Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3262, del 13 giugno 2013
Urbanistica. Pianificazione urbanistica come strumento di realizzazione di valori costituzionali espressi dagli articoli 9, comma secondo, 32, 42, 44, 47, comma secondo, Cost.

L’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo. Uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, non in astratto, bensì in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico–sociali della comunità radicata sul territorio (tra le quali certamente rientra l’aspirazione, anche in proprietà, alla casa di abitazione), sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione “de futuro” sulla propria stessa essenza, svolta, per autorappresentazione ed autodeterminazione, dalla comunità medesima, attraverso le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora, attraverso la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio. In sostanza, il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti. Ne consegue che, diversamente opinando, e cioè nel senso di ritenere il potere di pianificazione urbanistica limitato alla sola prima ipotesi, si priverebbe la pubblica amministrazione di un essenziale strumento di realizzazione di valori costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli articoli 9, comma secondo, 32, 42, 44, 47, comma secondo, Cost. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03262/2013REG.PROV.COLL.

N. 01301/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1301 del 2006, proposto da: 
Societa' Carlo di Properzio & C. S.a.s., rappresentata e difesa dagli avv. Girolamo Abbatescianni, Francesco Versaci, Giovanni Izzo, con domicilio eletto presso Studio Abbatescianni in Roma, via Anastasio II, 4;

contro

Comune di Pescara, rappresentato e difeso dall'avv. Paola Di Marco, con domicilio eletto presso Quirino D'Angelo in Roma, via Paolo Emilio, 34;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA n. 01042/2004, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE P.R.G. COMUNE di PESCARA.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pescara;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Izzo e Manuel De Monte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con l’appello in esame, la società “Carlo di Properzio e c.” s.a.s. impugna la sentenza 15 dicembre 2004 n. 1042, con la quale il TAR per l’Abruzzo, sede di Pescara, ha respinto il suo ricorso, proposto, in particolare, avverso l’atto di approvazione definitiva del Piano Regolatore di Pescara, nella parte in cui una area di sua proprietà è stata inserita in zona G - verde privato vincolato.

La controversia riguarda la destinazione a verde privato integrale (disposta con delibera del Consiglio comunale di Pescara 17 marzo 2003 n. 90, recante l’approvazione definitiva del PRG) di un’area della società ubicata in loc. Colle Marino, della complessiva estensione di circa mq. 10.000, parzialmente ricompresa in zona di rispetto cimiteriale e con presenza di un immobile.

Presentata, durante l’iter di adozione del Piano, una osservazione volta a rendere l’area parzialmente edificabile, la medesima veniva respinta affermandosi che la destinazione a verde privato vincolato era conseguente ad una valutazione di rilevanza del “mantenimento di una pregevole area a servizio di un edificio già esistente”.

La sentenza impugnata afferma, in particolare:

- “le scelte effettuate dall’amministrazione all’atto dell’adozione del PRG costituiscono apprezzamento di merito sottratte al sindacato di legittimità di questo Giudice, salvo che siano inficiate da errori di fatto o da grave illogicità o contraddittorietà”, né le stesse abbisognano di “apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali”;

- allo stesso modo, non è richiesta una particolare motivazione in sede di esame delle osservazioni dei privati;

- nel caso di specie, l’inserimento delle aree nella zona G (compresa l’area non sottoposta a vincolo cimiteriale), “non è atto preordinato alla salvaguardia dei parchi privati esistenti, quanto invece ad evitare ulteriori interventi edilizi che possano risultare pregiudizievoli per il conveniente equilibrio delle condizioni di vivibilità della popolazione, potendo, in definitiva, giustificarsi tale destinazione con le esigenze dell’ordinato governo del territorio”. Peraltro, “tra gli obiettivi del piano era stato indicato anche il massimo risparmio del suolo libero, cioè, in definitiva, era stato indicato come prioritario l’obiettivo di rispettare l’attuale perimetro del piano”.

