Tribunale Pistoia Sez.Riesame ord. del 23 marzo 2017
Pres. Tredici Est. mancuso
Rifiuti.Classificazione del rifiuto pericoloso
I ricorrenti ritengono insussistente il fumus delle ipotesi di reato poste a sostegno del sequestro, argomentando nel senso che quasi tutte le condotte colpose ascritte dovrebbero essere più propriamente indirizzate a! produttore del rifiuto, avendo questi e non Ia società di gestione della discarica l'obbligo della sua corretta caratterizzazione. Essi, inoltre, contestano le risultanze cui sono pervenuti i consulenti del P.M. in ordine alla metodologia con Ia quale sarebbe stata compiuta Ia caratterizzazione del rifiuto, ispirata ad un criterio non esaustivo.
N. 419/17 R.G.N.R. mod.21 N. 8/17 R.G.M.C.R
TRIBUNALE DI PISTOIA
Sezione del riesame
composta dai seguenti magistrati:
dott. Roberto Tredici
dott.ssa Monica Jacqueline Magi
dott. Gianluca Mancuso
Presidente Giudice Giudice est.
a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 23.3.2017, nel procedimento indicate in intestazione, sulla richiesta di riesame proposta nell'interesse di xxxx avverso il decreto di sequestro disposto dal G.I.P. in data 3.3.2017;
letti gli atti e· sentita Ia difesa nelle proprie osservazioni, a scioglimento della riserva assunta, ha pronunciato Ia seguente
ORDINANZA
XXXXX, nella loro qualità di presidente del consiglio di amministrazione e, rispettivamente, di direttore tecnico della società xxxxx chiedono il riesame del decreto con il quale il G.I.P. presso il Tribunale di Pistoia ha disposto il sequestro ex art. 321 c.p.p. dell'impianto industriale denominato xxxx I ricorrenti ritengono insussistente il fumus delle ipotesi di reato poste a sostegno del sequestro, argomentando nel senso che quasi tutte le condotte colpose ascritte alia società xxxx dovrebbero essere più propriamente indirizzate a! produttore del rifiuto, avendo questi e non Ia società di gestione della discarica l'obbligo della sua corretta caratterizzazione. Essi, inoltre, contestano le risultanze cui sono pervenuti i consulenti del P.M. in ordine alla metodologia con Ia quale sarebbe stata compiuta Ia caratterizzazione del rifiuto, ispirata ad un criterio non esaustivo.
Essi rilevano, ancora, che nessuna censura potrebbe essere mossa alla società in ordine alla gestione della discarica giacchè I'Arpat, l'agenzia deputata alia protezione dell'ambiente in Italia, avrebbe più volte nel corso degli anni controllato Ia discarica senza mai rilevare problemi nelle procedure di gestione della stessa.
I ricorrenti rilevano, inoltre, che nessun accertamento sarebbe stato compiuto in ordine alla causa che ha determinato l'incendio di cui al capo A) e che al proposito Ia stessa Arpat ha concluso nel senso che esso non sarebbe ricollegabile alia gestione dell'impianto.
Concludono quindi ritenendo insussistente il fumus dei reati ipotizzati e chiedono pertanto il dissequestro dell'impianto industriale.
Il ricorso è infondato nei termini che seguono e deve essere rigettato.
In via preliminare deve ricordarsi che nella presente fase cautelare reale non è richiesta l'individuazione dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'art. 273 c.p.p. per le misure cautelari personali, essendo sufficiente Ia presenza del fumus commissi delicti.
Sempre in via preliminare deve ricordarsi come Ia presente vicenda origini da un incendio verificatosi in data 4.7.2016 nella c.d. discarica xxx , gestita dalla società xxxx., a seguito del quale le autorità amministrative competenti, Vigili del Fuoco e Arpat, sono intervenute per cercare di chiarire le cause dell'incendio.
