Tutto il mondo è paese anche nella gestione dei rifiuti
di Alberto PIEROBON
Nella gestione dei nostri rifiuti rinveniamo (al di là dei fenomeni attuali di globalizzazione) una sorta di “americanizzazione” che francamente non ha una unica origine e destinazione. Anche qui troviamo coinvolti più settori (urbanistica, appalti, gestione amministrativa delle attività, controlli, ecc.), in una visione che va contestualizzata e storicizzata, tenendo presente lo sfondo consumistico-economico.
La vera e propria rinascita di quello che chiamavamo il “Terzo Mondo”, in particolare della Cina e dell’India (1)  riguarda sintomaticamente anche la gestione dei rifiuti (sia illegale,  che strategico-industriale)e impone una rivisitazione dei modelli  industriali che diventano succubi di quelli “mercatali” (complice anche  il sistema delle provvidenze  e contribuzioni cosiddette “pubbliche” –  ma gestite da consorterie private o con metodi collusivi - che spesso  adulterano, se non drogano, il  mercato a detrimento della imprenditoria  “reale”).
Si tratta della nota questione più volte da noi sollevata che qui sarebbe un fuor d’opera riprendere in modo compiuto (2).
Generalmente  l’idea di una natura sconfinata fa pensare alla disponibilità di  risorse illimitate, in effetti il concetto di prateria per gli USA  (steppa, savana, ecc. in altre civiltà) diventa il confine (3).
Ecco  che guardando a singoli aspetti si ritrova conferma di atteggiamenti (e  gestioni e loro metodiche) praticati anche nel campo ambientale e,  segnatamente, dei rifiuti.
Per  esempio, la carne macellata dai grandi cartelli industriali americani  impone (per una ottimizzazione e un recupero che sta solo nel profitto,  non nella igiene pubblica e nella salute del consumatore) che non venga  buttato via nulla. Di qui  gli scarti che diventano  salsicce, zuppe,  lardo, ecc. Ma questi scarti, assieme al grano (e agli antibiotici)  vengono altresì dati in pasto ai capi per farli fanno ingrassare  velocemente. 
Anche i campi tramite la concimazione, i diversi tempi, l’utilizzo dei pesticidi, ecc. si trasformano, assieme al paesaggio.
Ma,  il connubio tra i rifiuti e la criminalità non sono solo “famose” per  Napoli o Palermo (e altre realtà) negli USA questi trovano forte eco (e  successo commerciale di serial televisivi) nei mass media (ricordiamo le  città di Las Vegas, Chicago e New York). 
Oltre  alle peculiari problematiche socio-territoriali, sono proprio i modelli  di questo  “successo” criminale-economico che incentivano e  giustificano la scelta criminale, così, nel miraggio di arrivare al  potere e alla ricchezza esibita dai boss, si fa incetta di seguaci o di  fiancheggiatori.
I  rifiuti, dicevamo,  rilevano anche dal punto di vista urbanistico, dove  assistiamo ad una sorta di rimozione dai quartieri residenziali a  quelli periferici-popolari, che segue anche uno spostamento “sociale”.  Perché i rifiuti qui sono un affare ove consentano di realizzare  speculazioni edilizie, o forme di abbandono dei rifiuti medesimi (al  fine di espandere la cementificazione o le discariche).
E,  come sappiamo ormai tutti, sono proprio i rifiuti a costituire la  materia prima per le attività imprenditoriali, in campo agricolo,  edilizio e/o paesaggistico, difatti “Le inchieste ci raccontano come in  questi anni fanghi di origine industriale inquinati da metalli pesanti  siano diventati fertilizzanti per terreni agricoli e polveri di  abbattimento fumi siano state miscelate con il cemento o utilizzate  nelle fornaci per la produzione di laterizi per soffitte e tetti delle  abitazioni. Sembra paradossale, ma non è improbabile che si scoprano tra  qualche anno interi palazzi con pareti tossiche, costruiti su terreni  miscelate ai veleni e, perché no, con giardinetto annesso dove i  prodotti coltivati crescono ricchi di metalli pesanti” (4).  Lo stesso dicasi per i sottofondi stradali e per le opere pubbliche,  dove rifiuti pericolosi “venivano impastati con cemento, sabbia e altri  additivi e poi utilizzati per costruire strade e cavalcavia: come i  quattro chilometri dell’Alta Velocità tra Padova e Venezia o come il  cavalcavia Camerini in zona Arcella, sempre a Padova” (5).
