Consiglio di Stato Sez. IV n. 9257 del 25 novembre 2025
Rifiuti.Disciplina del Metodo Tariffario Rifiuti
La disciplina del Metodo Tariffario Rifiuti (MTR) di cui all’art. 1 comma 527 della l. 205/2017, all’art. 26 d.lgs. n. 201/2022 e alle delibere ARERA è volta a determinare i valori massimi della TARI che l’amministrazione può porre a carico dei cittadini che fruiscono del servizio, non a determinare i corrispettivi contrattuali dovuti al gestore del servizio stesso. Questi ultimi corrispondono invece al prezzo di aggiudicazione della gara, come definito all’esito della gara stessa indetta per affidare il servizio. Tale prezzo, corrispondendo all’offerta fatta in quella sede dalla parte interessata, è per definizione remunerativo per l’operatore economico che va considerato capace di valutare il proprio interesse e la remuneratività del prezzo offerto. Per il caso, poi, in cui in cui il corrispettivo divenisse inadeguato per circostanze eccezionali, l’ordinamento prevede, nei casi e alle condizioni stabilite dalla legge, l’istituto della revisione prezzi.
Pubblicato il 25/11/2025
N. 09257/2025REG.PROV.COLL.
N. 07820/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7820 del 2024, proposto dal Comune di Dalmine, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Di Lascio, Saul Monzani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Invernizzi e Giovanni Corbyons, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone 44;
nei confronti
dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente - Arera, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, n. 636 del 15 luglio 2024, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l.;
Viste le memorie del Comune di Dalmine del 9 giugno 2025 e del 19 giugno 2025;
Viste le memorie della società della società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l. del 4 novembre 2024, del 9 giugno 2025 e del 19 giugno 2025;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2025 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato, l’appello proposto dal Comune di Dalmine avverso la sentenza del T.a.r. per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, n. 636 del 15 luglio 2025, che ha accolto parzialmente il ricorso proposto ai sensi dell’art. 29 c.p.a. dalla società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l.
2. Il giudizio ha ad oggetto:
a. le domande di annullamento della deliberazione del consiglio comunale del Comune di Dalmine n. 26 di data 6 maggio 2022, con la quale è stato approvato il piano economico-finanziario (PEF) della gestione integrata dei rifiuti urbani per il periodo regolatorio 2022-2025, inclusi gli allegati (relazione di accompagnamento al PEF; relazione di validazione) e della nota di trasmissione di data 3 giugno 2022, proposte con il ricorso introduttivo del giudizio;
b. la domanda di annullamento della deliberazione del consiglio comunale del Comune di Dalmine n. 23 di data 12 aprile 2023, con la quale sono state approvate le tariffe della tassa rifiuti (TARI) per il 2023, proposta nel primo ricorso per motivi aggiunti;
c. le domande di annullamento della determinazione del dirigente del Servizio tutela ambientale e territoriale del Comune di Dalmine n. 636 di data 6 giugno 2023, con la quale sono stati aggiornati ex art. 46 del capitolato speciale i prezzi unitari offerti dalla ricorrente in sede di gara, nella parte in cui concede alla ricorrente un incremento di corrispettivo inferiore a quanto sarebbe derivato applicando il metodo tariffario e della nota di avvio del procedimento di revisione dei prezzi di data 27 marzo 2023, proposte nel secondo ricorso per motivi aggiunti.
3. Si espongono i fatti rilevanti per la decisione.
3.1. Nel giugno 2018 il Comune di Dalmine bandì la procedura aperta per l’affidamento del contratto di appalto di servizi integrati di igiene urbana nel territorio del comune di Dalmine perla durata di cinque anni.
3.2. All’esito del contenzioso riguardante l’originario provvedimento di aggiudicazione all’altra ditta partecipante alla gara, deciso con la sentenza n. 1212 del 17 febbraio 2020 di questo Consiglio, la società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l. è risultata l’affidataria del servizio integrato di igiene urbana.
L’aggiudicazione è stata disposta dal responsabile del Servizio tutela ambientale e territoriale del Comune n. 730 di data 4 agosto 2020, per l’importo complessivo pari a € 6.821.743,99 (IVA esclusa), di cui € 23.752,50 quali oneri per la sicurezza non soggetti a ribasso.
