Corte di Giustizia (Seconda Sezione) sentenza 3 aprile 2014 
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche – Direttiva 92/43/CEE – Siti di importanza comunitaria – Revisione dello status di un sito siffatto qualora sopravvengano fenomeni di inquinamento o di degrado ambientale – Normativa nazionale che non prevede la possibilità, per i soggetti interessati, di chiedere tale revisione – Attribuzione alle autorità nazionali competenti di un potere discrezionale di avviare d’ufficio una procedura di revisione di detto status»
 SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 3 aprile 2014 (*) «Rinvio  pregiudiziale – Ambiente – Conservazione degli habitat naturali e della  flora e della fauna selvatiche – Direttiva 92/43/CEE – Siti di  importanza comunitaria – Revisione dello status di un sito siffatto  qualora sopravvengano fenomeni di inquinamento o di degrado ambientale –  Normativa nazionale che non prevede la possibilità, per i soggetti  interessati, di chiedere tale revisione – Attribuzione alle autorità  nazionali competenti di un potere discrezionale di avviare d’ufficio una  procedura di revisione di detto status» Nella causa C‑301/12, avente  ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte,  ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con  ordinanza del 29 maggio 2012, pervenuta in cancelleria il 20 giugno  2012, nel procedimento Cascina Tre Pini Ss contro Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Regione Lombardia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino, Comune di Somma Lombardo, LA CORTE (Seconda Sezione), composta  da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, J.L. da Cruz Vilaça,  G. Arestis (relatore), J.‑C. Bonichot e A. Arabadjiev, giudici, avvocato generale: J. Kokott cancelliere: A. Impellizzeri, amministratore vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 maggio 2013, considerate le osservazioni presentate: –        per la Cascina Tre Pini Ss, da E. Cicigoi, avvocato; –        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da A. De Stefano, avvocato dello Stato; –        per il governo ceco, da M. Smolek e D. Hadroušek, in qualità di agenti; –        per la Commissione europea, da F. Moro e L. Banciella, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 giugno 2013, ha pronunciato la seguente Sentenza 1 La  domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli  articoli 9 e 11 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio  1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e  della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7), come  modificata dall’Atto relativo alle condizioni di adesione all’Unione  europea della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della  Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di  Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della  Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica  slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione  europea (GU 2003, L 236, pag. 33; in prosieguo: la «direttiva 92/43»). 2 Tale  domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un  lato, la Cascina Tre Pini Ss (in prosieguo: la «società Cascina»), una  società di diritto italiano, e, dall’altro, il Ministero dell’Ambiente e  della Tutela del Territorio e del Mare (in prosieguo: il «Ministero»),  la Regione Lombardia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il  Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino e il Comune di Somma  Lombardo, in merito alla procedura di revisione dello status di sito di  importanza comunitaria (in prosieguo: «SIC») di un’area in cui è ubicato  un terreno di proprietà della società Cascina. Contesto normativo Il diritto dell’Unione 3 L’articolo 2 della direttiva 92/43, che definisce gli obiettivi di questa, dispone quanto segue: «1.      Scopo  della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità  mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e  della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al  quale si applica il trattato [CE]. 2.      Le  misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad  assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di  conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di  fauna e flora selvatiche di interesse comunitario. 3.      Le  misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle  esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità  regionali e locali». 4 L’articolo 3 della stessa direttiva, che stabilisce la creazione della rete Natura 2000, così prevede: «1.      