Consiglio di Stato Sez. IV n. 7400 del 19 settembre 2025
Urbanistica.Caratteristiche del centro commerciale

Gli elementi circostanziati per potersi comprovare che attività commerciali esercitate in distinti edifici o parti di edificio configurino un “centro commerciale” sono i seguenti: è necessario che le strutture siano direttamente collegate fra loro; i percorsi devono collegare direttamente le strutture, non il più ampio lotto ove queste insistono; deve esservi la presenza di servizi all’utenza e, generale, di spazi pertinenziali (in primis parcheggi, ma anche, ad esempio, aree per bambini) indistintamente fruibili dalla clientela di tutte le strutture, regolati, gestiti e manutenuti unitariamente; deve sussistere una policy di gestione accentrata ed unitaria, con riferimento tanto alle relazioni contrattuali con terze parti (utenze, servizi di pulizia e guardianaggio, selezione del personale), quanto alla promozione commerciale, operata unitariamente a favore dell’intera struttura complessa, peraltro solitamente caratterizzata da un nome commerciale autonomo e distinto da quelli dei singoli esercizi ivi allocati.

Pubblicato il 19/09/2025

N. 07400/2025REG.PROV.COLL.

N. 00185/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 185 del 2024, proposto dalla società Brico Io s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Franco Fiorenza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Rimini, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Federico Gualandi, Francesca Minotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Federico Gualandi in Bologna, via Altabella n. 3;

nei confronti

della società Bricoman Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Dario La Torre, Antonella Ceschi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 403 del 27 giugno 2023, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rimini e della Bricoman Italia s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2025 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato, l’appello proposto dalla società Brico Io s.p.a. avverso la sentenza del T.a.r. per l’Emilia Romagna del 27 giugno 2023, che ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti avverso gli atti che hanno autorizzato la realizzazione di un nuovo punto vendita della società Bricoman Italia s.r.l..

2. In particolare, il giudizio proposto dalla società Brico Io s.p.a. innanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna ha avuto ad oggetto:

a) quanto al ricorso principale, le domande di annullamento: - del permesso di costruire convenzionato n. 2021-462-3413; - del verbale della conferenza di servizi convocata per l'esame della domanda di permesso di costruire in favore di Bricoman Italia s.r.l. per la realizzazione di nuovi punti vendita; - della deliberazione Consiglio Comunale del Comune di Rimini n. 33 del 29 marzo 2022; - di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;

b) quanto ai motivi aggiunti, le domande di annullamento: - della determinazione confermativa di conclusione positiva della conferenza di servizi prot. 172361/2022 del 20 maggio 2022; - della convenzione urbanistica stipulata in data 19 aprile 2022 Rep. 7643 – racc. 5332; - della SCIA in variante 21 novembre 2022; - della SCIA 7 dicembre 2022; - della SCIA per l’apertura di esercizi di vicinato prot. 415881/2022 del 9/12/2022; - dell’autorizzazione all’apertura della media struttura di vendita prot. 418626 del 12/12/2022.

La società Brico Io ha proposto inoltre la domanda di risarcimento del danno, che sarebbe scaturito quale conseguenza dell’illegittimo sviamento della clientela dovuto all’apertura del nuovo punto vendita, autorizzata illegittimamente dal Comune.

3. Si espongono i fatti rilevanti per la decisione.

3.1. Brico Io S.p.A. (“Brico”) è una società che opera nel settore del commercio al dettaglio e all’ingrosso di prodotti per il bricolage e “il fai da te”, nonché di prodotti per la casa e per il giardino

3.2. Tale società deduce di aver appreso che la società concorrente Bricoman Italia s.r.l. (“Bricoman”) avrebbe aperto una nuova struttura di vendita (la cui natura giuridica è controversa tra le parti), ubicata a soli 3,5 chilometri di distanza dal proprio esercizio, per la vendita della stessa categoria di prodotti

Gli edifici realizzati ospiteranno un’attività destinata alla vendita all’ingrosso e al dettaglio di materiali per il bricolage, l’edilizia e il giardinaggio, un deposito di materiali e un’attività di vendita di materiali ingombranti (cfr. pagina 15 appello).

3.3. L’appellante deduce di aver pertanto presentato, in data 25 giugno 2022, l’istanza di accesso ai documenti depositati presso il Comune di Rimini, per poter visionare la relativa pratica amministrativa.

