Cass. Sez. III n. 30121 del 15 giugno 2017 (Ud 20 dic 2016)
Presidente: Cavallo Estensore: Cerroni Imputato: Hadi
Urbanistica.Costruzione di una tettoia di copertura di un terrazzo di un immobile

La costruzione di una tettoia di copertura di un terrazzo di un immobile non può qualificarsi come pertinenza, in quanto si tratta di un'opera priva del requisito della individualità fisica e strutturale propria della pertinenza, costituendo parte integrante dell'edificio sul quale viene realizzata, rappresentandone un ampliamento. Essa pertanto, in difetto del preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001. Infatti deve ritenersi che la tettoia di un edificio non rientra nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza, ma costituisce piuttosto parte dell'edificio cui aderisce: ciò in quanto in urbanistica il concetto di pertinenza ha caratteristiche sue proprie, diverse da quelle definite dal codice civile, riferendosi ad un'opera autonoma dotata di una propria individualità, in rapporto funzionale con l'edificio principale, laddove la parte dell'edificio appartiene senza autonomia alla sua struttura



RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 21 aprile 2016 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza del 2 febbraio 2015 del Tribunale di Agrigento, che aveva condannato Alia Hadi, applicata la diminuente per il rito, alla pena, sospensivamente condizionata alla demolizione delle opere abusive, di mesi uno e giorni dieci di arresto ed euro 10.000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 44 comma 1 lett. b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. La Corte territoriale infine ordinava la demolizione delle opere in questione.

2. Avverso il predetto provvedimento l'imputata ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi di impugnazione.

2.1. Col primo motivo la ricorrente ha osservato che l'opera realizzata era una tettoia, da considerarsi pertinenza del bene principale senza autonoma consistenza giuridica, e pertanto non assoggettata a permesso di costruire, anche in ragione del fatto che si trattava di opera precaria facilmente rimuovi bile.

2.2. Col secondo motivo è stata lamentata inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 20 della legge reg. Sicilia 16 aprile 2003, n. 4, la quale - in forza della competenza esclusiva regionale in materia - appunto consentiva in maniera semplificata la realizzazione di interventi edilizi minori.

2.3. Col terzo motivo la ricorrente ha censurato la mancata applicazione della norma di cui all'art. 131-bis cod. pen. in considerazione della particolare tenuità del fatto, dal momento che si trattava di giovane ragazza incensurata che aveva provveduto ad un intervento di parziale copertura di terrazza al fine di evitare le infiltrazioni di acqua piovana, infine richiedendo la concessione in sanatoria alla Pubblica Amministrazione.

2.3. Col quarto motivo, infine, la ricorrente ha osservato che, in considerazione della natura sanzionatoria depenalizzata di cui all'art. 10 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, la Corte territoriale avrebbe dovuto eliminare la sanzione della demolizione quale condizione della sospensione della pena inflitta.