È  costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di  conservazione [in prosieguo: le “ZSCˮ], denominata Natura 2000. Questa  rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali  elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II,  deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in  uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e  degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione  naturale. La rete “Natura 2000ˮ comprende  anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a  norma della direttiva 79/409/CEE [del Consiglio, del 2 aprile 1979,  concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103,  pag. 1)]. 2.      Ogni Stato membro  contribuisce alla costituzione di Natura 2000 in funzione della  rappresentazione sul proprio territorio dei tipi di habitat naturali e  degli habitat delle specie di cui al paragrafo 1. A tal fine,  conformemente all’articolo 4, esso designa [dei] siti quali [ZSC],  tenendo conto degli obiettivi di cui al paragrafo 1. 3.      Laddove  lo ritengano necessario, gli Stati membri si sforzano di migliorare la  coerenza ecologica di Natura 2000 grazie al mantenimento e,  all’occorrenza, allo sviluppo degli elementi del paesaggio che rivestono  primaria importanza per la fauna e la flora selvatiche, citati  all’articolo 10». 5 L’articolo  4 della direttiva 92/43 definisce i dettagli della procedura di  elaborazione dell’elenco dei SIC nel modo seguente: «1.      In  base ai criteri di cui all’allegato III (fase 1) e alle informazioni  scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di siti,  indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali  specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti.(…)  Gli Stati membri suggeriscono, se del caso, un adattamento di tale  elenco alla luce dell’esito della sorveglianza di cui all’articolo 11. L’elenco  viene trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla  notifica della presente direttiva, contemporaneamente alle informazioni  su ogni sito. (…) 2.      In base ai  criteri di cui all’allegato III (fase 2) e nell’ambito di ognuna delle  sette regioni biogeografiche di cui all’articolo 1, lettera c), punto  iii), e dell’insieme del territorio di cui all’articolo 2, paragrafo 1,  la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un  progetto di elenco dei [SIC], sulla base degli elenchi degli Stati  membri, in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più  tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie. (...) L’elenco  dei siti selezionati come [SIC] in cui sono evidenziati i siti in cui  si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più  specie prioritarie è fissato dalla Commissione secondo la procedura di  cui all’articolo 21. 3.      L’elenco menzionato al paragrafo 2 è elaborato entro un termine di sei anni dopo la notifica della presente direttiva. 4.      Quando  un [SIC] è stato scelto a norma della procedura di cui al paragrafo 2,  lo Stato membro interessato designa tale sito come [ZSC] il più  rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo  le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o  il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più  tipi di habitat naturali di cui all’allegato I o di una o più specie di  cui all’allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce  dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti. 5.      Non  appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo  comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3  e 4». 6 L’articolo 6 della suddetta direttiva, che si applica alle ZSC, prevede, ai paragrafi da 2 a 4, quanto segue: «2.      Gli  Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle [ZSC] il  degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la  perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella  misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze  significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente  direttiva. 3.      Qualsiasi piano o  progetto non direttamente connesso [o] necessario alla gestione del sito  ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o  congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una  opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto  degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle  conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il  paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su  tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non  pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo  parere dell’opinione pubblica. 4.      