TAR Molise Sez. I n. 227 del 28 maggio 2010
Rifiuti. Ordine di rimozione e responsabilità ANAS

In caso di abbandono di rifiuti su strada per superare il criterio della imputabilità solidale a titolo di dolo o di colpa non può invocarsi il disposto di cui all’art. 14 del codice della strada a mente del quale “Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo nonché delle attrezzature, impianti e servizi”.
Il fatto che la norma in questione imponga uno speciale obbligo di pulizia delle strade in capo all’ente proprietario o gestore della strada, non può comportare la simmetrica attribuzione di un potere autoritativo in capo ad un ente terzo (il Comune) al fine di imporne coercitivamente il rispetto, nell’ambito peraltro di un settore che esula dalle competenze istituzionali dell’ente medesimo; a ciò osta il principio di legalità e quello connesso di tipicità di tutti i poteri amministrativi: nessuna norma di legge nel settore specifico della viabilità, attribuisce infatti ai comuni il potere di assicurare la pulizia delle strade imponendo autoritativamente obblighi di facere al gestore, al fine di garantire “la sicurezza e la fluidità della circolazione”; né un tal potere può desumersi implicitamente dalla natura del Comune quale ente locale a fini generali atteso che tra gli interessi pubblici affidati alla cura dei comuni non v’è anche quello di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione delle strade statali.

N. 00227/2010 REG.SEN.
N. 00200/2003 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 200 del 2003, proposto da Anas S.p.A. (Già Ente Nazionale Per Le Strade) ed il Compartimento della Viabilità del Molise, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Campobasso, via Garibaldi, 124;


contro


Comune di Sepino (Cb), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Scarano, presso il cui studio in Campobasso, corso Umberto I, 43 elegge domicilio;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Sepino n. 19 del 17.7.2002 comunicata il 25.7.2002 al Compartimento in epigrafe e conosciuta effettivamente dal rappresentante legale dell’Ente Nazionale delle Strade il 9.9.2002, nonché di tutti gli atti presupposti, preordinati o comunque connessi ed in particolare della nota n. 1422 del 4.3.2003 dello stesso sindaco.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sepino (Cb);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2010 il dott. Luca Monteferrante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO


Con ricorso ritualmente e tempestivamente notificato l’ANAS s.p.a. – Compartimento di Campobasso ha impugnato l’ordinanza n. 19 del 17.7.2002 con cui il Sindaco del Comune di Sepino gli ha ingiunto, in applicazione dell’art. 14 del d. lgs. 5.2.1997, n. 22, la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati da ignoti su un terreno sito in località Piana D’Olmo lungo il tratturo Pescasseroli-Candela, presso la strada statale 87 ai margini del cavalcavia in proprietà dell’ente medesimo.

L’Anas s.p.a. contestava la legittimità dell’ordinanza, chiedendone la revoca ma il Comune di Sepino, in risposta, la invitava a versare la somma di euro 3.358,77 quale recupero delle spese sostenute per la bonifica dei suoli oggetto dell’ordinanza n. 19 del 17.7.2002 che l’Anas si vedeva pertanto costretta ad impugnare in sede giurisdizionale, in uno con la richiesta di rimborso spese, deducendo i seguenti motivi di doglianza:

1. Violazione dell’art. 7 della legge 241 del 1990 nonché dell’art. 107 del d. lgs. 267 del 2000.

E’ stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento con conseguente impossibilità di rappresentare in sede partecipativa la non demanialità del terreno interessato dal deposito di rifiuti. La competenza alla adozione dell’ordinanza in questione sarebbe del dirigente e non del sindaco.

2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d. lgs. 22/97. Violazione dell’art. 3 della legge 241 del 1990. Eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, contraddittorietà, errore sui presupposti di fatto, travisamento dei fatti, perplessità, ingiustizia manifesta. Difetto di imputabilità soggettiva.

L’ordinanza impugnata non indica l’epoca di commissione dei fatti - circostanza rilevante ai fini della individuazione della normativa applicabile - né l’attività esperita per l’individuazione dei responsabili del deposito di rifiuti. Nulla è precisato in ordine alla imputabilità, a titolo di dolo o di colpa, all’Anas, quale ente proprietario del terreno in questione, di una condotta in qualche modo agevolatrice dell’illecito compiuto da ignoti; inoltre l’estensione dei beni affidati in gestione all’Anas renderebbe di fatto inesigibile anche solo un generico obbligo di vigilanza e di custodia ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c.. Infine le aree interessate dalla discarica abusiva non ricadrebbero nel sito di pertinenza statale bensì riguarderebbero il tratturo, di proprietà regionale, il torrente limitrofo e le stradine comunali sottostanti al cavalcavia della S.S. 87 sicchè l’ente locale non avrebbe fornito alcuna prova della demanialità del sito occupato dalla discarica abusiva. Per le stesse ragioni anche l’esecuzione in danno disposta dal Comune sarebbe illegittima.

Si è costituito in giudizio il Comune di Sepino per contrastare i motivi di censura ex adverso fatti valere, concludendo per la reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 24.2.2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato.

Con riferimento al dedotto vizio di incompetenza deve infatti rilevarsi che la competenza sindacale, pur formalmente riconosciuta dall’art. 14, comma 4 del d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, è stata successivamente traslata in capo al dirigente del settore competente in forza della generale previsione di cui all’art. 107, comma 5 del d. lgs. 267 del 2000 che, nel disciplinare il riparto di competenze fra organi di indirizzo politico e organi burocratici, nell’ambito degli enti locali, ha precisato che “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti”.

