Consiglio di Stato Sez. IV n. 6895 del 4 agosto 2025
Ambiente in genere.Legittimazione a ricorrere di una associazione non riconosciuta o figura soggettiva equivalente

Ai fini della legittimazione a ricorrere di una associazione non riconosciuta o figura soggettiva equivalente, non rientrante nell’elencazione di cui all’art. 13, l. 8 luglio 1986 n. 349, non è sufficiente allegare, come nel caso della difesa dell’Associazione che la figura soggettiva abbia fra i suoi scopi statutari la tutela ambientale ed operi nella provincia in cui è posta l’area su cui incide il provvedimento amministrativo contestato o sia stata costituita appositamente per la tutela dell’area medesima, ma l’attitudine idoneativa all’esercizio dell’azione richiede indefettibilmente una verifica caso per caso, rigorosa e concreta, da parte del giudice adito, pena, altrimenti, l’incontrollata proliferazione di azioni popolari, non ammesse dall’ordinamento, se non in via del tutto eccezionale

Pubblicato il 04/08/2025

N. 06895/2025REG.PROV.COLL.

N. 06243/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6243 del 2023, proposto dall’Associazione Otasup, Osservatorio per la tutela dell’ambiente e per lo sviluppo umano di Pisciotta Ets, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Domenico Parrella, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

contro

il Comune di Pisciotta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Maddalena Gaeta, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione seconda, 27 dicembre 2022 n. 3663.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisciotta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2025 la Cons. Emanuela Loria;

Uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In punto di fatto si rileva che l’Associazione OTASUP - associazione ambientalista locale – è stata costituita in data 29.4.2017 con lo scopo di perseguire i fini indicati nel Rapporto sullo Sviluppo Umano 2010 e il cui oggetto sociale è indicato nell’art. 3, secondo cui “per perseguire il fine sopra elencato l’Osservatorio costituisce una assemblea permanente di cittadini che per nascita o per scelta ritengono il paesaggio di Pisciotta e dell’area pisciottana bene comune appartenente a tutta l’umanità”.

Atto costitutivo e statuto sono stati modificati dall’assemblea pubblica in data 6.05.2020 ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 101, comma 2 D.lgs. 117/2017, al fine della iscrizione nel R.U. del Terzo Settore (A4).

L’Osservatorio si è interessato alla vicenda di pianificazione urbanistica del Comune di Pisciotta e ha altresì partecipato al programma del PUC, adottato dalla Giunta Comunale con la delibera n. 120 del 28.12.2016, al fine di collaborare all’approvazione.

Il 22 novembre 2017 la Giunta comunale ha adottato la delibera n. 101 avente ad oggetto: “FORMAZIONE PUC – NUOVI INDIRIZZI”.

In data 14 marzo 2018, l’associazione OTASUP ha proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, impugnando tutti i provvedimenti emanati dall’amministrazione comunale, sostenendo irregolarità procedurali, violazioni di vincoli paesaggistici e un presunto eccessivo consumo di suolo.

2. Il ricorso - originariamente proposto in via straordinaria al Capo dello Stato e successivamente riassunto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania - ha avuto ad oggetto l’impugnazione - con il ricorso introduttivo e con successivi motivi aggiunti - di una pluralità di deliberazioni del Consiglio Comunale e della Giunta Comunale di Pisciotta, nonché di un’ordinanza sindacale, tutte riconducibili all’iter procedurale seguito dall’amministrazione per la formazione del nuovo PUC, tra cui la delibera n. 5 del 14 marzo 2022 di approvazione del PUC stesso.

2.1. I profili di illegittimità dedotti sono i seguenti: incompetenza del Consiglio Comunale nel disporre la sospensione dell’iter del PUC; illegittimità della sospensione e della proroga; abnormità della revoca del PUC adottato con successiva formulazione di nuovi indirizzi senza rielaborazione del Preliminare di piano; mancanza di adeguata pubblicità e partecipazione; violazioni in materia ambientale e paesaggistica; presunti favori a interessi privati e speculativi.

3. Il Comune di Pisciotta si è costituito in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva dell’OTASUP, per carenza di interesse ad agire e per difetto di rappresentatività dell’associazione, sostenendo che l’OTASUP non è un’associazione ambientalista riconosciuta ai sensi dell’art. 13 della l. n. 349/1986 e non è iscritta nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. Inoltre non possiede un’adeguata rappresentatività, essendo composta da un numero esiguo di membri (inizialmente 31, poi ridotti a 10), ed ha carattere occasionale e strumentale.

4. Il T.a.r. per la Campania, sezione di Salerno, Sez. II, n. 3663/2022 ha dichiarato inammissibili il ricorso ed i motivi aggiunti.

4.1. Preliminarmente, il Collegio ha accolto l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva sollevata dall’amministrazione resistente.

