TAR Toscana Sez. III n.515 del 21 marzo 2016
Urbanistica. Effetto acquisitivo del manufatto abusivo

L’effetto acquisitivo si ricollega automaticamente al decorso infruttuoso del termine di novanta giorni entro il quale le opere abusive devono essere demolite. Tuttavia, tale effetto, ai sensi dell’art. 31 T.U. ED., presuppone che l’area da acquisire sia stata individuata. Ciò deve avvenire nell’atto di avvio del procedimento di acquisizione gratuita, con assegnazione all’interessato di un termine per fare le proprie verifiche e valutazioni e per presentare eventuali osservazioni; deve infatti consentirsi all’interessato di verificare il rispetto dei limiti dimensionali dell’acquisizione gratuita fissati dal comma terzo dell’art. 31 D.P.R. 380/2001, in cui è stabilito che il provvedimento di acquisizione può avere per oggetto solo il bene e l’area di sedime, nonché l’area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva. La disposizione di cui trattasi precisa che l’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita e su tutti tali aspetti l’interessato deve poter interloquire con l’amministrazione in sede procedimentale, contribuendo con opportune osservazioni e/o produzioni documentali all’esercizio da parte della stessa di un potere connotato da discrezionalità tecnica. Per altro, è soltanto grazie all’indicazione dell’area da acquisire che il privato può effettuare consapevolmente la scelta tra demolire il manufatto abusivo, sostenendone i costi ma conservando la proprietà dell’area, oppure abbandonare definitivamente il fabbricato e l’area di sedime

 

N. 00515/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01003/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1003 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Lelio Gianni e Giuseppina Avallone, rappresentati e difesi dall'avv. Riccardo Tagliaferri, domiciliatario in Firenze, via degli Artisti 20;

contro

Comune di Lucca in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Carmela Di Filippo, Luca Campinoti e Nicoletta Papanicolau, con domicilio eletto presso Andrea Biagioni in Firenze, via P.F. Calvi 23;

per l'annullamento

con il ricorso introduttivo:

- dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Lucca prot. gen. n. 8777 dell’11 febbraio 2011, successivamente notificata, con la quale si è disposta la demolizione di alcune opere edilizie realizzate sul terreno di proprietà dei ricorrenti, sito in Lucca, via della Scogliera;

- di ogni altro atto presupposto consequenziale o comunque connesso, se lesivo;

in particolare, per l'annullamento in parte qua della nota del Comune di Lucca prot. n. 22684 del 14 aprile 2011;

con i motivi aggiuntidepositati presso questo Tribunale il 4 marzo 2015:

- dell'atto del Comune di Lucca del 23 febbraio 2015, nella parte in cui afferma l'intervenuta acquisizione da parte dell'amministrazione di alcune opere edilizie realizzate sul terreno di proprietà dei ricorrenti;

- di ogni altro atto presupposto consequenziale o comunque connesso, se lesivo;

con i motivi aggiunti depositati presso questo Tribunale il 23 aprile 2015:

- del provvedimento dirigenziale del Comune di Lucca del 1 aprile 2015, recante l'accertamento di inottemperanza all'ordine di demolizione prot. gen. 8777 dell'11 febbraio 2011;

- di ogni altro atto presupposto consequenziale o comunque connesso, se lesivo;

con i motivi aggiunti depositati presso questo Tribunale in data 22 giugno 2015:

- del provvedimento dirigenziale del Comune di Lucca del 5 maggio 2015, recante diniego all'istanza di declaratoria di legittimità e/o regolarizzazione di alcune opere edilizie realizzate sul terreno di proprietà dei ricorrenti, sito in Lucca, via della Scogliera (prot. gen. 32943/15);

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, se lesivo.

 

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lucca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2016 la dott.ssa Rosalia Maria Rita Messina e uditi per le parti i difensori avvocati R. Tagliaferri e C. Di Filippo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorso introduttivo del giudizio

I ricorrenti, signori Gianni e Avallone, sono comproprietari di un terreno sito in territorio del Comune di Lucca, sul quale insiste un immobile che essi asseriscono risalente agli anni Quaranta e costituente la loro abitazione dal 1988. A fianco del fabbricato predetto esiste un manufatto in legno destinato a ricovero attrezzi, che secondo i ricorrenti risalirebbe pure agli anni Quaranta.

