Consiglio di Stato Sez. VI n. 3325 del 16 aprile 2025
Elettrosmog.Criteri di installazione delle infrastrutture di rete
Le infrastrutture di rete costituiscono opere a standard tecnico, ovvero fanno parte di quelle attrezzature necessarie per assicurare ad un’area l’idoneità insediativa sul piano tecnico (al pari delle strade residenziali, i parcheggi, le fognature, la rete idrica, la rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, la pubblica illuminazione), prima ancora che relazionale (come invece le opere di urbanizzazione secondaria). In quanto indispensabili rispetto all’edificabilità dell’area, le infrastrutture di rete sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale. L’assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria non significa che le predette infrastrutture possano essere localizzate indiscriminatamente in ogni parte del territorio comunale. Sono fatte salve le limitazioni ‒ poste da specifiche disposizioni di legge ‒ imposte da esigenze imperative connesse alla difesa, alla sicurezza dello Stato, alla protezione civile, alla tutela dell’ambiente, alla protezione dei dati personali e alla salute pubblica (art. 3, comma 4, del Codice), nonché a tutela dei beni culturali e delle servitù militari (art. 43 comma 5, del Codice).
Pubblicato il 16/04/2025
N. 03325/2025REG.PROV.COLL.
N. 08654/2023 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8654 del 2023, proposto da:
COMUNE DI SANT’ELPIDIO A MARE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Massimo Ortenzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
ILIAD ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Ielo e Giovanni Mangialardi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
MARTA TROBBIANI, ALESSANDRO VAGNOZZI, SARA TARTARI, DANILO TORRESI, GIOVANNA TROIA, MONIA TRAINI, MARTINE TIRABASSO, ALFREDO TROBBIANI, ADRIANA SANTANDREA, MANUELA SCIPIONI, LORENA SCIPIONI, SIMONE SCALELLA, ADRIANA ROTONI, ROSSANO ORSILI, ANDREA ORSILI, FRANCESCO RAGGIUNTO, FEDERICA PERTICARÁ, SAURO PIERONI, ELEONORA POLLASTRELLI, ELIDE MAZZANTE, ANNALISA MARINIELLO, KATIUSCIA LEVANTESI, VITTORIO LUCIANI, SIMONA GIARDINI, PAOLA FORTUNA, MARIA FRANCESCONI, SAURA FIORI, LINA D'AMICO, ELVINO CASSETTA, ROBERTO CORVARO, STEFANO IACOPINI, NAZZARENA BISELLI, ROBERTO BONFIGLI, ALESSANDRO BONFIGLI, SIMONE DE CAROLIS, WALTER CASSETTA, RENZO MANDOLESI, TERESA ARBOIT, FEDERICA BONFIGLI, DANILA POMPA, GIANLUCA SCALELLA, VINCENZO MARINIELLO, BALDINO TORRESI, SILVIA TORRESI, SILVANO CORVARO, GIANCARLO TESTA, LORIS LICIOTTI, IRENE ZEPPA, CRISTINA CASSETTA, PALMIERO MAGLIANESI, IRMA VAGNI, MARCELLO VALLASCIANI, BRUNO FIORI, ANGELA VIOZZI, STEFANO SECCHIARI, MIRIAM GIAMPIETRO, PIETRO CIURLINI, JACOPO VITA, CLAUDIO MANCINI, SONIA OLIVIERI, MARIA VAGNI, LUIGINO SANTARELLI, ROBERTO MANDOLESI, MARIANO CIURLUINI, ALBERTO PERTICARÁ, MARIA TERESA MENCONI, ANNA MARIA MANCINI, VITTORIA DAMIANI, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, Sez. I, n. 145 del 2023;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Iliad Italia s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2025 il Cons. Dario Simeoli;
Nessuno è presente per le parti costituite.