La durata del servizio è stata fissata in 5 anni (dal 1 gennaio 2021 al 31 dicembre 2025).
3.3. Con la nota n. 633 dell’11 agosto 2020, prima della stipulazione del contratto, la società ha rappresentato al Comune che le condizioni economiche della propria offerta erano divenute insostenibili nel biennio intercorso tra la domanda di partecipazione alla gara e l’aggiudicazione dell’appalto. Secondo la tesi della società, vi sarebbe stata, già all’epoca, una perdita annua di circa € 200.000.
3.4. Per ottenere la condanna del Comune a concedere la revisione dei prezzi unitari ai sensi dell’art. 3 del contratto e dell’art. 46 del capitolato speciale la ricorrente ha promosso davanti al T.a.r. per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, il giudizio n.r.g. 10/2021, che tuttavia è stato respinto con la sentenza n. 239 del 10 marzo 2022, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 9426 del 31 ottobre 2022.
3.5. Nel corso del rapporto contrattuale, il Comune, con la deliberazione consiliare n. 26 del 6 maggio 2022, ha approvato il piano economico-finanziario (PEF) che individua i costi operativi e di capitale del servizio integrato di igiene urbana, quale presupposto per la determinazione delle entrate tariffarie nel periodo 2022-2025.
Il PEF è stato elaborato utilizzando il metodo tariffario rifiuti (MTR-2) per il secondo periodo regolatorio 2022-2025, stabilito dall’ARERA con la deliberazione n. 363/2021 di data 3 agosto 2021.
Il Comune ha dunque adeguato il corrispettivo contrattuale riconosciuto alla società appellata, limitandone la richiesta sulla scorta della seguente motivazione: “Rispetto ai costi efficienti esposti dal Gestore affidatario del servizio di raccolta, trasporto, trattamento dei rifiuti e della gestione della piazzola per la raccolta differenziata, questo Ente ha ritenuto di riconoscere e ammettere a tariffa un importo di € 1.301.095,00 pari a quanto dallo stesso offerto in sede di gara, aggiornato con la variazione ISTAT, e previsto nel contratto sottoscritto tra le parti. Con la sottoscrizione del contratto l’impresa, ancorché abbia lamentato che il canone non fosse più adeguato rispetto alle prestazioni previste, ha accettato le condizioni contrattuali. […] Il Comune ritiene pertanto rispettato l’equilibrio economico-finanziario del Gestore, ed ha conseguentemente detratto dal PEF «grezzo» dello stesso, l’importo di € 174.500,00, eccedente il valore del contratto già rivalutato con l’indice di adeguamento ISTAT. […] Analogo ragionamento viene applicato per i costi direttamente sostenuti dal Comune, per i quali si è deciso di non ammettere a tariffa l’importo di € 70.682,00 considerato, da un lato, che anche l’equilibrio economico-finanziario della gestione del comune è garantito e, dall’altro, di tenere conto dell’esigenza di contenere le tariffe a carico delle utenze.”.
4. La società ha impugnato la deliberazione consiliare n. 26/2022, domandandone l’annullamento, unitamente agli altri atti indicati in precedenza al §. 2, innanzi al T.a.r. per la Lombardia.
4.1. Si è costituito il Comune, resistendo al ricorso.
5. Il T.a.r. per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, con la sentenza n. 636 del 15 luglio 2024, ha accertato l’illegittimità del provvedimento impugnato “…senza annullamento delle tariffe attualmente praticate dal Comune per il servizio in questione”, ossia per la gestione dei rifiuti.
5.1. Segnatamente, il T.a.r.:
i. ha respinto l’eccezione di giudicato, formulata dal Comune facendo riferimento alla sentenza n. 9426/2022 di questa Sezione, che ha respinto l’impugnazione del provvedimento di diniego di revisione prezzi;
ii. ha respinto l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse, rilevando che gli atti consiliari di approvazione delle tariffe sono immediatamente efficaci e perciò lesivi, anche prima dell’approvazione di ARERA;
iii. nel merito, ha ritenuto che il diniego di adeguamento del corrispettivo entro il limite di crescita annuale delle entrate tariffarie sia illegittimo in quanto “manca un vero e proprio apparato motivazionale, in quanto i costi ritenuti inefficienti sono meramente elencati in un foglio excel, e non è chiaro per quali ragioni non siano considerati in linea con il benchmark di una gestione virtuosa” e, perciò, ha disposto che è “necessario che il Comune effettui una nuova valutazione del PEF e degli atti connessi, esaminando singolarmente le voci di costo escluse, per stabilire motivatamente se possano essere considerate efficienti o meno. Una volta ridefinito su questo presupposto il limite di crescita annuale delle entrate tariffarie, dovrà essere ripetuta la scelta se concedere in tutto o solo in parte l’incremento del corrispettivo alla ricorrente, evidenziando, in caso di attribuzione parziale, il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario”.