Qualora,  nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul  sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba  essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico,  inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta  ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza  globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la  Commissione delle misure compensative adottate. (...)». 7 L’articolo 9 della medesima direttiva così dispone: «La  Commissione, operando secondo la procedura di cui all’articolo [19],  effettua una valutazione periodica del contributo di Natura 2000 alla  realizzazione degli obiettivi di cui agli articoli 2 e 3. In tale  contesto, può essere preso in considerazione il declassamento di una  [ZSC] laddove l’evoluzione naturale riscontrata grazie alla sorveglianza  prevista dall’articolo 11 lo giustifichi». 8 L’articolo 11 della direttiva 92/43 stabilisce quanto segue: «Gli  Stati membri garantiscono la sorveglianza dello stato di conservazione  delle specie e degli habitat di cui all’articolo 2, tenendo  particolarmente conto dei tipi di habitat naturali e delle specie  prioritari». Il diritto italiano 9 L’articolo  1 del decreto del Presidente della Repubblica dell’8 settembre 1997,  n. 357, recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla  conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e  della fauna selvatiche (supplemento ordinario alla GURI n. 248, del 23  ottobre 1997), nella versione applicabile alla controversia di cui al  procedimento principale (in prosieguo: il «DPR n. 357/97»), definisce  l’ambito di applicazione del DPR n. 357/97 nei seguenti termini: «1.      Il  presente regolamento disciplina le procedure per l’adozione delle  misure previste dalla direttiva [92/43] relativa alla conservazione  degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna  selvatiche, ai fini della salvaguardia della biodiversità mediante la  conservazione degli habitat naturali elencati nell’allegato A e delle  specie della flora e della fauna indicate agli allegati B, D ed E al  presente regolamento. 2.      Le procedure  disciplinate dal presente regolamento sono intese ad assicurare il  mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione  soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora  selvatiche di interesse comunitario. 3.      Le  procedure disciplinate dal presente regolamento tengono conto delle  esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità  regionali e locali. (...)». 10 L’articolo 3 del DPR n. 357/97 è così formulato: «1.      Le  regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano individuano i  siti in cui si trovano tipi di habitat elencati nell’allegato A ed  habitat di specie di cui all’allegato B e ne danno comunicazione al  Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ai fini della  formulazione alla Commissione (…) da parte dello stesso Ministero,  dell’elenco dei [SIC] proposti (...) per la costituzione della rete  ecologica europea coerente di [ZSC] denominata “Natura 2000”. 2.      Il  Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio designa, con  proprio decreto, adottato d’intesa con ciascuna regione interessata, i  siti di cui al comma 1 quali [“ZSC”], entro il termine massimo di sei  anni, dalla definizione, da parte della Commissione (…) dell’elenco dei  siti. (...) 4-bis.       Al  fine di garantire la funzionale attuazione della direttiva [92/43] e  l’aggiornamento dei dati, anche in relazione alle modifiche degli  allegati previste dall’articolo 19 della direttiva medesima, le regioni e  le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base delle azioni di  monitoraggio di cui all’articolo 7, effettuano una valutazione  periodica dell’idoneità dei siti alla attuazione degli obiettivi della  direttiva in seguito alla quale possono proporre al Ministero  dell’ambiente e della tutela del territorio un aggiornamento dell’elenco  degli stessi siti, della loro delimitazione e dei contenuti della  relativa scheda informativa. Il Ministero dell’ambiente e della tutela  del territorio trasmette tale proposta alla Commissione (...) per la  valutazione di cui all’articolo 9 della citata direttiva». 11 L’articolo 7 del DPR n. 357/97, relativo alla procedura di monitoraggio, dispone quanto segue: «1.      Il  Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, con proprio  decreto, sentiti il Ministero delle politiche agricole e forestali e  l’Istituto nazionale per la fauna selvatica, per quanto di competenza, e  la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le  province autonome di Trento e di Bolzano, definisce le linee guida per  il monitoraggio, per i prelievi e per le deroghe relativi alle specie  faunistiche e vegetali protette ai sensi del presente regolamento. 