Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 115, del 11 gennaio 2013
Urbanistica. Nuovi interventi edilizi in area urbanizzata sottoposta a vincolo paesistico.

L’intervenuta urbanizzazione di un’area sottoposta a vincolo paesistico non appare idonea a legittimare interventi edilizi non rispettosi degli interessi sottesi ai vincoli imposti nella zona, in quanto il nuovo edificato contribuisce, comunque, ad aggravare, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, il danno arrecato dalle costruzioni non rispettose di tali finalità, rafforzando, pertanto, la necessità di provvedere alla tutela dei luoghi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00115/2013REG.PROV.COLL.

N. 05230/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5230 del 2008, proposto dal signor Castaldo Paolo, rappresentato e difeso dall'avvocato Orazio Abbamonte, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via Terenzio, 7;

contro

il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Comune di Pozzuoli, non costituito nel presente grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VI n. 1432/2008, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivita' culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2012 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato Abbamonte e l'avvocato dello Stato Tidore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Il signor Paolo Castaldo (d’ora in avanti “ricorrente”), con il ricorso n. 3734 del 2001 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ha chiesto l’annullamento:

- del provvedimento a firma del Soprintendente per i beni culturali, ambientali e architettonici di Napoli e Provincia del 22 dicembre 2000, con il quale è stato annullato il provvedimento del Sindaco di Pozzuoli, n. 18931 del 2 giugno 2000, emesso ai sensi e per gli effetti dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994, recante autorizzazione per le opere abusivamente realizzate dal ricorrente in Pozzuoli, alla via 1^ Traversa Monteruscello, 1, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, consistenti in “un manufatto attualmente costituito da pilastri e solai in c.a. su due livelli, piano terra e primo piano da adibire a civile abitazione”;

- di ogni altro atto preordinato, connesso o consequenziale, comunque lesivo.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, sezione VI, con la sentenza n. 1432 del 2008, ha respinto il ricorso, nulla pronunciando sulle spese nei confronti del Comune di Pozzuoli e compensandole nei confronti del Ministero per i beni e le attività culturali.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto che, in riforma della sentenza di primo grado, siano annullati gli atti impugnati.

4. All’udienza del 18 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Con la sentenza gravata, n. 1432 del 2008, il T.a.r. per la Campania, Napoli, sezione VI, ha respinto il ricorso n. 3734 del 2001, proposto avverso il provvedimento della Soprintendenza statale, del 22 dicembre 2000, di annullamento del provvedimento del Sindaco di Pozzuoli, n. 18931 del 2 giugno 2000, emesso ai sensi e per gli effetti dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994, recante autorizzazione per le opere abusivamente realizzate dal ricorrente in Pozzuoli, alla via 1^ Traversa Monteruscello, 1, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, consistenti in “un manufatto attualmente costituito da pilastri e solai in c.a. su due livelli, piano terra e primo piano da adibire a civile abitazione”.

Nella sentenza si afferma che la motivazione dell’impugnato provvedimento di annullamento è del tutto coerente con l’esercizio del potere spettante in sede di riesame, poiché la Soprintendenza ha considerato in modo adeguato il particolare pregio paesaggistico dell’area vincolata in cui ricade il manufatto in questione ed il notevole impatto di questo, sia per la dimensione (700mc) che per le caratteristiche costruttive, in cemento armato, non in armonia con i tipici insediamenti abitativi del territorio.

2. Nell’appello si censura la sentenza di primo grado, per non avere considerato:

- il travisamento dei fatti su cui è basato il provvedimento impugnato, poiché in esso, a fronte di un vincolo apposto nel 1957, non si è tenuto conto della successiva modificazione del contesto per effetto della intensa edificazione sopravvenuta;

- che, nel caso di un procedimento volto alla sanatoria di un intervento abusivo in area vincolata, non è sufficiente fondare la valutazione sull’incidenza delle opere sugli interessi protetti con il vincolo, essendo ciò in re ipsa, ma deve essere apprezzato se il contrasto è tale da determinare l’incompatibilità della permanenza dell’immobile abusivo;

- che nella specie si è soltanto asserito il contrasto tra le opere in questione e il paesaggio tutelato, senza alcuna precisazione della specifica valenza negativa del loro inserimento in tale contesto.

3. Le censure così riassunte sono infondate per i motivi che seguono.

3.1. Premesso che dagli atti il manufatto in questione non appare “ultimato” al rustico, come richiesto dalla normativa per la fruizione della sanatoria, in base alla quale si considera tale il manufatto dotato almeno della muratura portante e della copertura (art. 31, comma 2, della legge n. 47 del 1985, da applicare nella specie ai sensi dell’art. 39 della l. 23 dicembre 1994, n. 724), in ogni caso, quanto al rapporto tra i poteri della Soprintendenza e quelli dell’autorità comunale in sede di procedimento di sanatoria di abuso commesso in area protetta, si rileva che:

- a) anche per il procedimento di condono edilizio di opere realizzate su aree sottoposte a vincolo, l'articolo 32 della legge n. 47 del 1985 (anche da applicare ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724 del 1994) dispone che "il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria ... è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso";

- b) “sotto il profilo funzionale il parere ex art. 32 è assimilabile all'autorizzazione paesaggistica intesa come strumento di gestione del vincolo, per cui l'annullamento ministeriale, posto ad estrema difesa del vincolo, non può non comprendere anche la valutazione di compatibilità paesistica da effettuare in sede di condono edilizio” (Cons. Stato, VI, 28 gennaio 1998, n. 114);

- c) per questo è evidente il valore prioritario della verifica della compatibilità dell'opera rispetto al vincolo, con la conseguenza che tale valutazione è pregiudiziale ad ogni altra poiché, se sfavorevole, rende impossibile la sanatoria dell'opera (Cons. Stato, V, 29 maggio 2006, n. 3216);

- d) si deve perciò applicare alla fattispecie in esame quanto definito in giurisprudenza, in linea generale, riguardo all’esercizio del potere di riesame dell’organo statale sull’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione, o dall’ente sub delegato, per l’esecuzione di opere in area protetta, non essendovi motivo per l’individuazione di speciali procedure e parametri di valutazione nel procedimento di sanatoria di abuso edilizio in una tale area.