6. La sentenza è stata impugnata dal Comune, che ha domandato la tutela monocratica presidenziale e la tutela cautelare “sospensiva” collegiale.
6.1. Si è costituita la società appellata che ha resistito all’appello, articolando difese di rito e di merito.
6.2. Con il decreto n. 3917 del 19 ottobre 2024, è stata respinta la domanda cautelare monocratica e con l’ordinanza n. 4217 dell’11 novembre 2024, la domanda cautelare collegiale.
6.3. Nel corso del giudizio le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi.
6.3.1. In particolare, con la memoria del 4 novembre 2024, la società ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 101 c.p.a. e per difetto di jus postulandi del difensore che ha firmato il ricorso al Consiglio di Stato.
6.3.2. Con la memoria depositata in data 19 giugno 2025, il Comune di Dalmine ha domandato, in via subordinata, il rinvio pregiudiziale interpretativo ai sensi dell’art. 267, par. 3, TFUE sulla seguente questione: “se l’art. 72 della Direttiva 24/2014/UE come interpretato dalla conferente giurisprudenza della CGUE, anche alla luce dei considerando 58, 107 e 109 e dei principi di trasparenza, concorrenza, imparzialità, libera circolazione dei servizi, ostino o meno ad una normativa o prassi nazionale, che consenta di riconoscere all’appaltatore in corso di esecuzione del contratto, di anno in anno, i costi esposti per la gestione del servizio indipendentemente dal corrispettivo contrattualmente stabilito e dalla ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 72 della citata Direttiva”.
7. All’udienza del 10 luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Seguendo l’ordine logico delle questioni vanno esaminate le eccezioni di rito formulate dalla società appellata, esaminando per prime quelle inerenti al difetto di jus postulandi.
In particolare, la società appellata oppone che l’appello risulta essere stato firmato e notificato “da legale non officiato, e perciò privo di poteri” in quanto la procura alle liti è stata rilasciata il 9 settembre 2022 e autenticata il 20 settembre 2022, in occasione del giudizio di primo grado. Si evidenzia, in proposito, che “ai fini dell’appello la deliberazione di Giunta comunale (dGC) 9.9.2024 n. 133 (doc 1 app) ha ad hoc autorizzato il Sindaco «a presentare appello avanti il Consiglio di Stato di Roma riguardo la sentenza n. 636/2024 del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia – sezione staccata di Brescia»” e “Non consta che il Sindaco abbia onorato il mandato conferitogli dalla Giunta (doc 1 app). L’appello è infatti munito di procura risalente a prima che la Giunta analizzasse la sentenza e formasse la volontà comunale di appellarla”.
L’appello sarebbe stato dunque proposto “in assenza di procura poiché quella prodotta non rispecchia la volontà comunale meditatamente formata con la dGC 9.9.2024 n. 133”.
Con un’ulteriore eccezione, la società oppone che “la dGC assunta ad hoc per l’appello (doc 1 app) autorizza il Sindaco a “nominare legale di fiducia l’avvocato Andrea Di Lascio dello studio legale associato DL&M di Bergamo del Foro di Bergamo” (p 2 secondo alinea). Ma l’appello non è né sottoscritto, né notificato dallo “avvocato Andrea Di Lascio”, ma da altro legale. Il quale è privo di poteri. Sì che l’appello è nullo e la sua notificazione invalida. Essendo in più scaduto il termine decadenziale per proporlo.”
8.1. Le eccezioni possono essere esaminate congiuntamente, in quanto vanno entrambe respinte sulla scorta di identiche motivazioni.