In data 16 agosto 2022, la ricorrente veniva quindi a conoscenza che Bricoman aveva presentato la domanda di permesso di costruire convenzionato ai sensi dell’art. 19-bis della l.r. n. 15/2013, per la realizzazione di un immobile a destinazione commerciale, mediante opere di ristrutturazione/riqualificazione edilizia su un fabbricato commerciale esistente, sito nel territorio del Comune di Rimini nell’area denominata “ex Corial”.

Dalla visione della pratica, la società Brico Io allega di aver enucleato che l’istanza presentata dalla concorrente Bricoman fosse relativa alla realizzazione di una “grande struttura di vendita”/“centro commerciale”, pur essendo denominata diversamente, come autorizzazione all’apertura di due “medie strutture di vendita”.

4. Ritenendo che l’intervento fosse stato erroneamente qualificato dalla concorrente, con il ricorso notificato in data 31 ottobre 2022, la società Brico Io ha impugnato innanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna il permesso di costruire convenzionato (“PCC”) n. 2021-462-3413, rilasciato dal Comune di Rimini a Bricoman Italia s.r.l. (“Bricoman”), il verbale della conferenza di servizi convocata per l’esame della domanda del suddetto permesso di costruire e la deliberazione del Consiglio Comunale di Rimini n. 33 del 29 marzo 2022.

4.1. Si costituivano in giudizio, depositando le rispettive memorie, sia il Comune sia la controinteressata Bricoman, eccependo in via preliminare l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso, rispettivamente per asserito difetto delle condizioni dell’azione e per pretesa tardività dell’azione medesima.

4.2. Nel corso del giudizio di primo grado, Bricoman ha presentato al Comune, in data 21 novembre 2022, la SCIA in variante e, in data 7 dicembre 2022, un’ulteriore SCIA, cui faceva seguito la SCIA del 9 dicembre 2022, prot. 415881/2022 e del 12 dicembre 2022, prot. n. 418626, per l’apertura delle attività.

5. Con la sentenza impugnata, il T.a.r.:

i. ha accantonato l’esame delle eccezioni pregiudiziali di irricevibilità per tardività della notifica del ricorso e di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per difetto di legittimazione ad agire;

ii. ha respinto il primo motivo, con il quale Brico Io s.p.a. sosteneva che la concorrente avesse aperto un “centro commerciale” che andasse sottoposto a screening di VIA, affermando che la ricorrente non avesse provato la circostanza che gli edifici realizzati costituissero effettivamente un centro commerciale;

iii. ha respinto il secondo motivo, con il quale Brico Io ha dedotto la violazione dell’art. 19 bis e ter della legge regionale n. 14/1999, perché il Comune avrebbe cumulato i benefici sul calcolo delle superfici realizzabili, di cui all’art. 19-bis, comma 5, e all’art. 19-ter.

6. La società ricorrente ha proposto appello, premettendo la sussistenza della ricevibilità del ricorso e la sussistenza della legittimazione a ricorrere (da pag. 6 a pag. 12) e riproponendo criticamente il primo e il secondo motivo di ricorso di primo grado, nonché la domanda di annullamento delle SCIA per vizi di illegittimità derivata, proposta con i motivi aggiunti, e la domanda risarcitoria.

6.1. Si sono costituiti il Comune e la società controinteressata che hanno riproposto le eccezioni di irricevibilità e inammissibilità per difetto di legittimazione a ricorrere, oltre numerose altre eccezioni pregiudiziali di inammissibilità ai sensi dell’art. 104 c.p.a., relative alla deduzione di nova in appello o alla produzione di nuovi documenti.

6.2. Le parti hanno illustrato le rispettive posizioni, reiterando allegazioni e difese già svolte.

7. All’udienza del 10 luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Si può accantonare l’esame delle eccezioni pregiudiziali di irricevibilità e inammissibilità per difetto di legittimazione a ricorrere, e passare direttamente al merito, così come fatto dal T.a.r. in primo grado.

9. Con il primo motivo di appello, la società appellante impugna la sentenza, deducendo l’erronea valutazione del quadro probatorio, la violazione dell’art. 6, comma 6, del d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 5 della legge regionale dell’Emilia Romagna n. 4/2018, per omesso procedimento di verifica di assoggettabilità a Valutazione di impatto ambientale.

