Consiglio di Stato Sez. VI n.6576 del 1 ottobre 2019
Urbanistica.Natura di pertinenza di una piscina condominiale

E’ qualificabile come pertinenza una piscina condominiale allocata in un’area di sedime diversa da quella progettuale. D’altra parte una piscina, collocata in una proprietà privata e posta al servizio esclusivo della stessa, non ha una sua autonomia immobiliare ed è, invece, destinata a determinare un qualcosa che si pone al servizio dell'immobile principale. La natura pertinenziale determina l’inapplicabilità della regola demolitoria valevole per le variazioni essenziali, dovendo invece imporre una considerazione in concreto della procedura da adottare, una volta assodata la reale natura delle opere


Pubblicato il 01/10/2019

N. 06576/2019REG.PROV.COLL.

N. 03972/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3972 del 2018, proposto da
Bagliani San Giuliano s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Cocchi e Giovanni Corbyons, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone n.44;

contro

Comune di Genova, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, 11 gennaio 2018 n. 14, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2019 il Cons. Diego Sabatino e udito per le parti l’avvocato Giovanni Corbyons;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3972 del 2018, Bagliani San Giuliano s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, 11 gennaio 2018 n. 14 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Genova per l'annullamento

- del provvedimento dirigenziale del Comune di Genova n. 832 del 19/12/2012, avente ad oggetto “Permesso di costruire in sanatoria per opere eseguite in difformità dal provvedimento n. 548 del 17/8/2004 in Villa Candida; istanza relativa alla porzione denominata ‘La Villa ed il Giardino all’italiana’ - Via Ricci 5 - Genova prog. n. 1355/2011”, con il quale si esprime il diniego sull’istanza di accertamento di conformità di cui all’oggetto; e, con ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento,

- del provvedimento dirigenziale 8/8/2017, n. 277961, avente ad oggetto “Ingiunzione di demolizione per opere abusive in Via Ricci 5 (parti condominiali)” e degli atti presupposti.

Il giudice di prime cure ricostruiva i fatti di causa, nell’ambito della parte in diritto della sentenza, evidenziando come la vicenda tragga origine dal piano di lottizzazione approvato nel 1986, confermato nel 1990, e dalla conseguente autorizzazione a lottizzare del 1991 che prevedevano la realizzazione di un fabbricato di tre piani fuori terra e un piano interrato, da destinare a uffici, nell’area sita in Genova, via San Giuliano, di proprietà di SEAT S.p.a.

Il fabbricato in progetto era contiguo al compendio immobiliare denominato “Villa Candida”, assoggettato a vincolo monumentale, di proprietà della Società Immobiliare Valletta Cambiaso a r.l. (che ha successivamente mutato la propria denominazione in Bagliani San Giuliano S.r.l.).

Previa stipulazione della relativa convenzione urbanistica, l’intervento edificatorio è stato assentito mediante concessione edilizia del 3 dicembre 1991.

La convenzione prevedeva che il soggetto attuatore avrebbe dovuto realizzare un parcheggio pubblico su un’area sita in prossimità del nuovo fabbricato, esterna al perimetro del piano di lottizzazione e costituente distacco dell’adiacente “Villa Candida”.

Nel 1993, la Soprintendenza ha esteso all’area della SEAT il vincolo monumentale insistente sulla limitrofa “Villa Candida”.

Il piano di lottizzazione e gli atti conseguenti sono stati annullati dal T.A.R., in accoglimento del ricorso proposto da alcuni vicini, con la sentenza n. 192 del 9 giugno 1995.

Ciò ha comportato l’arresto dei lavori di costruzione del nuovo fabbricato, nell’ambito dei quali era stato realizzato solamente lo scavo dell’area di sedime.

Nel 2003, Valletta Cambiaso S.r.l. ha presentato un progetto volto al ricupero di “Villa Candida” che prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di una piscina condominiale nel sito destinato a parcheggio pubblico dal piano di lottizzazione annullato.

Tale soluzione è stata approvata con autorizzazione paesaggistica e conseguente permesso di costruire in data 17 agosto 2004.

Con decisione della quarta Sezione n. 254 del 31 gennaio 2005, il Consiglio di Stato ha riformato la menzionata pronuncia di primo grado, dichiarando l’irricevibilità del ricorso originario.

Ne è conseguita la reviviscenza del piano di lottizzazione e degli altri atti impugnati con il ricorso di primo grado.

A seguito della sentenza d’appello, i lavori sono ripresi e la proprietaria (ora Bagliani San Giuliano S.r.l.) ha presentato numerose istanze di variante in corso d’opera.