Il Comune di Lucca il 19 maggio 2009 ha avviato il procedimento sanzionatorio ai sensi della legge regionale n. 1/2005, rilevando che il manufatto ligneo è stato realizzato senza autorizzazione; in data 11 febbraio 2011 ne ha ordinato la demolizione e rimozione. I signori Gianni e Avallone hanno chiesto al Comune di revocare (annullare) l’ordinanza sanzionatoria, sostenendo che la realizzazione del capanno risale a data di molto anteriore al 1967 e che, trattandosi di opera situata fuori dal centro urbano, all’epoca della costruzione non si richiedeva alcun titolo edilizio.

Il Comune di Lucca ha denegato la revoca (annullamento) di cui all’istanza, invocando l’art. 31 della legge urbanistica del 1942 e sostenendo che la documentazione fotografica allegata, risalente al 1954, non comprova la risalenza a quell’epoca del ricovero attrezzi in questione. Con nota del 14 aprile 2011 il Comune ha chiesto ai ricorrenti di comprovare la presenza del manufatto oggetto della controversia già nel 1942.

L’ordinanza di demolizione e il diniego di revoca (annullamento) formano oggetto del ricorso introduttivo del giudizio.

2. I motivi aggiunti depositati il 4 marzo 2015

Nelle more del giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe il Comune, con nota dirigenziale del 28 novembre 2012, avviava il procedimento volto all’individuazione dell’area da acquisire ai sensi dell’art. 132, commi terzo e quarto, l. r. n. 1/2005.

Da contatti informali i ricorrenti hanno appreso che il Comune di Lucca intendeva provvedere all’acquisizione gratuita dell’area sulla quale insiste il manufatto abusivo e alla demolizione di esso, sicché in data 4 novembre 2014 diffidavano l’amministrazione dall’intraprendere simili iniziative.

Con nota del 23 febbraio 2015 il Comune di Lucca rappresentava di essere già divenuto proprietario del manufatto, essendo decorso il termine di novanta giorni entro il quale gli interessati avrebbero dovuto provvedere al ripristino.

Tale nota i ricorrenti impugnano con il primo atto di motivi aggiunti (depositati il 4 marzo 2015), contestandone la legittimità sia per vizi derivati dall’ordinanza di demolizione dell’11 febbraio 2011, sia per vizi autonomi.

3. I motivi aggiunti depositati il 23 aprile 2015

In data 1° aprile 2015 è stato comunicato tramite pec ai legali dei coniugi Gianni – Avallone l’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione dell’11 febbraio 2015, con acquisizione al patrimonio comunale dell’area di 250 mq (in catasto al foglio 104, mappale 41).

Gli interessati il 3 aprile 2015 diffidavano il Comune di Lucca dal’intraprendere ulteriori iniziative e chiedevano la declaratoria di legittimità e/o regolarizzazione delle opere edilizie in questione, ai sensi degli artt. 207 e 208 l.r. n. 65/2014, con particolare riguardo al comma quarto della prima di dette disposizioni o, in subordine, all’irrogazione di una sanzione pecuniaria una volta acclarata l’insussistenza di un interesse pubblico alla rimessione in pristino (comma secondo del citato art. 207). In ulteriore subordine, i ricorrenti hanno chiesto l’applicazione della sanzione pecuniaria di cui ai primi due commi del’art. 208 su menzionato.

I motivi aggiunti depositati il 23 aprile 2015 hanno per oggetto l’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione dell’11 febbraio 2015, che viene censurato per illegittimità derivata e per vizi propri.

4. I motivi aggiunti depositati il 22 giugno 2015

Il 5 maggio 2015 il Comune di Lucca ha denegato l’istanza del 3 aprile 2015 di cui c’è detto al paragrafo 3, ritenendo inapplicabili alla fattispecie le disposizioni della l.r. n. 65/2014 invocate dagli interessati; in particolare, l’amministrazione ha rilevato che la struttura oggetto della controversia, se pure presente in epoca remota, ha nel tempo subito notevoli modificazioni sì da essere stata infine del tutto demolita.

Con il terzo atto di motivi aggiunti (depositati il 22 giugno 2015) i ricorrenti impugnano detto diniego deducendo vizi di illegittimità derivata e vizi autonomi.