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.– I fatti principali, utili ai fini del decidere, sono così riassumibili:
- in data 25 gennaio 2021, Iliad Italia s.p.a. (di seguito: «Iliad») rappresentava al Comune di Sant’Elpidio a Mare l’esigenza di sviluppare la propria rete di telefonia mobile nel territorio comunale, chiedendo la disponibilità del sito di proprietà comunale denominato «Area B Impianto tecnologico Strada San Giuseppe» (identificata al catasto al foglio 70, particella 834), per istallarvi una stazione radio-base;
- in assenza di riscontro da parte dell’Amministrazione, in data 22 novembre 2021, Iliad presentava allo stesso Comune e all’ARPA un’istanza di autorizzazione, ai sensi degli articoli 44 e 49 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, per la realizzazione della predetta stazione radio-base, presso la strada provinciale 27, foglio n. 60, mappale n. 888;
- convocata, in data 22 dicembre 2021, la conferenza dei servizi decisoria, ai sensi dell’art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’ARPA rilasciava parere favorevole all’installazione dell’impianto;
- il Comune, invece, esprimeva parere contrario, in quanto «l’area individuata per la installazione di stazione radio base non risulta tra quelle individuate nel «regolamento disciplina insediamento di impianto di telefonia cellulare e per la trasmissione dati in generale», approvata con delibera del Consiglio Comunale n. 3 del 2 febbraio 2021;
- con nota del 18 gennaio 2022, il SUAP comunicava il preavviso di rigetto fondato sull’asserito contrasto dell’istanza con le previsioni del regolamento comunale che: i) identificherebbero i soli siti in cui è consentita l’installazione; ii) vieterebbero l’installazione in siti diversi; iii) circoscriverebbero la possibilità di valutare localizzazioni alternative ai soli edifici e aree di proprietà pubblica;
- seguiva, in data 1 marzo 2022, il provvedimento di diniego, il quale veniva impugnato dinnanzi al T.a.r. Marche, unitamente ad alcuni atti presupposti, tra cui il preavviso di rigetto, il verbale della riunione della conferenza di servizi e il regolamento comunale, quest’ultimo se e nelle parti in cui venisse interpretato nel senso di vietare l’installazione di stazioni radio base in aree diverse da quelle individuate come idonee nelle tavole allegate al regolamento medesimo, circoscrivendo la possibilità di installazione al di fuori delle aree individuate dal regolamento ai soli edifici e aree di proprietà pubblica;
- a fondamento dell’impugnativa, Iliad in estrema sintesi deduceva:
- in via principale, avverso il provvedimento di diniego: l’eccesso di potere per carenza di istruttoria e per erroneità dei presupposti; la violazione delle norme del Codice delle comunicazioni elettroniche e dello stesso regolamento comunale;
- in via subordinata, avverso il regolamento comunale (laddove interpretato nel senso di sorreggere giuridicamente l’atto di diniego): la violazione dell’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36; l’usurpazione del potere che la legge attribuisce in via esclusiva allo Stato e alle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente, di assicurare la protezione della popolazione dalle emissioni elettromagnetiche; la violazione del principio di imparzialità, sancito dall’art. 97 della Costituzione e dall’art. 1 della legge n. 241 del 1990, nonché del divieto di discriminazione tra operatori di rete, sancito dall’art. 4, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 259 del 2003; la violazione degli artt. 43, 44 e 51 (già artt. 86, 87 e 90) del d.lgs. n. 259 del 2003 che dichiarano espressamente il rilevante interesse pubblico alla implementazione della rete di telefonia cellulare e dei servizi connessi; la violazione dell’art. 4, par. 2, del T.F.U.E. e del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 4 novembre 2016, in quanto il diniego comunale impedirebbe ad Iliad di realizzare una rete che salvaguardi in Italia la concorrenza nel settore delle telecomunicazioni.