8.2. Va evidenziato che, secondo i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza, è il Sindaco l’organo competente, di regola, a rilasciare la procura alle liti (Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1954; Sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4277; Sez. V, 07 febbraio 2012, n. 650), a meno che non sia lo Statuto comunale a prevedere diversamente. L’eccezione nulla allega, tuttavia, in proposito.
Nella vicenda in esame, la procura speciale è stata conferita dal Sindaco, sin dal giudizio di primo grado, contemplando espressamente la possibile proposizione dell’impugnazione innanzi al Consiglio di Stato, qualora si fosse resa necessaria nel corso del presente processo.
La procura è stata rilasciata, inoltre, in nome e per conto dell’ente, nei confronti sia dell’avvocato Di Lascio sia dell’avvocato Monzani. Quest’ultimo ha sottoscritto e notificato il ricorso innanzi al Consiglio di Stato e, pertanto, risulta validamente instaurato il presente grado del processo.
9. Può esaminarsi l’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 101 c.p.a..
Secondo la società appellata, «i c.d. “motivi di appello” sono sostanziale riproposizione di ampi stralci delle difese comunali disattese in prime cure (es. p 5-12, p 19-24, 30-31). Il che rende persino di difficile lettura le cosiddette censure d’appello, e viola gli artt. 40 c. 1 lett. d) e c. 2, 38 e 101 c. 1 cpa, chiarissimi nell’esigere che l’appello illustri “specifiche censure contro i capi della sentenza”.».
9.1. L’eccezione deve essere respinta.
9.2. Per giurisprudenza costante di questo Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 101 comma 1 c.p.a., il ricorso in appello deve contenere specifiche censure contro i capi della sentenza gravata, non potendo risolversi nella mera riproposizione dei motivi di prime cure disattesi dal giudice di primo grado, pena l'inammissibilità dell'appello. Pertanto, l'appello deve sempre contenere, accanto alla parte volitiva, anche una parte critica, a confutazione della sentenza di primo grado, non trattandosi di un novum iudicium, ma di una revisio prioris istantiae.
L’appello proposto dal Comune di Dalmine contiene, a giudizio del Collegio, censure specifiche, che consentono di comprendere la critica mossa ai singoli capi della sentenza che sono stati impugnati dall’ente.
10. Respinte le eccezioni pregiudiziali può procedersi all’esame del merito. A tale proposito, il Collegio ritiene che la fondatezza del terzo motivo di appello consenta di accantonare l’esame dei primi due motivi sviluppati dall’appellante.
11. Con il terzo motivo di appello, la società ha impugnato la sentenza di primo grado, deducendo la violazione dell’art. 1, comma 528, legge 205/2017, nella parte in cui dispone che “Ai fini della presente legge si intendono per tariffe i prezzi massimi unitari dei servizi al netto delle imposte”, e della deliberazione di ARERA n. 443/2019, di approvazione del MTR-1, nella parte in cui prevede “di tener conto: o dei risultati delle procedure di affidamento ai fini della determinazione delle tariffe del servizio, rappresentando che in molti territori il servizio è stato affidato tramite gara e che i relativi corrispettivi consentono già di estrarre l’efficienza economica tramite forme di concorrenza per il mercato; o della necessità di salvaguardare le clausole contrattuali esistenti”.
Per l’appellante, la sentenza del T.a.r. ha affermato che: i) il prezzo contrattuale viene eterointegrato e sostituito dal risultato derivante dall’applicazione del MTR in punto di costi riconoscibili al gestore; ii) l’equilibrio economico-finanziario deve essere garantito dall’ente appaltante anche mediante l’incremento dell’importo prima riconosciuto a titolo di corrispettivo contrattuale. Secondo l’appellante, tuttavia, tali affermazioni sarebbero errate perché, mentre delle tariffe indicate nella deliberazione di ARERA si dovrebbe tenere conto per la stipulazione di un eventuale nuovo contratto di affidamento della gestione dei rifiuti “in quanto gli atti di gara di dette procedure sono conformi, anche in punto di determinazione del prezzo, alla metodologia ARERA”, viceversa degli adeguamenti predisposti attraverso il metodo tariffario non si dovrebbe tenere conto rispetto “ai contratti di appalto che recano prezzo fisso determinato dal ribasso offerto in gara dal concorrente aggiudicatario, i quali, dunque, andrebbero preservati in punto di determinazione del prezzo sino alla scadenza naturale”.