5. I provvedimenti cautelari

Con ordinanza n. 79 del 29 gennaio 2013 l’istanza cautelare avente per oggetto i provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio è stata respinta sulla base della considerazione che l’ordine di demolizione in questione non contiene l’indicazione dell’area che eventualmente verrà acquisita con atto successivo all’accertamento dell’inottemperanza, in sostanza ritenendosi allo stato insussistente il pregiudizio grave e irreparabile, casomai ricollegabile a tale eventuale atto successivo.

Con decreto cautelare monocratico n. 174 del 4 marzo 2015 l’istanza cautelare proposta con il primo atto di motivi aggiunti è stata accolta, in base alla considerazione che l’atto impugnato fosse finalizzato alla materiale apprensione del bene, stante l’asserita acquisizione definitiva al patrimonio comunale.

La trattazione della fase cautelare collegiale, fissata per il 19 maggio 2015, fu rinviata poi per consentire la proposizione di ulteriori motivi aggiunti.

Infine, con ordinanza n. 485/2015 (relativa ai secondi motivi aggiunti) l’istanza cautelare è stata respinta, in base alla considerazione che l’attuale fisionomia e consistenza del manufatto oggetto del giudizio è stata raggiunta all’incirca nel 2004, attraverso interventi successivi alla sua realizzazione originaria, con conseguente infondatezza delle censure incentrate sull’epoca di costruzione.

La VI Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 216/2015, ha concesso la sospensiva dell’acquisizione, per ritenuta sussistenza del danno grave e irreparabile, rimettendo al giudice di primo grado la valutazione delle questioni di merito.

6. Le questioni controverse: individuazione

La questione centrale, dalla cui soluzione dipende la valutazione della maggior parte delle censure dedotte, concerne l’epoca di realizzazione dell’intervento abusivo.

In realtà la questione è molto meno complessa di quanto appaia negli scritti difensivi, atteso che sono gli stessi ricorrenti a dichiarare, in occasione del sopralluogo del 30 aprile 2009 (si veda il relativo verbale, in atti), che i lavori erano stati effettuati un po’ per volta dal 2001 al 2004.

La stessa perizia redatta dall’architetto Gabriele Farinelli, depositata dai ricorrenti il 14 ottobre 2011, che soprattutto si preoccupa di stabilire l’epoca di prima realizzazione del capanno e ne sostiene la natura pertinenziale, ammette che «nel tempo alcuni elementi sono strati accorpati e modificati nel perimetro con modifiche leggere. »

Sulla base di questo fondamentale dato di fatto, comprovato dalla documentazione in atti complessivamente considerata, possono essere esaminate le censure dedotte innanzitutto con il ricorso introduttivo del giudizio; l’esame si condurrà scindendo la questione dell’epoca di realizzazione del manufatto originario (irrilevante ai fini del presente giudizio, tenuto conto del fatto che in sostanza il manufatto quale attualmente esistente e in relazione al quale sono stati emanati gli atti impugnati nel presente giudizio è, palesemente, un manufatto nuovo) dalle questioni: a) della sanzionabilità degli interventi più recenti; b) del tipo di sanzione eventualmente applicabile.

7. Esame delle censure dedotte con il ricorso introduttivo

7a. Con il primo motivo del ricorso introduttivo i provvedimenti impugnati sono censurati sotto diversi profili di violazione di legge ed eccesso di potere. In sostanza i ricorrenti affermano che, a causa di un’istruttoria carente, il Comune di Lucca ha erroneamente ritenuto abusivo il manufatto in questione in quanto realizzato in assenza di titolo edilizio. In realtà – essi sostengono – il manufatto, risalendo almeno agli anni Quaranta, non avrebbe necessitato di alcun titolo, essendo situato fuori del centro abitato e ricadendo perciò sotto la disciplina dell’art. 31 della c.d. legge urbanistica (legge n. 1150/1942) nella formulazione anteriore all’entrata in vigore dell’art. 10 l. n. 765/1967.

Orbene, a prescindere dalla contestazione del dato riguardante l’ubicazione del manufatto (che, secondo parte resistente, si colloca al di fuori del centro storico ma non anche al di fuori del centro abitato), dagli atti di causa emerge, come già si è accennato (e come si è ritenuto in sede cautelare: si veda la già richiamata ordinanza n. 485/2015), che il manufatto fu modificato intorno al 2000. Precisamente, nella sua attuale consistenza il capanno risale al periodo 2001 – 2004; ciò risulta, come già detto e come è opportuno ribadire, dal verbale del sopralluogo del 30 aprile 2009, in cui la circostanza è attestata dagli stessi proprietari. Insistere sull’epoca di originaria realizzazione non vale a sopprimere tale dato, sicché la questione sulla quale i ricorrenti avrebbero dovuto concentrare i propri sforzi difensivi sarebbe in realtà quella della necessità o meno dei titoli edilizi per i lavori che essi stessi hanno ammesso di avere realizzato un po’ per volta nel periodo su indicato.