2.– Con sentenza n. 145 del 10 marzo 2023, il T.a.r. ‒ disattesa preliminarmente l’eccezione comunale avente ad oggetto l’omessa tempestiva impugnazione delle disposizioni regolamentari poste a base dei provvedimenti impugnati ‒ ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati nei limiti dell’interesse della società ricorrente, dichiarando l’obbligo per il Comune resistente di verificare l’esistenza di altre cause ostative all’installazione dell’antenna, e, in caso di riscontro negativo, di assentire la realizzazione dell’impianto.
3.– Il Comune di Sant’Elpidio a Mare ha, quindi, proposto appello, sostenendo che:
a) diversamente da quanto affermato dal giudice di prime cure, il regolamento comunale avrebbe dovuto essere impugnato autonomamente, stante la sua lesività immediata e concreta;
b) la sentenza impugnata difetterebbe di una motivazione congrua ed in grado di esplicitare le ragioni che ne hanno fondato il convincimento, in quanto dal lungo rimando ai precedenti giurisprudenziali non sarebbe possibile desumere la reale consistenza dei vizi lamentati e della motivazione che ha portato all’accoglimento del ricorso;
c) ancorandosi al concetto di non tassatività dei criteri localizzativi pubblici e del divieto di imposizione di limiti generalizzati alla diffusione degli impianti per cui il presente giudizio, il T.a.r. non avrebbe fatto corretta applicazione della normativa vigente, dal momento che sia la norma regionale che quella nazionale riconoscerebbero il potere degli enti locali di proporre criteri per l’individuazione dei siti ove collocare gli impianti, sia pure nel rispetto della necessità di permettere comunque la realizzazione degli stessi; a fronte della disponibilità di un’area conforme ai criteri localizzativi pubblici e funzionalmente idonea alle esigenze del privato, il Comune avrebbe correttamente denegato la richiesta di Iliad avente ad oggetto un’area difforme dal regolamento comunale;
d) la sentenza impugnata non avrebbe considerato che il sito «San Giuseppe», messo a disposizione del privato da parte del Comune ed originariamente prescelto dalla stessa Iliad, sarebbe equivalente a quello di cui si controverte (l’interscambialità dei siti, in particolare, si evincerebbe dalla relazione tecnica in atti, a firma dell’Ingegnere Galieni).
4.– Iliad si è costituita in giudizio per resistere al gravame, argomentandone l’infondatezza e riproponendo i motivi non esaminati dal giudice di primo grado.
5.– Con memoria depositata in data 3 marzo 2025 il Comune di Sant’Elpidio a Mare ha esposto che:
- dopo la pubblicazione della sentenza appellata, Iliad ha presentato una nuova istanza di autorizzazione all’installazione di stazione radio base sul medesimo sito di cui si controverte in questa sede (segnatamente, la strada provinciale 27, foglio n. 60, mappale 888);
- l’istanza è stata nuovamente respinta sulla base di nuovi elementi anche di carattere urbanistico e relativi alla considerazione di «sito sensibile» dell’area di cui si controverte;
- il nuovo provvedimento di diniego è stato impugnato dinnanzi al T.a.r. Marche, il quale ha fissato l’udienza di trattazione nel merito per il giorno 25 settembre 2025 (n.r.g. 541 del 2024).
Su queste basi, stante la pregiudizialità della controversia, il Comune appellante ha chiesto il rinvio dell’udienza pubblica o, in via subordinata, la sospensione del presente procedimento ai sensi e per gli effetti dell’art. 79 c.p.a. (in combinato disposto con l’art. 295 c.p.c.).
6.‒ Con memoria di replica 13 marzo 2025, Iliad ha insistito per il rigetto dell’appello.
7.‒ All’odierna udienza pubblica del 3 aprile 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.‒ In via pregiudiziale, l’istanza di sospensione pregiudiziale del giudizio non può essere accolta.
Invero, è dalla presente decisione di appello – avente ad oggetto l’originario diniego di installazione della stazione radio base – che «dipende» l’impugnazione del susseguente segmento procedimentale conformativo della sentenza di annullamento del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, n. 145 del 2023, e non viceversa.