La competenza dirigenziale nella presente fattispecie deve ritenersi confermata a contrariis dall’art. 192, comma 3 del d. lgs. n. 152/2006 che, secondo la giurisprudenza, è norma speciale sopravvenuta rispetto all’art. 107, comma 5 del d. lgs. 267/2000 attributiva in favore del sindaco della competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti previste dal comma 2 (cfr. Cons. Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4061).

Fondata è anche la censura relativa alla omessa istruttoria in merito alla imputabilità della violazione ai proprietari del fondo, a titolo di dolo o di colpa.

L’orientamento giurisprudenziale dominante, autorevolmente avallato anche dal Giudice d’Appello, è infatti nel senso che l’ordine di rimozione dei rifiuti presenti sul fondo può essere rivolto al proprietario solo quando ne sia dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell’illecito, per avere cioè posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo, dovendosi escludere che la norma configuri un’ipotesi legale di responsabilità oggettiva; ne discende la illegittimità degli ordini di smaltimento dei rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua mera qualità ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di un’esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta (Cons. Stato, V, 25 gennaio 2005, n. 136).

Tale orientamento è stato di recente confermato anche con riferimento al disposto di cui all’art. 192 del d. lgs. 152/2006 (cfr. Cons. Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4061 e Cons. Stato, V, 19 marzo 2009, n. 1612).

Poiché nel caso di specie nessun accertamento è stato condotto in merito all’eventuale configurabilità di una qualche forma di corresponsabilità imputabile all’Anas, di cui comunque non si dà conto in motivazione, il motivo di censura sul punto articolato merita piena condivisione.

Né per superare il criterio della imputabilità solidale a titolo di dolo o di colpa può invocarsi il disposto di cui all’art. 14 del codice della strada a mente del quale “Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo nonché delle attrezzature, impianti e servizi” come opina il Comune di Sepino, richiamando un precedente specifico avente ad oggetto analogo contenzioso intercorso con l’Anas e di recente definito con sentenza Cons. Stato, IV, 18.6.2009, n. 4005.

Il fatto che la norma in questione imponga uno speciale obbligo di pulizia delle strade in capo all’ente proprietario o gestore della strada, non può comportare la simmetrica attribuzione di un potere autoritativo in capo ad un ente terzo (il Comune) al fine di imporne coercitivamente il rispetto, nell’ambito peraltro di un settore che esula dalle competenze istituzionali dell’ente medesimo; a ciò osta il principio di legalità e quello connesso di tipicità di tutti i poteri amministrativi: nessuna norma di legge nel settore specifico della viabilità, attribuisce infatti ai comuni il potere di assicurare la pulizia delle strade imponendo autoritativamente obblighi di facere al gestore, al fine di garantire “la sicurezza e la fluidità della circolazione”; né un tal potere può desumersi implicitamente dalla natura del Comune quale ente locale a fini generali atteso che tra gli interessi pubblici affidati alla cura dei comuni non v’è anche quello di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione delle strade statali qual è la Statale 87 Sannitica.

Inoltre proprio in considerazione del generale principio di tipicità dei poteri amministrativi, il giudice non può respingere il ricorso sul presupposto del corretto esercizio di un potere diverso da quello espressamente richiamato nella giustificazione del provvedimento impugnato e censurato dal ricorrente: nel caso di specie il Comune di Sepino, a fondamento dell’ordinanza impugnata, ha invocato il disposto di cui all’art. 14 del d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e non l’art. 14 del codice della strada sicchè lo scrutinio di legittimità non può che avvenire alla luce del parametro normativo invocato dall’autorità procedente e non con riferimento ad un distinta norma attributiva del potere autonomamente individuata dal giudicante.

Diversamente opinando vi sarebbe anche una chiara violazione del diritto di difesa e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato atteso che le doglianze articolate dal ricorrente si indirizzano avverso la non corretta interpretazione ed applicazione della sola norma attributiva del potere invocata dall’amministrazione e non di quella diversa eventualmente individuata dal giudice: respingere il ricorso sulla scorta di una norma non posta a fondamento dell’esercizio del potere equivale a decidere su una questione estranea al giudizio, implica una violazione del contraddittorio e comporta anche una modifica della causa petendi della domanda e cioè delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda la domanda di annullamento.

Deve pertanto ribadirsi, alla luce dell’orientamento dominante in materia, l’illegittimità dell’ordine di rimozione dei rifiuti rivolto al proprietario del fondo in assenza di adeguata istruttoria e di idonea motivazione circa l’imputabilità soggettiva di una qualche condotta attiva od omissiva che abbia anche solo agevolato la violazione del divieto di abbandono di rifiuti. Del pari illegittima è la richiesta di rimborso delle spese sostenute dal Comune per la bonifica d’ufficio del sito.

Stante il carattere dirimente del motivo di censura esaminato, può farsi luogo all’assorbimento dei restanti motivi di doglianza anche con riferimento alla dedotta violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, peraltro ora espressamente riconosciuto dall’art. 192 del d. lgs. 152/2006 (cfr. Cons. Stato, V, 25 agosto 2008, n. 4061).

L’esistenza di orientamenti giurisprudenziali non univoci induce a ritenere sussistenti giusti motivi per disporre al compensazione integrale delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale del Molise definitivamente pronunciando così provvede:

-accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;
-compensa le spese di giudizio tra le parti;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2010 con l'intervento dei Signori:

Giorgio Giaccardi, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere
Luca Monteferrante, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/05/2010