Il collegio ritiene che effettivamente, come ritengono i ricorrenti, le suddette cause non siano state accertate. Nella relazione finale redatta dai Vigili del Fuoco si afferma genericamente che l'incendio possa essersi generate spontaneamente a causa della miscelazione delle diverse sostanze presenti in discarica, esposte alle elevate temperature del periodo estivo. -
Analoga valutazione e compiuta dai consulenti del P.M., i quali ipotizzano un fenomeno di autocombustione senza però spiegare come lo stesso si sarebbe verificato. Mancano, in particolare, indagini compiute sui posto capaci di avvalorare Ia tesi secondo Ia quale sarebbe stata Ia mescolanza fra diversi elementi presenti in discarica a provocare l'incendio.
Peraltro occorre ricordare come non possa essere esclusa nemmeno Ia natura dolosa dell'incendio se è vero che sul posto sono stati rilevati dei composti aromatici di origine petrolifera tipici del benzene (anche se i consulenti della difesa ritengono che tali composti possano trovarsi anche nelle sostanze presenti in discarica) e se si considera che in data 1.7.2016 è intervenuta una denuncia con Ia quale un dipendente della discarica segnalava l'apertura di una parte della recinzione metallica ad opera di ignoti (sebbene in zona distante da quella dove si e propagato l'incendio).
Tali circostanze non escludono Ia possibilità dell'origine dolosa dell'evento, anche se pare inverosimile che ciò possa essere accaduto se si tiene conto della presenza di telecamere di sorveglianza, ben visibili da un ipotetico estraneo malintenzionato, e che l'incendio si è verificato attorno aile 18.00, quando ancora in discarica erano presenti gli operai.
II collegio dunque ritiene che allo stato non possa individuarsi Ia causa che ha determinato l'incendio, potendo Ia futura fase dibattimentale accertare tale aspetto. Tuttavia ritiene che sussistano taluni profili di colpa indicati nell'imputazione e che essi siano attribuibili al gestore della discarica.
In particolare è stato accertato dai consulenti del P.M. e risulta dalla documentazione in atti che i rifiuti recanti il codice CER 19.12.12 ("altri rifiuti prodotti dal trattamento meccanico di rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19.12.11") sono stati conferiti in discarica senza essere accompagnati da una descrizione analitica delle relative caratteristiche, bensì con Ia sola prova di laboratorio svolta annualmente dal produttore.
AI riguardo deve ricordarsi che, ai sensi dell'allegato 1, punto 3, lett. b) al D.M. 27.9.2010, recante Ia "Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005" i rifiuti non generati regolarmente "sono quelli non generati regolarmente nel corso dello stesso processo e nello stesso impianto e che non fanno parte di un flusso di rifiuti ben caratterizzato. In questo caso è necessario determinare le caratteristiche di ciascun lotto e Ia loro caratterizzazione di base deve tener conto dei requisiti fondamentali di cui al punto 2. Per tali rifiuti, devono essere determinate le caratteristiche di ogni lotto; pertanto, non deve essere effettuata Ia verifica di conformità".
In base alla disciplina richiamata laddove si tratti di rifiuti non generati regolarmente, cui possono ascriversi i rifiuti recante codice CER 19.12.12, il produttore ha l'obbligo di determinare le caratteristiche di ciascun lotto, non essendo sufficiente Ia sola caratterizzazione di base svolta annualmente. In relazione a tali rifiuti, prescrive Ia norma, non deve essere fatta Ia verifica di conformità, di regola spettante al gestore del rifiuto ai sensi dell'art. 3 decr. cit. La ratio è evidentemente quella di aggravare l'obbligo di controllo in capo al produttore e di diminuirlo in capo al gestore, il quale avrà a disposizione una prova di laboratorio relativa ad ogni singolo lotto conferito. ·
Ebbene nel caso di specie si desume dall'esame dei formulari dei rifiuti recanti codice CER 19.12.12 che gli stessi sono stati conferiti senza che il produttore abbia allegata una prova di laboratorio specifica in relazione al singolo lotto. Anzi risulta che nel formulario, nella maggioranza dei casi, il produttore ha dichiarato trattarsi di rifiuti regolarmente generati nella stesso processo, di cui alla lett. a), punto 3 cit. ed ha allegato una semplice prova di laboratorio svolta nell'anno trascorso su un campione di rifiuto.
