TAR Calabria (CZ) Sez. I n. 396 del 8 marzo 2022
Caccia e animali.Calendario venatorio e parere ISPRA
Il parere che l'ISPRA esprime in ordine al calendario venatorio ha natura obbligatoria, ma non vincolante ed è espresso da un organo specializzato, specificamente preposto all'esercizio di tale funzione di consulenza tecnico scientifica e dotato di un certo grado di indipendenza rispetto al potere di indirizzo politico. Esplica un rilievo centrale la funzione svolta dall'ISPRA le cui indefettibili funzioni consultive si ascrivono nella logica di individuare standard minimi ed uniformi di protezione ambientale, come tali ricadenti nella sfera legislativa esclusiva dello Stato siccome riconducibili al valore ambiente"
Pubblicato il 08/03/2022
N. 00396/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01409/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1409 del 2021, proposto da
World Wide Fund For Nature (WWF), Lipu Birdlife Italiaonlus, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Angelo Calzone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Legambiente Calabria Aps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Calzone, Domenico Sorace, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Angela Marafioti, domiciliataria ex lege in Catanzaro Germaneto, viale Europa;
nei confronti
Istituto Superiore per la Protezione e La Ricerca Ambientale, non costituito in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Movimento Scelta Etica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giacomo Sgobba, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Federazione Italiana della Caccia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Maria Bruni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
del Calendario Venatorio della Regione Calabria CALABRIA 2021-2022, adottato con D.G.R. n. 348 dell’11.8.2021, avente ad oggetto “Stagione venatoria 2021-22. Approvazione del calendario venatorio regionale”, di cui il calendario è parte integrante del parere ISPRA e della relazione al calendario venatorio 2021/2022 e di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2022 il dott. Domenico Gaglioti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1- Con atto ritualmente notificato e depositato il 26.8.2021 l’Associazione Italiana World Wide Fund for Nature (WWF) ONLUS, la Lega Italiana Protezione degli Uccelli - Lipu Odv, la Lega Nazionale per la difesa del cane e la Legambiente Calabria APS hanno impugnato l’epigrafato provvedimento, con cui l’amministrazione regionale, richiamati l’art.18 della l. 11.2.1992 n.157 e l’art. 14 della l.r.9/96, ha regolamentato l’esercizio dell’attività venatoria per la stagione 2021-2022, nella parte in cui:
-) è stata consentita la caccia alla pavoncella (ammessa dal 2.10.2021 al 31.1.2022) nonostante questo Tribunale, con sentenza n. 1470/2020, avesse annullato in parte qua la D.G.R. del 26.7.2019 di approvazione del precedente calendario venatorio regionale e successivamente, con ordinanza n.552 del 24.9.2020, avesse nuovamente accolto l’istanza cautelare, sospendendo la D.G.R. n. 219 del 7.8.2020 e l’allegato calendario venatorio per la stagione di caccia 2020/2021 nelle parti in cui consentono la caccia al moriglione e alla pavoncella;
-) è stato consentito il prelievo della tortora selvatica, peraltro anche in periodo di preapertura (1.9.2021 e 4.9.2021) e dal 19.9.2021 al 6.10.2021, nonostante l’ISPRA, tenuto conto del quadro normativo, dello stato di conservazione della specie e dell’assenza di un piano di gestione, avesse chiesto alla Regione Calabria la totale sospensione del prelievo di tale specie, peraltro diversamente da quanto deciso da altre regioni;
-) è stato consentito il prelievo della quaglia nonostante il diverso parere dell’ISPRA motivato per ragioni precauzionali, peraltro con motivazione ritenuta meramente apparente.
2- Più nello specifico, parte ricorrente affida le proprie doglianze ai seguenti motivi di diritto:
1) VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE IN RELAZIONE ALLA CACCIABILITÀ DELLASPECIE TORTORA. VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 1, 10, 14 DELLA L. 11.2.1992 N. 157. VIOLAZIONE DELL’ART.7 DIRETTIVA UCCELLI 147/2009/CE. VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO3 DELLA L. 241/90. ECCESSO DI POTERE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. OMESSA MOTIVAZIONE
2) VIOLAZIONE ED ELESIONE DEL GIUDICATO IN RELAZONE A SENTENZA N. 1470/2020 REG. PROV.COLL. RESA NEL PROC. N. N. 01310/2019 REG.RIC. IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DI CATANZARO E ALL’ORDINANZA 24 SETTEMBRE 2020, N. 552. VIOLAZIONE DELL’ART.XIV DELL’ACCORDO AEWA E DELLA LEGGE DI ADESIONE 6 FEBBRAIO 2006, N. 66, È ENTRATO IN VIGORE IL 1° SETTEMBRE 2006. CONTRASTO CON LA NOTA ARES (2019) 3896523 DEL 19 GIUGNO 2019 DELLA COMMISSIONE EUROPEA INVIATA DAL M.A.T.T.M. A TUTTE LE REGIONI CON NOTA N. 16669 DEL 9.7.2019 (E RIPROPOSTA CON NOTA 28.5.2020 N. 39696) CON LA QUALE VIENE RICHIESTO ALL’ITALIA DI SOSPENDERE LA CACCIA ALLA PAVONCELLA E AL MORIGLIONE EX ART. 7 DELLA DIRETTIVA 79/409/CEE “UCCELLI”. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE.
3) VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE IN RELAZIONE ALLA PREAPERTURA DELLA CACCIA NELLE GIORNATE DELL’11 E 12 SETTEMBRE ALLA SPECIE QUAGLIA E SUCCESSIVA APERTURA DELLA CACCIA A TALE SPECIE AL 19 SETTEMBRE ANZICHÉ AL 2 OTTOBRE E CHIUSURA FISSATA AL 29 NOVEMBRE ANZICHÉ AL 31 OTTOBRE. VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 1, 10, 14 DELLA L. 11.2.1992 N. 157. VIOLAZIONE DELL’ART. 7 DIRETTIVA UCCELLI 147/2009/CE. VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DELLA L. 241/90. ECCESSO DI POTERE. DIFETTO DI ISTRUTTORIA. OMESSA MOTIVAZIONE.
3- Con atto depositato il 13.9.2021 il Movimento Scelta Etica ha spiegato atto di intervento ad opponendum chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato e irricevibile.
4- Con atto notificato il 16.9.2021 e depositato in pari data la Federazione Italiana della Caccia ha spiegato intervendo ad opponendum chiedendo la declaratoria di inammissibilità, infondatezza del ricordo e comunque il suo rigetto in quanto infondato nel merito.
5- Con atto depositato il 18.9.2021 si è costituta l’Amministrazione regionale chiedendo la declaratoria di irricevibilità e inammissibilità del ricorso e, nel merito, il suo rigetto.
6- Alla camera di consiglio del 22.9.2021, con ordinanza n. 588/2021 pubblicata il 23.9.2021 è stata accolta in parte l’istanza cautelare.
7- Con memoria depositata il 14.1.2022 la Federazione Italiana della Caccia ha invocato la declaratoria di improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza dell’interesse a ricorrere, inteso quest’ultimo non come idoneità astratta dell’azione a realizzare il risultato perseguito ma più specificatamente come interesse proprio e concreto del ricorrente al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio, essendo venuto meno detto interesse laddove il calendario faunistico venatorio abbia spirato, come nel caso controverso, il suo termine annuale di efficacia.
8- All’udienza pubblica del 16.2.2022 il ricorso è stato spedito in decisione.
DIRITTO
9- Preliminarmente è da dichiararsi inammissibile l’intervento del Movimento Scelta Etica, atteso che dalla documentazione in atti non risulta che il medesimo atto di intervento sia stato notificato alle controparti, ma unicamente depositato, con violazione dell’art. 50, commmma 2, c.p.a.
10- Va invece dichiarato ammissibile l’intervento ad opponendum della Federazione Italiana Caccia, sussistendone i relativi presupposti (conformemente peraltro ai precedenti di questa Sezione in materia: v. sentenza n. 750 de 9.4.2021).
11- Proseguendo sulle vicende preliminari, deve essere dichiarata infondata l’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse motivata dalla cessazione degli effetti, nelle more intervenuta, del calendario venatorio.
A tal proposito il Tribunale, pur consapevole del differente orientamento di recente espresso dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 23 marzo 2021, n. 2484), richiamandosi anche ai propri precedenti (anche specificamente riguardanti il contenzioso in materia di calendario venatorio: da ultimo sentenze n. 750 del 9.4.2021 e n. 1470 del 24.9.2020) è dell’opinione che sussista tuttora l’interesse delle associazioni ricorrente alla decisione del ricorso.
Innanzitutto, se è vero che di regola l’interesse al ricorso viene meno allorché l’atto impugnato abbia esaurito i suoi effetti, ciò non toglie che la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante alla decisione del ricorso debba essere apprezzata caso per caso, anche alla luce dell’eventuale finalità di orientare per il futuro l’operato dell’amministrazione (TAR Calabria – Catanzaro, Sez. I, 24 settembre 2020, n. 1470; TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 18 dicembre 2020, n. 2077).
Non si tratta, invero, di esercitare un inammissibile sindacato giurisdizionale su poteri non ancora esercitati dall’amministrazione, in quanto è evidente che il Tribunale può solo sindacare la legittimità del provvedimento impugnato; piuttosto, si tratta di riscontrare l’eventuale sussistenza di profili di illegittimità lamentati, di modo che l’amministrazione ne possa tenere conto, nel futuro, nell’esercizio del potere pubblico.
Tale conclusione, in effetti, si pone in armonia con la giurisprudenza di questa Sezione formatasi a proposito dell’impugnativa di atti suscettibili di essere reiterati nel tempo (ex plurimis, sentenza n. 1069 del 21.5.2021).
Infatti, si è detto che in tali casi l’effetto della sentenza del giudice amministrativo non si esaurisce nel solo annullamento dell'atto riscontrato illegittimo, ma contiene anche la regola alla quale l'amministrazione deve attenersi nel futuro (cfr. tra le altre, Cons. Stato, Sez. IV, 19 ottobre 1993, n. 891; Cons. Stato, Sez. IV, 1 febbraio 2001, n. 398).
Peraltro, tenuto conto dei fisiologici tempi del processo e della limitata efficacia temporale dei calendari venatori, ritenere che venga meno l’interesse al ricorso una volta che questi ultimi abbiano cessato di produrre effetti significherebbe rendere claudicante, in una materia sensibile quale quella della tutela dell’ambiente, il diritto a ottenere una decisione sul merito del ricorso, diritto che verrebbe condizionato al dato contingente del carico sul ruolo del Tribunale Amministrativo Regionale competente e all’eventuale scelta, tuttavia non sempre possibile o auspicabile, da parte del giudice di decidere il ricorso con sentenza breve ai sensi dell’art. 60 c.p.a.
Solo una pronuncia, sia pure postuma, sul merito del ricorso può quindi soddisfare il diritto alla difesa avverso gli atti della pubblica amministrazione, di cui agli artt. 24 e 113 Cost.
