Cass. Sez. III sent 6435 del 15 febbraio 2007 (ud. 17 gen. 2007)
Pres. Grassi Est. Lombardi Ric. Agazzini
Rifiuti. materiali da demolizione

L'art. 14 del D.L. 8.7.2002 n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8.8.2002 n. 178, è stato abrogato dall'art. 264, comma 1 lett. l), del D. L.vo 3.4.2006 n. 152, mentre ai sensi dell'art. 184, comma 3 lett. b) del medesimo testo normativo i materiali provenienti da attività di demolizione rientrano nella categoria dei rifiuti speciali, senza che risulti riprodotta dal nuovo codice in materia ambientale l'eccezione alla applicabilità della normativa sui rifiuti di cui all'abrogato articolo 14 della L. n. 178-2002.

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Novara, sezione distaccata di Borgomanero, ha affermato la colpevolezza di Agazzini Piera Gabriella in ordine al reato di cui all’art. 51, comma 1 lett. a), del D.L.vo n. 22J97, ascrittole per avere effettuato attività di smaltimento di rifiuti speciali, costituiti da materiali provenienti da demolizioni edilizie, utilizzandoli per la costruzione di una strada in rilevato, senza essere in possesso della prescritta autorizzazione.

La sentenza ha affermato che nella specie non può trovare applicazione la disposizione dì legge che esclude dal novero dei rifiuti quei materiali che possono essere e sono effettivamente reimpiegati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo, senza essere sottoposti ad operazioni di recupero, osservando che nella specie non vi è alcuna prova che il materiale proveniente da demolizioni edilizie, “tra l’altro comprendente il famigerato eternit”, fosse stato oggetto di una previa cernita e del test di cessione, con la conseguenza che doveva ritenersi certamente sussistente un pregiudizio per l’ambiente.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputata, che la denuncia per violazione di legge.

 

Motivi della decisione

Con un unico motivo di impugnazione la ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 14 della L. n. 178/2902 di conversione del DL. n. 138/2002.

La ricorrente ripropone la questione della inapplicabilità, nel caso in esame, della normativa in materia di rifiuti per effetto della disposizione citata, essendo stato accertato dal giudice di merito che i residui dell’attività di demolizione edilizia erano stati reimpiegati per la realizzazione della strada di cui alla contestazione senza avere subito alcun processo di recupero.

Sul punto si deduce che il giudice di merito ha affermato, con violazione dell’art. 192 c.p.p., che l’operazione dì interro dei materiali provenienti da demolizioni edilizie avrebbe provocato un pregiudizio per l’ambiente, essendo stato provato tramite la certificazione dell’ARPA che gli stessi erano stati sottoposti al test di cessione ed erano stati dichiarati riutilizzabili per il fine indicato, in quanto non dannosi per l’ambiente.

In proposito si aggiunge che l’affermazione della sentenza, secondo la quale tra i materiali sarebbe stato presente anche il famigerato eternit non è suffragata da alcun serio riscontro probatorio.

Il ricorso non è fondato.

E’ opportuno precisare in punto di diritto che l’art. 14 del D.L. 8 luglio 2002 n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2002 n. 178, è stato abrogato dall’art. 264, comma 1 lett. l), del D.L.vo 3 aprile 2006 n. 152, mentre ai sensi dell’art. 124, comma 3 lett. ti) del medesimo testo normativo i materiali provenienti da attività di demolizione rientrano nella categoria dei rifiuti speciali, senza che risulti riprodotta dal nuovo codice in materia ambientale l’eccezione alla applicabilità della normativa sui rifiuti di cui al l’abrogato articolo 14 della L. n. 178/2002.

Peraltro, risultando la disciplina abrogata, vigente all’epoca del fatto, più favorevole per l’imputato, la stessa continuava a trovare applicazione ai sensi dell’art. 2, comma 3, c.p..

Va, quindi, rilevato che nella vigenza del citato art. 14 del D.L. n. 138/02, convertito in L. n. 178/02, è stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte il seguente principio di diritto: “I materiali provenienti da demolizione edilizia sono rifiuti speciali non pericolosi e possono essere riutilizzati nello stesso od in diverso ciclo produttivo - ad esempio nelle opere di riempimento - previo preventivo “test di cessione” degli stessi, in conformità al D.M 5 febbraio 1998, in modo da non recare pregiudizio all’ambiente; in assenza del menzionato test ogni recupero dei materiali cosiddetti di risulta intera la contravvenzione di cui all’art. 51, comma primo, lett. a) del D.Lgs. n. 22 del 1997.” (sez. III, 200430127, Piacentino, RV 229467; conf. sez. III, 200536955, P.M. in proc. Noto ed altri, RV 232192).

Orbene, nel caso in esame, il giudice dì merito ha accertato che l’imputata non aveva affatto eseguito il test di cessione dei materiali provenienti da demolizioni utilizzati per le operazioni di riempimento del fondo stradale, in modo da verificare preventivamente che gli stessi non avrebbero recato pregiudizio all’ambiente, sicché correttamente i predetti materiali sono stati qualificati quali rifiuti speciali non pericolosi, palesandosi il riferimento alla presenza di eternit tutto ininfluente ai fini della decisione.

Deve essere anche rilevato che dal verbale di udienza non risulta essere stata prodotta dall’imputata la certificazione dell’Arpa menzionata in ricorso, ma solo la documentazione relativa ad una richiesta di condono edilizio, senza ulteriori precisazioni, sicché non è stata neppure sottoposta all’esame del giudice di merito la questione dedotta sul punto nel presente gravame.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 al rigetto dell’impugnazione segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.