3.2. Sui limiti dell’esame da parte della Soprintendenza dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione (o da un ente subdelegato), si richiama la giurisprudenza costante di questo Consiglio di Stato, per la quale: a) l’autorità delegata preposta alla tutela del vincolo deve esercitare il proprio potere motivando adeguatamente sulla compatibilità con il vincolo paesaggistico dell’opera specificamente assentita, in relazione a tutte le circostanze rilevanti nel caso di specie, sussistendo, in caso contrario, illegittimità per carenza di motivazione o di istruttoria; b) il potere di annullamento della Soprintendenza non consente il riesame nel merito delle valutazioni compiute dalla Regione, o dall’ente subdelegato, ma si esprime in un sindacato di legittimità, esteso a tutte le ipotesi riconducibili all'eccesso di potere, anche per difetto di motivazione o di istruttoria e dunque riguardante anche la compiuta presa in considerazione delle circostanze concrete e rilevanti per il giudizio di compatibilità; c) l’autorità statale, con un tale potere di cogestione del vincolo, dato dalla legge ad estrema difesa del vincolo stesso (Corte cost., 27 giugno 1986, n. 151; 18 ottobre 1996, n. 341; 25 ottobre 2000, n. 437), se ravvisa nell’atto oggetto del suo riesame un vizio di difetto di motivazione o di istruttoria, nel proprio provvedimento può motivare sulla non compatibilità degli interventi progettati rispetto ai valori paesaggistici compendiati nel vincolo (Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9; VI, 11 giugno 2012, n. 3401; 22 giugno 2011, n. 3767; 26 luglio 2010, n. 4861; 22 marzo 2007, n. 1362).

3.3. Nei singoli casi è quindi anzitutto necessario verificare se alla base dell’annullamento dell’autorizzazione esaminata da parte della Soprintendenza competente si riscontri l’incompiutezza o l’inadeguatezza della valutazione di compatibilità paesaggistica resa dalla Regione o dall’ente locale delegato, essendo l’autorizzazione, in questa ipotesi, viziata per difetto di istruttoria o di motivazione e risultando legittimo, perciò, il provvedimento statale di annullamento.

La valutazione di compatibilità paesaggistica in concreto resa è a sua volta adeguata se le caratteristiche dell’intervento vi risultano individuate, raffrontate e giustificate con i valori riconosciuti e protetti dal vincolo, dovendo essere esposta l’analisi eseguita sulle ragioni di compatibilità o incompatibilità effettiva che, in riferimento a tali valori, rendano o meno compatibile l’opera progettata, non essendo quindi sufficiente, allo scopo, l’asserzione generica della compatibilità paesaggistica.

3.4. Nella specie la valutazione di compatibilità resa con l’autorizzazione comunale n. 18931 del 2006 non reca alcuna analisi delle caratteristiche dell’intervento edilizio in questione in raffronto a quelle del paesaggio tutelato in cui si inseriscono, venendo assunto, ad unica motivazione della favorevole valutazione di compatibilità, il fatto che si tratta di manufatto “in zona urbanizzata il cui progetto di completamento non si discosta dalla tipologia edilizia dei fabbricati circostanti”.

E’ così espressa, in sostanza, una valutazione di mera assentibilità dell’intervento in alcun modo motivata, non essendo sufficiente allo scopo il richiamo dell’intensa attività edilizia intervenuta poiché, come chiarito in giurisprudenza, la motivazione della già intervenuta urbanizzazione di un’area vincolata non “appare idonea a legittimare interventi edilizi non rispettosi degli interessi sottesi ai vincoli imposti nella zona, in quanto il nuovo edificato contribuisce, comunque, ad aggravare, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, il danno arrecato dalle costruzioni non rispettose di tali finalità, rafforzando, pertanto, la necessità di provvedere alla tutela dei luoghi.” (Cons. Stato, Sez. VI, 1 luglio 2009, n. 4238).

3.5. In questo quadro si deve concludere per la legittimità dell’impugnato provvedimento di annullamento della Soprintendenza, in quanto basato sul riscontro del mancato accertamento di compatibilità nell’autorizzazione comunale (penultimo “Considerato”), a sua volta rapportato, nelle stesse premesse del provvedimento, alla previa ricognizione delle caratteristiche dell’area quali compendiate nell’apposizione del vincolo con la valutazione del contrasto con esse del manufatto in questione in relazione nella sua dimensione e struttura (secondo e terzo “Considerato”).

4. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese del secondo grado seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe n. 5230 del 2008.

Condanna l’appellante, signor Paolo Castaldo, al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio nei confronti del Ministero per i beni e le attività culturali, costituito, che liquida in euro 1.000,00 (mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)