2.      Le  regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base delle  linee guida di cui al comma precedente, disciplinano l’adozione delle  misure idonee a garantire la salvaguardia e il monitoraggio dello stato  di conservazione delle specie e degli habitat di interesse comunitario,  con particolare attenzione a quelli prioritari, dandone comunicazione ai  Ministeri di cui al comma 1». Procedimento principale e questioni pregiudiziali 12 La  società Cascina è proprietaria di un terreno incluso nel sito  denominato «Brughiera del Dosso», ubicato nel territorio del Comune di  Somma Lombardo, a breve distanza dall’aeroporto di Milano‑Malpensa, in  Lombardia. Nel 2002 tale sito è stato ricompreso nel perimetro del Parco  Naturale della Valle del Ticino istituito con legge della Regione  Lombardia. 13 Con  delibera della Giunta regionale della Regione Lombardia dell’8 agosto  2003, detto sito è stato inserito nell’elenco dei siti proposti quali  SIC, conformemente all’articolo 3 del DPR n. 357/97. Il sito in  questione è stato quindi iscritto nell’elenco dei SIC in virtù della  decisione 2004/798/CE della Commissione, del 7 dicembre 2004, che  stabilisce, ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco  di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica  continentale (GU L 382, pag. 1). Il sito di Brughiera del Dosso è stato  altresì classificato quale SIC con decreto del Ministero del 25 marzo  2005. 14 Nel  frattempo l’aeroporto di Milano‑Malpensa è stato oggetto di un  ampliamento previsto dal piano di riassetto dell’area di Malpensa,  approvato con una legge della Regione Lombardia del 1999. Secondo quanto  assume la società Cascina, tale piano prevede che le aree ricadenti nel  territorio del Comune di Somma Lombardo siano destinate ad opere di  trasformazione di natura commerciale e industriale. La società Cascina  asserisce che il progressivo potenziamento del traffico aereo  proveniente da detto aeroporto ha provocato, una devastazione ecologica  del sito di Brughiera del Dosso. 15 Ritenendo  che la qualità ecologica del sito di Brughiera del Dosso fosse  compromessa, la società Cascina ha chiesto nel corso dell’anno 2005 al  Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino, in quanto ente gestore  del sito, di adottare le misure necessarie ad impedire il degrado  ambientale del sito stesso. 16 Non  avendo ricevuto risposta, nel 2006 la società Cascina ha presentato al  Ministero un’istanza‑diffida, ai sensi dell’articolo 9 della direttiva  92/43 e dell’articolo 3, comma 4-bis, del DPR n. 357/97, affinché  provvedesse a riperimetrare o a declassare il sito in questione,  escludendolo dall’elenco dei SIC, essendo venuti meno, a suo avviso, i  presupposti di fatto e di diritto previsti dalla normativa applicabile  e, segnatamente, i requisiti di selezione dei siti atti ad essere  identificati come SIC, di cui all’allegato III della citata direttiva.  L’interesse della società Cascina ad ottenere la riperimetrazione o il  declassamento discenderebbe dalla circostanza che il diritto di  proprietà sul suo terreno incluso nel sito di Brughiera del Dosso è  stato conformato dalla disciplina vincolistica del SIC, a cui è  subordinata qualsiasi attività di trasformazione del suolo. La  soggezione al vincolo impedirebbe di modificare la destinazione dei  terreni, come invece previsto dal piano di riassetto dell’area Malpensa. 17 Con  decisione del 2 maggio 2006, il Ministero si è dichiarato incompetente  ed ha invitato la società Cascina a rivolgersi alla Regione Lombardia,  affermando che, in forza dell’articolo 3 del DPR n. 357/97, sono le  Regioni ad individuare i siti e a comunicarne l’elenco a detto  ministero. La società Cascina ha allora riproposto l’istanza alla  Regione Lombardia, che l’ha respinta con decisione del 26 luglio 2006,  con la motivazione secondo cui la richiesta formulata «potrà essere  presa in considerazione solo nel momento in cui il Ministero (...)  dovesse richiedere alle Regioni l’avvio della procedura prevista  dall’articolo 3, comma 4-bis, del [DPR n. 357/97]». 18 Dinanzi  al rifiuto dell’amministrazione di pronunciarsi sulla sua istanza, la  società Cascina ha proposto ricorso in primo grado dinanzi al Tribunale  amministrativo regionale per la Lombardia contro i suddetti due  provvedimenti, lamentando l’illegittima inerzia del Ministero e della  Regione Lombardia. In tale ricorso essa ha chiesto altresì il  risarcimento del danno. 