In  effetti, il connubio edilizia e rifiuti non è nuovo, anche perché ha  consentito una evoluzione del “contatto” tra il potere pubblico e il  soggetto criminale inteso in senso come dire… “qualificato”, infatti la  differenza tra una famiglia criminale (mafiosa o altri) ed una banda di  rapinatori consiste nel fatto che solo i primi controllano il territorio  (6). 
E  questo è un aspetto, come vedremo, fondamentale nella lettura del  fenomeno criminale di cui trattasi, il rapporto tra comunità-territorio e  siffatta criminalità (7).
Anche  con l’avvento delle famose “società miste” pubblico-privato si aprono  nuove prospettive criminali. Sotto l’ombrello (la copertura) pubblica, i  criminali entrano nella cittadella pubblica (un tempo, bene o male  presidiata con i maggiori controlli degli enti locali) col cavallo di  troia della privatizzazione, annidiandosi parassitariamente per anni,  creando asimmetrie informative e/o “cavilli” come occasioni di  vantaggio, come opportunità.  
Insomma, la privatizzazione dei  servizi di gestione dei rifiuti diviene spesso la porta di ingresso per  la criminalità: dal settore urbanistico-edilizio, dove si passa  dall’immobiliare, ai servizi connessi ( per esempio il movimento terra),  alle cave, e pure a quello dei servizi pubblici locali.
Ora,  le attività di recupero/riciclaggio dei rifiuti, rispetto a quelle di  smaltimento in discarica, consentono più laute occasioni di affari.
Le  operazioni di intermediazione (e di triangolazione, in triangolazione)  consentono, infatti, oltre alla collocazione in impianti nazionali  (siano essi sotto il gioco criminale o meno), di far arrivare i rifiuti   nei Paesi del Sud del mondo, addirittura in quelli soggetti ad embargo.  Questi movimenti si appalesano convenienti laddove vengano cavalcati   meccanismi (e soggetti) societari e contrattuali off-shore: vantaggiosi  per le attività illecite e ostacolanti le indagini della magistratura.
Nel  frattempo la crisi (economica, ma anche sociale) sta riportando molti  al riciclo che un tempo era la regola, tramite gli straccivendoli, i  rottamatori, eccetera (comunque per i poveri) che sono venuti meno con  la organizzazione istituzionale del servizio e il macchinismo  gestionale.
Infatti,   la criminalità si è subitamente convertita in forme nuove  per rimanere  salda nel settore mantenendo corruzioni, profitti e clientelismo. I  poveri sono stati quindi, all’epoca, giocoforza estromessi dalla loro  “gestione” svolta… per le strade! Ma la storia (e la crisi) come vedremo  gioca brutti scherzi.
L’economia  per come si è ora “finanziarizzata” ha tolto agli operatori del settore  rifiuti la convenienza del riciclaggio nei propri impianti (siano essi  improntati al macchinismo o all’utilizzo di lavoratori), stante i costi  (è risaputo) della manodopera italiana, ma pure del sistema industriale  nazionale. Per cui - salvo gestioni improntate al “nero” o non del tutto  rispettose della disciplina rifiuti - è più conveniente agli operatori  spostare i rifiuti (che talvolta vengono spacciati per merci, per la  mera loro sottoposizione ad operazioni di trattamento) nel commercio,  financo nel mercato internazionale.
Però  la crisi lavora, eccome. Oggi a New York si assiste infatti ad una  crescente sottrazione di rifiuti “pubblici”, cosiddetti “pregiati”  (plastica, lattine, cartone, ferro, ecc.) da parte di numerosi soggetti   privati ( presumibilmente poveri).  Siamo tornati indietro? O come deve  leggersi questo fenomeno?