Tanto chiarito, si osserva altresì per completezza che le ricorrenti hanno adeguatamente individuato l’oggetto dell’impugnazione, costituito appunto dal provvedimento di approvazione del calendario venatorio in parte qua, rispetto alla quale l’eventuale mancato riferimento, nell’ambito dell’impugnazione, a taluni segmenti motivazionali della relazione istruttoria che regge il provvedimento impugnato può al più condizionare la complessiva bontà delle argomentazioni a sostegno delle doglianze – e dunque il merito della controversia – ma non la sua ammissibilità.
12- Tanto chiarito, il ricorso risulta fondato nei limiti di seguito esposti.
13- Occorre previamente svolgere un breve inquadramento della disciplina della materia (sul punto v. T.A.R. Veneto, sentenza n. 155 del 2022).
13.1- In base alla Direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, tali uccelli "costituiscono un patrimonio comune e l'efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale" e la loro tutela rientra negli obiettivi comunitari in materia di miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sostenibile (Considerando 4 e 5).
L'interesse primario - prevalente - perseguito dal legislatore unionale con tale disciplina è la tutela degli uccelli selvatici. La regola generale è il divieto "di uccidere o catturare deliberatamente con qualsiasi metodo" gli uccelli selvatici (art. 5, comma 1, lett. a) e di "disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza" (art. 5, comma 1, lett. d).
La caccia - considerata una mera attività ricreativa di cui si deve tenere conto (artt. 1 e 2) - è consentita per le specie elencate all'allegato II della Direttiva esclusivamente nel quadro della legislazione nazionale nel rispetto dei "principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate" (art. 7).
La caccia può quindi essere esercitata esclusivamente nei limiti in cui sia compatibile con gli obiettivi di conservazione e tutela degli uccelli selvatici.
Punto cardine della disciplina è che le specie per le quali è consentito il prelievo venatorio "non siano cacciate durante il periodo della nidificazione né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza" e quando si tratti di specie migratrici che "non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione" (art. 7, comma 4).
La Corte di Giustizia ha altresì precisato che le date di chiusura della caccia agli uccelli migratori e alle specie acquatiche cacciabili devono essere fissate secondo un metodo che garantisca la protezione completa di dette specie durante il periodo di migrazione che precede l'accoppiamento (Corte giust., 8 luglio 1987, in C-262/85; 17 gennaio 1991, in C-157/89), evitando pericoli di "confusione", ossia di errore di identificazione di una specie, e di "perturbazione", ossia di disturbo di una specie nei periodi di riproduzione (Corte giust., 19 gennaio 1994, in C-435/92).
Per specie confondibili presenti nella medesima area, dovranno essere quindi stabilite in modo omogeneo le date di apertura e chiusura della caccia, salvo che gli Stati membri non possano fornire la prova, "fondata su dati scientifici e tecnici appropriati a ciascun caso particolare", che una modifica delle date di apertura e/o chiusura non sia di ostacolo alla completa protezione delle specie (Corte giust., 19 gennaio 1994, in C-435/92).
Ai sensi dell'art. 9 della Direttiva, le disposizioni di cui agli artt. 5 e 7 possono essere derogate: sono infatti consentite - in via eccezionale, in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo - la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità, anche delle specie di cui allegato I. Tali eccezionali deroghe devono menzionare: le specie oggetto di deroga; i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati; le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate; l'autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possano essere utilizzati; entro quali limiti e da quali persone; i controlli che saranno effettuati.
13.2. Quanto agli uccelli acquatici migratori dell'Africa-EURASIA, trova altresì applicazione la Convenzione AEWA, recepita in Italia con la legge n. 66 del 6 febbraio 2006 che, per quanto di interesse, vieta il prelievo venatorio per le popolazioni di uccelli indicate nella colonna A tabella 1 dell'Allegato III, consentendo tuttavia - in via di eccezione - la prosecuzione della caccia, laddove costituisca una prassi culturale tradizionale, esclusivamente per le popolazioni di uccelli appartenenti alle categorie 2 e 3 della colonna A, segnalate da un asterisco, previa approvazione di un piano di azione per specie.
13.3. A livello nazionale la caccia è disciplinata dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio", di attuazione della disciplina unionale.
In base a tale legge quadro "La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale" e l'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica (art. 1).
A tal fine il legislatore nazionale impone che l'attività venatoria sia oggetto di programmazione e stabilisce la fissazione di precise limitazioni di tempo, luoghi, specie e numero di capi da abbattere, mezzi e/o strumenti da utilizzare.
In particolare, all'artt. 18, comma 1, lett. a), b) e c) vengono definite le specie cacciabili e i limiti temporali di caccia.
Deve tuttavia ritenersi fermo in ogni caso, ai sensi del comma 1-bis del medesimo articolo, il rispetto del vincolo comunitario di divieto di caccia per ogni singola specie:
a) durante il ritorno al luogo di nidificazione;
b) durante il periodo della nidificazione e le fasi della riproduzione e della dipendenza degli uccelli.
13.4. Per garantire l'effettività di tale assetto di disciplina, la legge n. 157 del 1992 impone ai cacciatori l'annotazione della fauna abbattuta sul tesserino venatorio subito dopo l'abbattimento (art. 12, comma 12 bis) e assegna alle Regioni poteri di vigilanza sull'esercizio dell'attività venatoria (art. 27).