In particolare, il Collegio - argomentando dalla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 6/2020 - ha ritenuto che l’OTASUP - associazione non riconosciuta e non iscritta nell’elenco ex art. 13 della legge n. 349/1986 né nel Registro unico nazionale del Terzo Settore - non possiede i requisiti di legittimazione necessari per agire in giudizio.

4.2. L’OTASUP, secondo il proprio statuto, si propone di perseguire in Pisciotta e nell’area pisciottana i fini indicati nel Rapporto sullo Sviluppo Umano 2010 del Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (U.N.D.P.), che include l’accrescimento della libertà delle persone di condurre una vita lunga, sana e creativa, e di partecipare attivamente alla promozione di uno sviluppo equo e sostenibile. L’oggetto sociale dell’OTASUP è, quindi, molto ampio e la genericità degli obiettivi statutari renderebbe difficile riconoscere all’osservatorio la legittimazione ad agire in giudizio per la protezione ambientale.

Ha altresì ritenuto il Collegio di primo grado che il livello di rappresentatività dell’OTASUP è insufficiente poiché al momento della sua costituzione l’associazione contava 31 soci ed attualmente tale numero si è ridotto a 10 componenti. La ridotta consistenza associativa e l’avvicendamento di tre presidenti in breve tempo indicano una mancanza di stabilità e di adeguata rappresentatività delle istanze socio-ambientali locali.

Di conseguenza, l’OTASUP non potrebbe essere considerata portatrice in modo continuativo di interessi diffusi radicati nel territorio, e la sua iniziativa giudiziaria appare estemporanea e contingente.

L’OTASUP è stata costituita il 27 aprile 2017, subito dopo l’adozione del Piano Urbanistico Comunale di Pisciotta, avvenuta il 28 dicembre 2016.

La tempistica della costituzione dell’associazione e l’emanazione degli atti della procedura pianificatoria, seguita dalla proposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato il 14 marzo 2018, suggerirebbe una strumentalità ed un’occasionalità dell’iniziativa associativa, mirata principalmente alla contestazione giudiziaria del PUC di Pisciotta.

Secondo la giurisprudenza, un ente deve avere una stabilità operativa e svolgere la propria attività in modo continuativo per essere legittimato a ricorrere in giudizio.

Sempre secondo la sentenza impugnata l’OTASUP, invece, ha mostrato una mancanza di stabilità operativa, con attività limitate a segnalazioni e denunce rivolte a varie autorità amministrative per contestare l'iter di approvazione del PUC di Pisciotta.

Inoltre, altre attività dell'OTASUP, come la gestione di rubriche su periodici locali, la distribuzione di copie di quotidiani, e l'organizzazione di eventi locali, non denoterebbero un impegno coerente e mirato alla salvaguardia dei valori urbanistico-paesaggistici.

La rilevata inammissibilità del ricorso dell’OTASUP emergerebbe ulteriormente a causa della parziale carenza di interesse qualificato, concreto e attuale ad agire, posto che le censure presentate dall'OTASUP riguardano principalmente i vizi procedimentali dell’attività di pianificazione del Comune di Pisciotta, che non rientrano nel perimetro di tutela ambientale genericamente riservato dallo statuto dell'associazione.

Inoltre, le censure relative ai deficit informativo-partecipativi e ai vizi sostanziali dell’impostazione urbanistica, paesaggistica e ambientale del PUC di Pisciotta non configurerebbero una lesione diretta ed attuale degli interessi legittimi dell'associazione.

L’interesse al ricorso deve consistere nell’individuazione di un vantaggio, o almeno dell’aspettativa di un vantaggio, attuale e diretto, derivante dalla caducazione del provvedimento impugnato, sicché l’impugnazione di uno strumento urbanistico non può fondarsi sul generico interesse ad una migliore pianificazione del suolo, che non si differenzia dall’interesse di qualsiasi cittadino.

Inoltre, la giurisprudenza ha affermato che le associazioni ambientaliste possono agire solo a tutela dell'ambiente in senso strettamente inteso, escludendo l'interesse qualificato a impugnare atti a mero contenuto urbanistico.

4.3. Nel merito, il Collegio ha affermato che emerge – comunque - l’infondatezza/inammissibilità del ricorso per genericità.

4.4. Innanzitutto, il T.a.r. non ha ravvisato il denunciato deficit informativo-partecipativo, considerata l’analisi di tutti i provvedimenti emanati nell’ambito del procedimento pianificatorio, da cui emerge la sussistenza dell’osservanza delle garanzie di pubblicità, trasparenza e partecipazione.

4.5. Il T.a.r. ha altresì ritenuto non sorretti da alcun riscontro concreto i motivi di ricorso, che enfatizzano l’irragionevole consumo di suolo. Invero, la giurisprudenza ritiene che le scelte di pianificazione urbanistica costituiscono apprezzamenti di merito, connotati da ampia discrezionalità e incidenti non solo sull’assetto del territorio, ma anche sul suo sviluppo socio-economico, e sono - in quanto tali - sottratte al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, ovvero risultino incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio o siano apertamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio.