La doglianza non merita pertanto adesione.

7b. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che il capanno di legno oggetto della controversia, destinato a ricovero per attrezzi e sprovvisto di allacci alle reti elettrica e idrica, costituisce pertinenza non autonomamente utilizzabile e di modesta entità, come tale soggetta a semplice denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 79 l.r. n. 1/2005 e ricadente dunque, sotto il profilo sanzionatorio, nell’ambito applicativo dell’art. 135 di detta legge.

Il Comune di Lucca contesta tali assunti, sottolineando le dimensioni del capanno (57 mq; altezza 3 metri) che è infisso al suolo con bozzetti di cemento e altera lo stato dei luoghi, sì da non poter essere ricompreso nella nozione di pertinenza dal punto di vista edilizio.

Orbene, non può convenirsi con i ricorrenti sulla natura pertinenziale del manufatto di cui trattasi per le dimensioni di esso, decisamente rilevanti e quindi per ciò solo tali da comportare una trasformazione (alterazione) del territorio. La giurisprudenza ha assunto posizioni assai rigorose in materia, giungendo a negare la natura pertinenziale di manufatti che, pur chiaramente serventi rispetto al fabbricato principale e assolutamente inutilizzabili in modo autonomo, tuttavia presentino dimensioni non ridotte (si veda, per esempio, la sentenza n. 4997/2013 della IV Sezione del Consiglio di Stato, che ha negato la qualità pertinenziale ai fini edilizi a una pensilina accessoria a un distributore di carburanti rilevandone le dimensioni – 50 mq – non esigue). Da tale configurazione il Consiglio di Stato ha tratto la conseguenza della soggezione dell’intervento predetto al regime concessorio.

Le dimensioni del capanno, come si è detto, sono tutt’altro che irrilevanti (nella rappresentazione catastale fornita con una seconda perizia depositata – l’8 gennaio 2013 – dai ricorrenti, redatta dal geometra Roberto Maccari, il “manufatto pertinenziale” non risulta esiguo a confronto del “fabbricato residenziale”, dal quale si distacca non poco), sì da comportare un’indubbia alterazione del territorio (come pure risulta evidente dalla documentazione fotografica allegata alle perizia in questione), con conseguente inapplicabilità del regime autorizzatorio.

La censura in esame va dunque respinta.

7c. Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione di varie norme e principi, nonché eccesso di potere sotto diversi profili, in sostanza dolendosi della mancanza di una motivazione esaustiva circa il (preteso) affidamento ingenerato dal lungo periodo di inerzia del Comune di Lucca.

In realtà, come più volte sottolineato, gli abusi constatati dal Nucleo di Polizia edilizia nel 2009 risalgono (per ammissione dei ricorrenti stessi e dei periti da loro incaricati) al periodo 2001 – 2004, sicché manca in radice l’elemento tempo.

Quanto all’affidamento, la realizzazione di interventi edilizi del tutto priva di titolo comporta una consapevole deviazione dalle regole che governano l’uso del territorio, sicché sul semplice decorso del tempo non può fondarsi alcun affidamento. Stante la natura permanente dell’illecito edilizio e l’interesse pubblico alla repressione di esso, la giurisprudenza ha chiarito che l'affidamento può configurarsi e rendere necessaria una più estesa motivazione dei provvedimenti sanzionatori solo in presenza di atti o comportamenti dell'amministrazione dai quali esso possa effettivamente e attendibilmente trarre fonte (Consiglio di Stato, IV, 13 giugno 2013, n. 3182).

7d. L’infondatezza delle censure esaminate comporta l’infondatezza anche della doglianza di illegittimità derivata (quarto motivo di ricorso) dedotta avverso la nota del 14 aprile 2011 volta a respingere l’istanza di “revoca” del provvedimento sanzionatorio.

7e. La menzionata nota del 14 aprile 2011 viene censurata anche per vizi autonomi.