Anzitutto, non si tratta, come invece segnalava Federico Rampini l’estate scorsa (8),  solamente di cinesi, ma (per quanto da noi direttamente verificato in  più occasioni) anche di americani (ci si consenta l’uso linguistico di)  “bianchi”, che operano alla luce del sole, senza nascondersi.
Ma,  anche qui la criminalità sembra essersi ingegnata, cercando i modi per  sfruttare questo “ritorno” di lavori, per cui si cerca - prima di tutto -  la connivenza, la complicità, se non, il consenso. Trattasi di una  “metodica” questa, invero molto diffusa e conosciuta da noi (dal Sud al  Nord, ovunque) (9) che si manifesta anche con accordi fra i diversi clan, eccetera.
Peraltro,  la raccolta differenziata nonostante sia resa obbligatoria sembra  essere praticata in modo difforme (e carente) in quella metropoli. Per  esempio, nel quartiere di Manhattan, non è infrequente riscontrare il  rifiuto umido mischiato con altri flussi tipologici, mentre in altri  quartieri (per esempio a Brooklyn) la raccolta differenziata sembra  essere più efficace (10).
In  pieno giorno, nell’epicentro di Manhattan spesso si nota la presenza di  sacchi di rifiuti accatastati da qualche parte che, se si guardassero  per sé stessi (senza il contesto di intorno) potrebbero quasi sembrare  dei cumuli di rifiuti “napoletani”! 
Più esattamente, il conferimento  dei rifiuti avviene, a Manhattan, secondo tipologia, in sacchi di  diversi colori ed in orario serale. In orario tardo-serale o notturno  passano gli automezzi di raccolta e di trasporto dei rifiuti. I negozi,  di fatto, trattengono in sacchi loro rifiuti in stanze (nel cosiddetto  “retrobottega”), e, appunto, di sera il personale, tramite dei pallets  carrellati, dotati di sponde di tela, spostano i sacchi dal retrobottega  al punto di conferimento dei rifiuti (strada o area pubblica) dove  questi ultimi vengono raccolti dai soggetti incaricati. La raccolta -  come da nostra prima impressione -  si presenta non uniforme e non  calibrata in termini di masse/frequenze, di qui (come detto) la presenza  dello accumulo - di varie dimensioni - di sacchi in diverse zone  cittadine.
Inoltre,  i rifiuti valorizzabili (come la carta) sembrano venire trattenuti dai  produttori non domestici per conferirli a circuiti che non sembrano  essere pubblici, bensì di operatori privati. Il che conferma la  convenienza economica di certuni flussi e il trattenimento in circuiti  che non sono pubblici.
Tornando  al fenomeno dei “raccoglitori” privati di rifiuti prodotti dalla città e  considerati pubblici, va evidenziato come, nel mese di ottobre 2007 il  sindaco di New York Bloomberg abbia innovato il codice amministrativo  della città, prevedendo che la persona che preleva i rifiuti considerati  riciclabili, prodotti da una utenza domestica o commerciale,  utilizzando veicolo a motore, incorre nella contravvenzione di 2.000  dollari. Inoltre, i veicoli in parola debbono essere sequestrati ,  elevando contravvenzione anche al loro proprietario (11).
Viene  ad essere così “tollerato” un prelievo (in quanto non considerato  illegale, non considerato un furto) dei rifiuti riciclabili qualora,  come detto, venga effettuato da un singolo soggetto non dotato di una  organizzazione imprenditoriale, ovvero sprovvisto di strumenti tali da  presumere una certa dimensione operativa. La tollerabilità viene quindi  ricondotta (spannometricamente) a qualche sacco entro le possibilità di  trasporto del singolo (12).  Infatti, se il singolo (ancorché non imprenditore) opera la rimozione  dei rifiuti utilizzando un veicolo a motore (presuntivo di una maggiore  frequenza di raccolta o di maggiore capienza) automaticamente scattano  le sanzioni di cui sopra. 
