Consiglio di Stato Sez. VI n. 8861 del 12 novembre 2025
Urbanistica.Interventi di pavimentazione di spazi esterni

Deve escludersi che nell'assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di taluni limiti. E ciò in quanto la pavimentazione di aree esterne: i) è di per sé idonea a trasformare permanentemente porzioni di suolo inedificato; ii) riduce la superficie filtrante, con la conseguenza che, anche se contenuta nei prescritti limiti di permeabilità, incide comunque sul regime del deflusso delle acque dal terreno; iii) è percepibile esteriormente, per cui presenta una potenziale rilevanza sotto il profilo dell'inserimento delle opere nel contesto urbanistico; iv) determina la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria. 

Pubblicato il 12/11/2025

N. 08861/2025REG.PROV.COLL.

N. 09850/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9850 del 2022, proposto da
Carlo Picano, Cinzia Sposetti, rappresentati e difesi dall'avvocato Norberto Ventolini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Tarquinia, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 06619/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 novembre 2025 il Cons. Massimo Santini e uditi per le parti gli avvocati Alfio Marco Giofaranda, in sostituzione dell'avvocato Norberto Ventolini, in collegamento da remoto attraverso videoconferenza con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, i ricorrenti, in qualità di proprietari di un terreno sito nel territorio del Comune di Tarquinia hanno impugnato l’ordinanza del 14 gennaio 2022, n. 13 con la quale l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, ha disposto la demolizione di una porzione di piazzale di mq 400 (20 x 20), realizzata mediante riporto di materiale inerte (frantumi derivanti da demolizioni edilizie) per uno spessore di circa 35 centimetri. L’area oggetto di intervento risulta sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 136, comma 1, lettere c) e d), del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), nonché a vincolo idrogeologico per rischio di inondazione, secondo le previsioni del Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.). Il terreno, di proprietà dei ricorrenti, è utilizzato quale deposito dei mezzi di trasporto e di movimentazione terra funzionali all’attività imprenditoriale del sig. Picano. L’Amministrazione comunale ha ritenuto che le opere realizzate integrassero un intervento di trasformazione urbanisticamente rilevante, eseguito in assenza dei prescritti titoli abilitativi edilizi e paesaggistici, e pertanto ha ordinato la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

La parte appellante, in particolare, è titolare di una attività edilizia e di realizzazione di impianti idrici e fognari. Per lo svolgimento della attività stessa, provvedeva dunque ad ampliare un piazzale in cemento antistante di 400mq allo scopo di consentire scarico merci e rimessaggio/movimentazione mezzi.

Il Comune di Tarquinia, anche dietro segnalazione dell’autorità giudiziaria che provvedeva al sequestro dell’area, disponeva pertanto la demolizione del manufatto a causa della mancanza di autorizzazione sia paesaggistica, sia idrogeologica.

Secondo i ricorrenti, l’intervento oggetto di contestazione costituisce un modesto ampliamento legittimamente realizzato dal sig. Picano e funzionale all’esercizio della propria attività d’impresa. Tale opera, per le sue caratteristiche tipologiche e dimensionali, dovrebbe ritenersi riconducibile al novero delle attività edilizie libere, ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 380/2001, in quanto configurabile quale intervento di modesta entità e privo di autonoma rilevanza urbanistico–edilizia: da ciò ne deriverebbe che la realizzazione dell’opera non era subordinata al preventivo rilascio di titoli abilitativi edilizi ovvero di autorizzazione paesaggistica ordinaria.

Ove pure si volesse ritenere necessaria una forma di controllo, l’intervento avrebbe potuto al più essere assoggettato al regime autorizzatorio paesaggistico semplificato previsto dal D.P.R. n. 31/2017, non già a quello ordinario invocato dall’Amministrazione. Peraltro, l’opera in esame non rientra tra gli interventi vietati dal Piano di Assetto Idrogeologico (P.A.I.), atteso che essa risulta inidonea, per caratteristiche e localizzazione, a determinare alterazioni significative del regime idraulico o a compromettere gli interessi pubblici connessi alla tutela dal rischio di inondazione.

Infine, secondo i ricorrenti l’ordine sarebbe illegittimo in quanto non attuabile, attesa la pendenza di un sequestro penale da parte dell’Autorità giudiziaria ordinaria, per effetto del quale i ricorrenti sarebbero stati privati della disponibilità materiale dell’area oggetto di intervento. Tale assunto sarebbe stato già acclarato dal medesimo TAR, innanzi al quale è stato impugnato il provvedimento, in sede di definizione del ricorso proposto avverso la sanzione pecuniaria irrogata dal Comune di Tarquinia, ex art. 31 comma 4 bis T.U.E., in conseguenza dell’inottemperanza del provvedimento demolitorio, oggetto del presente giudizio.