13.5. Le limitazioni all'esercizio dell'attività venatoria imposte dalla legge quadro si inseriscono nell'ambito della "materia trasversale" della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - oggetto di potestà legislativa statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. s, Cost. (Corte cost. n. 407/2002 e n. 536/2002) - e costituiscono "standard minimi ed uniformi di tutela della fauna", volte a determinare e garantire le misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili.
Le Regioni nell'esercizio della propria potestà normativa esclusiva in materia di caccia, riguardante principalmente i profili attinenti alla programmazione e alla gestione della stessa, possono quindi di regola modificare tali "standard di tutelaminimi ed uniformi", definiti dal legislatore statale, esclusivamente in melius, non in peius.
Solo in via eccezionale, sulla base di una motivazione rigorosa basata su precisi dati scientifici e sentito l'ISPRA, le Regioni hanno la possibilità di derogare a tali standard minimi di tutela.
In questo senso deve interpretarsi anche la disposizione di cui all'art. 18, comma 3, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, la definizione dei nuovi elenchi delle specie cacciabili con il correlato termine di apertura della caccia.
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri deve ritenersi necessario esclusivamente per ampliare l'elenco delle specie cacciabili, mentre le Regioni hanno il potere-dovere di intervenire per circoscrivere ulteriormente il prelievo venatorio laddove emerga l'esigenza di escludere la caccia a determinate specie di uccelli o di circoscrivere il periodo di caccia, per ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.
Da un lato, infatti, ai sensi dell'art. 117 Cost. anche le Regioni sono tenute all'attuazione della normativa comunitaria, ivi compresa la Direttiva 2009/147/UE, e, dall'altro lato, in base al principio dell'azione ambientale, di cui all'art. 3 ter del d.lgs. n. 152 del 2106, tutti gli Enti pubblici devono garantire la tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale.
Sul punto questo Tribunale ha d'altra parte già affermato che: "È pertanto corretto ritenere che, nel nuovo contesto istituzionale ed ordinamentale realizzato a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, le Regioni, anche a legislazione invariata e senza la necessità della previa adozione di un apposito decreto del Presidente del consiglio dei ministri, abbiano l'obbligo di dare immediata attuazione in via amministrativa all'Accordo AEWA ratificato con legge 6 febbraio 2006 n. 66, ed agli obblighi comunitari discendenti dall'adesione al predetto Accordo da parte dell'Unione Europea, nella materia di loro competenza legislativa di carattere residuale della caccia, in cui le attribuzioni delle Regioni possono essere sempre esercitate alzando lo standard di tutela ambientale previsto dal legislatore nazionale (cfr. Corte Costituzionale sentenze n. 291 del 2019; n. 139 del 2017; n. 74 del 2017 e n. 278 del 2012; n. 116 del 2012; n. 233 del 2010; n. 227 del 2003). Il calendario venatorio che escluda la cacciabilità di alcune specie non si pone infatti in contrasto con alcuna norma di legge nazionale o regionale (la possibilità per le Regioni di "limitare e non di ampliare il numero delle eccezioni al divieto generale di caccia" è ammessa da tempo: cfr. Corte Costituzionale n. 272 del 1996; n. 577 del 1990; n. 1002 del 1988)" (TAR Veneto, Sez. I, 16 dicembre 2020, n. 1263).
Quanto alla durata del periodo di caccia, è stato chiarito che: "la ratio che permea l'intero impianto della L. 157/92, con la quale il Legislatore ha individuato il punto di equilibrio tra la necessità di tutelare e salvaguardare il patrimonio faunistico nazionale e la libertà di esercitare l'attività venatoria, compiendo una precisa scelta di campo nel senso di ritenere la prima preminente nel confronto con la seconda (non a caso, qualificata in termini di concessione dall'art. 10 della medesima legge). L'attrazione della materia, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. s, Cost., nell'orbita della competenza esclusiva dello Stato, deputato a fissare un livello minimo inderogabile di tutela della fauna, circoscrive qualitativamente e quantitativamente lo spazio normativo che residua in capo alle Regioni, con la conseguenza che l'autorizzazione all'esercizio dell'attività venatoria in deroga ai periodi fissati ex lege nell'art. 18, comma 1, L. 157/1992 resta subordinata al rispetto dei limiti fissati dal secondo comma del medesimo articolo (così, Corte Cost., 21 ottobre 2005 n. 393): 'ne risulta, inequivocabilmente, che alle regioni è attribuito il potere di modificare, in meglio, il contenuto delle disposizioni recate dalla normativa statale nei limiti temporali e qualitativi fissati da quest'ultima, ovvero assicurando un livello di tutela più elevato' (Tar Toscana, Sez. II, ord. 20 ottobre 2011, n. 1532)" (Cons. Stato, Sez. III, 23 dicembre 2019, n. 8669).
13.6. Lo stesso riconoscimento alle Regioni della potestà legislativa esclusiva in materia di caccia presuppone la possibilità di un trattamento diversificato dei cacciatori nei differenti ambiti territoriali.
D'altra parte non vi è disparità di trattamento e non vi è un interesse giuridicamente tutelato ad esercitare facoltà riconosciute illegittimamente ad altri soggetti.
13.7. Quanto al parere che l'ISPRA esprime in ordine al calendario venatorio, va rilevato che si tratta di parere avente natura obbligatoria, ma non vincolante, espresso da un organo specializzato, specificamente preposto all'esercizio di tale funzione di consulenza tecnico scientifica e dotato di un certo grado di indipendenza rispetto al potere di indirizzo politico.