Sono stati completati lavori di realizzazione della piscina condominiale e, in ragione delle difformità rispetto al progetto approvato, è stata presentata l’istanza di sanatoria respinta con provvedimento del 19 dicembre 2012 (impugnato con il ricorso davanti al T.A.R. oggetto della sentenza qui impugnata).

Infine, con deliberazione consiliare del 23 luglio 2013, il Comune ha rinunciato al vincolo di destinazione ad uso pubblico del parcheggio, a fronte del pagamento di un indennizzo.

Nel giudizio di prime cure, dato con ricorso depositato il successivo 13 marzo, la Società Bagliani San Giuliano a r.l. ha impugnato il diniego di sanatoria edilizia relativo alle opere eseguite in difformità dal premesso di costruire rilasciato in data 17 agosto 2004, avente ad oggetto, tra l’altro, la realizzazione di una piscina condominiale.

La motivazione del provvedimento negativo faceva riferimento alla violazione degli obblighi connessi al piano di lottizzazione e alla conseguente convenzione urbanistica che destinavano l’area de qua a parcheggio pubblico.

Il ricorso fondava su un motivo di gravame formalmente unico, così rubricato: “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49, l.r. 16/2008. Eccesso di potere per falsità dei presupposti e/o travisamento. Difetto di istruttoria e/o di motivazione. Travisamento. Illogicità. Ingiustizia grave e manifesta. Sviamento di potere”.

In sostanza, l’esponente riteneva che le opere oggetto dell’istanza di sanatoria, a suo tempo assentite mediante il menzionato permesso di costruire, fossero state interessate da modifiche esecutive di scarso rilievo.

Nelle more del giudizio, il Comune di Genova, con provvedimento dirigenziale del 8 agosto 2017, ha ordinato la demolizione delle opere indicate nel diniego di sanatoria.

Nell’articolata motivazione del provvedimento demolitorio, viene precisato, tra l’altro, che la piscina e i relativi locali accessori configurano opere in totale difformità dal titolo edilizio in quanto realizzati su area diversa rispetto a quella rappresentata in progetto e con dimensioni diverse.

Tale atto è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti notificato il 12 settembre 2017 e depositato il successivo 22 settembre.

I motivi di gravame sono collocati sotto le seguenti rubriche: I) Illegittimità derivata; II) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 45, 47 e 49, l.r. 16/2008. Eccesso di potere per falsità del presupposto e/o travisamento, difetto di istruttoria, illogicità manifesta. Sviamento; III) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 44, 45 e 47, l.r. 16/2008. Difetto di presupposto e/o di istruttoria e/o di motivazione. Ingiustizia grave e manifesta. Sviamento di potere.

L’esponente ribadiva le censure del ricorso introduttivo e sosteneva che le riscontrate difformità avrebbero natura di opere in parziale difformità, come tali suscettibili solo dell’applicazione di una sanzione pecuniaria.

L’intimato Comune di Genova, già costituitosi formalmente in giudizio, depositava una memoria con cui argomentava nel senso dell’infondatezza del ricorso nel merito.

Il ricorso veniva chiamato alla pubblica udienza del 14 dicembre 2017 e deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, precisando come la diversa localizzazione del manufatto e le sue maggiori dimensioni siano sufficienti a configurare la realizzazione di opere in totale difformità che, in quanto tali, rendono doverosa l’applicazione della sanzione demolitoria.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie difese, sia quella di cui al ricorso introduttivo che quelle dei motivi aggiunti, meglio descritte successivamente in parte motiva.

Nel giudizio di appello, non si è costituito il Comune di Genova.

All’udienza del 5 luglio 2018, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza 6 luglio 2018, n. 3051.

Alla pubblica udienza del 4 luglio 2019, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - Con il primo motivo di impugnazione, contenuto nel ricorso introduttivo in primo grado e reiterato in appello, Bagliani S. Giuliano contestava le motivazioni del primo giudice in merito alle censure proposte avverso il diniego opposto dal Comune di Genova alla istanza di accertamento di conformità relativa alla variante introdotta nel corso dei lavori autorizzata con permesso di costruire 17/8/2004, relativo alla complessiva sistemazione del parco pertinenziale di Villa Candida, compresa la piscina condominiale di proprietà. Il T.A.R. aveva infatti respinto le censure dedotte sulla base di più argomenti, ossia: a) la piscina sarebbe stata realizzata su un’area di sedime diversa da quella individuata nel permesso di costruire 548/2004; b) la diversa localizzazione della piscina sull’area di sedime prevista dal p.d.c. costituirebbe una totale difformità rispetto al titolo; c) il diniego di accertamento di conformità era corretto perché i lavori della piscina si ponevano in contrasto con il vincolo a destinazione pubblica previsto nella convenzione di lottizzazione del 1991.