2. I giudici di primo grado, con sentenza TAR del Lazio del 23 maggio 2022, n. 6619, hanno ritenuto infondato il ricorso avverso il provvedimento di demolizione per due ordini di ragioni:

2.1. In primo luogo, l’intervento edilizio oggetto di causa insiste in un’area del territorio comunale di Tarquinia assoggettata a vincolo paesaggistico, ai sensi dell’art. 136, comma 1, lettere c) e d), del D.lgs. n. 42/2004 e consiste nell’ampliamento di un preesistente piazzale per una superficie complessiva di circa mq. 400 (20x20), determinando una rilevante modificazione della morfologia del terreno. Pertanto, l’opera in questione avrebbe dovuto essere previamente autorizzata dall’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ai sensi dell’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004, eventualmente mediante il procedimento semplificato di cui al comma 9, come disciplinato dall’art. 3 del D.P.R. n. 31/2017. In mancanza della autorizzazione paesaggistica, il Comune di Tarquinia ha adottato, in applicazione del combinato disposto degli artt. 27 e 31 del D.P.R. n. 380/2001, l’ordinanza di demolizione delle opere realizzate, trattandosi di potere di natura vincolata e non discrezionale. Ed infatti, tale misura si impone, secondo i giudici di prime cure, indipendentemente dall’eventuale violazione del regime edilizio, atteso che la sola assenza del titolo paesaggistico integra un autonomo illecito, suscettibile di autonoma reazione sanzionatoria.

2.2. In secondo luogo, l’eventuale sequestro penale dell’area oggetto di intervento non preclude l’esercizio, da parte del Comune, del potere repressivo e ripristinatorio previsto dall’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001. Tale potere, infatti, riveste carattere vincolato e doveroso e non risulta sospeso per effetto del sequestro, potendo semmai quest’ultimo rilevare ai soli fini della valutazione circa la sussistenza dei presupposti per l’irrogazione della sanzione pecuniaria sostitutiva prevista dal comma 4-bis del medesimo articolo, in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione.

3. La sentenza di primo grado formava oggetto di appello per i seguenti motivi:

3.1. Violazione e falsa applicazione del DPR 31/2017 e D. Lgs. 42/2004: secondo gli appellanti, le disposizioni impartite dal D. Lgs 42/2004 devono essere lette in combinato disposto con la normativa prevista dal D.P.R. 31/2017: pertanto, il mero ampliamento del piazzale di manovra preesistente, nella limitata misura di mq.20x20, rientra sicuramente nel novero degli interventi edilizi per i quali non è richiesto permesso autorizzativo, né specifica autorizzazione paesaggistica (si legge, a pagina 16 del ricorso, che «è innegabile che la fattibilità di intervento in edilizia libera deve essere verificata anche sotto gli aspetti paesaggistici. Ciò comporta la necessità di verificare se l’opera proposta rientri tra quelle elencate nel DPR 31/2017. Orbene, proprio detta verifica, del tutto omessa dal Tribunale nella sua decisione è motivazione, consente di escludere che l’opera realizzata fosse vincolata da preventiva autorizzazione paesaggistica). In altri termini, i giudici di prime cure avrebbero fondato il proprio convincimento sull’astratta applicazione della disciplina prevista dal D. Lgs. 42/2004, senza considerare gli elementi differenzianti tra le varie costruzioni e relative autorizzazioni, vincolanti o meno, contenute nel D.P.R. 31/2017.

3.2. Erronea valutazione in diritto sull’efficacia del sequestro penale: secondo gli appellanti, l’ingiunzione avente ad oggetto un obbligo di facere inesigibile, rivolto alla demolizione di un immobile che è stato sottratto alla disponibilità del destinatario del comando, costituisce un provvedimento di fatto impossibile che si rivela, pertanto, privo di un elemento essenziale e, come tale, affetto da invalidità radicale, comunque inidoneo a produrre qualsivoglia effetto di diritto.

4. Non si costituiva in giudizio l’appellata amministrazione comunale.

5. All’udienza d smaltimento del 5 novembre 2025, tenutasi con modalità da remoto, la parte appellante rassegnava le proprie conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.