Deve ritenersi che, dinanzi a tale condotta del produttore, il gestore ricevente il rifiuto, reso edotto dal formulario che si trattava di un rifiuto CER 19.12.12, avrebbe dovuto richiedere Ia specifica prova di laboratorio prescritta dalla norma, senza accontentarsi di quella annualmente svolta. Ciò non è avvenuto e in tale lacuna è rinvenibile un profilo di colpa ascrivibile al gestore del rifiuto.
Nemmeno può ritenersi che, poichè nella maggioranza dei casi il produttore ha indicato trattarsi di rifiuti regolarmente generati dallo stesso processo di cui alla lett. a), punto 3 cit., allora il gestore sarebbe stato ingannato da tale falsa dichiarazione, andando esente da colpa. Deve, infatti, considerarsi Ia specializzazione del soggetto gestore che riceve i rifiuti, che deve indurlo a pretendere Ia singola prova di laboratorio relativa a ciascun lotto laddove lo stesso rechi rifiuti classificati con il codice CER 19.12.12, dovendo lo stesso sapere che tale genere di rifiuto richiede Ia specifica prova di laboratorio.
Si consideri, peraltro, che in tal modo, secondo gli accertamenti compiuti dai consulenti del P.M., sono stati conferiti in discarica negli anni dal 2013 al 2016 30.681,10 tonnellate di rifiuti, costituenti il 27,2% del totale dei rifiuti abbancati. Si tratta di rifiuti provenienti da precedente lavorazione di altri rifiuti e quindi estremamente variegati fra loro, di cui non si conosce e non può conoscersi Ia precisa composizione. Non è dato sapere se, dunque, si sia trattato di rifiuti pericolosi o meno e dunque conoscere quale sia state il loro successivo trattamento.
L'avere accettato tale tipologia di rifiuto comporta, nella valutazione del collegio, Ia violazione dell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata in favore della xxxxx srl nella parte in cui Ia stessa richiama Ia necessità che Ia gestione del rifiuto avvenga in conformità alle disposizioni di cui al D.M. 27.9.2010 (v. punta 2.3. dell'allegato 2 e punti 4.3 ss dell'allegato 4) e, dunque, Ia violazione dell'art. 29 quattuordecies, c. 3, D. Lgs 152/06.
Le considerazioni che precedono in ordine alla modalità di acquisizione dei rifiuti indicati permette di superare il rilievo secondo il quale I'Arpat non avrebbe rilevato alcuna anomalia nella gestione dei rifiuti, essendo evidente che l'agenzia in questione non ha considerato l'aspetto sopra trattato.
Quanto ai profili di colpa inerenti Ia non esaustività della caratterizzazione compiuta sui rifiuti deve rilevarsi che essi ineriscono all'attività di caratterizzazione propria del produttore del rifiuto, ai sensi dell'art. 2 D.M. cit. Essi, però, possono ripercuotersi sulla verifica di conformità compiuta dal gestore nella misura in cui questi si accontenti della caratterizzazione compiuta dal produttore e non estenda Ia verifica a tutti i profili che permettono di distinguere un rifiuto pericoloso da uno non pericoloso, quando Ia caratterizzazione non abbia compiuto detta indagine.
AI riguardo è noto il dibattito giurisprudenziale e dottrinale in merito al criterio dell'esaustività, confrontandosi Ia tesi di chi ritiene che per essere esaustivo il controllo deve riguardare tutte le possibili sostanze pericolose presenti in un rifiuto e Ia tesi di chi ritiene che tale verifica. sarebbe impossibile e dovrebbe invece preferirsi una verifica di quelle sostanze pericolose potenzialmente presenti in relazione al ciclo produttivo del rifiuto. Ebbene senza entrare nel merito dei diversi argomenti a sostegno dell'una e dell'altra tesi, ampiamente trattati nella memoria difensiva dei ricorrenti, il collegio ritiene di propendere per un criterio di esaustività che, in ossequio al principio di precauzione, permetta di verificare tutte le sostanze potenzialmente presenti in un rifiuto (v. al riguardo Cass., sez. III, n. 46897/16).
In conclusione il ricorso deve essere rigettato in base ai motivi che precedono.
P.Q.M.
Rigetta nei termini che precedono il riesame richiesto da xxxxxxx, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Pistoia, 23.3.2017.
II Giudice rel. ed est.
dott. Gianluca Mancuso