Secondo l’appellante sarebbe errata la statuizione secondo cui non sarebbe stata fornita la prova che Bricoman abbia realizzato un “centro commerciale” e non due “medie strutture di vendita”.

Viene evidenziato che dalla documentazione in atti e dall’esame della relazione tecnico-descrittiva allegata al progetto, in particolare dalla planimetria dell’edificio realizzato, risulterebbe la sussistenza di un legame strutturale/fisico tra le due attività, in quanto “tutte le suddette strutture di vendita si affacciano, sia pure con singoli e separati accessi, su una strada destinata alla fruizione della sola clientela e condividono aree a parcheggio, aree verdi, marciapiedi e viabilità di accesso al lotto”. Pertanto, “La presenza di infrastrutture comuni a tutte le attività, tra cui il deposito i parcheggi, le aree a verde, nonché la viabilità, destinata esclusivamente alla clientela, consente di considerare soddisfatto il requisito strutturale”.

Viene poi allegata la sussistenza del requisito strutturale tra le diverse strutture di vendita.

Si allega, poi, l’esistenza di un’organizzazione centralizzata “diretta a realizzare economia di scala, come ad esempio, nell’assunzione di personale o nella gestione comune di ordinativi, di contratti di somministrazione o di fornitura, di servizi di promozione commerciale e organizzazione”.

Sul presupposto che si tratterebbe di un “centro commerciale”, si insiste pertanto con le censure relative alla mancata sottoposizione a screening di V.i.a. del progetto presentato.

Relativamente a questo motivo, la controinteressata eccepisce:

1. l’inammissibiltà della relazione tecnica del dott. Anzini, in quanto non prodotta in primo grado;

2. che nell’addebitare al primo giudice un’erronea valutazione del quadro probatorio, la censura avrebbe dovuto specificatamente indicare quali elementi (ulteriori rispetto alla mera presenza di due strutture di vendita collocate nelle vicinanze) l’odierna appellante avesse fornito nel precedente grado di giudizio per dimostrare l’esistenza di un centro commerciale, dalla cui errata valutazione da parte del T.a.r. discenderebbe il lamentato vizio della sentenza impugnata, mentre di tali circostanze e della relativa dimostrazione nel corso del giudizio di primo grado non vi sarebbe menzione nella censura di appello che, infatti, si baserebbe su circostanze di fatto dedotte dall’appellante solo con l’atto di appello.

9.1. Il primo motivo di appello è inammissibile e infondato.

9.2. Il primo motivo è inammissibile, in quanto vanno accolte le eccezioni formulate dalla controinteressata.

9.2.1. Ai sensi dell’art. 104, comma 1 (per la parte che interessa) e 2, c.p.a.: “Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall’art. 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio. […]

Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa imputabile”.

9.2.2. Secondo l’interpretazione della norma fornita dalla giurisprudenza di questo Consiglio, “Nel processo amministrativo, stante la necessità di formulazione delle censure ex art. 40 c.p.a. nel termine decadenziale di rito per la proposizione del ricorso, ex art. 41 comma 2 c.p.a. devono considerarsi inammissibili in appello motivi diversi da quelli tempestivamente formulati con il ricorso di prime cure, stante il divieto di cui all'art. 104 comma 1 c.p.a.” (Cons. Stato, Sez. V, 18 luglio 2024, n. 6440). Inoltre, “Nell’ambito di un giudizio amministrativo d'appello la parte processuale non può introdurre nuove domande processuali, caratterizzate da un nuovo o mutato petitum oppure da una nuova o mutata causa petendi che determinino una nuova o mutata richiesta giudiziale ovvero nuovi o mutati fatti costitutivi della pretesa azionata” (Cons. Stato Sez. VI, 29 gennaio 2020, n. 714).

9.2.3. Tutti i fatti che la società appellante deduce per comprovare la sussistenza dei due requisiti non sono stati descritti negli scritti difensivi depositati nel giudizio di primo grado: né nel ricorso introduttivo, né nei motivi aggiunti e neppure nella memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 73 comma 1 c.p.a. in vista dell’udienza di discussione, di talché l’appellante non può dolersi, nel presente grado del giudizio, che il Giudice di primo grado non ne abbia tenuto conto o abbia errato nel tenerne conto.