6. Con riguardo al primo motivo di appello, stante l’accertata esclusione dell’intervento realizzato dal novero di quelle appartenenti alla c.d. attività edilizia libera, di cui al D.P.R. 31/2017, va osservato che la giurisprudenza amministrativa appare consolidata nel ritenere che, al fine di accertare un abuso edilizio, occorre condurre un esame di insieme e non atomistico dell'alterazione urbanistica ed edilizia del territorio, con la conseguenza che l’ordine di riduzione in pristino deve riguardare anche gli interventi che rappresentano una modifica consistente dell'intero assetto territoriale, come sostenuto dalla sentenza ivi impugnata che accerta la modifica territoriale dell’intervento di ampliamento di mq 400). Come precisato dalla giurisprudenza amministrativa (su un caso simile di abusiva pavimentazione v. Cons. St. 20 febbraio 2024, n. 1659, in cui si ritiene che la stessa non può essere ricondotta automaticamente nell'ambito dell'attività di edilizia libera, in quanto «l'art. 6, D.P.R. n. 380 del 2001 elenca gli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico - sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice di beni culturali e del paesaggio, di cui al D. Lgs. n. 42 del 2004»; principio ribadito di recente da Cons. St. 4 agosto 2025, n. 6877, in cui si esclude che «nell'assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di taluni limiti. E ciò in quanto la pavimentazione di aree esterne: i) è di per sé idonea a trasformare permanentemente porzioni di suolo inedificato; ii) riduce la superficie filtrante, con la conseguenza che, anche se contenuta nei prescritti limiti di permeabilità, incide comunque sul regime del deflusso delle acque dal terreno; iii) è percepibile esteriormente, per cui presenta una potenziale rilevanza sotto il profilo dell'inserimento delle opere nel contesto urbanistico; iv) determina la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria. […] la funzione dell'ordinanza di demolizione è quella di riportare il bene nella sua condizione legale, conformemente agli strumenti urbanistici vigenti, né la ricorrente ha allegato nel corso del giudizio elementi di valutazione idonei a determinare una diversa decisione amministrativa»).

Va, altresì, ribadito che in materia di repressione degli abusi edilizi, gli ordini di demolizione, aventi contenuto vincolato in conformità ai poteri di controllo del territorio da parte del Comune, non richiedono una specifica motivazione o la preventiva partecipazione degli interessati, ai sensi dell'art. 21-octies della L. n. 241 del 1990 (di recente, v. Cons. St. 8 ottobre 2025, n. 7910; Cons. St. 1° ottobre 2025, n. 7686).

Tutto ciò premesso:

a) L’area è sottoposta a vincolo paesaggistico;

b) La normativa di favore di cui al DPR n. 31 del 2017, la quale contempla interventi di edilizia libera per cui non sarebbe necessaria la prescritta autorizzazione paesaggistica, riguarda l’adeguamento degli spazi pavimentati, laddove nel caso di specie si tratta di ampliamento in senso (dunque non mera sistemazione): di qui la non riconducibilità dell’intervento al regime dell’edilizia libera;

c) In ogni caso lo stesso art. 6 del DPR n. 380 del 2001, che contempla tra le attività di edilizia libera anche le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, fa comunque salve al comma 1 le prescrizioni in materia di tutela del paesaggio;

d) Stesso discorso per il vincolo idrogeologico la cui valutazione di compatibilità deve comunque essere riservata (ex art. 6, comma 1, del DPR n. 380 del 2001) all’autorità preposta alla gestione del vincolo stesso anche in presenza di opere di edilizia libera.

Alla luce delle suddette considerazioni, il primo motivo di appello deve dunque essere rigettato.

7. Quanto al secondo motivo di appello, con cui si contesta che l’ordine di demolizione non potrebbe essere eseguito per pendenza del sequestro penale e dunque per concreta indisponibilità del bene, rammenta il collegio che, quanto alla ritenuta impossibilità di ingiungere la demolizione in pendenza di sequestro penale la giurisprudenza è pacifica nel ritenere tale causa (sequestro penale) come non ostativa alla adozione di ordine di demolizione, scattando anzi in tali ipotesi un preciso obbligo di collaborazione del privato nel senso di chiedere il dissequestro dell’area onde poter proceder proprio alla demolizione.

Sul punto, va infatti osservato che secondo la giurisprudenza amministrativa è onere del privato richiedere al giudice penale il dissequestro del bene al fine di adempiere all'ordine di demolizione, atteso che l’istanza di dissequestro non costituisce un'iniziativa imposta al privato in contrasto con le strategie difensive nel giudizio penale (Cons. St. 12 agosto 2025, n. 7029). Inoltre, giova ricordare che in sequestro penale dell'immobile abusivo non incide sulla validità dell'ordinanza di demolizione, al più sull’efficacia, comportando il differimento del termine per provvedere al momento in cui il bene risulterà dissequestrato. Il termine assegnato dall'ordinanza per la demolizione o la rimessione in pristino non decorre sin quando l'immobile rimane sotto sequestro, a prescindere dall'autonoma iniziativa della parte ovvero della magistratura inquirente ai fini del dissequestro del bene (Cons. St. 4 novembre 2024, n. 8720).

Per tutte le ragioni sopra evidenziate, anche tale motivo di appello deve dunque essere rigettato.

8. In conclusione il ricorso in appello è infondato e deve essere rigettato. Stante la mancata costituzione in giudizio dell’appellata amministrazione comunale, il collegio può dunque esimersi dal pronunziarsi in ordine al regime delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2025 con l'intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Carmelina Addesso, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere

Massimo Santini, Consigliere, Estensore