Cass. Sez. III n. 42059 del 16 novembre 2011 (CC 29 set. 2011)
Pres.Ferrua Est.Franco Ric. P.M. e Giudici
Beni Ambientali.Omessa comunicazione alla Soprintendenza dell'autorizzazione rilasciata
L'omessa comunicazione da parte del Comune alla Soprintendenza dell'autorizzazione paesaggistica, rilasciata ai sensi della disciplina transitoria di cui all'art. 159 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, rende illegittimo il permesso di costruire eventualmente rilasciato, con conseguente configurabilità del reato paesaggistico ed edilizio
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Camera di consiglio
 Dott. FERRUA   Giuliana          - Presidente  - del 29/09/2011
 Dott. TERESI   Alfredo           - Consigliere - SENTENZA
 Dott. LOMBARDI Alfredo M.        - Consigliere - N. 1669
 Dott. FRANCO   Amedeo       - est. Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. MARINI   Luigi             - Consigliere - N. 42990/2010
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze;
 e da Giudici Lorenzo;
 in proprio e quale legale rappresentante delle società Sandira srl e  			Geikos spa;
 avverso l'ordinanza emessa il 12 ottobre 20lo dal tribunale del  			riesame di Firenze;
 udita nella udienza in camera di consiglio del 29 settembre 2011 la  			relazione fatta dal Consigliere Dr. Amedeo Franco;
 udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore  			Generale Dott. Volpe Giuseppe, che ha concluso per l'annullamento con  			rinvio in accoglimento di entrambi i ricorsi;
 udito il difensore avv. Lucibello Pier Matteo.
 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 Con decreto 23.9.2010 il GIP del tribunale di Firenze dispose il  			sequestro preventivo di un cantiere sito nel comune di Greve in  			Chianti nonché della relativa strada di cantiere in relazione ai  			reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), e D.Lgs.  			22 gennaio 2004, n. 42, art. 181.
 Il tribunale del riesame di Firenze, con l'ordinanza in epigrafe,  			revocò il sequestro della strada di cantiere e confermò nel resto  			il provvedimento di sequestro.
 Osservò il tribunale: - che la relazione del CT di parte aveva  			escluso la sussistenza sul luogo di un vincolo ideologico, ma che si  			trattava di una consulenza di parte sulla quale prevalevano gli  			elaborati dei funzionari pubblici fino alla effettuazione di perizie  			di ufficio nel prosieguo delle indagini; - che altra consulenza di  			parte aveva escluso il pericolo di frana o comunque l'aveva limitato  			ad una ridottissima frazione di terreno, ma che in quella fase del  			procedimento non era possibile prendere decisioni esaustive, essendo  			necessari più approfonditi accertamenti; - che invece non sussisteva  			il reato ambientale in riferimento alla strada di cantiere perché,  			sulla base della norma transitoria vigente all'epoca dei fatti, la  			competenza al rilascio della autorizzazione ambientale era del  			comune, che nella specie l'aveva rilasciata.
 Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze  			propone ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea  			applicazione di norme di legge. Osserva che nella specie la  			Sovrintendenza non era stata mai posta in condizione di esercitare il  			potere di annullamento perché l'autorizzazione rilasciata dal comune  			non le era mai stata comunicata, in violazione del D.Lgs. 22 gennaio  			2004, n. 42, art. 159. Di conseguenza il permesso di costruire non  			poteva ancora essere rilasciato e pertanto è illegittimo mentre la  			strada di cantiere si è realizzata senza che si fosse ancora  			perfezionato il procedimento per il rilascio della autorizzazione  			paesaggistica.