19 Con  sentenza del 15 dicembre 2009, detto giudice ha respinto il ricorso  nella sua interezza. In tale sentenza, il giudice ha rilevato che  l’articolo 3, comma 4-bis, del DPR n. 357/97 prevede un potere di  iniziativa e di proposta, per l’individuazione dei SIC, in capo alle  Regioni, sicché al Ministero non poteva essere addebitata alcuna  illegittima inerzia. Inoltre, lo stesso giudice ha interpretato la  decisione della Regione Lombardia non già quale rifiuto di provvedere,  bensì come manifestazione dell’intenzione di continuare a comprendere il  sito di Brughiera del Dosso nell’elenco dei SIC, nonostante i fenomeni  di inquinamento, cosicché neanche la domanda di accertamento  dell’illegittima inerzia della regione suddetta poteva essere accolta. 20 La  società Cascina ha proposto appello contro detta sentenza dinanzi al  Consiglio di Stato. Essa contesta, in particolare, l’interpretazione che  tale sentenza dà dell’articolo 3, comma 4-bis, del DPR n. 357/97 e  sostiene che una lettura di tale disposizione alla luce della direttiva  92/43 induce a ritenere che il potere d’iniziativa per la revisione  dell’elenco dei SIC spetti non solo alle Regioni, ma anche allo Stato,  il che renderebbe illegittimo il rifiuto del Ministero di pronunciarsi  sulla sua istanza presentata nel 2006. 21 Invitato  ad esaminare la fondatezza di tale argomentazione ai fini della  soluzione della controversia, il Consiglio di Stato si interroga, in  particolare, sulla questione se le disposizioni della direttiva citata  attribuiscano allo Stato interessato, a pari titolo che alle Regioni, un  potere di iniziativa per la revisione di detto elenco, che lo Stato  potrebbe esercitare, se del caso, in via sostitutiva rispetto alle  Regioni medesime. Allo stesso modo, il predetto giudice chiede se tale  potere possa esercitarsi non solo di propria iniziativa da parte  dell’autorità amministrativa competente, ma anche su istanza di privati  proprietari di aree comprese in un sito incluso in detto elenco, e se  gli Stati membri debbano agire nel senso di una revisione, o addirittura  di un declassamento del sito, qualora osservino il sopravvenire di  cambiamenti rispetto alla situazione originaria di detto sito. Il  suddetto giudice nutre altresì dubbi in merito all’interpretazione delle  disposizioni della direttiva citata rilevanti a questo proposito. 22 Alla  luce di quanto sopra, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il  procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni  pregiudiziali: «1)      Se osti alla  corretta applicazione degli articoli 9 e [11] della direttiva [92/43]  la disposizione nazionale (articolo 3, comma 4‑bis, del DPR n. 357/1997)  che prevede un potere di ufficio delle Regioni e delle Province  autonome di proporre la revisione dei SIC, senza contemplare anche un  obbligo di provvedere in capo a tali Amministrazioni, nel caso in cui i  privati proprietari di aree comprese nei SIC sollecitino motivatamente  l’esercizio di tale potere, quantomeno nel caso in cui i privati  deducano il sopravvenuto degrado ambientale dell’area; 2)      se  osti alla corretta applicazione degli articoli 9 e [11] della direttiva  [92/43] la disposizione nazionale (articolo 3, comma 4‑bis, del DPR  n. 357/1997) che prevede un potere di ufficio delle Regioni e delle  Province autonome di proporre la revisione dei SIC, a seguito di una  valutazione periodica, senza prevedere una puntuale cadenza temporale  della valutazione (ad es. biennale, triennale, etc.) e senza prevedere  che della valutazione periodica demandata alle Regioni e Province  autonome si dia avviso mediante forme di pubblicità collettiva volte a  consentire agli stake-holders di presentare osservazioni o proposte; 3)      se  osti alla corretta applicazione degli articoli 9 e [11] della direttiva  [92/43] la previsione nazionale (articolo 3, comma 4‑bis, del DPR  n. 357/1997) che contempla l’iniziativa per la revisione dei SIC in capo  alle Regioni e alle Province autonome, senza prevedere un potere di  iniziativa anche dello Stato, quanto meno in via sostitutiva, in caso di  inerzia delle Regioni o delle Province autonome; 4)      se  osti alla corretta applicazione degli articoli 9 e [11] della direttiva  [92/43] la disposizione nazionale (articolo 3, comma 4‑bis, del DPR  n. 357/1997) che prevede un potere di ufficio delle Regioni e delle  Province autonome di proporre la revisione dei SIC, del tutto  discrezionale, e non doveroso, nemmeno nel caso in cui siano  sopravvenuti – e formalmente accertati – fenomeni di inquinamento o  degrado ambientale; 5)      (...) se  il procedimento disciplinato dall’articolo 9 della direttiva [92/43],  regolamentato dal legislatore nazionale mediante