Nel caso di specie non risulterebbero violazioni sostanziali delle normative ambientali e paesaggistiche, avendo il Comune recepito le prescrizioni ministeriali in materia di vincoli paesaggistici.

Invero, le scelte discrezionali del Comune non presentano macroscopici vizi di illogicità, erroneità o contraddittorietà, atteso che il PUC di Pisciotta, come emerge dalla Relazione e dalle Norme tecniche di attuazione (NTA), assicura sufficientemente e ragionevolmente la salvaguardia del patrimonio naturalistico-ambientale del territorio.

4.6. Il T.a.r. ha quindi ritenuto infondate le censure relative all’eccessivo consumo di suolo, atteso che il PUC rispetta pienamente i criteri di minimizzazione stabiliti dalle norme.

4.7. Le censure di mancata collaborazione con l’autorità tutoria statale e di mancata conformazione al regime vincolistico del decreto ministeriale del 17 ottobre 2019 sono state ritenute anch’esse infondate.

4.8. Il T.a.r. ha dichiarato – quindi - inammissibile il ricorso presentato dall'OTASUP contro il PUC, che ha recepito le disposizioni del decreto ministeriale del 17.10.2019, e ha respinto la doglianza dell'OTASUP secondo cui il Rapporto ambientale ai fini della VAS non sarebbe stato esaminato prima dell’adozione del PUC, posto che il rapporto ambientale è stato acquisito il 28 dicembre 2018, prima della riadozione e dell'approvazione del PUC.

4.9. Infine, il giudice di primo grado ha accolto l’istanza di cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive presenti nelle memorie depositate dall'OTASUP, escludendone le sanzioni per la non estrema gravità delle espressioni.

5. L’Associazione OTASUP ha proposto l’appello in esame deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 1 c.p.a. – violazione dell’art. 88 c.p.a., dell’art. 161 c.2 n.4 c.p.c. e dell’art. 111 c. 6 Cost. – mancanza del minimo motivazionale costituzionalmente garantito.

L’appellante OTASUP evidenzia in via preliminare l’abnormità della sentenza impugnata, sostenendo che essa contrasta con il principio della pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, sancito dall’art. 1 del c.p.a., dall'art. 24 della Costituzione e dall'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.

L’OTASUP sottolinea che, in un’epoca in cui disastri come quelli di Casamicciola e dell’Emilia Romagna sono attribuiti alla realizzazione di costruzioni che sottraggono terreni alla natura, è dovere dei cittadini reagire contro tali pratiche. L'associazione ritiene che l’amministrazione di Pisciotta stia realizzando costruzioni in aree vincolate ai sensi dell’art. 141 bis del Codice dei beni culturali, e che sia necessario ricorrere alla giustizia per contrastare questo saccheggio del paesaggio.

L'associazione ritiene che il T.a.r. si sia pronunciato solo relativamente ad alcune doglianze, ignorandone altre.

L’OTASUP ritiene di avere dimostrato la propria legittimazione secondo i criteri dettati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 6/2020, e ciò al fine di controllare l’operato dell’amministrazione comunale per evitare la distruzione del paesaggio e il consumo di suolo.

L’appellante sottopone a critica la impugnata sentenza in maniera diffusa, affermando quanto segue.

Nel punto 8, il T.a.r. ha riconosciuto le doglianze dell’OTASUP relative alla tutela dei valori ambientali, ma ha poi dichiarato l’infondatezza delle stesse senza fornire una motivazione adeguata.

Nei punti 9, 10, 11 e 12, il T.a.r. avrebbe respinto le denunce dell’OTASUP basandosi su opinioni personali e confermando quanto scritto dalla difesa del Comune, senza affrontare gli argomenti in modo approfondito.

Alla fine, nel punto 13, il T.a.r. ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'OTASUP ed i relativi motivi aggiunti, senza fornire una decisione chiara e motivata.

Sostanzialmente, l’OTASUP sostiene che la sentenza sia composta da asserzioni tautologiche, e che l’esito del ricorso di primo grado miri ad eliminare l'OTASUP come ostacolo al disegno perseguito dall'amministrazione comunale.

2) Violazione dell’art. 24 e 103 Cost. – violazione dell’art. 1 c.p.a., dell’art. 99 e dell’art. 112 c.p.c.

L'Associazione appellante aggiunge ed integra il precedente motivo di ricorso denunciando la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., a causa della mancanza di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in conformità a quanto stabilito dal Consiglio di Stato, Sez. IV, nella sentenza n. 3809 del 31 luglio 2017.

Nella sentenza impugnata, questo principio è violato, atteso che il T.a.r. non ha analizzato nessuna delle domande contenute nel ricorso originario del 2017 e nei motivi aggiunti successivi, per valutarne l’ammissibilità e/o la fondatezza.

Secondo l’OTASUP, quindi, il T.a.r. avrebbe violato il diritto della parte di conoscere le ragioni per cui la domanda è stata dichiarata inammissibile o rigettata.