Con riguardo al quinto e al sesto motivo di ricorso, che denuncia l’illegittimità della nota impugnata con riferimento all’applicazione dell’art. 31 della legge urbanistica del 1942 e alla risalenza del capanno agli anni Quaranta o addirittura a epoca anteriore, si è già detto che l’epoca di realizzazione del manufatto nella sua originaria consistenza non è rilevante, tenuto conto delle successive modificazioni del medesimo, ammesse dai ricorrenti e dai periti dagli stessi incaricati di redigere le perizie depositate in giudizio.

Il ricorso introduttivo del giudizio deve, in conclusione, essere respinto.

8a. Esame delle censure dedotte con il primo atto di motivi aggiunti

La nota del Comune di Lucca del 23 febbraio 2015 viene censurata dai ricorrenti innanzitutto per invalidità derivata da quella dell’ordinanza di demolizione.

L’infondatezza del ricorso introduttivo del giudizio e quindi delle censure dedotte avverso detta ordinanza comporta l’infondatezza del motivo in esame.

8b. Con la seconda e la terza censura dei motivi aggiunti in esame si deducono i vizi di violazione del giudicato cautelare formatosi sull’ordinanza di questo Tar n. 79/2013 e di violazione delle disposizioni in materia di acquisizione gratuita dell’area al patrimonio comunale.

Come si è già avuto modo di esporre, con la predetta ordinanza è stata respinta l’istanza cautelare sulla base della considerazione che il danno grave e irreparabile (collegato all’acquisizione dell’area) sarebbe derivato, eventualmente, da successivi atti dell’amministrazione, non già dall’ordinanza demolitoria che non specificava l’area da acquisire.

I ricorrenti sostengono che la nota d’avvio del procedimento di acquisizione – in cui il Comune di Lucca afferma di essere già proprietario dell’area in quanto il termine assegnato per ottemperare all’ingiunzione di demolizione è decorso infruttuosamente – viola il giudicato cautelare (l’ordinanza più volte richiamata non è stata impugnata) e pertanto deve considerarsi nullo ai sensi dell’art. 21-septies della legge n. 241/1990.

Inoltre, le disposizioni che regolano l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive e dell’area sarebbero state violate per mancata individuazione dell’area stessa.

Il Comune resistente osserva, in contrario, che la proprietà dell’area di sedime dell’opera abusiva viene automaticamente acquisita per il semplice decorso dei novanta giorni assegnati per l’esecuzione dell’ingiunzione di demolizione dell’opera stessa; l’atto dell’amministrazione volto a quantificare la misura dell’area ha carattere soltanto ricognitivo e dichiarativo e l’unica contestazione possibile in tale fase riguarda la misura dell’area acquisita.

Con riguardo alla violazione del giudicato cautelare si osserva che l’ordinanza n. 79/2013 ha rilevato soltanto l’assenza del pregiudizio grave e irreparabile, essendo questo da ricollegare a successive determinazioni dell’amministrazione volte a individuare l’area da acquisire e ad accertare l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione. Tuttavia, una valutazione complessiva del secondo e del terzo motivo di ricorso induce a ritenere illegittimo l’operato dell’amministrazione per le ragioni che saranno subito esposte.

È infatti indubbiamente da condividere la tesi secondo cui l’effetto acquisitivo si ricollega automaticamente al decorso infruttuoso del termine di novanta giorni entro il quale le opere abusive devono essere demolite. Tuttavia, tale effetto, ai sensi dell’art. 31 T.U. ED., presuppone che l’area da acquisire sia stata individuata. Ciò deve avvenire nell’atto di avvio del procedimento di acquisizione gratuita, con assegnazione all’interessato di un termine per fare le proprie verifiche e valutazioni e per presentare eventuali osservazioni; deve infatti consentirsi all’interessato di verificare il rispetto dei limiti dimensionali dell’acquisizione gratuita fissati dal comma terzo dell’art. 31 D.P.R. 380/2001, in cui è stabilito che il provvedimento di acquisizione può avere per oggetto solo il bene e l’area di sedime, nonché l’area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusiva (TAR Piemonte, I, n. 107/2013). La disposizione di cui trattasi precisa che l’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita e su tutti tali aspetti l’interessato deve poter interloquire con l’amministrazione in sede procedimentale, contribuendo con opportune osservazioni e/o produzioni documentali all’esercizio da parte della stessa di un potere connotato da discrezionalità tecnica (TAR Lazio - Roma, I, 4 aprile 2001, n. 2918).