Trattasi, ad ogni evidenza (13)  di una visione pragmatica e, al contempo, sociale del fenomeno. Il  Comune sembra volere, in un certo senso, comprendere e tollerare il  ritorno di queste forme di raccolta da parte di “poveracci” che per sé  stessi (cioè per le quantità presumibilmente attese di rifiuto  riciclabile) non creano disturbo al mercato (né menomazioni all’erario)  dei rifiuti riciclabili. Anzi, probabilmente, questa attività viene  tollerata in quanto “sociale” cioè intesa come una forma caritatevole,  di sostenimento dei molti poveri disgraziati. A maggior ragione  nell’incandescente contesto di crisi che imperversa negli USA come,  generalmente, nell’occidente.
Vero è che, al di là della  commovibilità e/o del quadretto idilliaco, potremmo ipotizzare (come con  buona probabilità avviene) che la criminalità organizzata nella sua  rapacità ed intelligenza “harvardiana” sia entrata anche in questo  business, sfruttando questi “dannati”, facendosi comodamente consegnare  questi materiali in vari punti, prevedendo (come forma di incentivazione  calcolata imprenditorialmente) un compenso a quantità per i rifiuti. Il  materiale verrà così poi trasportato (e qui sarebbero da approfondire  altri interessanti aspetti (14))  altrove per la sua cessione ai terzi,  in lotti appetibili, peraltro  con una bontà merceologica sicuramente molto alta (magari con selezione  effettuata “a monte” già ; dai raccoglitori o, in forme intermedie, per  esempio nelle loro abitazioni come avveniva fino ai primi anni di questo  secolo). 
Ma  qui ci preme (e ci limitamo a) far notare come, in questo modo, il  Sindaco, nella sua attività di governo, faccia fuoriuscire dal circuito  pubblico (da noi si direbbe, dal regime di privativa) i rifiuti degli  imballaggi primari e parte di quelli secondari (da noi: assimilati),  ritenendo che una sottrazione “modesta” e non imprenditoriale (nel senso  dianzi circostanziato) di questi rifiuti possa essere considerata  trascurabile agli effetti della gestione pubblicistica di cui trattasi.
In effetti, non viene ad essere pregiudicata (anzi) la raccolta differenziata della città. 
Forse  verranno a mancare una parte di ricavi da cessione del materiale,ma, al  contempo il servizio di raccolta del medesimo materiale viene ad essere  meno utilizzato (per sottrazione anche dell’attività da parte dei  privati) costando (teoricamente parlando) meno.
Insomma,  sembra che il comune (città di New York) possa così stabilire una  soglia di accettabilità (che diventa anche il limite della non  privativa) per siffatti comportamenti,oltre la quale soglia scatta (a  certe condizioni) la illegalità. 
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(1) Per una analisi della crescente influenza del Sud globale e dell’instaurarsi di un commonwealth delle diverse civiltà del mondo, cfr. gli eccezionali scritti di G.  Arrighi, in particolare al volume Adam Smith a Pechino. Genealogie del  ventunesimo secolo, Milano, 2007 e ai saggi raccolti (a cura di G.  CESARALE e M. PIANTA) in G. ARRIGHI, Capitalismo  e (dis)ordine mondiale, Roma, 2010.
(2) Cfr. AA.VV., Manuale di diritto e di gestione ambientale, A. PIEROBON (a cura di), Rimini, in pubblicazione. Per una approfondimento (sistematicamente affrontato come prima parte di un prossimo studio comparativo, contemplante dapprima i paesi africani, e poi - in estensione progressiva - gli altri continenti e realtà - ciò proprio per meglio comprendere gli aspetti culturali, organizzativi e gestionali dei rifiuti, prima che quelli di forma e di disciplina - Cfr. New York-Napoli: tendenze e assonanze evolutive dei rifiuti, in "Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente", n. 10, 2011. Sul sistema ambientale statunitense cfr. il bel volume di C. SCARPINO, US Waste. Rifiuti e sprechi d’America. Una storia dal basso, Milano, 2011.