Per gli stessi motivi, è preclusa anche l’istanza di rinvio che, nel processo amministrativo, può essere «disposto solo per casi eccezionali» (art. 73, comma 1-bis, del c.p.a.).
2.– Preliminarmente, è opportuno una sintetica ricognizione del quadro regolativo delle domande per la concessione del diritto di installare infrastrutture, su proprietà pubbliche o private, ad un operatore autorizzato a fornire reti di comunicazione elettronica.
2.1.‒ Il Codice delle comunicazioni elettroniche (di cui al d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, indicato di seguito: «Codice») ‒ in attuazione dell’ampio processo europeo di liberalizzazione, nei settori convergenti delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie dell’informazione ‒ garantisce, in via complementare, sia i diritti inderogabili di libertà delle persone nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica, sia il diritto di iniziativa economica degli operatori economici, attraverso l’abbattimento delle barriere (anche amministrative) idonee a pregiudicare l’assetto concorrenziale del mercato.
Sul presupposto che le istituzioni pubbliche possono talvolta costituire un fattore che condiziona e rallenta lo sviluppo economico e l’innovazione tecnologica, la normativa prescrive l’adozione di moduli autorizzatori informati a regole di celerità, concentrazione e semplificazione decisoria.
Per lo sviluppo e l’implementazione dell’intero sistema di comunicazioni elettroniche è essenziale un assetto regolatorio chiaro, una capacità amministrativa adeguata ed un apparato burocratico imparziale ed efficiente.
2.2.‒ Le disposizioni del Codice sono state adottate dallo Stato, nell’esercizio della propria competenza legislativa esclusiva (in materia di ordinamento civile, coordinamento informativo statistico e informatico, tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente), nonché della potestà di fissare, a norma dell’art. 117, terzo comma, Cost., i principi fondamentali nelle materie ripartite, di cui all’ordinamento della comunicazione, alla tutela della salute (per i profili inerenti alla protezione dall’inquinamento elettromagnetico) e al governo del territorio (per ciò che attiene all’uso del territorio e alla localizzazione di impianti o attività: sul punto, vedi Corte costituzionale, sentenza n. 307 del 2003).
2.3.‒ Ai fini della soluzione della presente controversia vanno richiamate alcune disposizioni che, sintetizzando la pluralità di esigenze e valori di rilevanza costituzionale coinvolti, costituiscono senza dubbio espressione di principi fondamentali.
La fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico nonché la comunicazione elettronica ad uso privato costituiscono attività «libere» e di «preminente interesse generale» (art. 3 comma 2, del Codice).
Proprio in ragione dell’interesse generale alla capillarità della rete di comunicazione, le relative infrastrutture «sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria […], pur restando di proprietà dei rispettivi operatori […]» (art. 43, comma 4, del Codice).
Le infrastrutture di rete, dunque, costituiscono opere a standard tecnico, ovvero fanno parte di quelle attrezzature necessarie per assicurare ad un’area l’idoneità insediativa sul piano tecnico (al pari delle strade residenziali, i parcheggi, le fognature, la rete idrica, la rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, la pubblica illuminazione), prima ancora che relazionale (come invece le opere di urbanizzazione secondaria).
In quanto indispensabili rispetto all’edificabilità dell’area, le infrastrutture di rete sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale.
L’assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria non significa che le predette infrastrutture possano essere localizzate indiscriminatamente in ogni parte del territorio comunale.
Sono fatte salve le limitazioni ‒ poste da specifiche disposizioni di legge ‒ imposte da esigenze imperative connesse alla difesa, alla sicurezza dello Stato, alla protezione civile, alla tutela dell’ambiente, alla protezione dei dati personali e alla salute pubblica (art. 3, comma 4, del Codice), nonché a tutela dei beni culturali e delle servitù militari (art. 43 comma 5, del Codice).
2.4.‒ Con specifico riguardo all’esigenza di minimizzare l’impatto elettromagnetico, l’art. 4 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 riserva allo Stato le funzioni relative alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e anche degli obiettivi di qualità.
