TAR Lombardia (MI) Sez. II n.354 del 7 febbraio 2018
Urbanistica.Manufatto precario

I manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie.

Pubblicato il 07/02/2018

N. 00354/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02080/2007 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2080 del 2007, proposto da:
- Stankovic Savo, rappresentato e difeso dall’Avv. Carmelo Oliverio ed elettivamente domiciliato in Milano, Piazza Cinque Giornate n. 6, presso lo studio dell’Avv. Alessandra Acquati;

contro

- il Comune di Santo Stefano Ticino, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Carlo Cerami ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Milano, Galleria San Babila n. 4/A;

per l’annullamento

- del provvedimento del Comune di Santo Stefano Ticino di ingiunzione di demolizione di opere abusive del 26 luglio 2007, prot. 5427.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Santo Stefano Ticino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;

Udito, all’udienza di smaltimento del 30 gennaio 2018, il difensore del Comune resistente, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato in data 18 settembre 2007 e depositato il 10 ottobre successivo, il ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di Santo Stefano Ticino di ingiunzione alla demolizione di opere abusive datato 26 luglio 2007, prot. 5427.

Il ricorrente, proprietario di un terreno sito nel Comune di Santo Stefano Ticino, in Via Milano n. 61, identificato catastalmente al mappale 59, del foglio n. 8, ha provveduto a posizionarvi una struttura mobile e provvisoria di cui il Comune ha ingiunto la rimozione con l’atto impugnato nel presente giudizio.

Assumendo l’illegittimità del predetto atto, il ricorrente ne ha chiesto l’annullamento, in quanto il manufatto asseritamente abusivo sarebbe precario e provvisorio e perciò inidoneo a mutare in modo permanente l’assetto urbanistico.

Si è costituito in giudizio il Comune di Santo Stefano Ticino, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, il difensore del Comune resistente ha depositato in giudizio una memoria e dei documenti a sostegno della propria posizione.

Alla pubblica udienza del 30 gennaio 2018, su richiesta del difensore del Comune resistente, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.

2. Con l’unica doglianza di ricorso si assume l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio, tenuto conto che l’opera di cui si è ordinata la demolizione sarebbe rimovibile, in quanto solo appoggiata al suolo, e non avrebbe alcun sostanziale impatto sull’assetto urbanistico.

2.1. La censura è infondata.

L’astratta rimovibilità delle opere non impedisce di considerarle come nuove costruzioni ai fini edilizi e quindi necessitanti di un titolo autorizzativo.

Difatti, i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze stabili nel tempo vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la potenziale rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie.

Ciò, in quanto il manufatto non precario – nel caso di specie, una casa mobile – non risulta in concreto deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma viene destinato ad un utilizzo protratto nel tempo; difatti, l’utilizzo della casa mobile da oltre un decennio è strettamente legato al soddisfacimento delle esigenze del ricorrente o della sua famiglia, come appare evidente anche dalla documentazione fotografica prodotta in giudizio (all. 4 e 5 del Comune).

Secondo la consolidata giurisprudenza, “la ‘precarietà’ dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo.

Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante” (Consiglio di Stato, VI, 4 settembre 2015, n. 4116; altresì 1 aprile 2016, n. 1291; 3 giugno 2014, n. 2842; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, I, 28 giugno 2016, n. 655).

Nemmeno si potrebbe ritenere il manufatto una semplice pertinenza, tenuto conto delle dimensioni dello stesso (una superficie di circa 80 mq, per un’altezza variabile da un minimo di 2,83 m a un massimo di 3,58 m: cfr. provvedimento impugnato, all. 1 al ricorso), considerato che in materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere che siano prive di autonoma destinazione e che esauriscano la loro destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico (cfr. Consiglio di Stato, VI, 4 gennaio 2016, n. 19).

2.2. In conseguenza di quanto già evidenziato emerge anche la violazione dell’assetto urbanistico della zona in cui è stata posizionata la casa mobile, visto che la stessa era (ed è) classificata come agricola, nonché risultava (e risulta) gravata anche da un vincolo di rispetto stradale. Pertanto non risulta violata soltanto la normativa edilizia, ma risulta compromesso anche l’assetto urbanistico del territorio.

2.3. Ciò determina il rigetto della predetta censura e quindi dell’intero ricorso.

3. Le spese, in relazione alla risalenza del ricorso, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 30 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Celeste Cozzi, Presidente

Antonio De Vita, Consigliere, Estensore

Angelo Fanizza, Primo Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Antonio De Vita        Stefano Celeste Cozzi