Per altro, è soltanto grazie all’indicazione dell’area da acquisire che il privato può effettuare consapevolmente la scelta tra demolire il manufatto abusivo, sostenendone i costi ma conservando la proprietà dell’area, oppure abbandonare definitivamente il fabbricato e l’area di sedime (in tal senso, TAR Lecce, sez. III, 3 febbraio 2010, n. 435; TAR Piemonte, sent. su menzionata).

È chiaro che nel caso in esame nulla di tutto ciò è accaduto. E quindi, se è senz’altro vero che l’ordinanza di demolizione è legittima anche in mancanza di individuazione dell’area da acquisire e che l’accertamento dell’inottemperanza ha carattere meramente ricognitivo, è altrettanto vero che presupposto dell’automatico effetto acquisitivo è la regolarità del procedimento, anche sotto il profilo partecipativo. In altri termini, il destinatario della sanzione demolitoria deve essere posto nelle condizioni di scegliere a ragion veduta fra l’ottemperanza e l’inottemperanza all’ingiunzione, con piena consapevolezza delle conseguenze dell’una e dell’altra opzione; ed è evidente che tale consapevolezza non può ravvisarsi nelle situazioni in cui l’individuazione dell’area da acquisire non sia avvenuta né al momento dell’ordinanza di demolizione né successivamente.

In conclusione, la nota impugnata è illegittima per le assorbenti ragioni testé indicate e va di conseguenza annullata.

9a. Esame delle censure dedotte con il secondo atto di motivi aggiunti

A seguito delle vicende amministrative e giurisdizionali esposte nei precedenti paragrafi vi sono stati, fra i ricorrenti e l’amministrazione comunale, ulteriori contatti. In data 1° aprile 2015 è pervenuto ai legali degli interessati l’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolire il manufatto abusivo dell’11 febbraio 2011 con acquisizione al patrimonio comunale dell’area di 250 mq (in catasto al foglio 104, mappale 41).

I ricorrenti hanno presentato al Comune di Lucca istanza di declaratoria di legittimità e/o regolarizzazione delle opere edilizie oggetto della controversia ai sensi degli artt. 207 e 208 l.r. n. 65/2014, insistendo sulla presenza dell’immobile sul territorio fin dagli anni Quaranta; in subordine, essi hanno chiesto la valutazione circa l’insussistenza dell’interesse pubblico alla demolizione con applicazione della sanzione pecuniaria alternativa ai sensi del già menzionato art. 207, comma secondo, e, ancora più in subordine, ove ritenuto l’immobile successivo al 1967 ma precedente al 1985, l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dai primi due commi dell’art. 208, pure citato.

L’atto del 1° aprile 2015 è stato impugnato con i motivi aggiunti depositati il 23 aprile 2015.

9b. I ricorrenti contestano l’atto di accertamento dell’inottemperanza oggetto dei secondi motivi aggiunti sotto il profilo dell’illegittimità derivata dall’illegittimità dell’ordinanza di demolizione.

La censura è evidentemente infondata, atteso che il ricorso introduttivo del giudizio, avente per oggetto l’ordinanza dell’11 febbraio 2011, è stato ritenuto infondato (si veda il paragrafo 7).

9c. Per quanto riguarda la pretesa violazione del giudicato cautelare, denunciata con il secondo dei motivi aggiunti, è agevole rilevare che l’unica considerazione in diritto svolta nel decreto presidenziale n. 174/2015 riguarda la sussistenza del pregiudizio grave e irreparabile. La considerazione che «l’atto impugnato… sembra finalizzato alla materiale apprensione del bene stante l’asserita acquisizione definitiva al patrimonio comunale» costituisce una mera notazione in fatto dalla quale non può derivare per il Comune alcun divieto di provvedere ulteriormente nella vicenda di cui trattasi.

Il motivo in esame è dunque da respingere.

9d. Parimenti da respingere sono le censure (di cui al terzo motivo aggiunto) imperniate sugli artt. 207 e 208 l.r. n. 65/2014, atteso che esse si basano su un presupposto che, come già il Collegio ha rilevato, non è stato dimostrato (deducendosi anzi dagli atti di causa il contrario di quanto affermato dai ricorrenti in sede giurisdizionale), ovvero la risalenza delle opere abusive nella consistenza attuale dalle stesse assunta a epoca anteriore al 1967 o, in subordine, al 1985. Come si è già detto, le opere risalgono agli anni 2001 – 2004.