Rimane ferma la competenza delle Regioni nella determinazione dei diversi «obiettivi di qualità» (cui fa riferimento l’art. 3, comma 1, lettera d, numero 1, della legge n. 36 del 2001), consistenti nei criteri localizzativi, standard urbanistici ulteriori, prescrizioni e incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili (cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 336 del 2005 e n. 307 del 2003).
I Comuni, invece, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della stessa legge n. 36 del 2001, «possono adottare un regolamento nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge e, in particolare, degli articoli 43, 44, 45, 46, 47 e 48 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia […]».
Le disposizioni, da ultimo richiamate, dettano un delicato equilibrio tra esigenze plurime, attinenti alla tutela della salute, al governo del territorio e alla diffusione sull’intero territorio nazionale della rete per le telecomunicazioni, che va così ricostruito:
- l’abilitazione che il legislatore statale accorda ai Comuni, per «assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici», consiste nella possibilità di prescrivere solo criteri di installazione riguardanti siti specifici (edifici o ambito territoriali delimitati), non in un potere di confinamento e zonizzazione (le norme statali che elevano le infrastrutture elettroniche a standard tecnico si impongono come vincolo eteronomo del potere di pianificazione);
- l’individuazione di siti sensibili non può mai tradursi nella surrettizia apposizione di divieti generalizzati di installazione delle infrastrutture elettroniche in determinate aree urbanistiche e, inoltre, deve sempre garantire una possibile localizzazione alternativa, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio;
- per esigenze urbanistiche (ad esempio per preservare il centro storico) è possibile dettare «criteri» preferenziali e non esclusivi, sempreché in questo caso l’Amministrazione fornisca dimostrazione dell’equipollenza tecnica (tra il sito preferenziale e l’area proposta dal privato) e di condizioni economicamente sostenibili.
2.5.– La legge della Regione Marche 30 marzo 2017, n. 12 (Disciplina regionale in materia di impianti radioelettrici ai fini della tutela ambientale e sanitaria della popolazione) appare coerente con il descritto quadro di principi statali.
L’art. 10 della legge regionale, per quanto qui di interesse, si limita a stabilire che, «[n]ella localizzazione degli impianti radioelettrici disciplinati da questa legge si osservano i seguenti criteri: a) gli impianti per l’emittenza radiofonica e tele visiva sono posti in via prioritaria in zone non edificate; b) gli altri tipi di impianti sono posti in via prioritaria su edifici o in aree di proprietà pubblica; c) l’installazione degli impianti disciplinati da questa legge su ospedali, case di cura e di riposo, scuole di ogni ordine e grado, asili nido, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi, e loro relative pertinenze è vietata […]».
Anche il regolamento del Comune di Sant’Elpidio a Mare prevede soltanto che le stazioni radio base siano installate «in via prioritaria» su siti di proprietà pubblica in relazione alle maggiori possibilità di preventivo controllo degli aspetti di mitigazione visiva e di accesso (art. 6), e che alcune soluzioni di installazione e alloggiamento (in zone per la viabilità, industriale, artigianale, per attrezzature tecnologiche) debbano perseguirsi «preferenzialmente» (art. 8, commi 1 e 3).
3.– Su queste basi, la sentenza di primo grado va confermata.
4.‒ Il primo motivo di appello è infondato per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, non vi era alcun onere di impugnare autonomamente il regolamento, dal momento che soltanto l’atto attuativo (il diniego di installazione) ha reso attuale la lesione dell’interesse pretensivo di Iliad (pregiudizio, invece, del tutto ipotetico al momento dell’adozione dell’atto generale).
In ogni caso, è dirimente osservare che, ai fini dell’accoglimento della domanda principale di annullamento, rileva, non l’illegittimità del regolamento comunale, bensì la sua violazione, come si dirà nel prosieguo.
5.– Anche il secondo motivo di gravame è destituito di fondamento.
