività «in concreto» può risolversi a favore dell'autore del fatto esclusivamente quando la condotta tenuta dall'agente non presenti, neppure in grado minimo, l’attitudine a mettere in pencolo l’interesse tutelato.

4. Passando, nello specifico, ad esaminare le due condotte violative oggetto di contestazione, nella prospettiva ex ante si sarebbe potuto, ad esempio, escludere l’offesa per l’ambiente se fosse risultato, in base ad elementi concreti, oggetto di puntuale accertamento da parte del giudice, e non presunti, che, fin dall’inizio (e cioè da quando si è cominciato a tenere la condotta inosservante della prescrizione), la collocazione di un veicolo in area non conforme  a quanto previsto nell'autorizzazione fosse destinata a durare per un tempo assolutamente  limitato: infatti, in questa ipotesi esemplificativa, correttamente citata dal PM ricorrente, la condotta era concretamente inidonea a determinare una situazione, anche solo potenziale, di pregiudizio per l'equilibrio ambientale.
Orbene, sul punto, errato è il richiamo operato dal giudice alla sentenza di questa Corte (Cass., n. 20277  del 27/03/2008  - dep. 21/05/2008, Filippi), in cui veniva in rilievo la condotta di un imputato cui era stato contestato di non aver installato «un idoneo impianto di umidificazione del piazzale durante la movimentazione dei mezzi d'opera in entrata ed uscita nonché un contatore volumetrico dell'impianto idrico di irrorazione». Questa Corte, in tale sentenza, ha in sostanza ribadito che il destinatario della prescrizione è, comunque, responsabile anche se adotta misure diverse, ma di efficacia equivalente a quelle imposte dalla P.A., ribadendo così che il giudizio sull'offensività della condotta non dipende da ciò che in concreto sia stato realizzato. Erra dunque il giudice di merito, come correttamente rileva il PM ricorrente, nella sentenza qui impugnata, nell’affermare che «...nella propria motivazione la Corte dava atto di come il giudice di merito avesse reputato insufficienti le misure adottate da  un'azienda di frantumazione di materiale inerte per contenere il sollevamento delle polveri prodotte, con ciò confermando la necessità di non arrestarsi al mero dato  formale dell'inosservanza della prescrizione impartita dall'ente territoriale, dovendosi verificare in concreto la sussistenza di una lesione o anche solo di un pericolo di lesione per il bene giuridico tutelato».

5. Alla luce di tale considerazione, colgono nel segno i rilievi del PM ricorrente circa l’adeguatezza logico – giuridica delle argomentazioni sviluppate dal giudice nella sentenza assolutoria.
Anzitutto, laddove il Tribunale, parlando del concreto stato dei luoghi ove i mezzi vennero collocati e del complessivo contesto della vicenda, mostra effettivamente di essersi collocato in una prospettiva ex post e non ex ante. Ciò ha comportato, dunque, che la valutazione giudiziale è stata influenzata dall’effettivo evolversi della situazione e quindi dall'assenza, successivamente riscontrata, di qualsivoglia effettiva lesione al bene tutelato.
In secondo luogo, effettivamente censurabile è anche il passaggio argomentativo in cui il Tribunale sostiene che non è affatto certo che l'inappropriata collocazione dei veicoli all’interno del sito della Ro.Met s.n.c. «fosse di per sé tale da esporre a concreto pericolo la salubrità dell’ambiente», perché richiama impropriamente il concetto di pericolo concreto (cui non sarebbe stato esposto il bene tutelato).
Analogamente, si registra l’errore commesso dal tribunale nell’aver analizzato la prima inosservanza avendo come termine di confronto la prescrizione di cui al punto 6) dell’autorizzazione, mentre quella violata è prevista nel punto 4): effettivamente, come evidenzia il PM ricorrente, così opinando, però manca del tutto la valutazione in merito alla potenzialità lesiva del comportamento consistito nel collocare tre veicoli non bonificati in area diversa da quella prescritta.
Dunque, nella prospettiva ex ante, si sarebbe dovuto stabilire se nel momento in cui i trattori sono stati collocati in un'area dello stabilimento inappropriata per i veicoli che non erano ancora stati sottoposti a bonifica, la situazione di fatto così determinata fosse tale da «attualizzare» il rischio per l'ambiente in funzione del quale la P.A. aveva imposto la prescrizione disattesa. Come correttamente rileva il PM ricorrente, infatti, se lo scopo della stessa era quello di impedire confusione tra veicoli di tipologia e pericolosità diverse, sia per la migliore gestione dell'impresa sia per l'efficacia dei controlli amministrativi, non vi è dubbio alcuno che l’inosservanza della prescrizione di cui al punto 4) non era affatto priva di potenzialità lesiva e, quindi, non poteva considerarsi inoffensiva.

7. Ad analogo approdo deve pervenirsi quanto al dedotto vizio motivazionale relativo alla prescrizione che imponeva il limite di permanenza dei veicoli non bonificati presso l'impianto per non oltre centottanta giorni.    
Ed infatti, come altrettanto correttamente rileva il PM ricorrente, è ben vero che lo stesso Tribunale si rende conto che il richiamo a quanto acquisito in dibattimento (circa l'assenza di perdite o sversamenti) «costituisca un dato emerso solamente ex post» (e pertanto non utilizzabile perché non è consentito basarsi sull'assenza in concreto di un pregiudizio effettivo per l'ambiente). E’ tuttavia altrettanto vero che, sostenendo che la collocazione dei veicoli, anche se non conforme alla disciplina autorizzatoria, «risultava comunque tale da escludere la sussistenza di un evidente pericolo di inquinamento dell'ambiente in caso di eventuali perdite di fluidi o altre sostanze», il giudice di merito compie un salto logico che si traduce in carenza motivazionale.
Infatti, nella prospettiva ex ante occorreva prima di tutto indagare sulla reale funzione protettiva spettante alla prescrizione del punto 15 (che, come correttamente sottolinea il PM nel ricorso, non è quella di evitare inquinamento  dell'ambiente in caso di eventuali perdite di fluidi o altre sostanze, perché tale finalità cautelare spetta ad altre prescrizioni, ma poteva essere quella di impedire il sovraccarico ambientale dovuto allo stazionamento di veicoli pericolosi) e, soltanto dopo, si poteva stabilire se la condotta concretamente iniziata alla scadenza del termine legale fosse tale da attualizzare il rischio (presunto) per l'ambiente, per fronteggiare il quale era stata imposta la specifica prescrizione inadempiuta.
Da qui, dunque, la fondatezza anche di tale secondo profilo di doglianza.    

     8. Il ricorso deve pertanto accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata e con rinvio al tribunale di Asti in diversa composizione personale, per nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Asti in diversa composizione personale.
Così deciso, il 29 aprile 2022