3) Violazione del diritto di difesa.

L’OTASUP sostiene che il T.a.r. non abbia rispettato il principio del giusto procedimento.

Infatti, il 14 ottobre 2022 OTASUP afferma di aver depositato una memoria ex art. 73 c.p.a., ove ha illustrato la pianificazione urbanistica durata oltre cinque anni, la questione preliminare della legittimazione ad agire, ed un quadro riassuntivo del ricorso 1025/2018 e dei successivi motivi aggiunti. La memoria includeva anche una querela di falso contro fatti affermati dalla difesa del Comune nella memoria depositata il 10 luglio 2022.

L’OTASUP aveva illustrato le ragioni dell’impugnazione della delibera n. 5/2022, ed aveva affermato il principio di prevalenza della pianificazione paesaggistica sulla pianificazione urbanistica. Le cinque ragioni più liquide individuate dall’associazione consistevano nell’inesistenza dell’approvazione del PUC di Pisciotta nella delibera n. 5 del Consiglio Comunale del 14 marzo 2022; nella nullità di tale delibera; nell’illegittimità della stessa; “sul rilascio della dichiarazione di coerenza alla strategia a scala sovracomunale che la Provincia ex art. 3 del Regolamento Regionale 4 agosto 2011 n. 5 deve rilasciare al Comune entro 60 giorni dalla richiesta pena la impresentabilità del Puc adottato; sull’avvenuto rilascio “per silentium” ai sensi dell’art. 17 bis della legge 241 del 1990 della dichiarazione di coerenza prescritta dal comma 4 dell’art. 3 del R.R. 4 agosto 2011 n. 5.

6. Il Comune di Pisciotta si è costituito in giudizio e ha argomentato in relazione alla inammissibilità dell’appello e alla sua infondatezza sotto tutti i profili.

Il Comune ha chiesto altresì la condanna dell’appellante al pagamento di una somma di denaro determinata in via equitativa ai sensi dell’art. 26 comma 2 c.p.a.

7. L’Associazione ricorrente ha depositato memoria ex art. 73 c.p.a.

8. Alla pubblica udienza del 3 aprile 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. In primo luogo il Collegio osserva che la sentenza impugnata è motivata sia con riferimento alla inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti sia con riferimento alla infondatezza dei motivi di dedotti (cfr. § 8 pag. 16 ss.) sicché l’atto di appello avrebbe dovuto sottoporre a critica la sentenza sott entrambi i profili.

Invero, dalla lettura dell’atto di appello si desume una critica alla sentenza impugnata soltanto con riferimento alla parte della motivazione che ha argomentato in ordine alla inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti sicché l’atto di appello è inammissibile per la mancata riproposizione delle censure di merito.

10. In ogni caso, è anche manifestamente infondato nelle censure recate alla sentenza di primo grado sotto il profilo dell’inammissibilità.

11. Con il primo motivo d’appello – da pag. 5 a pag. 10 - l’appellante si duole per la violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 1 c.p.a. nonché per la violazione dell’art. 88 c.p.a. dell’art. 161 c. 2 n. 4 c.p.a. e “soprattutto” per la violazione dell’art. 111 della Costituzione nonché per la carenza del “minimo motivazionale costituzionalmente garantito”.

L’appellante evidenzia l’abnormità della sentenza appellata, la cui ratio sarebbe esclusivamente quella di “impedire ad OTASUP di dare fastidio all’amministrazione”.

Il Tar avrebbe “commentato solo le argomentazioni proposte con il ricorso principale nel punto a, b, c, d, e, poi in quella esposta nel ricorso avverso la delibera di Giunta di riadozione del PUC n. 18 dell’11.3.2019 (nei punti a, f, g, h, i, m, n, o, p, q, r, e s) e quelle proposte nei punti s e t del ricorso per i motivi aggiunti avverso la delibera del Consiglio Comunale n.5 del 14.3.2022.”

Inoltre, il T.a.r.:

“• nel punto 3 ha precisato, sempre con riferimento al ricorso originario, che il Comune si è costituito in resistenza e aveva eccepito oltre all’infondatezza, l’inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione attiva, di interesse ad agire e di ius postulandi;

• nel punto 4 ha riferito che in esito alla Camera di Consiglio del 9.10.2019, la proposta istanza cautelare era stata respinta con ordinanza 464/2019 confermata in appello dal Consiglio di Stato.

Il TAR non ha detto però che Codesto Ecc.mo Consiglio di Stato, Sezione II, respinse l’appello cautelare “alla luce, in particolare, del carattere endoprocedimentale degli atti impugnati”; e non rilevò alcuna inammissibilità per difetto di interesse, per cui su questo punto può ritenersi ormai definito il giudicato interno.”

Per motivare la carenza di legittimazione il giudice di primo grado avrebbe “usato dissertazioni” non rinvenibili delle difese del Comune né nella memoria ex art. 73 depositata in data 15 ottobre 2022 né nella memoria di replica che la difesa del Comune depositò in data 26 ottobre 2022.