Nella prospettazione di parte, il corrispettivo indicato nell’offerta economica sarebbe “soggetto esclusivamente agli aggiornamenti all’inflazione contemplati dal contratto stesso e, soprattutto, il prezzo del primo anno di esecuzione contrattuale rappresenta il tassello di equilibrio economico-finanziario della gestione”. Conseguentemente, sarebbe il corrispettivo del contratto ad assurgere “a parametro di equilibrio della gestione sul fronte dei ricavi” ed esso “non può essere incrementato per il tramite del PEF compilato dal gestore mediante l’inserimento di un insieme di costi che sfuggono completamente al controllo del soggetto appaltante e che, se riconosciuti, finirebbero per sviare e snaturare la stessa causa giuridica del contratto di appalto e, con essa, ogni ratio delle procedure di gara”.
Per l’appellante, la soluzione accolta dal T.a.r. comporterebbe che la procedura ad evidenza pubblica di aggiudicazione dell’appalto di servizi “perderebbe ogni valenza” in quanto i partecipanti alla gara potrebbero “confidare sul raggiungimento di una condizione tale da assicurarsi, in pendenza di rapporto contrattuale, sempre la copertura dei costi, compresi quelli generali e quelli di remunerazione del capitale investito, pure contemplati dal MTR”.
11.1. Il terzo motivo di appello è fondato.
11.2. Prima di procedere all’esame delle censure articolate con il terzo motivo d’appello, occorre preliminarmente inquadrare la base giuridica ed il contenuto delle deliberazioni dell’ARERA, che la società appellata pone a fondamento della sua pretesa.
L’art. 1 della legge 14 novembre 1995, n. 481 dispone che: “Le disposizioni della presente legge hanno la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità, di seguito denominati «servizi» nonché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materiae degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo”.
L’art. 1, comma 527, legge 27 dicembre 2017 n. 205 dispone che: “…sono attribuite all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, come ridenominata ai sensi del comma 528, con i medesimi poteri e nel quadro dei princìpi, delle finalità e delle attribuzioni, anche di natura sanzionatoria, stabiliti dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, le seguenti funzioni di regolazione e controllo, in particolare in materia di:
…
f) predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio «chi inquina paga»;
g) fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento;
h) approvazione delle tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento;”.
L’art. 26, commi 1, 2 e 4, d.lgs. n. 201/2022, per le parti che rilevano ai fini della decisione del presente giudizio, dispone: “1. Fatte salve le competenze delle autorità di regolazione e le disposizioni contenute nelle norme di settore, gli enti affidanti definiscono le tariffe dei servizi in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della gestione, nonché il perseguimento di recuperi di efficienza che consentano la riduzione dei costi a carico della collettività,….
2. Per la determinazione della tariffa si osservano i seguenti criteri: […]
4. …gli enti affidanti, nel rispetto delle discipline di settore, fissano le modalità di aggiornamento delle tariffe con metodo del «price cap», da intendersi come limite massimo per la variazione di prezzo:”.
11.3. L’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (“ARERA”) ha esercitato le competenze così conferitele in materia di metodo tariffario (“MTR”) inizialmente con la deliberazione 31 ottobre 2019 n.443/2019/R/rif.
La delibera disciplina il procedimento di fissazione della tariffa e il suo allegato A spiega il metodo tecnico contabile per determinarla.
Il MTR in questione integra, in termini di scienza economica, una regolamentazione della tariffa attraverso un vincolo ai ricavi, nella specie rappresentato da un importo massimo della TARI che può essere preteso dalla platea degli utenti, in modo concettualmente non dissimile con quanto è previsto nel nostro ordinamento per altre fattispecie di monopolio naturale, ovvero per il servizio idrico e per il servizio di distribuzione del gas naturale (sulla preordinazione del MTR alla “determinazione della TARI”, cfr. Cons. Stato, Sez. II, 24 luglio 2023 n. 7196, pag. 30).