Nel giudizio di primo grado, l’appellante si è limitata infatti a sostenere “che la presenza del centro commerciale sarebbe dimostrata dall’esistenza di due diverse attività economiche, oggetto di altrettante autorizzazioni, che fruiscono del medesimo parcheggio pubblico e della medesima viabilità di accesso. Tali circostanze, comuni a infinite altre situazioni di fatto, non possono ritenersi sintomatiche dell’esistenza di un centro commerciale, che presuppone la fruizione congiunta di strutture private strumentali all’esercizio di una pluralità di attività commerciali incluse in uno stesso immobile”.

9.2.4. Le ulteriori allegazioni in fatto, compiute nel presente grado del giudizio per corroborare la censura, violano, pertanto, l’art. 104 c.p.a..

9.2.5. In applicazione di quanto previsto dal comma 2 della medesima disposizione, va parimenti accolta l’eccezione di inammissibilità relativa alla produzione della relazione tecnica, in quanto essa costituisce una prova non prodotta nel processo svoltosi innanzi al T.a.r..

9.3. Il motivo è comunque anche infondato.

9.3.1. Le allegazioni fornite nl giudizio d’appello, non integrano i rigorosi presupposti delineati dalla giurisprudenza del Giudice amministrativo affinché un’attività commerciale possa essere qualificata come “centro commerciale”.

Proprio il precedente indicato dalla società a sostegno della sua doglianza, ossia la sentenza di questa Sezione n. 5902/2019, delinea, esaustivamente, gli elementi circostanziati per potersi comprovare che attività commerciali esercitate in distinti edifici o parti di edificio configurino un “centro commerciale”.

In particolare, secondo questo precedente, che il Collegio richiama anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) c.p.a. e con valore di precedente giurisprudenziale conforme, condividendone gli assunti:

- risulta necessario che le strutture siano direttamente collegati fra loro, mentre nel caso di specie gli edifici sono distinti;

- i percorsi devono collegare direttamente le strutture, non il più ampio lotto ove queste insistono, mentre nel caso di specie avviene proprio il contrario;

- deve esservi la presenza di servizi all’utenza e, generale, di spazi pertinenziali (in primis parcheggi, ma anche, ad esempio, aree per bambini) indistintamente fruibili dalla clientela di tutte le strutture, regolati, gestiti e manutenuti unitariamente, mentre nel caso di specie, ciascuna struttura ha propri parcheggi e non sono presenti altri spazi comuni fruibili dalla clientela;

- deve sussistere una policy di gestione accentrata ed unitaria, con riferimento tanto alle relazioni contrattuali con terze parti (utenze, servizi di pulizia e guardianaggio, selezione del personale), quanto alla promozione commerciale, operata unitariamente a favore dell’intera struttura complessa, peraltro solitamente caratterizzata da un nome commerciale autonomo e distinto da quelli dei singoli esercizi ivi allocati, mentre nel caso di specie tali elementi non sono adeguatamente comprovati.

Conseguentemente, anche a volere prescindere dalla declaratoria di inammissibilità, non risultano dimostrati i suindicati elementi fattuali ai fini dell’invocata qualificazione giuridica.

10. Con il secondo motivo di appello, la società appellante sostiene l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto la censura con cui si è dedotta l’illegittima sovrapposizione tra i benefici previsti per la “vendita congiunta al dettaglio e all’ingrosso”, previsti e disciplinati dall’art. 19 bis, legge regionale n. 14/1999, con quelli previsti per la “vendita di materiali ingombranti”, previsti e disciplinati dall’art. 19 ter, della medesima legge regionale.

Si deduce che i benefici in questione sarebbero stati cumulati, mentre la società avrebbe potuto applicare soltanto quello più favorevole tra i due, così come previsto dalla legge.

10.1. Il secondo motivo di appello è infondato.

10.2. L’art. 19 bis, per le parti che interessano il presente giudizio, dispone che: “1. L'esercizio congiunto nello stesso locale dell'attività di vendita all' ingrosso e al dettaglio è assoggettato al regime abilitativo previsto per l'esercizio del commercio al dettaglio e al rispetto dei requisiti previsti dalla normativa statale e regionale nonché dai regolamenti comunali.