Avverso la ricostruzione del primo giudice, la ricorrente evidenzia, per un verso, come la localizzazione della piscina, realizzata in prossimità della localizzazione progettuale originaria doveva essere considerata in un contesto complessivo, visto che l’oggetto del permesso di costruire del 2004 era tutto il parco di Villa Candida e la sistemazione delle aree interne, rispetto alle quali la piscina e la sua positura all’interno del compendio, costituivano elementi pertinenziali di minor rilevanza; per altro verso, la relativamente diversa positura della piscina sull’area non poteva integrare una totale difformità ai sensi degli artt. 33, comma 1, D.P.R. 380/2001 e 44, comma 1, L.R. 16/2008 non assimilabile ad alcuna delle fattispecie di totale difformità ma soprattutto in quanto a sensi dell’art. 44 comma 3, L.R. 16/2008 una totale difformità era esclusa – come dedotto da Bagliani S. Giuliano - dalla natura pertinenziale della piscina.

2.1. - La doglianza deve essere condivisa.

Occorre evidenziare come la natura pertinenziale o meno di un manufatto sia valutabile sulla scorta di una giurisprudenza del tutto consolidata, che evidenzia come l'accezione civilistica di pertinenza sia più ampia di quella applicata nella materia urbanistico-edilizia. Va così ricordato che la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussista un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e sussista una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce. A differenza della nozione di pertinenza di derivazione civilistica, ai fini edilizi il manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche allorquando è sfornito di un autonomo valore di mercato e non comporta un cosiddetto "carico urbanistico" proprio in quanto esauriscono la loro finalità nel rapporto funzionale con l'edificio principale (da ultimo Cons. Stato, II, 22 luglio 2019, n.5130; id., IV, 2 febbraio 2012, n. 615; id., V, 13 giugno 2006, n.3490).

La detta giurisprudenza continua a mantenere valore anche a seguito dell’adozione del Testo unico dell’edilizia che, all’art. 3, individua la nozione di pertinenza, facendo riferimento al titolo necessario alla loro realizzazione, qualora si tratti di interventi “che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale”, permettendo di chiarire la portata del dettato normativo nei casi dubbi.

Nella situazione in esame, ritiene il Collegio che possa ritenersi assodata la natura pertinenziale dell’opera oggetto di demolizione, ossia la piscina allocata in un’area di sedime diversa da quella progettuale, sulla base di due distinte considerazioni.

In primo luogo, va effettivamente rilevato come l’oggetto del permesso di costruire del 2004 aveva una consistenza del tutto maggiore, riguardando l’intero parco di Villa Candida e la sistemazione delle aree interne. In una ottica di proporzionalità o normalità, che è sempre presente nella valutazione giurisdizionale sulla natura pertinenziale delle opere (si veda, in tema di piscine, Cons. Stato, II, 3 settembre 2019, n.6068; id., V, 13 ottobre 1993, n. 1041), appare quindi erroneo attribuire un valore esclusivo ed autonomo alla realizzazione della piscina e al suo collocamento all’interno del compendio, quando complessivamente l’impatto del manufatto deve essere mediato con la considerazione complessiva delle opere autorizzate dal permesso di costruire.

In secondo luogo, non va sottaciuta la rilevanza dell’assenso espresso, mediante autorizzazione alla proposta variante, dalla Soprintendenza ai beni architettonici (prot. 21 febbraio 2006 n. 2056) che implicitamente evidenziava la carenza di fatti lesivi per i beni superindividuali dalla stessa tutelati.

Conclusivamente, se può apparire scontato “che una piscina, collocata in una proprietà privata e posta al servizio esclusivo della stessa, non abbia una sua autonomia immobiliare e sia invece destinata appunto a determinare un qualcosa che si pone al servizio dell'immobile principale è vicenda effettivamente abbastanza evidente” (Cons. Stato, IV, 8 agosto 2006, n.4780), è del pari vero che la natura pertinenziale determina l’inapplicabilità della regola demolitoria valevole per le variazioni essenziali, dovendo invece imporre una considerazione in concreto della procedura da adottare, una volta assodata la reale natura delle opere.

3. - L’accoglimento, in parte qua, del primo motivo di diritto, incidendo radicalmente sul presupposto degli atti oggetto di impugnativa, ne determina l’annullamento, con assorbimento delle restanti censure, salvo restando l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi sulle istanza proposte dalla parte appellante.

4. - L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla singolarità della questione decisa, in relazione alle vicende dell’area, che hanno comportato una oggettiva difficoltà di conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 3972 del 2018 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, 11 gennaio 2018 n. 14, accoglie il ricorso di primo grado;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Giordano Lamberti, Consigliere