L'importanza di tale parere è stata sottolineata dalla stessa Corte costituzionale (sent. 22 maggio 2013, n. 90) e dal Consiglio di Stato che ha affermato come: "all'interno del corpo regolatorio come sopra ricostruito esplica un rilievo centrale la funzione svolta dall'ISPRA le cui indefettibili funzioni consultive si ascrivono nella logica di individuare standard minimi ed uniformi di protezione ambientale, come tali ricadenti nella sfera legislativa esclusiva dello Stato (cfr. Corte Cost. sentenza n. 278 del 2012; 107/2014) siccome riconducibili al valore ambiente" (Cons. Stato, Sez. III, 22 giugno 2018, n. 3852).
A ciò si aggiunga che, nel caso di specie, l'ISPRA si è pronunciato sulla base dei dati, ritenuti sostanzialmente vincolanti a livello unionale, di cui all'ultimo "Key concepts document" adottato dalla Commissione.
Va rilevato ancora come, a fronte di dati e riferimenti non del tutto univoci, il principio generale - nazionale e comunitario - di precauzione richieda l'adozione di una interpretazione di particolare attenzione alla tutela dell'ambiente.
L'insieme dei profili appena indicati induce il Collegio a ritenere che - in sede di approvazione del calendario - il parere dell'ISPRA potesse essere disatteso solo a fronte di una motivazione rafforzata (in questo senso anche: T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 16 novembre 2019, n. 2647).
14- Tanto chiarito, viene scrutinato il primo motivo di ricorso.
13.1- Con esso le ricorrenti hanno contestato le determinazioni dell’amministrazione che – a fronte di un parere con cui l’ISPRA aveva chiesto la totale sospensione del prelievo per la tortora selvatica in quanto specie indicata in precario stato di conservazione (SPEC 1 in BirdLife International) e per la quale il Ministero della Transizione Ecologica, con nota del 22.3.2021 ribadita il successivo 20.7.2021, aveva chiesto alle Regioni una moratoria dell’attività venatoria – ha invece autorizzato il relativo prelievo peraltro anche in preapertura, contravvenendo così alle previsioni dell’art. 7 della “Direttiva Uccelli”, adducendo motivazioni – in ordine all’asserita adozione di misure di mitigazione dell’impatto sulla specie quali la restrizione del periodo di prelievo e del carniere stagionale – ritenute apparenti, insufficienti ed erronee, considerato sia che, alla luce del quadro normativo, dello stato di conservazione della specie e dell’assenza di un piano di gestione, la mera mitigazione non corrispondeva alla richiesta di sospensione tout court a livello comunitario, sia dell’assenza, nel provvedimento impugnato, di riferimenti alla media dei prelievi effettuati nel periodo 2013 – 2018, necessari a consentire la possibilità di un prelievo con riduzione della quota al 50%.
13.2- Il motivo è fondato.
13.3- E’ d’uopo osservare come sia l’ISPRA, nel parere di competenza, sia il Ministero della Transizione Ecologica, nelle note sopra richiamate, al fine di contemperare i contrapposti interessi in tema di prelievo venatorio della tortora selvatica, hanno attribuito risalto alla necessità della previa adozione di specifici piani di gestione nazionali.
Detti piani non risultano al momento sussistenti, come emerge dalla succitata comunicazione ministeriale del 22.3.2021, per cui lo schema di Piano era stato sottoposto alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano per l’acquisizione dell’Accordo ai sensi dell’art. 4 del Decreto legislativo 28/8/1997 n. 281 e che quindi le Regioni e le Provincie autonome non hanno raggiunto un accordo in sede tecnica.
13.4- In tale ottica, vi è seriamente da dubitare circa la surrogabilità dei piani di gestione nazionali con differenti strumenti quali, nello specifico, il Piano Internazionale di gestione adattativa del prelievo della tortora in Europa – costituente unicamente uno studio elaborato a seguito di un contratto professionale siglato tra la Commissione europea e diversi enti di studio dell’avifauna francesi, inglesi e spagnoli, in relazione al quale – come risulta dalla documentazione in atti – sarebbero intercorsi degli incontri finali, da ultimo il 12.5.2021, nell’ambito dei quali – come è stato valorizzato dall’Amministrazione regionale nelle proprie difese – i partner del gruppo di lavoro hanno deciso di comune accordo di mantenere la caccia alla specie nella flyway interessata dalla Calabria con misure stringenti di limitazione del prelievo che riducano quello realizzato negli anni precedenti del 50%.
13.5- Ma anche ad ammettere la fungibilità dei suddetti strumenti, l’esito complessivo della controversia non muterebbe in parte qua, atteso che le condizioni che consentirebbero di addivenire al prelievo, quantunque dimezzato rispetto alla media 2013-2018, non si rinvengono nel caso controverso.
Difatti, la Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea, con nota del 15.7.2021, in relazione ai piani per la stagione venatoria della tortora selvatica anno 2021, dopo aver affermato la sussistenza di dubbi, alla luce delle informazioni in suo possesso, sull’effettività del rispetto della succitata riduzione non avendo peraltro chiaro se si intendesse a livello regionale comunque pianificare un’attività venatoria per detto periodo, ha delineato una serie di attività - in termini di reporting, sistemi di controllo di applicazione delle norme e monitoraggio – della cui attuazione ha sollecitato le amministrazioni interessate prima di assumere ogni decisione finale relativa alla caccia di tale specie.
Le attività in questione toccano una vasta serie di misure raccomandate alle amministrazioni interessate, ripartite in voci specifiche – quali “attività di reporting e carnieri di caccia”, “sistemi di controllo di applicazione di norme”, “monitoraggio” e “gestione degli habitat” – ciascuna delle quali, a sua volta, comprendente una serie più specifica di azioni da adottare nella suddetta logica di riduzione e verifica.