l’articolo 3, comma  4‑bis, del DPR n. 357/97, debba intendersi come un procedimento che deve  terminare necessariamente con un atto amministrativo, ovvero come  procedimento ad esito meramente facoltativo[, tenendo presente che] per  “procedimento che deve terminare necessariamente con un atto  amministrativo” deve intendersi un procedimento che “laddove ricorrano i  presupposti debba consistere nella trasmissione della proposta  regionale, ad opera del Ministro dell’ambiente e della tutela del  territorio, alla Commissione (...)” e senza che ciò involga alcuna  considerazione sul se debba intendersi come procedimento attivabile  soltanto d’ufficio o anche a istanza di parte; 6)      se  [il diritto dell’Unione] e, in particolare, la direttiva [92/43] ostino  alla legislazione di uno Stato membro che imponga l’apertura del  procedimento di declassificazione, anziché l’adozione di ulteriori  misure di monitoraggio e salvaguardia, sulla base della segnalazione di  un privato circa lo stato di degrado del sito; 7)      se  [il diritto dell’Unione] e, in particolare, la direttiva [92/43] ostino  alla legislazione di uno Stato membro che imponga l’apertura di un  procedimento di declassificazione di un sito ricompreso nella rete  Natura 2000 a protezione di interessi esclusivamente privati di natura  economica; 8)      se [il diritto  dell’Unione] e, in particolare, la direttiva [92/43] ostino alla  legislazione di uno Stato membro che preveda, in presenza di progetti di  infrastrutture di interesse generale, sociale ed economico,  riconosciuti anche dall’Unione (...) che possano portare un  danneggiamento di un habitat naturale riconosciuto ai sensi della  direttiva, l’apertura di un procedimento di declassificazione del sito  anziché l’adozione di misure compensative per garantire la coerenza  globale della rete Natura 2000; 9)      se  [il diritto dell’Unione] e, in particolare, la direttiva [92/43] ostino  alla legislazione di uno Stato membro che, in materia di habitat  naturali, dia rilevanza agli interessi economici dei singoli  proprietari, consentendo loro di ottenere dal giudice nazionale un  provvedimento che obblighi alla riperimetrazione del sito; 10)      se  [il diritto dell’Unione], e, in particolare, la direttiva [92/43]  ostino alla legislazione di uno Stato membro che preveda la  declassificazione del sito in presenza di un degrado di origine  antropica e non naturale». Sulle questioni pregiudiziali Sulle questioni prima, quarta e quinta 23 Con  le questioni prima, quarta e quinta, che occorre esaminare  congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli  articoli 4, paragrafo 1, 9 e 11 della direttiva 92/43 debbano essere  interpretati nel senso che le autorità competenti degli Stati membri  sono tenute a proporre alla Commissione il declassamento di un sito  iscritto nell’elenco dei SIC, qualora sia stata ad esse presentata, da  parte del proprietario di un terreno incluso in tale sito, un’istanza  che adduce il degrado ambientale di quest’ultimo. 24 Prima  di verificare se detta direttiva preveda il declassamento di un sito  iscritto nell’elenco dei SIC, occorre ricordare la procedura prevista  dalla direttiva medesima ai fini dell’iscrizione di un sito nell’elenco.  Più in particolare, in forza dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della  direttiva in parola, l’iscrizione è oggetto di una decisione della  Commissione su proposta dello Stato membro interessato. A questo  proposito, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/43 precisa che  gli Stati membri suggeriscono, se del caso, un adattamento di tale  elenco alla luce dell’esito della sorveglianza dello stato di  conservazione delle specie e degli habitat naturali interessati, che  tali Stati assicurano conformemente all’articolo 11 della citata  direttiva. L’articolo 4, paragrafo 4, di quest’ultima, a sua volta,  stabilisce l’obbligo degli Stati membri di designare come ZSC tutti i  siti inclusi nell’elenco dei SIC. 25 Se  è pur vero che nessuna disposizione della direttiva 92/43 prevede  esplicitamente il declassamento di un sito iscritto nell’elenco dei SIC,  occorre tuttavia rilevare che l’articolo 9 di tale direttiva consente  alla Commissione di prendere in considerazione il declassamento di una  ZSC qualora ciò sia giustificato dall’evoluzione naturale riscontrata  grazie alla sorveglianza che gli Stati membri assicurano ai sensi  dell’articolo 11 della medesima direttiva. Orbene, un simile  declassamento implica necessariamente il declassamento di un SIC, atteso  che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, della suddetta direttiva,  tutti i SIC devono essere designati quali ZSC dagli Stati membri. 