11.4. Il procedimento per determinare la TARI concretamente a carico dei cittadini in un dato Comune è così configurato.
I soggetti coinvolti sono i seguenti. Vi è anzitutto il gestore del servizio, ovvero ai sensi dell’art. 1 dell’allegato A alla delibera 443/2019 il “soggetto affidatario del servizio integrato di gestione dei RU, ivi inclusi i comuni che gestiscono in economia”. In questo caso, si tratta dell’appellata. Vi è poi l’ente territorialmente competente, ovvero in base alla stessa norma “l’ente di governo dell’ambito, laddove costituito ed operativo, o, in caso contrario, la Regione o la Provincia autonoma o altri enti competenti secondo la normativa vigente”, e in questo caso si tratta del Comune appellante. Vi è infine l’ARERA, ovvero l’autorità di regolazione.
In base all’art. 6, quindi il gestore predispone annualmente il piano economico finanziario, secondo quanto previsto dal MTR, e lo trasmette all’Ente territorialmente competente, dal quale esso deve essere validato (commi 1 e 2). La procedura di validazione consiste nella “verifica della completezza, della coerenza e della congruità dei dati e delle informazioni necessari alla elaborazione del piano economico finanziario e viene svolta dall’Ente territorialmente competente o da un soggetto dotato di adeguati profili di terzietà rispetto al gestore” (comma 3).
Ove la procedura di validazione abbia esito positivo, “l’Ente territorialmente competente assume le pertinenti determinazioni e provvede a trasmettere all’Autorità la predisposizione del piano economico finanziario e i corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti” (comma 4).
Infine l’ARERA “verifica la coerenza regolatoria degli atti, dei dati e della documentazione trasmessa ai sensi dei commi 6.1e 6.2 e, in caso di esito positivo, conseguentemente approva” (comma 5).
Lo stesso art. 6, al comma 6, stabilisce poi che “Fino all’approvazione da parte dell’Autorità di cui al comma precedente, si applicano, quali prezzi massimi del servizio, quelli determinati dall’Ente territorialmente competente”.
Infine, per quanto direttamente rileva ai fini di causa, l’art. 4 della delibera al comma 5 stabilisce che “In attuazione dell’articolo 2, comma 17, della legge 481/95, le entrate tariffarie determinate ai sensi del MTR sono considerate come valori massimi. È comunque possibile, in caso di equilibrio economico finanziario della gestione, applicare valori inferiori.”.
Il senso di questa disposizione è illustrato, dalle premesse della deliberazione stessa, in cui si ritiene opportuno “tener conto dei “risultati delle procedure di affidamento ai fini della determinazione delle tariffe del servizio, rappresentando che in molti territori il servizio è stato affidato tramite gara e che i relativi corrispettivi consentono già di estrarre l’efficienza economica tramite forme di concorrenza per il mercato” e “della necessità di salvaguardare le clausole contrattuali esistenti” e, di conseguenza, si chiarisce che “le tariffe, elaborate sulla base della metodologia de quo e della normativa vigente, debbano essere considerate – ai sensi di quanto già previsto dall’articolo 2, comma 17, della legge 481/95 – come i prezzi massimi unitari dei servizi al netto delle imposte, consentendo all’ente territorialmente competente di preservare eventuali efficienze nei costi derivanti dalla realizzazione di procedure concorsuali”.
Il contenuto della successiva deliberazione 3 agosto 2021 n.363/2021/R/Rif, anch’essa impugnata e relativa al periodo 2018-2021, è sostanzialmente identico; le disposizioni che qualificano la TARI come prezzo massimo, identiche a quelle di cui sopra, si trovano all’art. 4 comma 6 e all’art. 7, comma 8.
11.5. Dalla disamina svolta, risulta, dunque, che il meccanismo delineato dalle norme di legge e dalla regolazione amministrativa disciplina la determinazione della TARI, ovvero del corrispettivo che i cittadini e le imprese pagano per il servizio rifiuti reso dalla pubblica amministrazione.
In termini di interpretazione letterale, la disciplina del MTR di cui all’art. 1 comma 527 della l. 205/2017, all’art. 26 d.lgs. n. 201/2022 e alle delibere ARERA è volta, come si è visto sopra, a determinare i valori massimi della TARI che l’amministrazione può porre a carico dei cittadini che fruiscono del servizio, non a determinare i corrispettivi contrattuali dovuti al gestore del servizio stesso. Questi ultimi corrispondono invece al prezzo di aggiudicazione della gara, come definito all’esito della gara stessa indetta per affidare il servizio. Tale prezzo, corrispondendo all’offerta fatta in quella sede dalla parte interessata, è per definizione remunerativo per l’operatore economico che va considerato capace di valutare il proprio interesse e la remuneratività del prezzo offerto.