A pag. 8 dell’appello si afferma che l’Associazione avrebbe dimostrato la sua legittimazione secondo i criteri dettati dall’Adunanza Plenaria 20 febbraio 2020 n. 6 contrariamente rispetto a quanto è stato affermato dal primo giudice.

Inoltre le argomentazioni svolte dal T.a.r. dal §8 in avanti sarebbero autologiche e non conterrebbero una reale motivazione.

11.1. Il motivo è complessivamente infondato per le seguenti motivazioni.

In primo luogo e sotto il profilo formale, non possono non essere stigmatizzate talune delle espressioni utilizzate dall’appellante per sottoporre a critica la sentenza impugnata:

- a pag. 6 “infatti da quella sentenza nessuno può capire quale sia il ricorso deciso, e sicuramente appare che il TAR di Salerno non ha proprio letto la memoria ex art. 73 c.p.a. depositata da OTASUP in data 14.10.2023, che qui espressamente si richiama.”

- a pag. 8 si definisce la motivazione della sentenza quale “discorso non è solo del tutto riempitivo ed inutile ma è anche sarcastico” e le argomentazioni sono qualificate “semplici argomenti salottieri”,

- a pag. 9 “Ognuno vede che qui non è stata emessa una sentenza, perché il TAR ha dato un responso, che in età romana repubblicana era il parere di un giureconsulto che aveva forza di legge, ma oggi è ritenuto essere la risposta di un oracolo: il più famoso è per noi la Sibilla Cumana!

Infatti nelle 30 pagine che precedono la decisione finale che sanziona l’inammissibilità di tutte le impugnazioni proposte da OTASUP avverso gli atti di una pianificazione urbanistica che iniziò nel 2016 ed è pervenuta alla delibera del Consiglio Comunale del 14.3.22, “recante l’approvazione del PUC”, non è rinvenibile su nessuna di esse una decisione, perché la decisione pubblicata dal TAR è composta da pagine che contengono pompose asserzioni e estenuanti esercitazioni tautologiche.

La conclusione finale, di inammissibilità di tutte le impugnazioni, è assolutista, equivoca e liquidatoria, nel senso più cattivo già denunziato: eliminare l’OTASUP per eliminare ogni ostacolo al disegno cementificatorio perseguito dagli attuali occupanti delle poltrone del Comune.”

Si tratta di intere frasi ed espressioni ultronee rispetto ai motivi di legittimità che possono ed anzi devono essere esplicitati avverso le sentenze che si appellano; si rileva altresì che le espressioni utilizzate, oltre a non avere alcun significato giuridicamente apprezzabile, non sono consone, come appare evidente dalla loro lettura, al linguaggio all’ufficio della difesa in giudizio ex art. 24 Cost.

11.2. Nel merito, non vi è stato alcun vulnus alla tutela giurisdizionale, avendo la sentenza esaminato sia l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune sia il merito del ricorso (dal § 8 in poi sia pure in via di “obiter dictum” non essendo stato dichiarato il ricorso infondato bensì inammissibile).

11.3. In relazione al giudicato interno che si sarebbe formato sulla in relazione all’appello cautelare la censura è infondata.

Giova innanzi tutto richiamare le motivazioni dell’ordinanza emessa in sede cautelare dal T.a.r.: “Considerato che, in disparte la dubbia legittimazione attiva di parte ricorrente:

- innanzitutto, gli atti impugnati rivestono portata meramente programmatoria;

- per di più, la procedura di emanazione del controverso PUC di Pisciotta risulta ancora attestata alla fase di adozione e di valutazione delle osservazioni (giusta delibere giuntali n. 18 dell’11 marzo 2019 e n. 62 del 28 giugno 2019);

- anche tenuto conto della natura ambientalistica dell’interesse azionato dall’associazione ricorrente (non pregiudicabile, come tale, da eventuali misure di salvaguardia immediatamente applicabili), non sono, pertanto, ravvisabili, nella specie, gli estremi del paventato danno grave e irreparabile, dovendosi riservare all’appropriata sede di merito l’esame delle questioni dedotte;

- in ogni caso, le censure proposte, oltre a rivelarsi inammissibili per carenza di interesse a proporle laddove rivolte ad atti (delibera consiliare n. 5 del 17 febbraio 2017; delibere giuntali n. 35 del 20 marzo 2017, n. 70 del 26 giugno 2017) assorbiti e sostituiti da atti sopravvenuti (delibere giuntali n. 101 del 22 novembre 2017 e n. 18 dell’11 marzo 2019) o, comunque, a determinazioni non lesive (revoca dell’adozione del PUC, disposta con la citata delibera giuntale n. 101 del 22 novembre 2017), non risultano, prima facie, meritevoli di favorevole apprezzamento; tanto, avuto precipuo riguardo: -- all’insufficiente argomentazione e dimostrazione dei denunciati deficit partecipativi e delle rappresentate esigenze di riavvio dell’iter programmatorio sin dalla fase preliminare (delle cui risultanze non era da reputarsi in via di principio precluso il ponderato recepimento in sede di riadozione del PUC); -- alla situazione di mera pendenza dell’avviato procedimento di integrazione del vincolo paesaggistico ex art. 138, comma 3, del d.lgs. n. 42/2004 (cfr. nota del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio prot. n. 19763-P del 17 luglio 2019); -- alla natura complessivamente apodittica ed opinabile dell’impianto censorio allestito avverso i contenuti sostanziali dello strumento urbanistico adottato;