 Il Giudici propone a sua volta ricorso per cassazione deducendo:
 1) violazione dell'art. 321 c.p.p.; motivazione apparente,  			inesistente e comunque incongrua. Lamenta che, in ordine alla pretesa  			sussistenza del vincolo idrogeologico, il tribunale ha omesso di  			esaminare la consulenza dell'indagato dando immotivatamente la  			prevalenza agli elaborati provenienti da atti pubblici. In realtà si  			trattava di sommarie informazioni testimoniali di funzionari del  			genio civile e del comune nonché di documenti meramente derivativi  			(quali il certificato di destinazione urbanistica) ai quali la difesa  			aveva contrapposto gli atti normativi originali che avevano istituito  			il vincolo. Analoga risposta ha fornito il tribunale in ordine alla  			questione della ridotta o negata edificabilità della zona franosa  			sebbene la consulenza di parte avesse escluso l'insistenza nella zona  			franosa. In sostanza il tribunale ha deciso di non decidere, senza  			esaminare le argomentazioni tecniche della difesa.  			2) violazione degli artt. 321 e 125 c.p.p.; omessa motivazione in  			ordine agli opposti e rilevanti interessi di rango costituzionale  			facenti capo ai privati, dal momento che gli edifici sequestrati sono  			di proprietà di una società estranea ai reati ipotizzati. Nella  			specie invero si è ritenuto di disporre della proprietà privata e  			poi di rinviare sine die la decisione sulla richiesta di riesame  			avanzata, senza motivare sulla prevalenza degli interessi di  			giustizia sui diritti fondamentali costituzionali.  			3) violazione degli artt. 321 e 481 c.p.p.; del D.P.R. n. 380 del  			2001, art. 44, lett. c); del R.D.L. n. 3267 del 1923, art. 2 ss.;
 mancanza di motivazione in ordine a un punto essenziale della  			controversia. Lamenta che la consulenza della difesa aveva escluso il  			vincolo idrogeologico, mentre l'accusa aveva fatto riferimento solo  			alla cartografia in dotazione al corpo forestale, senza alcun  			riferimento alla cartografia originale di cui al R.D.L. n. 3267 del  			1923, art. 2. Quanto alla pretesa inedificabilità della zona,  			osserva che dalle planimetrie in atti emerge che l'intera  			edificazione è stata eseguita in area dichiarata edificabile dal  			regolamento edilizio. In ogni caso, anche accedendo alla tesi  			accusatoria, soltanto un corpo di fabbrica separato dagli altri  			sarebbe collocato per una modesta porzione in zona inedificabile,  			sicché il sequestro doveva essere limitato ad esso. Tale richiesta  			non è stata neppure presa in considerazione dal tribunale.  			MOTIVI DELLA DECISIONE
 Il ricorso del pubblico ministero è fondato. Secondo la disciplina  			transitoria di cui al D.Lgs. 22 gennaio, 2004, n. 42, art. 159,  			ritenuto dal tribunale applicabile nella specie, "L'amministrazione  			competente al rilascio dell'autorizzazione da immediata comunicazione  			alla soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, trasmettendo la  			documentazione prodotta dall'interessato nonché le risultanze degli  			accertamenti eventualmente esperiti. La comunicazione è inviata  			contestualmente agli interessati, per i quali costituisce avviso di  			inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della L. 7 agosto  			1990, n. 241 ... La soprintendenza, se ritiene l'autorizzazione non  			conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi  			del presente titolo, può annullarla, con provvedimento motivato,  			entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa,  			completa documentazione".
 Nella specie, secondo l'assunto del pubblico ministero - che il  			tribunale del riesame ha totalmente omesso di considerare -  			l'autorizzazione del comune non sarebbe mai stata comunicata alla  			soprintendenza, la quale quindi non sarebbe stata posta in grado di  			esercitare i suoi controlli ed eventualmente il suo potere di  			annullamento. Ne deriverebbe che la strada di cantiere sarebbe stata  			realizzata senza una valida autorizzazione paesaggistica e che anche  			il permesso di costruire sarebbe illegittimo per mancanza di un suo  			presupposto.
 Come esattamente rileva il pubblico ministero ricorrente, infatti,  			non si sarebbe perfezionato il procedimento amministrativo  			autorizzatorio ai fini ambientali, dal che deriva l'illegittimità  			del permesso di costruire, sicché sarebbero integrati sia il reato  			paesaggistico sia quello edilizio.
 L'ordinanza impugnata deve dunque essere annullata relativamente alla  			statuizione sulla strada di cantiere, con rinvio per nuovo esame al  			tribunale di Firenze, il quale dovrà accertare l'avvenuto puntuale e  			regolare svolgimento del procedimento di cui al D.Lgs. 22 gennaio  			2004, n. 42, art. 159, o altrimenti ritenere inefficace  			l'autorizzazione paesaggistica rilasciata dal comune.  			È fondato anche il ricorso del Giudici relativo al mantenimento  			del sequestro del cantiere.
 Va preliminarmente ricordato che la più recente giurisprudenza di  			questa Corte in tema di sequestro preventivo ha innumerevoli volte  			affermato che il tribunale del riesame, per espletare il ruolo di  			garanzia che la legge gli demanda, non può avere riguardo solo alla  			astratta configurabilità del reato, ma deve prendere in  			considerazione e valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le  			risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori  			offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli  			elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla  			configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato  			(cfr., ex plurimis, Sez. 1, 9 dicembre 2003, n. 1885/04, Cantoni, m.  			227.498; Sez. 3, 16.3.2006 n. 17751; Sez. 2, 23 marzo 2006, Cappello,  			m. 234197; Sez. 3, 8.11.2006, Pulcini; Sez. 3, 9 gennaio 2007,  			Sgadari; Sez. 4, 29.1.2007, 10979, Veronese, m. 236193; Sez. 5,  			15.7.2008, n. 37695, Cecchi, m. 241632; Sez. 1, 11.5.2007, n. 21736,  			Citarella, n. 236474; Sez. 4, 21.5.2008, n. 23944, Di Fulvio, m.  			240521; Sez. 2, 2.10.2008, n. 2808/09, Bedino, m. 242650, nonché, da  			ultimo, Sez. 3, 5.5.2010, n. 26197, Bressan, m, 247694, secondo cui  			"Nella valutazione del "fumus commissi delicti" quale presupposto del  			sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 1 il giudice  			del riesame non può avere riguardo alla sola astratta  			configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e  			coerente, delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva  			situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando,  			sia pure sommariamente, le ragioni che rendono allo stato sostenibile  			l'impostazione accusatoria. (In applicazione di tale principio la  			Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza che, confermando il  			sequestro preventivo di immobile per il reato di lottizzazione  			abusiva, aveva fatto generico richiamo alla consulenza tecnica del  			P.M. e agli altri atti di polizia giudiziaria senza alcun riferimento  			ai contenuti e alle ragioni della loro prevalenza sui rilievi di  			carattere difensivo").
