Cass. Sez. III n. 25203 del 26 giugno 2012 (Ud 16 mag. 2012)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Russo
Rifiuti. Nozione di sottoprodotto e attività di recupero 
Sottoprodotto è ciò che non è mai state rifiuto, costituendo invece materiale immediatamente riutilizzabile.  Non è quindi tale la plastica già usata per gli imballaggi  non pronta per il reimpiego nel momento in cui si originava nel corso del processo rivolto alla produzione di medicinali e conseguentemente sottoposta a macinazione, quale operazione non costituente parte integrante del processo produttivo principale ed avente la funzione di contribuire alla trasformazione del materiale per consentirne l'inserimento in un nuovo ciclo produttivo. L'operazione di triturazione delle materie plastiche che hanno terminato il proprio ciclo di vita quali imballaggi è un'operazione di recupero di rifiuti, finalizzata a conferire agli stessi consistenza diversa rispetto al materiale di partenza così da consentire il nuovo svolgimento di un ruolo utile e soggetta, come tale, all'obbligo di autorizzazione.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. DE MAIO   Guido            - Presidente  - del 16/05/2012
 Dott. FIALE     Aldo        - rel. Consigliere - SENTENZA
 Dott. FRANCO    Amedeo           - Consigliere - N. 1337
 Dott. SARNO     Giulio           - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. ANDREAZZA Gastone          - Consigliere - N. 45898/2011
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 1) RUSSO MELCHIORRE N. IL 02/08/1939;
 avverso la sentenza n. 149/2009 TRIBUNALE di NICOSIA, del 18/01/2010;
 visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
 udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/05/2012 la relazione fatta dal  			Consigliere Dott. ALDO FIALE;
 udito il P.G. in persona del Dott. SPINACI Sante che ha concluso per  			il rigetto del ricorso.
 RITENUTO IN FATTO
 Il Tribunale di Nicosia, con sentenza del 18.1.2010, ha affermato la  			responsabilità penale di Russo Melchiorre in ordine al reato di  			cui:
 - al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, per avere - nella  			qualità di legale rappresentante della s.p.a. "Ipra" - senza le  			prescritte autorizzazioni ed iscrizioni, effettuato attività di  			recupero di rifiuti del tipo imballaggi (codice CER 15.01.2002),  			riducendoli tramite appositi mulini e rivendendoli poi ad una  			specifica impresa - acc. in Assoro, il 26.6.2007) e lo ha  			condannato alla pena di Euro 6.000,00 di ammenda.
 Avverso tale sentenza ha proposto impugnazione il difensore del  			Russo, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del  			vizio di motivazione - ha eccepito:
 - la erronea qualificazione come "rifiuti" dei materiali plastici  			triturati, in quanto gli stessi costituirebbero "residuo dei tagli  			delle sacche, destinato ad essere utilizzato presso il medesimo  			opificio, o presso altro, senza subire alcun preventivo trattamento  			di nessuna natura e senza recare danno all'ambiente".  			Si tratterebbe, dunque, di "materia prima secondaria1' (ai sensi del  			D.L. 8 luglio 2002, n. 138, art. 14, convertito dalla L. 8 agosto  			2002, n. 178, e della Direttiva 2008/98/CE del 19.11.2008), ovvero di  			"sottoprodotto" (ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma  			1 - lett. n);
 - l'eccessività della pena irrogata.
 La Corte di appello di Caltanissetta (con ordinanza del 27.9.2011) ha  			trasmesso gli atti a questa Corte Suprema, ex art. 568 c.p.p., u.c..  			CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.  			1. Nella vicenda in esame è stato accertato, in punto di fatto, che  			- in uno stabilimento spedalizzato nella produzione di medicinali -  			gli imballaggi in plastica di ciò che era stato utilizzato ai fini  			produttivi venivano triturati mediante appositi mulini sì da  			ottenere "rimacinato di matarozze da rilavorazione industriale" poi  			ceduto in vendita a terzi.
 Tale attività veniva svolta senza alcuna autorizzazione.  			2. Quanto alla prospettata configurazione quale n materia prima  			secondaria" dei materiali plastici triturati, appare opportuno  			delineare, nei suoi elementi essenziali, la disciplina  			progressivamente vigente a decorrere dall'entrata in vigore del  			D.Lgs. n. 152 del 2006.
 2.1 L'art. 181, comma 6, di tale D.Lgs. (nella formulazione  			originaria) prevedeva la possibilità di ottenere materie prime  			secondarie attraverso attività di recupero - in attesa  			dell'emanazione di uno specifico decreto del Ministro dell'ambiente e  			della tutela del territorio - rinviando alle disposizioni previste  			dal D.M. 5 febbraio 1998 e disponendo che materie siffatte fossero  			sottoposte ai regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti,  			purché avessero le caratteristiche indicate da quel decreto  			ministeriale e fossero "direttamente destinate In modo oggettivo ed  			effettivo all'impiego in un ciclo produttive".