Avverso tale sentenza vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) contraddittorietà ed illogicità della sentenza a fronte delle risultanze dell’istruttoria; travisamento dei fatti ed erroneità sulle caratteristiche dell’area; ciò in quanto, ai sensi dell’art. 61 delle NTA del PRG la zona G è attribuita a parchi privati, alle “aree a servizio di complessi edilizi esistenti”, nonché a “tutte le aree già utilizzate volumetricamente ai fini edificatori”, cioè, in definitiva (secondo l’appellante) ad “aree di pertinenza – sotto il profilo edilizio e urbanistico – di immobili esistenti”. A fronte di ciò, l’istruttoria dell’UTC “era nel senso di non riconoscere all’area in questione alcuna valenza pertinenziale rispetto all’edificio esistente” sull’area considerata. Ciò esclude – come invece affermato in sentenza – che sia possibile imprimere una destinazione a zona G per evitare ulteriori interventi edilizi, risultanti pregiudizievoli per la popolazione”;

b) erroneità sulla legittimità della verifica di disparità di trattamento; errore sul fatto; contraddittorietà con le risultanze istruttorie, poiché altre aree finitime hanno avuto destinazione edificatoria e “specificamente, nel caso in questione, non vi è dubbio che la porzione del lotto . . . è interclusa tra le aree la cui destinazione edificatoria è manifesta e incontestabile, vieppiù migliorata in sede di approvazione del PRG impugnato in parte qua”;

c) erroneità ed illogicità sulla sussistenza e sulla sufficienza della motivazione di rigetto dell’osservazione alla scelta pianificatoria; poiché, avendo il Consiglio comunale rigettato l’osservazione affermando “rilevante il mantenimento di una pregevole area a servizio di un edificio già esistente”, o tale motivazione è legittima, “ed allora sono macroscopici l’errore, il travisamento dei fatti e l’illogicità in capo all’amministrazione (e con essa al giudice di I cure), che ha ritenuto la stessa area a servizio (rectius, pertinenziale) dell’edificio esistente, pur non ricorrendone i presupposti di fatto; oppure – al contrario – siffatta motivazione è in nuce illegittima perché non esplicita in modo sufficientemente chiaro le ragioni del sacrificio all’edificabilità dell’area”;

d) travisamento dei fatti; errore sulla esistenza dell’affidamento qualificato del ricorrente; in quanto l’amministrazione aveva l’obbligo di fornire, in sede di esame dell’osservazione, una motivazione più puntuale, posto che aveva “deciso di annullare la capacità edificatoria di un’area interclusa tra fondi edificati o edificabili, qualificandola come zona a verde”;

e) erroneità sulla legittimità dell’istruttoria comunale; poiché si è omesso di considerare che il Consiglio comunale ha rigettato l’osservazione. “nonostante l’UTC si fosse espresso in favore dell’accoglimento della stessa”.

A completamento dell’esposizione dei motivi di appello, la società appellante offre alla “valutazione” di questo Collegio “le censure opposte in prime cure al provvedimento impugnato che, per comodità espositiva, vengono di seguito ritrascritte” (v. pagg. 25 – 37 appello).

Si è costituito in giudizio il Comune di Pescara, che ha comunque concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Il Collegio non può che condividere l’esposizione dei principi che regolano il contenuto ed i limiti della potestà pianificatoria, esposti nella sentenza appellata e come da questa ricavati dalla giurisprudenza.

Il problema del contenuto e dei limiti della pianificazione urbanistica; del significato stesso del concetto di “urbanistica” in senso giuridico e, di conseguenza, del contenuto della potestà pianificatoria, è stato affrontato da questo Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza 10 maggio 2012 n. 2710, medio tempore pubblicata, con considerazioni che devono essere riconfermate ai fini della presente decisione.

Si è affermato che il potere di pianificazione urbanistica del territorio – la cui attribuzione e conformazione normativa è costituzionalmente conferita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, ex art. 117, comma terzo, Cost. ed il cui esercizio è normalmente attribuito, pur nel contesto di ulteriori livelli ed ambiti di pianificazione, al Comune – non è limitato alla individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale, ed in particolare alla possibilità e limiti edificatori delle stesse.

Al contrario, tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico–sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati.

Proprio per tali ragioni, lo stesso legislatore costituzionale, nel novellare l’art. 117 della Costituzione per il tramite della legge cost. n. 3/2001, ha sostituito – al fine di individuare le materie rientranti nella potestà legislativa concorrente Stato-Regioni - il termine “urbanistica” con la più onnicomprensiva espressione di “governo del territorio”, certamente più aderente, contenutisticamente, alle finalità di pianificazione che oggi devono ricomprendersi nel citato termine di “urbanistica”.

D’altra parte, già il legislatore ordinario (sia pure ai fini della attribuzione di giurisdizione sulle relative controversie), con l’art. 34, comma 2, d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80, aveva affermato che “la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio”.