Ritenuto, quindi, che:

- ad un sommario esame, non risultano sussistere le condizioni di cui all’art. 55 cod. proc. amm;

- quanto alle spese relative alla presente fase di giudizio, anche tenuto conto della violazione dei canoni ex artt. 3, comma 2, e 26, comma 1, cod. proc. amm., esse devono seguire la soccombenza e liquidarsi nella misura indicata in dispositivo;”

- nonchè la motivazione dell’ordinanza in sede di appello cautelare resa dal Consiglio di Stato: “Osservato che l’impugnata ordinanza merita integrale conferma, alla luce, in particolare, del carattere endo-procedimentale degli atti impugnati, nonché in considerazione della natura delle censure svolte in prime cure”.

11.4. Ciò che si desume da tale lettura è che l’ordinanza del Consiglio di Stato ha integralmente confermato le motivazioni dell’ordinanza di primo grado, ivi compresa la parte della motivazione relativa alla “carenza di interesse”.

Peraltro sulle motivazioni dei provvedimenti giurisdizionali cautelari non si forma un “giudicato interno” sulle condizioni dell’azione e/o relativi a profili dagli stessi non esaminati giacché, ai sensi dell’art. 55 comma 9 c.p.a., l “’ordinanza cautelare motiva in ordine alla valutazione del pregiudizio allegato e indica i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione sull’esito del ricorso”.

Non vi è pertanto una disamina analitica dei motivi di ricorso e degli altri profili, ma si tratta di una previsione dell’esito del ricorso “ad un sommario esame”.

Pertanto nessuna deduzione poteva essere fatta dal tenore dell’ordinanza n. 3415/2020 che peraltro non lascia spazi di dubbio in relazione alla “integrale conferma” dell’ordinanza di primo grado.

11.5. In relazione al profilo della carenza di legittimazione, il primo giudice ha motivato in modo approfondito e coerente con il contenuto della sentenza dell’Ad. Plen. n. 6 del 2020 come si desume da quanto è stato riportato al §4:

- l’Associazione appellante non è riconosciuta e non è iscritta nell’elenco ex art. 13 della l. n. 349/1986 né nel Registro unico nazionale del Terzo Settore;

- in ogni caso, ai fini della legittimazione a ricorrere di una associazione non riconosciuta o figura soggettiva equivalente, non rientrante nell’elencazione di cui all’art. 13, l. 8 luglio 1986 n. 349, non è sufficiente allegare, come nel caso della difesa dell’Associazione che la figura soggettiva abbia fra i suoi scopi statutari la tutela ambientale ed operi nella provincia in cui è posta l’area su cui incide il provvedimento amministrativo contestato o sia stata costituita appositamente per la tutela dell’area medesima, ma l’attitudine idoneativa all’esercizio dell’azione richiede indefettibilmente una verifica caso per caso, rigorosa e concreta, da parte del giudice adito, pena, altrimenti, l’incontrollata proliferazione di azioni popolari, non ammesse dall’ordinamento, se non in via del tutto eccezionale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1838/2018);

- nel caso in esame gli obiettivi e l’oggetto statutario designato quale finalità istituzionale dell’Associazione non sono eminentemente finalizzati alla tutela ambientale ma vi è solo un generico riferimento a scopi di promozione dello sviluppo e dell’identità storica e culturale del territorio, oltre che di protezione ambientale, senza tuttavia che ciò sia sufficiente a qualificare l’interesse in senso specificamente volto alla tutela ambientale;

- anche sotto il profilo della rappresentatività il sodalizio è passato da 31 soci a, dapprima, a 11 e, poi, a soli 10 componenti.

E’ dunque evidente che è corretta la motivazione del T.a.r. relativamente alla carenza di rappresentanza e alla scarsa stabilità operativa dell’Associazione nella tutela degli specifici interessi ambientali.

12. Con il secondo motivo d’appello (da pag. 10 a pag. 11) l’appellante si duole per la violazione degli art. 24 e 103 Cost. nonché dell’art. 1 c.p.a., dell’art. 99 e dell’art. 112 c.p.a. per non essere stato rispettato “il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato” giacché il T.a.r. non avrebbe preso in esame nessuna domanda, tra tutte quelle contenute nel ricorso originario del 2017 e quelle contenute nei motivi aggiunti successivi, fino a quello del 3 giugno 2022 avverso la delibera di Consiglio Comunale n. 5 del 14 marzo 2022.