 La materia ottenuta, inoltre, doveva costituire il risultato di una  			operazione di recupero giunta ai suo completamento, come richiesto  			dal comma 12, originario art. 181.
 2.2 Il D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 aveva modificato l'art. 181 (il  			cui testo è stato sostituito, da ultimo, dal D.Lgs. 3 dicembre 2010,  			n. 205, art. 7) e nell'art. 181-bis, di nuova introduzione, aveva  			fissato requisiti e condizioni che dovevano sussistere perché un  			materiale potesse essere considerato non un rifiuto ma una materia  			prima secondaria.
 Alla stregua di quella normativa:
 - doveva trattarsi di materie e sostanze prodotte da un'operazione di  			riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti;
 - dovevano essere individuate la provenienza, la tipologia e le  			caratteristiche dei rifiuti dal quali si potessero produrre;
 - dovevano essere individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo  			o di recupero che le producevano, con particolare riferimento alle  			modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse;
 - dovevano essere precisati i criteri di qualità ambientale, i  			requisiti merceologici e le altre condizioni necessaire per  			l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti  			per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni  			all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto;
 - le materie e sostanze dovevano avere un effettivo valore economico  			di scambio sul mercato.
 2.3 L'art. 181-bis è stato poi abrogato dal D.Lgs. n. 205 del 2010,  			art. 39, comma 3, che ha rinnovato ed innovato la disposizione  			dell'art. 184-quater del T.U. ambientale, restando superata la  			definizione di materia prima secondaria a fronte di una chiara  			fissazione delle condizioni che, ove sussistenti, fanno cessare, per  			un materiale sottoposto ad attività di recupero, la qualità di  			rifiuto.
 Presupposti essenziali sono da individuarsi, in ogni caso:
 - nella sottoposizione dei rifiuto ad un'operazione di recupero,  			incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo;
 - nella sussistenza di un mercato e di una domanda del materiale  			recuperato (con conseguente attribuzione di un valore economico) e  			nella riammissione dello stesso in un ciclo produttivo tipico;
 - nella rispondenza del materiale recuperato a requisiti tecnici e  			standard specifici;
 - netta insussistenza di impatti negativi sull'ambiente e sulla  			salute umana.
 2.4 In relazione alle anzidette disposizioni normative appare  			evidente, nel presente procedimento, che la plastica già usata per  			imballaggi aveva ormai esaurito tale funzione e non era idonea ad  			essere utilizzata direttamente in un processo produttivo Industriale,  			sicché non può essere considerata "materia prima secondaria fin  			dall'origine". Ciò che assume rilevanza fondamentale, allora, è  			individuare se la triturazione effettuata integri o meno  			un'operazione di "recupero", in quanto, allorché si configuri  			(Intervenuto compimento di un'operazione siffatta, deve ritenersi  			necessaria l'autorizzazione che risulta carente nella fattispecie in  			esame.
 3. Con riferimento poi alla prospettata applicabilità del regime  			eccettuato previsto per i "sottoprodotti", va rilevato che:
 a) Quanto alla provenienza:
 - il D.Lgs n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. n), nella  			formulazione originaria, definiva sottoprodotti "i prodotti  			dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attività  			principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale  			dell'impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al  			consumo";
 - il D.Lgs n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. p), come  			riscritto dal D.Lgs. n. 4 del 2006, art. 2, comma 20, prevedeva che  			gli stessi fossero "originati da un processo non direttamente  			destinato alfa loro produzione";
 - il D.Lgs. n. 152 del 2006, attuale art. 184-bis (aggiunto dal  			D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, art. 12, comma 1) richiede che il  			sottoprodotto sia "originato da un processo di produzione, di cui  			costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la  			produzione di tale sostanza od oggetto".
 b) Quanto ai trattamenti compatibili:
 - nella formulazione originaria dell'art. 183 si richiedeva che  			l'utilizzo del sottoprodotto avvenisse "senza la necessità di  			operare trasformazioni preliminari in un successivo processo  			produttivo" e si considerava "trasformazione preliminare" "qualsiasi  			operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità,  			ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà  			che esso già possiede, e che si rende necessaria per il successivo  			impiego in un processo produttivo o per il consumo";
 - in seguito alle modificazioni introdotte dal D.Lgs. n. 4 del 2008  			venne richiesto che i sottoprodotti non dovessero essere sottoposti a  			trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare  			i requisiti merceologici e di qualità ambientale, dovendo possedere  			invece tali requisiti fino dada fase di produzione.
