Cass. Sez. III n. 3885 del 3 febbraio 2011 (Ud. 22 ott. 2010)
Pres. Teresi Est. Fiale Ric. Romano
Urbanistica. Sequestrabilità immobili ultimati in mancanza del certificato di abitabilità

Ai fini della sequestrabilità preventiva di immobile abusivo già ultimato, può considerarsi come antigiuridica l’implicazione proveniente dalla perpetrazione dell’illecito amministrativo sanzionato dall’art. 221 del TU, delle leggi sanitarie (divieto di abitare gli edifici sforniti di certificato di agibilità), che, pur non potendosi inquadrare nella nozione di “agevolazione della commissione di altri reati”, certamente integra una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta (la libera utilizzazione della cosa) che il provvedimento cautelare è finalizzato ad inibire

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. ALFREDO TERESI                                     - Presidente -
Dott. MARIO GENTILE                                        - Consigliere -
Dott. ALDO FIALE                                              - Consigliere - Rel.
Dott. SILVIO AMORESANO                                - Consigliere -
Dott. ELISABETTA ROSI                                    - Consigliere -


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da: ROMANO GIOVANNI N. IL 18/06/1978
- avverso l'ordinanza n. 2126/2009 TRIB. LIBERTA' di NAPOLI, dell'11/11/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;

- sentite le conclusioni del PG Dott. Mario Fraticelli il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
- udito il difensore Avv.to Francesco Morelli, il quale che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.


FATTO E DIRITTO


Il Tribunale di Napoli - con ordinanza dell'11.11.2009 - rigettava l'istanza di riesame proposta nell'interesse di Romano Giovanni avverso il decreto 27.10.2009 con cui il G.I.P. di quel Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di unità immobiliari edificate nel Comune di Melito, in relazione al reato di cui all'art. 44, lett. b), del D.P.R. n. 380/2001.


Il Tribunale evidenziava che - in relazione a n. 10 unità immobiliari per le quali pendevano procedure di condono - erano state eseguite ulteriori opere abusive consistite:
* nel cambio di uso da uffici in unità residenziali, mediante creazione di angoli cottura e correlati impianti tecnici, nonché frazionamento, accorpamento o modifica della distribuzione interna;
* nella realizzazione, in luogo di un'unica cassa scale, di due distinte casse scale, con correlata creazione, in entrambe, di un ballatoio al primo piano ricavato da porzioni di pregresse unità immobiliari nonché dal cambio di uso di due locali commerciali originariamente posti al piano terra, trasformati in superfici ad uso condominiale;
* nella creazione di autonomi accessi esterni per otto delle dieci unità immobiliari. Secondo quel giudice, vertendosi "nell'ambito di una più complessa operazione di edilizia convenzionata, non appare sufficientemente provato l'aggravio del carico urbanistico; rimanendo - allo stato - il dubbio che l'area in esame possa comunque `sopportare' il carico urbanistico collegato alla creazione di immobili residenziali". Il sequestro, però, era comunque giustificato dalla mancanza della prescritta licenza di agibilità, determinante l'illecito amministrativo di cui all'art. 221 T.U. leggi sanitarie e, quindi, il protrarsi e l'aggravarsi di conseguenze del reato.


Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Romano, il quale, sotto i profili della violazione di legge e della manifesta illogicità della motivazione, ha eccepito che:
- deve ritenersi penalmente irrilevante una semplice modifica della destinazione d'uso nell'ambito di categorie edilizie compatibili, non determinando lo stesso alcun diverso e superiore carico urbanistico in un contesto abitativo già funzionante;
- vertendosi in tema di opere già ultimate, non sussisterebbero esigenze cautelati a fronte del mancato riscontro di un aggravio del carico urbanistico e si pone come incongruente il riferimento ad una mera violazione amministrativa considerata quale conseguenza antigiuridica.


************************


Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.


1, Nella fattispecie in esame:
- deve ritenersi realizzato un mutamento di destinazione d'uso materiale (e non meramente `funzionale', come impropriamente viene prospettato in ricorso), perché l'innovazione è avvenuta attraverso l'esecuzione di opere edilizie ad essa finalizzate;
- questa Corte non possiede elementi per riscontrare la prospettata compatibilità della categoria edilizia di nuovo conferimento con quelle ammesse dalle previsioni pianificatone;
- i lavori eseguiti, comunque, riguardano un immobile preesistente non edificato legittimamente, per il quale pende procedura di condono non ancora definita, sicché ripetono le caratteristiche di illegittimità dall'opera alla quale sono intimamente connessi e costituiscono abusiva prosecuzione della stessa.


2. Tanto premesso, va poi rilevato che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza 29.1.2003, n. 12878, P.M. in proc. Innocenti - hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo di una costruzione abusiva già ultimata, affermando che:
- il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato;
in tema di reati edilizi o urbanistici, "spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere una attenta valutazione del pericolo derivante da libero uso della cosa pertinente all'illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell'indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l'attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. In altri termini, il giudice deve determinare in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all'oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare";
- tra le specifiche conseguenze antigiuridiche che, ex art. 321 c.p.p., possono determinarsi a causa del mancato impedimento della libera disponibilità del manufatto abusivo, ben può farsi rientrare la perpetrazione dell'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 221 del T.U. delle leggi sanitarie (divieto di abitare gli edifici sforniti di certificato di agibilità), non inquadrabile "nella agevolazione di commissione di altri reati", ma certamente costituente una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta (la libera utilizzazione della cosa) che il provvedimento cautelare ò finalizzato ad inibire.


3. A fronte di un'isolata pronuncia (Cass. Sez. III, 6.7.2004, n. 29203) - che si è limitata ad affermare l'insufficienza, al fine dell'assolvimento dell'obbligo motivazionale della misura reale disposta nei confronti di una costruzione abusiva ultimata, di "un mero richiamo astratto al R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 221", in un contesto in cui era stata espressamente esclusa la sussistenza di ulteriori effetti antigiuridici derivanti dalla libera disponibilità della cosa - questo Collegio ritiene di dovere ribadire il principio secondo il quale, "ai fini della sequestrabilità preventiva di immobile abusivo già ultimato, può considerarsi come antigiuridica l'implicazione proveniente dalla perpetrazione dell'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 221 del T.U. delle leggi sanitarie (divieto di abitare gli edifici sforniti di certificato di agibilità), che, pur non potendosi inquadrare nella nozione di "agevolazione della commissione di altri reati", certamente integra una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta (la libera utilizzazione della cosa) che il provvedimento cautelare è finalizzato ad inibire" (vedi Cass.: Sez. Ili, 16.11.2004, n. 44433 e sez. IV, 19.4.2007, n. 15845).


Deve concludersi, pertanto, che, nella vicenda che ci occupa, il Tribunale di Napoli, nell'ordinanza impugnata, ha dato conto, con adeguata motivazione, del pericolo derivante dal libero uso di unità immobiliari già illecitamente realizzate, non ancora sanate per condono ed ulteriormente modificate quanto alla destinazione d'uso.


4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 127 e 325 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Cosi deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 22.10.2010

DEPOSITATO IN CANCELLERIA 3 Feb. 2011