Le censure incentrate sul mero corredo motivazionale della sentenza di primo grado sono, di per sé, irrilevanti ai fini dell’esito del giudizio, in virtù dell’effetto devolutivo dell’appello che consente al Consiglio di Stato di correggere e integrare tutte le carenze della pronuncia gravata, confermandone cionondimeno il dispositivo (la giurisprudenza è in tal senso consolidata: ex plurimis, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 marzo 2025, n. 2195; sez. VII, 20 dicembre 2024, n. 10238).
6.‒ Anche gli ulteriori due motivi di appello ‒ da esaminarsi congiuntamente ‒ non possono essere accolti, avendo il giudice di prime cure correttamente accertato la sussistenza dei vizi sollevati da Iliad in via principale avverso il diniego di installazione.
6.1.– In applicazione dei principi normativi sopra richiamati, è precluso ai Comuni la possibilità di confinare i siti di installazione nelle sole aree di proprietà pubblica. La mera non riconducibilità del sito tra le aree individuate come idonee dal regolamento non può costituire di per sé elemento ostativo.
L’Amministrazione, nel caso in esame, si è invece limitata a rilevare che l’istanza non rispetterebbe le localizzazioni individuate dal regolamento, senza verificare a mezzo di apposita istruttoria le caratteristiche concrete dell’impianto proposto e le esigenze di copertura.
A fronte delle puntuali deduzioni della Società ‒ volte ad eccepire che il sito di San Giuseppe non offrirebbe adeguata copertura e coprirebbe un’area diversa rispetto a quella che l’appellata ha necessità di coprire per realizzare il proprio piano di copertura (cfr. doc. 5 e 13 del fascicolo di primo grado) ‒ l’Amministrazione non ha dimostrato nel corso del procedimento l’equipollenza tecnologica del sito proposto (la relazione versata in atti dal Comune, a firma dell’Ing. Galieni Mario, è datata 3 giugno 2022, dunque successiva all’instaurazione del contenzioso).
6.2.‒ Così determinandosi, il Comune ha fatto erronea applicazione della legge regionale (art. 10, comma 1, lettera b, della legge n. 12 del 30 marzo 2017) e del regolamento comunale (art. 6, comma 1, e 8, commi 1 e 3, del regolamento comunale) che, come si è visto sopra, individuano soltanto le aree presso le quali è «preferibile» installare, senza prevedere alcun divieto di installare presso aree diverse.
6.3.‒ Quanto appena riferito è dirimente per il rigetto del gravame.
Per completezza, appare opportuno sottolineare come la non tempestività dell’azione pubblica finisca per generare costi inefficienti.
Nel caso in esame, la società appellata aveva espresso la propria disponibilità a individuare un’area di proprietà comunale idonea all’installazione.
Non avendo ricevuto alcun riscontro dal Comune, l’appellata ha dovuto individuare un sito di proprietà privata, modificando il piano di copertura, affrontando i relativi costi di studio e analisi.
Per far fronte poi alla richiesta di localizzazione alternativa del Comune, il privato avrebbe dovuto affrontare ulteriori costi per modificare nuovamente il piano di copertura comporta,
7.– Alla luce dei vizi accertati, le censure sollevate in via subordinata avverso il regolamento comunale ‒ ove cioè quest’ultimo fosse interpretato nel senso di prescrivere in modo tassativo i siti idonei ‒ possono quindi restare assorbite.
8.– In esecuzione della presente sentenza, il Comune dovrà celermente riesaminare l’istanza di autorizzazione della società appellante, nel rispetto dei principi di diritto indicati in motivazione e del vincolo procedimentale discendente dall’art. 10-bis, comma 1, quinto periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, per cui, a seguito all’annullamento giurisdizionale, «nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato».
9.‒ Le spese di lite del grado di appello possono compensarsi, in considerazione della natura degli interessi coinvolti nella controversia.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2025 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente
Dario Simeoli, Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Lorenzo Cordi', Consigliere