12.1. Il motivo è infondato.

Al § 8 il primo giudice ha correttamente delimitato le doglianze direttamente o indirettamente impingenti nella tutela dei valori ambientali asseritamente posti a base dell’iniziativa della ricorrente poiché esaminare quelle non aventi un rilievo sotto il profilo ambientale non sarebbe stato legittimo in quanto non confacente agli asseriti interesse e posizione legittimante dell’Associazione.

Pertanto ai §§ 9, 10, 11 e 12 ha affrontato tutte le censure con le quali l’Associazione ha lamentato il deficit partecipativo delle scelte consolidatesi negli atti comunali rammentando peraltro che, per orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, “le scelte di pianificazione urbanistica costituiscono apprezzamenti di merito, connotati da ampia discrezionalità e incidenti non solo sull’assetto del territorio, ma anche sul suo sviluppo socio-economico, e sono, in quanto tali, sottratte al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, ovvero risultino incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio ovvero siano apertamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1015; 15 maggio 2012, n. 2759; 22 maggio 2012, n. 2952; 24 gennaio 2013, n. 431; 26 febbraio 2013, n. 1187; 6 maggio 2013, n. 2443; sez. VI, 16 maggio 2013, n. 2653; sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3055; 18 novembre 2014, n. 5661; 27 aprile 2015, n. 2103; 14 maggio 2015, n. 2453; 1° settembre 2015, n. 4072; 12 maggio 2016, n. 1907; 20 luglio 2016, n. 3292; 26 luglio 2016, n. 3337; 24 febbraio 2017, n. 874; 12 giugno 2017, n. 2822; 3 luglio 2017, n. 3237; 11 ottobre 2017, n. 4707; sez. V, 10 aprile 2018, n. 2164; sez. IV, 1° agosto 2018, n. 4734; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 17 aprile 2015, n. 951; 24 aprile 2015, n. 1032; 3 giugno 2015, n. 1293; 9 luglio 2015, n. 1591; 13 ottobre 2015, n. 2153; 15 luglio 2016, n. 1429; 4 ottobre 2016, n. 1803; 5 aprile 2017, n. 797; 16 novembre 2017, n. 2181; TAR Campania, Napoli, sez. III, 5 maggio 2016, n. 2243; sez. II, 8 settembre 2016, n. 4191; Salerno, sez. II, 4 gennaio 2021, n. 13; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 9 aprile 2015, n. 573; 5 novembre 2015, n. 1457; Bari, sez. II, 10 maggio 2016, n. 613; TAR Umbria, Perugia, 16 gennaio 2015, n. 25; 14 luglio 2015, n. 318; TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 6 febbraio 2015, n. 354; TAR Piemonte, Torino, sez. I, 16 ottobre 2015, n. 1429; 30 ottobre 2015, n. 1524; sez. II, 26 febbraio 2016, n. 230; 15 aprile 2016, n. 487; sez. I, 13 maggio 2016, n. 657; sez. II, 7 maggio 2018, n. 525; TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, 4 novembre 2015, n. 472; 13 ottobre 2016, n. 431; TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, 21 giugno 2016, n. 524; TAR Emilia Romagna, Parma, 23 novembre 2016, n. 332; 2 gennaio 2017, n. 1; TAR Veneto, Venezia, 3 gennaio 2018, n. 13). Ebbene, a tali scelte, ampiamente discrezionali, il privato ricorrente, in assenza di macroscopici vizi di illogicità, erroneità o contraddittorietà dell’impianto programmatico dello strumento urbanistico, non ravvisabili nella specie, non può ammissibilmente contrapporre le proprie valutazioni unilaterali, soggettive e opinabili (perfino ideologiche, nel caso della prospettazione dell’OTASUP), le quali non sono accreditabili dall’adito giudice amministrativo senza che ne derivi un indebito sconfinamento nel merito discrezionale, giurisdizionalmente insindacabile.”

Entro tale ambito sono state esaminate con idonea motivazione le censure in materia ambientale sollevate che, come più sopra rilavato, non sono state riproposte in appello.

13. Con il terzo motivo d’appello (da pag. 11 a pag. 12), l’Associazione si duole per la violazione del diritto di difesa poiché dal “fascicolo risulta infatti che in data 14.10.2022 OTASUP depositò la memoria ex art. 73 c.p.a. nella quale, nello spirito di cooperazione oggi imposto dall’art.2 c.2 c.p.a., questo difensore ritenne doveroso premettere in fatto (sub 1) una “presentazione” della complessa pianificazione urbanistica durata oltre cinque anni; illustrare (sub 2) la questione preliminare individuata nella legittimazione ad agire; precisare (sub 3) un quadro sinottico nel quale fu riassuntivamente indicato il contenuto del ricorso 1025/2018, con i contenuti dei successivi quattro motivi aggiunti e la individuazione delle questioni sopravvissute; precisare (sub 3) le ragioni della querela di falso contro fatti affermati dalla difesa del Comune nella memoria depositata in data 10.7.2022 avverso l’impugnazione della delibera del Consiglio comunale recante “approvazione del puc”.