3. Il Procuratore generale ha invece concluso per l'inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

4.1. In relazione al primo motivo di ricorso, la Corte di Appello ha rilevato che l'opera in corso di realizzazione, sulla terrazza ubicata nella terza elevazione fuori terra di un preesistente immobile, era costituita da una tettoia con copertura da montare su una struttura in ferro stabilmente ancorata alla struttura muraria preesistente, che non costituiva né pertinenza, per la mancanza di una propria individualità fisica e strutturale, né opera precaria, in quanto stabilmente ancorata - come desumibile dalle fotografie - e destinata ad esigenze non transitorie.
In ragione di ciò, è stato correttamente evocato dalla Corte di Appello il principio secondo cui integra il reato previsto dall'art. 44, lett. b), del d.P.R. n. 380 del 2001 la realizzazione, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, di una tettoia di copertura che, non rientrando nella nozione tecnicogiuridica di pertinenza per la mancanza di una propria individualità fisica e strutturale, costituisce parte integrante dell'edificio sul quale viene realizzata (Sez. 3, n. 42330 del 26/06/2013, Salanitro e altro, Rv. 257290).
In proposito, tra l'altro, se la qualificazione della natura dell'opera, come tettoia, costituisce oggetto dell'accertamento di fatto, è stato reiteratamente escluso che la tettoia possa essere qualificata come pertinenza.
La costruzione di una tettoia di copertura di un terrazzo di un immobile non può infatti qualificarsi come pertinenza, in quanto si tratta di un'opera priva del requisito della individualità fisica e strutturale propria della pertinenza, costituendo parte integrante dell'edificio sul quale viene realizzata, rappresentandone un ampliamento. Essa pertanto, in difetto del preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Sez. 3, n. 40843 del 11/10/2005, Daniele, Rv. 232363). Infatti si è parimenti annotato che deve ritenersi che la tettoia di un edificio non rientra nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza, ma costituisce piuttosto parte dell'edificio cui aderisce: ciò in quanto in urbanistica il concetto di pertinenza ha caratteristiche sue proprie, diverse da quelle definite dal codice civile, riferendosi ad un'opera autonoma dotata di una propria individualità, in rapporto funzionale con l'edificio principale, laddove la parte dell'edificio appartiene senza autonomia alla sua struttura (Sez. 3, n. 17083 del 07/04/2006, Miranda e altro, Rv. 234193).
Costituisce quindi nuova costruzione ai sensi del d.P.R. n. 380 del 2001 qualsiasi manufatto edilizio fuori terra o interrato. Né può farsi ricorso alla nozione di ampliamento dell'edificio preesistente, trattandosi di nuova costruzione, sia pure accessoria a detto edificio (così, complessivamente, Sez. 3, n. 21351 del 06/05/2010, Savino, Rv. 247628). Né, alla stregua degli' accertamenti in fatto compiuti dal Giudice del merito, può parlarsi di struttura in legno abbullonata al suolo mediante staffe rimuovibili.

4.2. In relazione poi al secondo motivo, la natura precaria delle opere di chiusura e di copertura di spazi e superfici, per le quali l'art. 20 della legge Regione Sicilia n. 4 del 2003 non richiede concessione e/o autorizzazione, va intesa secondo un criterio strutturale, ovvero nel senso della facile rimovibilità dell'opera, e non funzionale, ossia con riferimento alla temporaneità e provvisorietà dell'uso, sicché tale disposizione, di carattere eccezionale, non può essere applicata al di fuori dei casi ivi espressamente previsti (Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, Gulizzi, Rv. 261156; conf. Sez. 3, n. 16492 del 16/03/2010, Pennisi, Rv. 246771; Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007, Camarda, Rv. 237533). Ed in specie, proprio per le accertate dimensioni non trascurabili del manufatto posto alla sommità dell'edificio, la normativa regionale non deve ritenersi applicabile.

4.3. Per quanto poi riguarda il terzo motivo, e proprio in ragione della natura dell'abuso edilizio siccome accertato nei termini che precedono, non può all'evidenza trattarsi di danno particolarmente esiguo, contrariamente alle considerazioni della ricorrente che, coerentemente con la propria linea difensiva, ha insistito per la natura del tutto marginale dell'illecito che, al contrario e proprio in relazione alle caratteristiche del fabbricato, rappresenta stabile trasformazione del territorio. Altrimenti opinando, è appena il caso di osservare che, nel caso di diversa interpretazione, dovrebbe ritenersi consentita qualsiasi sopraelevazione dei fabbricati esistenti.

4.4. In relazione infine al quarto motivo di censura, la demolizione dell'immobile quale condizione per l'applicazione della sospensione condizionale della pena è stata contestata in ragione della modesta entità dell'opera, della sua destinazione funzionale e pertinenziale, della conformità dell'opera all'ambiente ed al fabbricato, della natura sanzionatoria depenalizzata prevista dall'ordinamento.
Al riguardo, peraltro, e ferme le eventuali diverse determinazioni in sede amministrativa, l'ordine di demolizione è previsto dalla legge e - tenuto conto dell'infondatezza degli ulteriori rilievi alla stregua delle considerazioni che precedono - si pone come funzionale all'eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato.

4.5. I motivi di impugnazione sono quindi tutti infondati.

5. Il rigetto del ricorso comporta pertanto la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 20/12/2016