 Veniva peraltro affermato, nella giurisprudenza penale ed  			amministrativa (vedi Cass., Sez. 3, n. 41839/2008 e C. Stato, Sez. 4,  			n. 888/2010), che le operazioni di cernita e di selezione non fossero  			più incluse tra quelle di recupero;
 - nella definizione di "sottoprodotto" posta dal D.Lgs. n. 152 del  			2006, attuale art. 184-bis (aggiunto dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n.  			205, art. 12, comma 1) - viene previsto che esso deve essere tale da  			potere essere "utilizzato direttamente senza alcun ulteriore  			trattamento diverso dalla normale pratica industriale".  			3.1 A fronte dell'anzidetta successione di leggi penali nel tempo, la  			disciplina applicabile alla fattispecie in esame sarebbe - ai sensi  			dell'art. 2 cod. pen. - quella più favorevole all'Imputato ed essa  			dovrebbe integralmente applicarsi anche retroattivamente, senza  			potersi procedere ad una combinazione delle disposizioni più  			favorevoli della nuova legge con quelle più favorevoli della  			vecchia.
 Nel caso di specie, però, il Collegio ritiene che la
 configurabilità di un "sottoprodotto" (e l'applicabilità del  			relativo regime derogatorio a quello ordinario dei rifiuti) debba  			negarsi alla stregua di tutta la normativa via via succedutasi,  			poiché sottoprodotto è ciò che non è mai stato rifiuto,  			costituendo invece materiale immediatamente riutilizzabile.  			La plastica già usata per gli imballaggi - al contrario - non era  			pronta per il reimpiego nel momento in cui si originava nel corso del  			processo rivolto alla produzione di medicinali e veniva appunto  			sottoposta a macinazione, quale operazione non costituente parte  			integrante del processo produttivo principale ed avente la funzione  			di contribuire alla trasformazione del materiale per consentirne  			l'inserimento in un nuovo ciclo produttivo.
 4. Punto essenziale, dunque - come si è detto dianzi - è quello di  			stabilire se l'effettuata attività di triturazione delle materie  			plastiche sia da qualificare come un'operazione di "recupero" che non  			poteva essere svolta senza essere sottoposta al vaglio autorizzatolo  			dell'autorità.
 Al riguardo deve rilevarsi che: - Nella prima stesura del D.Lgs. n.  			152 del 2006 venivano ricondotte all'attività di:
 - recupero" quelle "operazioni che utilizzano rifiuti per generare  			materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso  			trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la  			cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste  			nell'Allegato C.
 - La Direttiva 2008/98/CE (con nozione che il D.Lgs. n. 205 del 2010,  			art. 10 ha poi recepito nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183)  			definisce "recupero" qualsiasi operazione il cui principale risultato  			sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo  			altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per  			assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale  			funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale.  			4.1 Nella valutazione del caso che ci occupa (tenuto anche conto  			della definizione comunitaria recepita dalla normativa nazionale)  			deve osservarsi che l'operazione di triturazione delle materie  			plastiche che hanno terminato il proprio ciclo di vita quali  			imballaggi correttamente è stata ritenuta dal giudice del merito  			operazione di recupero di rifiuti - finalizzata a conferire agli  			stessi consistenza diversa rispetto al materiale di partenza sì da  			consentire il nuovo svolgimento di un ruolo utile - soggetta come  			tale all'obbligo di autorizzazione, nella specie carente.  			Non si tratta di mera selezione (o di attività ad essa
 assimilabile), che si sarebbe potuta ritenere esclusa dall'ambito del  			recupero ai sensi del D.Lgs. n. 4 del 2008, e l'attuale formulazione  			del D.Lgs n. 152 del 2006, art 184-ter prevede che - l'operazione di  			recupero può consistere anche semplicemente nei controllare i  			rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati".  			In buona sostanza, la vicenda concreta è caratterizzata dalla  			presenza di un "rifiuto di imballaggio0, nozione che l'art. 3, punto  			1, della Direttiva 94/62/CE riferisce a "tutti i prodotti composti di  			materiali di qualsiasi natura, adibiti a contenere e a proteggere  			determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a  			consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al  			consumatore o all'utilizzatore, e ad assicurare la loro  			presentazione".
 Di tale rifiuto il possessore aveva l'obbligo di disfarsi ai sensi  			dell'art. 3, n. 2, della medesima Direttiva 94/62/CE ed a fronte di  			tale obbligo lo ha sottoposto ad un trattamento che, pur non avendo  			ripristinato lo stato iniziale del materiale, era comunque  			finalizzato a costituire una fase di ripristino. All'esecuzione di  			tale trattamento egli, però, avrebbe dovuto essere autorizzato.  			5. Infondato è pure il secondo motivo di gravame, perché la pena  			risulta determinata con corretto riferimento ai criteri direttivi di  			cui all'art. 133 c.p., in considerazione sia dell'entità oggettiva  			dell'illecito accertato sia della personalità dell'imputato, già  			raggiunto da precedenti condanne.
 6. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p.,  			l'onere delle spese del procedimento.
 P.Q.M.
 Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese  			processuali.
 Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.
 Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2012
                    