9e. L’infondatezza delle deduzioni fondate sull’applicazione delle disposizioni che regolano la materia vale anche a respingere il quarto motivo aggiunto, secondo cui dalle illegittimità già dedotte deriverebbe anche una connotazione dell’operato del Comune di Lucca in termini di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica. Tale sviamento non si riscontra negli atti impugnati, che appaiono comunque finalizzati alla repressione di un abuso edilizio attraverso l’esercizio dei poteri repressivi attribuiti dall’ordinamento al Comune.

9f. Il quinto motivo aggiunto, basato su un principio astrattamente condivisibile in quanto in esso si ribadisce l’impossibilità di acquisizione di un’area non ancora individuata, è però infondato in fatto, in quanto nella fase della vicenda contenziosa oggetto del secondo atto di motivi aggiunti l’individuazione dell’area è avvenuta e non vi è alcun ostacolo al dispiegarsi dell’effetto acquisitivo degli immobili dei ricorrenti.

I motivi aggiunti in esame vanno, in conclusione, respinti.

10a. Esame delle censure dedotte con il terzo atto di motivi aggiunti

Il provvedimento con il quale il Comune di Lucca ha respinto l’istanza presentata dai ricorrenti ai sensi degli artt. 207 e 208 l.r. n. 65/2014 viene innanzitutto censurato per illegittimità derivata.

La reiezione del ricorso introduttivo e quasi in tutto dei motivi successivamente aggiunti implica l’infondatezza della doglianza. La ritenuta fondatezza di un solo specifico profilo (riguardante l’impossibilità di considerare automaticamente realizzata l’acquisizione dell’immobile in mancanza di individuazione dell’area) non è in grado di inficiare il diniego oggetto del terzo atto di motivi aggiunti, non essendovi alcun rapporto tra quel profilo (per altro superato da successivi atti del Comune di Lucca, come si è visto) e il procedimento avviato a istanza dei ricorrenti.

10b. Con il secondo dei motivi aggiunti in esame i ricorrenti lamentano la violazione delle garanzie partecipative, con particolare riguardo alla mancata comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990.

Il Comune contesta la fondatezza della doglianza sostenendo che il provvedimento impugnato ribadisce una posizione già nota agli interessati circa l’epoca di realizzazione delle opere abusive.

Orbene, il Collegio osserva che i ricorrenti non hanno dimostrato di poter influenzare il contenuto del provvedimento conclusivo, limitandosi a ribadire argomentazioni già ripetutamente sottoposte all’attenzione dell’amministrazione in sede procedimentale e del TAR in occasione della controversia. Per altro, nel caso in esame il provvedimento ha contenuto vincolato, non essendovi alcuna valutazione discrezionale da effettuare in presenza di un dato (l’epoca di realizzazione del manufatto) che impedisce l’applicazione delle disposizioni invocate dai ricorrenti (artt. 207 e 208 l.r. n. 65/2014).

10c. Con il terzo, il quarto e il quinto dei motivi aggiunti in esame i ricorrenti insistono sull’applicabilità degli artt. 207 e 208 l.r. n. 65/2014 e su presunte carenze dell’istruttoria.

Si richiamano in proposito le argomentazioni più volte richiamate sull’epoca di realizzazione del manufatto abusivo.

I motivi aggiunti in esame devono pertanto essere respinti.

11. In conclusione, vanno respinti il ricorso introduttivo del giudizio e i motivi successivamente aggiunti depositati il 23 aprile e il 22 giugno 2015, mentre va accolto, nei sensi prima precisati, l’atto di motivi aggiunti depositato il 4 marzo 2015, con conseguente annullamento della nota del Comune di Lucca del 23 febbraio 2015.

L’esito complessivo del giudizio giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti in epigrafe:

– accoglie, nei limiti precisati in parte motiva, l’atto di motivi aggiunti depositati il 4 marzo 2015 e, per l’effetto, annulla la nota del Comune di Lucca del 23 febbraio 2015;

– respinge il ricorso introduttivo e gli ulteriori motivi aggiunti;

– compensa le spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Rosaria Trizzino, Presidente

Rosalia Maria Rita Messina, Consigliere, Estensore

Raffaello Gisondi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/03/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)