In diritto questa difesa illustrò (sub I) le ragioni per cui nella delibera n. 5 del 14.3.2022 non vi era un puc ma un bel pacco e si permise di illustrare le questioni più rilevanti nella complicata vicenda pianificatoria tra cui (sub II) il principio di prevalenza della pianificazione paesaggistica sulla pianificazione urbanistica; sub III “le ragioni più liquide” che sono cinque, tutte sostanziosamente rappresentate; sub IV le conclusioni e sub V (occorrendo) eventuali mezzi istruttori.

Per completezza di esposizione, l’associazione ricorrente fa presente che le cinque ragioni più liquide erano state individuate sub I nella inesistenza dell’approvazione del puc di Pisciotta nella delibera n. 5 del Consiglio Comunale del 14.3.2022; sub II nella nullità di detta delibera; sub III nella illegittimità di detta delibera; sub IV “sul rilascio della dichiarazione di coerenza alla strategia a scala sovracomunale che la Provincia ex art. 3 del Regolamento Regionale 4.8.2011 n. 5 deve rilasciare al Comune entro 60 giorni dalla richiesta pena la impresentabilità del puc adottato; e sub V sull’avvenuto rilascio “per silentium” ai sensi dell’art. 17 bis della legge 241/90 della dichiarazione di coerenza prescritta dal comma 4 dell’art. 3 del R.R. 4.8.2011 n.5”.

13.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato atteso che l’appellante non chiarisce in cosa sia consistita la violazione del diritto di difesa desumibile dalla memoria ex art. 73 c.p.a. depositata in primo grado.

L’appellante sostanzialmente sostiene che con la memoria ex art. 73 c.p.a. avrebbe graduato i motivi e indicato al giudice la “ragione più liquida”; tuttavia il giudice non avrebbe seguito tale percorso indicato dalla ricorrente nella motivazione della sentenza.

Se tale è il senso della censura, si rilevano due aspetti: il primo che la graduazione dei motivi è cosa diversa rispetto alla rinuncia taluno di essi nel corso del giudizio; il secondo che la graduazione deve essere contenuta nell’atto di appello mentre la rinuncia può avvenire anche successivamente.

Invero, mentre la rinuncia a taluno dei motivi dedotti, anche per circostanze sopravvenute o per una diversa valutazione degli interessi della parte, può avvenire in corso di giudizio e quindi anche a mezzo delle memorie difensive ed ex art. 73 c.p.a., la graduazione deve avvenire nell’atto che introduce il giudizio (ricorso in primo grado o appello in secondo grado) non potendo essere lo strumento attraverso il quale la parte modifica implicitamente il petitum.

Conseguentemente, seguendo l’indirizzo della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5 del 27 aprile 2015, “deve ritenersi che, in assenza della graduazione operata dalla parte, in ragione del particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato al controllo sull'esercizio della funzione pubblica, il giudice stabilisce l'ordine di trattazione dei motivi (e delle domande di annullamento) sulla base della loro consistenza oggettiva (radicalità del vizio) nonché del rapporto corrente fra le stesse sul piano logico-giuridico e diacronico procedimentale (in questo senso si erano già pronunciate, sia pure incidentalmente, Ad. plen., n. 9 del 2014, pag. 36; Ad. plen. n. 7 del 2014, pag. 16 e 18; Ad. plen., 14 aprile 2010, n. 1; successivamente, funditus, Cons. Stato, Sez. V, 8 aprile 2014, n. 1662).”

13.2. Peraltro, giova richiamare che nel caso in esame, il giudice di primo grado ha dichiarato il ricorso inammissibile e tale capo della sentenza è, per le ragioni sopra esposte, da confermare.

14. Conclusivamente, pertanto, l’appello è infondato e deve essere respinto.

15. Le spese seguono la regola della soccombenza; invero, pur trattandosi di un ricorso proposto da un’associazione senza fini di lucro per un interesse sociale, la condanna alle spese per il caso di soccombenza deve ritenersi legittima in base al principio affermato per gli analoghi ricorsi in materia ambientale dall’art. 9 comma 4 della Convenzione di Aarhus 25 giugno 1998, esecutiva in Italia con l. 16 marzo 2001 n.108 e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia – per tutte la sentenza 13 febbraio 2014 C-530/11 - per cui nella materia specifica è legittima una liquidazione delle spese che sia non manifestamente irragionevole e non ecceda le capacità finanziarie di un ricorrente medio.

Le spese del presente grado sono pertanto liquidate come da dispositivo in considerazione del valore indeterminabile della causa e della media difficoltà.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 9.000,00 (novemila) a favore del Comune di Pisciotta oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Gambato Spisani, Presidente FF

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

Ofelia Fratamico, Consigliere

Eugenio Tagliasacchi, Consigliere