Orbene, da una disamina della documentazione versata in atti non è dato rinvenire – tanto nel Piano approvato dall’Amministrazione o comunque nell’attività istruttoria come evincibile dalla produzione documentale in atti – adeguato riscontro e recepimento delle succitate raccomandazioni, ragion per cui anche la decisione di consentire il prelievo della specie, superando così il parere di ISPRA, si presenta deficitaria quanto a propedeutico approfondimento di quanto necessario per soddisfare le esigenze di contemperamento evidenziate in sede comunitaria.
In tale ottica, dunque, risulta priva di un adeguato background istruttorio l’asserita idoneità della misura individuata nell’impugnato provvedimento ed enfatizzata dall’Amministrazione regionale in sede di scritti difensivi (ossia il dimezzamento delle giornate rispetto alle passate stagioni in n. 2 mezze giornate in preapertura invece di n. 2 giornate intere, la riduzione del carniere stagionale da 20 capi per cacciatore a 10 e la riduzione di n. 5 giorni del periodo di caccia successivo alla preapertura) per pervenire al risultato raccomandato in sede comunitaria, anche considerando che non è dato evincere, sempre a livello istruttorio, elementi da cui inferire che sia stata a monte individuata la media dei prelievi nelle stagioni 2013-2018.
Anche l’ulteriore misura evidenziata dall’Amministrazione, attinente al monitoraggio del prelievo, da compiersi entro il 10.9.2021 attraverso una scheda dedicata appositamente alla tortora, appare insufficiente rispetto alle – ben più nutrite e organiche – misure raccomandate in sede comunitaria.
D’altronde, sempre per completezza, anche le ulteriori informazioni contenute nel questionario denominato “Richiesta di informazioni sulla caccia alla Tortora – da fornire alla Commissione Europea entro l’11 giugno 2021”, versato in atti dall’amministrazione regionale risultano in massima parte parziali o generiche.
Per completezza, a fronte di tale situazione, da cui traspare il permanere di criticità che hanno – quanto meno – consigliato di dimezzare il prelievo della specie, perdono di consistenza gli ulteriori aspetti, parimenti valorizzati dall’Amministrazione, in ordine all’asserita situazione di “incremento moderato” della specie in Regione Calabria sulla base dei dati tratti da “Rete rurale Nazionale & LIPU, 2021”.
14- Viene quindi scrutinato il secondo motivo.
14.1- Parte ricorrente contesta la violazione delle statuizioni adottate da questo Tribunale in merito alla caccia alla pavoncella e al moriglione nei precedenti piani venatori (sentenza n.1470/2020 con cui è stato annullato il Piano 2019 in parte qua e ordinanza n. 552 del 24.9.2020, relativa al Piano 2020/2021 sempre in parte qua e alla quale la Regione si era peraltro sulle prime spontaneamente adeguata).
Nello specifico, viene rilevato che:
-) la richiesta della sospensione della Pavoncella (oltre che del Moriglione) proviene proprio dalla Commissione Europea dietro richiesta della AEWA;
-) la Commissione Europea afferma che la caccia è possibile solo laddove la specie sia inserita in un Piano di gestione che consideri anche una gestione adattiva del prelievo;
-) il Piano di azione multispecie valorizzato dall’Amministrazione (MSAP) non è stato elaborato dalla Commissione europea bensì da un gruppo di associazioni all'interno del Progetto Life;
-) in ogni caso, il Piano focalizza la sua attenzione sulle popolazioni nidificanti, ossia su quegli individui che materialmente si riproducono, mentre l'attività venatoria in Italia è svolta per la stragrande maggioranza sulle popolazioni migratrici;
-) nella sezione del suddetto Piano riguardante la caccia è affermato che lo scopo del Piano si concentra sulle minacce e sull'attuazione della conservazione solo durante la stagione riproduttiva, quindi, mancherebbe la valutazione dell'impatto del prelievo in zone non riproduttive, che necessiterebbe di un Piano complementare per la stagione non riproduttiva.
14.2- Il motivo è fondato per come di seguito esposto.
14.3- Si premette anzitutto che questo Tribunale, con la sentenza n. 1470/2020, si era pronunciata sul calendario venatorio 2019/2020 e aveva disposto l’annullamento in parte qua per ragioni esclusivamente attinenti la carenza di un adeguato impianto motivazionale a base della decisione della Regione Calabria di determinarsi (mantenendo la cacciabilità delle specie moriglione e pavoncella) difformemente rispetto alle posizioni comunitarie e alle esigenze di tutela espresse a livello ministeriale.
14.4- Tanto chiarito, dalla disamina del provvedimento impugnato relativamente al calendario 2021/2022 e dei relativi atti istruttori emerge che l’Amministrazione regionale ha valorizzato, in termini di aspetto motivazionale, il fatto che la Pavoncella (a differenza del moriglione) sia stata classificata nell’Accordo AEWA in modo da poter essere cacciata con un piano di gestione internazionale – che la Regione resistente individua nel Piano Internazionale Multispecie sui Limicoli nidificanti nelle Praterie Umide approvato nel 2018 ("International Multi-Species Action Plan for the Conservation of Breeding Waders in Wet Grassland Habitats in Europe 2018 - 2028") il quale ha concentrato le azioni da intraprendere non sull’attività venatoria quanto piuttosto sulla riduzione dell’impatto derivante dall’agricoltura e dai predatori – e con alcune previsioni mitigatrici quali: limiti di prelievo, divieto di caccia durante la riproduzione e il ritorno ai luoghi di nidificazione, divieto di utilizzo di mezzi non selettivi, ossia prescrizioni previste per specie normalmente cacciabili in Italia e in Unione Europea.