Per il caso, poi, in cui in cui il corrispettivo divenisse inadeguato per circostanze eccezionali, l’ordinamento prevede, nei casi e alle condizioni stabilite dalla legge, l’istituto della revisione prezzi. Aspetto questo che certamente esula dal presente contenzioso.
Va quindi anzitutto affermato che un meccanismo di adeguamento come quello voluto dalla parte appellante si tradurrebbe in una tacita abrogazione, che dovrebbe invece desumersi in modo inequivoco, dell’istituto della revisione prezzi, oltretutto limitata ai soli appalti di servizio in cui la tariffazione si svolge con il sistema del price cap, con una disparità di trattamento che sarebbe problematico giustificare, anche in termini di costituzionalità.
11.6. Peraltro, sul versante delle modifiche al corrispettivo cristallizzatosi nel provvedimento di aggiudicazione dell’appalto, va evidenziato che il prezzo dell’appalto costituisce un elemento di grande rilievo nella valutazione delle offerte da parte di un ente aggiudicatore, così come nella scelta del privato contraente, per il rispetto dei principi di concorrenza, di parità di trattamento e di non discriminazione.
Con la sentenza del 7 settembre 2016, (C-549-14 - Finn Frogne), la Corte di giustizia, sia pure con riferimento alla precedente direttiva 2004/18/CE ha chiarito che:
“Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l'aggiudicazione di un appalto pubblico, l'amministrazione aggiudicatrice e l'aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che dette disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell'appalto iniziale. È quanto avviene se le modifiche previste hanno per effetto o di estendere l'appalto, in modo considerevole, a elementi non previsti, o di alterare l'equilibrio economico contrattuale in favore dell'aggiudicatario, oppure ancora setali modifiche sono atte a rimettere in discussione l'aggiudicazione dell'appalto, nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un'altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi (v., in tal senso, in particolare, sentenza del 19 giugno 2008, pressetextNachrichtenagentur, C-454/06, EU:C:2008:351, punti da 34 a 37).” (§ 28);
b) “né il fatto che una modifica sostanziale dei termini di un appalto pubblico sia motivata […] dalla
[…] volontà di trovare una composizione transattiva a fronte di difficoltà oggettive incontrate nell'esecuzione di detto appalto, né il carattere obiettivamente aleatorio di talune realizzazioni possono giustificare il fatto che tale modifica sia decisa senza rispettare il principio di parità di trattamento di cui devono potersi giovare tutti gli operatori potenzialmente interessati a un appalto pubblico.” (§ 32);
c) “…il fatto stesso che, a causa del loro oggetto, taluni appalti pubblici possono essere apriori considerati aventi un carattere aleatorio rende prevedibile il rischio di sopravvenienza di difficoltà in fase di esecuzione. Pertanto, per un appalto del genere, spetta all'amministrazione aggiudicatrice non solo ricorrere alle procedure di aggiudicazione più adeguate, ma anche definire l'oggetto di tale appalto con cautela. Inoltre, come risulta dal punto 30 della presente sentenza, l'amministrazione aggiudicatrice può riservarsi la possibilità di apportare talune modifiche, anche sostanziali, all'appalto, dopo la sua aggiudicazione, a condizione che lo abbia previsto nei documenti che hanno disciplinato la procedura di aggiudicazione.” (§ 36).
Dai richiamati principi enunciati dalla Corte di giustizia, si trae, dunque, la sostanziale neutralità dell’ordinamento europeo per gli aspetti relativi agli eventuali rimedi manutentivi che gli ordinamenti approntano per fronteggiare le sopravvenienze che incidono sugli aspetti economici del contratto.
11.7. Sotto il profilo logico e teleologico, occorre poi notare che il sistema del MTR è volto istituzionalmente all’efficiente contenimento dei costi, non ad una particolare remunerazione del capitale privato, remunerazione che anzi, allargando la visuale a tutte le tariffazioni che seguono il metodo del price cap, è tendenzialmente avversata dall’ordinamento. È noto infatti che il referendum popolare 12-13 giugno 2011 ha eliminato dall’art. 154 del d. lgs. 152/2006, che disciplina i criteri per determinare la tariffa per il servizio idrico integrato, il riferimento prima contenutovi alla “adeguata remunerazione del capitale investito”.