26 Ne  consegue che l’adattamento dell’elenco dei SIC suggerito dagli Stati  membri alla Commissione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della  stessa direttiva può includere il declassamento di un sito iscritto  nell’elenco dei SIC, il quale, in assenza di disposizioni particolari,  deve effettuarsi secondo la medesima procedura seguita per l’iscrizione  del sito in tale elenco. 27 In  proposito va rilevato che, sebbene dalle disposizioni sulla procedura  di individuazione dei siti atti ad essere designati quali ZSC, dettate  dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 92/43, risulti che gli  Stati membri godono di un certo margine di discrezionalità nel formulare  le loro proposte di siti, ciò non toglie che essi devono effettuare  tale operazione rispettando i criteri stabiliti da detta direttiva (v.,  segnatamente, sentenza Commissione/Irlanda, C‑67/99, EU:C:2001:432,  punto 33). Ne consegue che, qualora gli esiti della sorveglianza che  tali Stati assicurano ai sensi dell’articolo 11 della direttiva in  parola portino a concludere che i suddetti criteri non possono più,  senza rimedio possibile, essere rispettati, tali Stati debbono  necessariamente formulare, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, della  stessa direttiva, una proposta di adattamento dell’elenco dei SIC volta a  rendere quest’ultimo nuovamente conforme ai predetti criteri. 28 Pertanto,  qualora un sito iscritto nell’elenco dei SIC non sia definitivamente  più in grado di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della  direttiva 92/43 e, quindi, non vi siano più ragioni che giustifichino  che tale sito resti soggetto alle prescrizioni della direttiva stessa,  lo Stato membro interessato è tenuto a proporre alla Commissione il  declassamento del sito in questione. Infatti, qualora lo Stato  interessato si astenesse dal proporre tale declassamento, potrebbe  continuare a far uso invano delle risorse per la gestione del sito, che  risulterebbero inutili alla conservazione degli habitat naturali e delle  specie. Inoltre, il permanere nella rete Natura 2000 di siti che,  definitivamente, non contribuiscono più alla realizzazione dei  summenzionati obiettivi non sarebbe conforme ai requisiti di qualità di  tale rete. 29 L’obbligo  che grava sugli Stati membri di proporre alla Commissione il  declassamento di un sito iscritto nell’elenco dei SIC, divenuto  irrimediabilmente inidoneo a conseguire gli obiettivi della direttiva  92/43, si impone a maggior ragione qualora tale sito includa un terreno  che appartiene ad un proprietario, l’esercizio del cui diritto di  proprietà soggiace a restrizioni a motivo di detta iscrizione, malgrado  che non sia più giustificato che il sito in questione continui ad essere  assoggettato alle prescrizioni della citata direttiva. Infatti, come  rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni,  finché il sito considerato corrisponde, per le sue qualità, ai  presupposti che hanno consentito la sua classificazione, le restrizioni  al diritto di proprietà sono, in linea di principio, giustificate  dall’obiettivo di protezione dell’ambiente perseguito da detta direttiva  (v., in tal senso, sentenza Križan e a., C‑416/10, EU:C:2013:8, punti  da 113 a 115). Tuttavia, qualora dette qualità vengano definitivamente  meno, il permanere delle restrizioni all’utilizzo di questo sito  potrebbe condurre ad una violazione del citato diritto di proprietà. 30 Occorre  precisare però che la semplice allegazione dell’esistenza di un degrado  ambientale di un SIC, effettuata dal proprietario di un terreno  compreso in tale sito, non può essere sufficiente, di per sé, a  comportare un siffatto adattamento dell’elenco dei SIC. È essenziale che  tale degrado renda il sito irrimediabilmente inidoneo ad assicurare la  conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora  selvatiche o la costituzione della rete Natura 2000, di modo che il sito  in questione non possa definitivamente più contribuire alla  realizzazione degli obiettivi della summenzionata direttiva contemplati  agli articoli 2 e 3 di quest’ultima. Infatti, come risulta dall’articolo  4, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva, è il perseguimento di  detti imperativi di conservazione e di costituzione di tale rete che ha  condotto all’iscrizione di un sito siffatto nell’elenco di cui sopra. 31 Pertanto, non qualunque forma di degrado di un sito iscritto nell’elenco dei SIC ne giustifica il declassamento. 