 Nella specie, sotto questo profilo l'ordinanza impugnata è  			totalmente carente di motivazione.
 E difatti, in ordine alla sussistenza di un vincolo idrogeologico e  			ad un pericolo di frana, il tribunale da atto che il consulente di  			parte prof. Monti, nella sua "bene articolata" relazione ha  			accertato che nella zona non esiste un vincolo idrogeologico e che  			non vi è "nulla da eccepire sulle dotte conclusioni del consulente",  			ma che "trattasi pur sempre di un elaborato di parte al quale bisogna  			dare pieno credito sempre con molta cautela specie quando di contro  			vi sono documentazioni ed elaborati provenienti da atti pubblici e da  			funzionari pubblici", mentre, quanto al pericolo di frana, il  			tribunale da atto che secondo il consulente della difesa tale  			pericolo non sussiste se non al più su una piccolissima frazione del  			terreno, ma osserva che lo stato dell'istruttoria "non consente di  			prendere decisioni esaustive in proposito abbisognando di ulteriori e  			più approfonditi accertamenti".
 Ora, anche tralasciando di considerare che il tribunale non aveva  			dinanzi a sè una perizia di ufficio ma due consulenze di parte, non  			può non convenirsi con il ricorrente quando lamenta che in sostanza  			il tribunale del riesame ha deciso di non decidere sostenendo la  			complessità tecnica del caso e non misurandosi affatto con le  			argomentazioni tecniche della difesa. In pratica, il tribunale del  			riesame ha ritenuto di poter incidere pesantemente su un diritto  			costituzionalmente tutelato rimandando sine die la decisione sulla  			richiesta di riesame senza motivazione alcuna. Anche l'affermazione  			che in quella fase si sarebbe dovuta dare la prevalenza all'assunto  			difensivo è meramente apodittica ed assertiva. Il tribunale, invero,  			non ha nemmeno risposto alla eccezione difensiva secondo cui l'accusa  			non si basava su atti provenienti da pubblici uffici bensì su  			sommarie informazioni testimoniali di funzionari del genio civile e  			del comune nonché su documenti meramente derivativi (quali il  			certificato di destinazione urbanistica) ai quali la difesa aveva  			invece contrapposto gli atti normativi originali che avevano  			istituito il vincolo. La difesa aveva infatti evidenziato che ai  			sensi del R.D.L. n. 3267 del 1923, art. 2. l'area sottoposta a  			vincolo idrogeologico è segnata su una mappa catastale o, in  			mancanza, su una carta dell'Istituto Geografico Militare, che, dopo  			l'istituzione e l'approvazione del vincolo, è conservata  			nell'archivio comunale ai sensi del R.D. 16 maggio 1926, n. 1126,  			art. 10, evidenziando altresì che il suo consulente prof. Monti  			aveva fondato il suo accertamento proprio acquisendo presso il comune  			la cartografia originale del vincolo redatta su carta in scala  			1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare, mentre le deduzioni  			dell'accusa avevano fatto riferimento generico alla cartografia in  			dotazione al comando del corpo forestale, senza alcun riferimento  			specifico alla cartografia originale rappresentativa del vincolo. La  			difesa aveva anche eccepito che dalle planimetrie in atti emergeva  			che l'intera edificazione era stata eseguita in area dichiarata  			edificabile dal regolamento edilizio, del resto avendo preso il posto  			dell'antica falegnameria Alma, e che il suo consulente sulla base di  			idonea documentazione aveva escluso il pericolo di frana. Aveva in  			via subordinata eccepito che, anche aderendo alla tesi accusatoria,  			soltanto un corpo di fabbrica separato dagli altri sarebbe collocato  			per una modesta porzione in zona inedificabile, sicché il sequestro  			avrebbe dovuto essere limitato ad esso. Tutte queste argomentazioni  			ed eccezioni - pur essendo sicuramente idonee ad incidere sulla  			decisione - sono state completamente ignorate dal tribunale del  			riesame.
 L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio per  			totale mancanza di motivazione anche in ordine al disposto sequestro  			del cantiere e degli edifici.
 P.Q.M.
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 In accoglimento di entrambi i ricorsi, annulla l'ordinanza impugnata  			con rinvio al tribunale di Firenze per nuovo esame.
 Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione,  			il 29 settembre 2011.
 Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2011
                    