Di conseguenza, non è affatto assurdo, né illegittimo, che a fronte di un risultato migliore ottenuto mediante la gara concorrenziale, il Comune faccia proprio il relativo vantaggio così ottenuto e non lo riversi puramente e semplicemente all’operatore privato, in accordo con quanto prevedono le clausole delle delibere ARERA precedentemente richiamate.
Nel momento in cui il gestore del servizio lo presta sulla base di un corrispettivo da lui liberamente offerto, in presenza di un bando che indica caratteristiche e durata del servizio stesso, e nel momento in cui questi ha a disposizione il rimedio della revisione prezzi per le sopravvenienze straordinarie, non vi è ragione di ipotizzare alcuna “espropriazione larvata delle risorse del gestore” (memoria società del 9 giugno 2025, pag. 15) o che il corrispettivo pattuito per il servizio svolto possa in alcun modo dirsi rimesso “all’arbitrio delle istituzioni rappresentative” (memoria società del 4 novembre 2024, pag. 20), costituendo il corrispettivo dovuto dall’ente locale il risultato dell’autonoma autodeterminazione negoziale dell’offerente e uno dei presupposti di aggiudicazione dell’appalto.
11.8. In sintesi, dalla cornice normativa di riferimento, si evince, dunque, che il “metodo tariffario rifiuti”, designato anche con l’acronimo “MTR”, costituisce il meccanismo mediante il quale l’ordinamento consente il bilanciamento fra l’esigenza di rendere economica la gestione del servizio rifiuti, remunerando adeguatamente i costi per rendere il servizio, e la necessità di evitare che per il servizio venga preteso un corrispettivo eccessivamente gravoso da chi lo gestisce quale unico operatore e dunque in monopolio (Cons. Stato, Sez. II, 24 marzo 2025 n. 2421, pag. 30 e 32).
Viene dunque a mancare “in radice” il fondamento da cui muove la domanda articolata dalla società ricorrente in primo grado.
11.9. A ulteriore conferma di quanto sinora affermato, va aggiunto che il contratto stipulato tra il Comune e la ditta prevede, in base all’art. 46 del capitolato speciale della gara, che: “Ai costi unitari delle singole voci dell’Offerta Economica presentata in sede di gara sarà applicato a partire dal secondo anno dalla data di sottoscrizione del verbale di consegna dell’Appalto, l’indice ISTAT dei prezzi per famiglie di operai e lavoratori con base all’anno e mese dell’avvio dei servizi. Non sono soggetti a revisione i costi unitari afferenti lo smaltimento e trattamento rifiuti a carico dell’impresa aggiudicataria. La definizione dell’importo relativo alla revisione avverrà a seguito di opportuna istruttoria”.
Secondo quanto stabilito nel precedente di Sezione (31 ottobre 2022 n. 9426, che ha visto quali parti proprio l’impresa Sangalli Giancarlo e c. s.r.l. e il Comune di Dalmine, relativamente al medesimo rapporto contrattuale coinvolto nel presente processo), “8.3. La previsione della lex specialis reca una chiara e non irragionevole manifestazione della volontà della stazione appaltante circa l’esclusione, da parte di quest’ultima, della possibilità di procedere all’adeguamento delle pattuizioni del contratto da stipulare relative al corrispettivo, in caso di sopravvenienze che incidano su di esse, salvo che negli stringenti limiti indicati dalla disposizione richiamata”.
12. L’accoglimento del terzo motivo determina l’assorbimento del primo e del secondo motivo di appello, nonché l’improcedibilità dell’istanza di rinvio pregiudiziale formulata dal Comune, in quanto irrilevante ai fini della decisione del giudizio.
13. In conclusione, va accolto il terzo motivo di appello e, in riforma della sentenza di primo grado, va respinto il ricorso di primo grado.
14. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n.r.g. 7820/2022, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso introduttivo del giudizio e i due ricorsi per motivi aggiunti.
Condanna la società Impresa Sangalli Giancarlo & C. s.r.l. alla rifusione, in favore del Comune di Dalmine, delle spese del giudizio che liquida in euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%)
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere, Estensore
Ofelia Fratamico, Consigliere
Rosario Carrano, Consigliere