2. Ai fini dell'individuazione del regime abilitativo cui sottoporre l'attività di cui al comma 1, la superficie di vendita dell'esercizio viene determinata dalla somma delle superfici destinate alla vendita al dettaglio e di quelle destinate alla vendita all'ingrosso, salvo quanto previsto al comma 3.

3. La superficie di vendita degli esercizi che effettuano, nello stesso locale, la vendita all'ingrosso ed al dettaglio dei prodotti individuati al comma 5, viene calcolata nella misura del 50 per cento, qualora non sia superiore a:

a) 3.000 metri quadrati, nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti;

b) 5.000 metri quadrati, nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti.

4. La parte di superficie di vendita eccedente le dimensioni di cui al comma 3, viene calcolata nei modi ordinari.

5. Le disposizioni di cui al comma 3, si applicano agli esercizi che vendono esclusivamente i seguenti

prodotti e relativi complementi:

a) macchine, attrezzature e articoli tecnici per l'agricoltura, l'industria, il commercio e l'artigianato;

b) materiale elettrico;

c) colori e vernici, carte da parati;

d) ferramenta ed utensileria;

e) articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici;

f) articoli per riscaldamento;

g) strumenti scientifici e di misura;

h) macchine per ufficio;

i) auto-moto-cicli e relativi accessori e parti di ricambio;

j) combustibili;

k) materiali per l'edilizia;

l) legnami.

6. Le disposizioni, di cui al comma 3, non sono cumulabili con quelle previste per le merci ingombranti, qualora vi sia coincidenza di prodotti”.

L’art. 19 ter, per le parti che interessano il presente giudizio, dispone che: “1. L'esercizio dell'attività di vendita esclusiva di merci ingombranti è assoggettato al rispetto dei requisiti previsti dalla normativa statale e regionale nonché dai regolamenti comunali.

2. Ai fini dell'individuazione del regime abilitativo a cui è sottoposta l'attività di vendita di cui al comma 1, la superficie di vendita dell'esercizio è calcolata nella misura di un decimo quando questa non sia superiore a 1.500 mq nei comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti e a 2.500 mq nei restanti comuni. Per superfici eccedenti le succitate dimensioni, la superficie di vendita è computata nella misura di un decimo fino ai predetti limiti e di un quarto per la parte eccedente.

3. Sono merci ingombranti i seguenti prodotti:

a) autoveicoli, motoveicoli, natanti e relativi accessori;

b) legnami;

c) materiali per l'edilizia;

d) mobili;

e) veicoli e mezzi a motore per utilizzo agricolo.”.

10.3. In applicazione delle due disposizioni, risulta evidente che le norme di favore sul calcolo della superficie di vendita implicano che la regola della alternatività sancita dall’art. 19 bis, comma 6, si applichi soltanto quando “nello stesso locale” (art. 19 bis comma 3) si pratica la vendita sia al dettaglio che all’ingrosso dei “complementi” indicati dall’art. 19 bis, comma 4, che la vendita dei “prodotti” elencati dall’art. 19 ter, comma 3.

Questa circostanza tuttavia, con riferimento al caso in esame, è smentita dalle circostanze comprovate nel presente processo, sicché risulta corretta in punto di fatto e di diritto l’affermazione del T.a.r. secondo cui “si [è] in presenza di due autonomi esercizi”, il che legittima per ciascun edificio l’applicazione della misura di favore prevista dalla relativa disciplina.

11. Dalla reiezione dei due motivi di appello proposti avverso il permesso di costruire convenzionato discende la reiezione anche del motivo relativo all’illegittimità derivata delle SCIA in variante presentate dalla Bricoman, nonché la reiezione della domanda di risarcimento del danno.

Su tale ultimo aspetto, va ribadito il consolidato orientamento del Consiglio di Stato, secondo cui il risarcimento del danno da attività autoritativa non può configurarsi in assenza di profili di illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto l’accertamento dell’illegittimità dell’atto rappresenta un antecedente logico-giuridico dell’azione risarcitoria (Cons. Stato, Sez. V, 02 gennaio 2024, n. 36).

12. In conclusione, dunque, per le motivazioni sin qui esposte, l’appello deve essere respinto.

13. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società Brico Io s.p.a. alla rifusione, in favore del Comune di Rimini e della società Bricoman Italia s.r.l., delle spese del giudizio che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%), per ciascuna delle parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore

Ofelia Fratamico, Consigliere

Rosario Carrano, Consigliere