14.5- Tanto rilevato, vi è però da osservare che, quantunque motivato, il ragionamento dell’Amministrazione regionale è viziato nelle premesse.
Come è stato osservato da recentissima giurisprudenza in caso analogo attinente il prelievo della pavoncella, “il piano a cui si richiama la Regione, denominato “International Multi-species Action Plan for the Conservation of Breeding Waders in Wet Grassland Habitats in Europe 2018-2028” non può essere qualificato come un piano di gestione della specie idoneo a consentire la caccia di questa specie, perché ha ad oggetto le problematiche inerenti le popolazioni nidificanti, ossia gli individui che materialmente si riproducono nel territorio di riferimento, mentre l'attività venatoria nel caso di specie ha ad oggetto per la grande maggioranza popolazioni migratrici (la precisazione si può leggere nel paragrafo “caccia” a pag. 28 del piano: cfr. doc. 8 depositato in giudizio dalla parte ricorrente), e non è stato elaborato dall’Unione Europea ma da un gruppo di associazioni all’interno di un progetto Life.” (T.A.R. Veneto, Sez. I, 10.2.2022, n. 260; sulla stessa lunghezza d’onda anche T.A.R. Basilicata, Sez. I, n. 685 del 25.10.2021).
Ne consegue che detto Piano di gestione multispecie non costituisce uno strumento pianificatorio di gestione idoneo a consentire il prelievo della Pavoncella, ragion per cui, in assenza delle necessarie previe azioni in via amministrativa, quali la predisposizione di un valido piano di gestione idoneo a salvaguardare la pavoncella, risulta censurabile l’avvenuto inserimento della stessa tra le specie cacciabili.
D’altronde, anche la giurisprudenza che la Regione Calabria richiama nella relazione istruttoria a base del proprio assunto (ossia T.A.R. Marche n. 451 del 2021) è stata superata da più recenti prese di posizione del medesimo Tribunale che, in buona sostanza, si è posta in conformità alle conclusioni da ultimo rassegnate (T.A.R. Marche, Sez. I, 31.1.2022 n. 75).
14.6- La suddetta carenza assume valenza dirimente nell’economia della fattispecie, di modo che rispetto ad essa finiscono per scolorarsi di pregnanza gli ulteriori aspetti valorizzati dall’amministrazione regionale a sostegno delle proprie determinazioni, ossia il riferimento all’esito di lavori scientifici di analisi o i trend.
15- Viene da ultimo scrutinato il terzo motivo di ricorso.
15.1- Parte ricorrente contesta le previsioni del calendario circa la preapertura della caccia alla specie Quaglia (11 e 12 settembre) e la sua cacciabilità nei giorni 19, 25 e 26 settembre, contrastanti con il parere dell’ISPRA, oltre alla posticipazione della chiusura del periodo di prelievo al 29.11.2021 anziché al 31.10.2021.
A tal proposito, si assume che le ragioni a ciò addotte dall’Amministrazione regionale si basino su motivazioni meramente apparenti se non inesistenti, riscontrabili sulla base del fatto che:
-) la quaglia rientra tra le specie con uno stato di conservazione insoddisfacente (rapporto di BirdLife International (2017) “European birds of conservation concern: populations, trends and national responsibilities Cambridge, UK: BirdLife International”, richiamato anche dall’ISPRA, che conferma che tale specie rientra nella categoria SPEC 3 (“in declino a livello europeo”);
-) nessun effetto significativamente mitigatorio dell’impatto discenderebbe dalla restrizione del prelievo nel mese di settembre a n.2 giorni di preapertura rispetto al fatto di averne consentito il prelievo nel periodo dal 19.9.2021 al 29.11.2021, mentre a nulla varrebbe, con riferimento alle decadi di sovrapposizione, il richiamo ad una nota dell’ISPRA del 13.9.2010, in cui si facultavano le Regioni a ricorrere all’eventuale utilizzo della sovrapposizione di una decade nella definizione delle date di apertura e chiusura della caccia in relazione a quanto stabilito nel documento “Key Concepts of articles 7(4) of Directive 79/409/EEC on Period of Reproduction and prenuptial Migration of huntable bird Species in the EU”, atteso che su ciò si era espresso il Consiglio di Stato (sentenza n. 7182/2019) che ha sottolineato l’esigenza di privilegiare, in caso di dubbio, un’interpretazione coerente con l’esigenza di rendere effettivo il principio di cui all’art. 7, comma 4, della Direttiva Uccelli, attuando ogni forma di tutela delle specie in un periodo in cui, anche solo “potenzialmente” e “teoricamente” ed in mancanza di dati attendibili ed univoci di segno contrario, ha inizio la migrazione pre-nuziale;
-) l’incremento della popolazione nidificante in Italia, come risultante dal Rapporto Articolo 12 della Direttiva Uccelli, relativo al periodo 2013-2018 e richiamato dalla Regione Calabria a supporto del discostamento rispetto al parere ISPRA non terrebbe conto delle considerazioni riportate nel medesimo documento per cui tale incremento sarebbe solo apparente e legato all’immissione di soggetti di allevamento di quaglia giapponese (Coturnix japonica) o di forme ibride (pag. 46, vol. 1), pertanto, il trend in miglioramento della specie sarebbe da considerarsi solo fittizio ed è da considerarsi più affidabile il succitato rapporto di Bird Life International (2017);\\
-) le limitazioni a n. 2 giorni di apertura non sarebbe poi adeguatamente bilanciata prevedendosi altre sei giornate di caccia dal 19 al 30 settembre, ritenute incompatibili con la sua tutela minima (“Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della L. n. 157/92, così come modificata dalla Legge Comunitaria 2009, art. 42”).