(3) Sul grande spazio semivuoto (per una parte della storia) degli USA, con un raffronto con la Cina, F. RAMPINI, Il secolo cinese. Storie di uomini, città e denaro dalla fabbrica del mondo, Milano, 2005, p.6.
(4) E. CALABRIA, A. D’AMBROSIO, P. RUGGIERO, Biùtiful cauntri, Milano, 2008, p. 31.
(5) M. ZORNETTA, D. GUERRETTA, A casa nostra. Cinquant’anni di mafia e criminalità in Veneto, Milano, 2006, p. 357, i quali nella pagina seguente ricordano che la terza regione per illeciti riscontrati nel ciclo dei rifiuti è proprio il Veneto (dopo la Sicilia e la Campania).
(6) R. CANTONE, I Gattopardi. Conversazione con G. Di Feo, Milano, 2010, p. 249.
(7) Condivisibilissime le parole di S. MASINI, responsabile dell’area ambiente e territorio della Coldiretti "quando una comunità perde la capacità di indignarsi è in grande difficoltà rispetto ai problemi oggettivi. Se mancano gli anticorpi si rischia una metastasi sociale generalizzata" in S. MORANDI, Emergenza rifiuti S.p.A., Roma, 2009, p. 130. Anche L. CIOTTI segnala l’importanza di "quella reazione da parte dei cittadini (…) è stata ciò che ha fatto sì che la mafia in quei territori abbia certo condotto buoni affari,ma non abbia mai attecchito. Che si sia infiltrata sì, ma che non sia mai diventata padrona del territorio. A dimostrazione del fatto che il contrasto ai sistemi mafiosi non può essere delegato alla magistratura e alle forze dell’ordine, ma deve essere impegno della società civile tutta. E’ stata proprio la reazione dal basso, di una popolazione che non si è piegata, che si è esposta direttamente, che ha assunto su di sé la causa, ad aver impedito che la mafia mettesse radici" così nella prefazione al volume di M. ZORNETTA, D. GUERRETTA, op. cit., p. 19.
(8) F. RAMPINI, 1450 Broadway, NYC Manhattan trash. Chi smaltisce i rifiuti della città senza raccolta differenziata? I cinesi. Invisibili, in “D” La Repubblica, 31.7.2010.
(9) Sintomatico è quanto è leggibile nel volume di G. NUZZI, (con C. ANTONELLI), Metastasi. Sangue, soldi e politica tra nord e sud. La nuova ‘Ndrangheta nella confessione di un pentito, Milano, 2010, e, pure in R. CANTONE, op. cit., p. 11 et passim.
(10) Anche se poi abbiamo avuto occasione di notare che gli automezzi adibiti alla raccolta (a doppio scomparto) all’atto del prelievo dei sacchi distinti per tipologia di rifiuto e collocati davanti le abitazioni, inserivano gli stessi assieme (cioè mischiando le diverse tipologie e vanificando la separazione effettuata dall’utente domestico). Anche qui vale il detto secondo il quale tutto il mondo è paese!
(11) Nel 2010 sono stati sequestrati n. 114 veicoli, emesse n. 219 contravvenzioni per il furto di materiale riciclabile, e recuperate circa 43 tonnellate di materiale riciclabile.
(12) Abbiamo avuto occasione di notare persone che trasportavano diversi sacchi con biciclette o con carrellini.
(13) in disparte le difficoltà che avremmo in Italia per “verbalizzare” comportamenti elusivi anche fantasiosi, senza temere che in sede giudiziale l’accertamento venga contestato
(14) Ci riserviamo di svolgere una apposita analisi tecnico-organizzativa-economica del sistema del quale si è qui potuto dare solo cenno. Occorre porsi però fuori dalle ovvietà o dagli involucri formali che depistano (anche nella copertura religiosa-pietistica che diventa ipocrisia) dall’individuare una situazione che, a nostro avviso, non può non essere in mano alla criminalità organizzata nello sfruttamento, ancora una volta, degli ultimi della terra (di quella terra e di quella dove saranno lavorati i rifiuti, per esempio nelle periferie asiatiche).
                    