Tali finalità, per così dire “più complessive” dell’urbanistica, e degli strumenti che ne comportano attuazione, sono peraltro desumibili fin dalla legge 17 agosto 1942 n. 1150, laddove essa individua il contenuto della “disciplina urbanistica e dei suoi scopi” (art. 1), non solo nell’”assetto ed incremento edilizio” dell’abitato, ma anche nello “sviluppo urbanistico in genere nel territorio della Repubblica”.

In definitiva, l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo.

Uno sviluppo che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli - non in astratto, bensì in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni dei luoghi –, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico–sociali della comunità radicata sul territorio (tra le quali certamente rientra l’aspirazione, anche in proprietà, alla casa di abitazione), sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione “de futuro” sulla propria stessa essenza, svolta - per autorappresentazione ed autodeterminazione - dalla comunità medesima, attraverso le decisioni dei propri organi elettivi e, prima ancora, attraverso la partecipazione dei cittadini al procedimento pianificatorio.

In definitiva, il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.

Ne consegue che, diversamente opinando, e cioè nel senso di ritenere il potere di pianificazione urbanistica limitato alla sola prima ipotesi, si priverebbe la pubblica amministrazione di un essenziale strumento di realizzazione di valori costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli articoli 9, comma secondo, 32, 42, 44, 47, comma secondo, Cost..

A quanto sin qui esposto, occorre aggiungere che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478), così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione.

Occorre, infatti, ribadire che le scelte urbanistiche (in particolare, in sede di variante) richiedono puntuale motivazione esclusivamente ove incidano su zone territorialmente circoscritte, ledendo legittime aspettative (specie edificatorie) dei privati proprietari, in conseguenza non soltanto di statuizioni di pronunce giurisdizionali passate in giudicato, ma anche di accordi con l'ente locale ed in particolare di convenzioni di lottizzazione divenute operative. A fronte di aspettative di mero fatto, le scelte di natura tanto ambientale quanto urbanistica rimesse all'Amministrazione nell'interesse generale, infatti, sono di regola sufficientemente motivate con l'indicazione dei profili generali e dei criteri che hanno sorretto la previsione, senza necessità di una motivazione puntuale e "mirata" (Cons. Stato, sez. IV. n. 5478/2008 cit.).

Le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale, ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, pregiudicando, si ripete, legittime aspettative; così come, mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorché la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale.

In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico.

Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute.

3. Quanto sin qui esposto sul piano generale, appare già sufficiente a motivare la reiezione dei motivi di appello, ed in particolare di quelli riportati sub lett. b), d) ed e) del’esposizione in fatto.

Quanto agli ulteriori motivi, occorre osservare che il Comune di Pescara ha mantenuto per l’area dell’appellante la destinazione a verde privato vincolato, rigettando l’osservazione proposta (con la quale si richiedeva una parziale destinazione a zona B), considerando che era “rilevante il mantenimento di una pregevole area a servizio di un edificio già esistente”.

Tale valutazione effettuata dall’ente titolare di potestà pianificatoria costituisce una esplicitazione di tale potestà che, per un verso, afferendo al merito amministrativo, sfugge al sindacato giurisdizionale di legittimità; per altro verso, non si presenta né irragionevole, né affetta da errore di fatto.

E ciò in quanto effettivamente l’area risulta non edificata e prospiciente ad un edificio di proprietà privata (peraltro a ridosso di un cimitero), e ben può ricevere una destinazione a zona G, in ordine alla quale il concetto di “pertinenzialità” (che l’appellante ricava non condivisibilmente dalle norme tecniche) non costituisce comunque ostacolo, nel caso di specie, a tale tipo di zonizzazione.

In tal senso, l’affermazione del I giudice – contestata dall’appellante – secondo la quale l’inserimento delle aree in zona G sarebbe destinato non tanto “alla salvaguardia dei parchi privati esistenti”, quanto “ad evitare ulteriori interventi edilizi che possano risultare pregiudizievoli per il conveniente equilibrio delle condizioni di vivibilità della popolazione” (pag. 8 sent.), costituisce non già una motivazione “postuma” di scelte urbanistiche effettuate dall’amministrazione, quanto una esplicitazione della necessità di imprimere una destinazione a zona G–verde privato vincolato. E la presenza di edificazione nelle aree circostanti conferma, implicitamente, la assenza di irragionevolezza nella scelta effettuata dall’amministrazione.

Per tutte le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Stante la natura delle questioni trattate sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla società “Carlo Di Properzio e c.” s.a.s. (n. 2301/2006 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Guido Romano, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)