14.2- Il motivo è infondato.
14.3- Quanto al primo aspetto della questione, si osserva che, nel suo parere, l’ISPRA ha suggerito di pervenire ad “un’apertura generale della caccia programmata a tutte le specie ornitiche al 2 ottobre 2021” al fine di “favorire un più completo sviluppo degli ultimi nati per diverse specie sottoposte a prelievo venatorio, di evitare il rischio di confusione con altre specie non cacciabili e di ridurre il disturbo generato dalla presenza di un numero elevato di cacciatori sul territorio in una fase ancora delicata del ciclo biologico per diverse specie non sottoposte a prelievo venatorio” così favorendo inoltre un più efficace svolgimento della vigilanza sull’attività venatoria.
14.4- Confermando le considerazioni già svolte in sede cautelare, pur richiamando quanto precedentemente osservato circa la natura del parere ISPRA e il conseguente onere motivazionale posto all’Amministrazione per discostarvisi, vi è però da considerare che i rilievi dell’Istituto, motivati sull’opportunità di consentire il completo sviluppo degli ultimi nati a evitare la confusione fra specie diverse e ad evitare il disturbo a danno delle specie non soggette a prelievo, costituiscono frutto di una valutazione di merito, non rientrante nelle competenze dell’Istituto e non vincolanti nei confronti dell’Amministrazione Regionale.
14.5- Peraltro, nei termini in cui è stato prospettato dall’Istituto un rischio di tal fatta non è idoneo a giustificare il divieto del prelievo venatorio, come peraltro è stato già osservato dalla giurisprudenza per cui “l'affermazione per cui una specie possa essere confusa con altre, oltre che ingenerosa nei riguardi dell'esperienza dei cacciatori, non può giustificare il divieto del prelievo venatorio, perché tale rischio sussiste in teoria per tutte le specie menzionate dall'art. 18 della L. n. 157/1992” (T.A.R. Marche, Ancona, Sez. I, 31.7.2020, n. 496).
14.6- Anche per concerne il suggerimento di ISPRA di addivenire alla chiusura della caccia alla quaglia selvatica al 31.10.2021, si rileva che l’Istituto, nel proprio parere, si è limitato ad osservare che “Per la Quaglia, specie migratrice regolare e svernante localizzata in Italia prevalentemente nelle regioni centrali e meridionali, è stata recentemente confermata nella categoria SPEC 3 (“in declino a livello europeo” (…) Permane pertanto la necessità di adottare tutte le più opportune misure di tutela della specie e prevedere la chiusura della caccia al 31 ottobre 2021”.
14.7- A fronte di ciò l’Amministrazione regionale ha posto precipuamente, a base del suo discostamento dal suddetto avviso (che, per il vero, si basa esclusivamente sulla classificazione SPEC senza individuare ulteriori aspetti di maggiore pregnanza, anche riferibili allo specifico contesto territoriale), il richiamo a diversi – e in parte più recenti – dati disponibili, dai quali risulterebbe la quaglia in classificazione “Least concern” (minima preoccupazione) sia a livello globale che a livello comunitario (European list of Birds, 2015, IUCN Redlist 2000, aggiornata al 2019), nonché il riferimento al Report art. 12 2018-2023, da cui risulterebbe che la popolazione nidificante sia in incremento dal 1993 al 2018 (in disparte un’ulteriore serie di considerazioni, come pocanzi osservato contestate da parte ricorrente) e, all’esito delle relative valutazioni, pur non aderendo sic et simpliciter all’avviso di ISPRA di chiudere la caccia alla quaglia il 31.10.2021 ha ritenuto di individuare una data di chiusura (29.11.2021) comunque anticipata rispetto a quanto previsto dalla legge.
14.8- Gli aspetti richiamati dall’Amministrazione per come ora riportato forniscono un apparato motivazionale non manifestazione irragionevole alle determinazioni dell’Amministrazione e rendono nel complesso non censurabile la relativa scelta, rispetto alla quale le censure di parte ricorrente finiscono per ridondare nella sovrapposizione di una propria personale prospettazione di merito rispetto a quella fornita dall’Amministrazione, come tale inammissibile in sede giurisdizionale.
15- In conclusione, il ricorso va accolto relativamente ai primi due motivi mentre va rigettato quanto al terzo e, conseguenzialmente, il provvedimento impugnato va annullato nella parte in cui ha previsto il prelievo della tortora selvatica e della pavoncella.
16- L’esito della controversia e le relative circostanze giustificano la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
1)Dichiara inammissibile l’intervento ad opponendum del Movimento Scelta Etica.
2) Accoglie il ricorso per quanto di ragione e, per l’effetto annulla la deliberazione della Giunta Regionale della Regione Calabria n.348 dell’11.8.2021, avente ad oggetto l’approvazione Calendario Venatorio 2021-2022 nella parte in cui:
a) ammette la caccia alla tortora selvatica;
b) ammette la caccia alla pavoncella.
3) Rigetta il ricorso per la restante parte.
3) Compensa integralmente le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Pennetti, Presidente
Francesca Goggiamani, Referendario
Domenico Gaglioti, Referendario, Estensore