32 A  tale riguardo, va rilevato che l’articolo 6, paragrafo 2, della  direttiva 92/43, al quale rinvia l’articolo 4, paragrafo 5, della  medesima direttiva, impone agli Stati membri l’obbligo di tutelare i SIC  adottando le opportune misure per evitare il degrado degli habitat  naturali e delle specie che essi ospitano. L’inadempimento, da parte di  uno Stato membro, di tale obbligo di tutela per un sito determinato non  giustifica necessariamente il declassamento di tale sito (v., per  analogia, sentenza Commissione/Irlanda, C‑418/04, EU:C:2007:780, punti  da 83 a 86). Al contrario, il suddetto Stato ha l’obbligo di adottare le  misure necessarie alla salvaguardia del sito. 33 Inoltre,  va del pari rilevato che un sito iscritto nell’elenco dei SIC può  legittimamente subire incidenze significative per effetto di un piano o  di un progetto incompatibile con gli obiettivi di tutela della direttiva  92/43 soltanto a condizione che siano rispettate le norme di cui  all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, di tale direttiva, al quale l’articolo  4, paragrafo 5, di quest’ultima rinvia, che impongono un’opportuna  valutazione dell’impatto ambientale e, eventualmente, l’adozione di ogni  misura compensativa necessaria per la sua tutela. 34 Peraltro,  per i piani o i progetti non ricadenti nell’ambito di applicazione  dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva 92/43 al momento della  loro adozione, la Corte ha dichiarato che non può escludersi che uno  Stato membro, in analogia con il procedimento derogatorio previsto  dall’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva, invochi, in un  procedimento di diritto nazionale di valutazione dell’impatto ambientale  di un piano o di un progetto atto a pregiudicare in modo significativo  gli interessi inerenti alla conservazione di un sito, un motivo di  interesse pubblico e possa, se sostanzialmente ricorrono i presupposti  fissati da quest’ultima disposizione, autorizzare un’attività che  conseguentemente non sarebbe più vietata dal paragrafo 2 di tale  articolo. Tuttavia, per poter verificare se le condizioni previste  dall’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 92/43 siano soddisfatte,  gli effetti del piano o del progetto devono, preliminarmente, essere  stati analizzati a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, di detta  direttiva (v. sentenza Commissione/Spagna, C‑404/09, EU:C:2011:768,  punti 156 e 157). 35 Ne  consegue che le autorità nazionali competenti sono così tenute a  proporre il declassamento di un sito solo qualora, nonostante il  rispetto delle suddette disposizioni, quest’ultimo sia divenuto  irrimediabilmente inidoneo a perseguire gli obiettivi della direttiva  92/43, cosicché la sua classificazione come SIC non risulti più  giustificata. 36 Alla  luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alle  questioni prima, quarta e quinta dichiarando che gli articoli 4,  paragrafo 1, 9 e 11 della direttiva 92/43 devono essere interpretati nel  senso che le autorità competenti degli Stati membri sono tenute a  proporre alla Commissione il declassamento di un sito iscritto  nell’elenco dei SIC, qualora sia stata ad esse presentata, da parte del  proprietario di un terreno incluso in tale sito, un’istanza che adduce  il degrado ambientale di quest’ultimo, purché tale istanza sia motivata  dalla circostanza che, malgrado il rispetto delle disposizioni  dell’articolo 6, paragrafi da 2 a 4, di detta direttiva, il sito in  questione non può definitivamente più contribuire alla conservazione  degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche o  alla costituzione della rete Natura 2000. Sulla seconda questione 37 Tenuto  conto della risposta fornita alle questioni prima, quarta e quinta, non  occorre rispondere alla seconda questione, giacché una risposta a  quest’ultima non è più strettamente necessaria alla soluzione della  controversia di cui al procedimento principale. Sulla terza questione 38 Con  la sua terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se  gli articoli 4, paragrafo 1, 9 e 11 della direttiva 92/43 debbano essere  interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che  attribuisca la competenza a proporre l’adattamento dell’elenco dei SIC  soltanto agli enti locali territoriali, e non anche – quanto meno in via  sostitutiva in caso di inerzia di tali enti – allo Stato. 39 In  proposito, occorre rilevare che la direttiva in esame pone a carico  degli Stati membri taluni obblighi senza fare riferimento ad una qualche  ripartizione delle competenze nell’ordinamento interno per quanto  riguarda l’esecuzione degli obblighi stessi. Pertanto, detta direttiva  non precisa le modalità di attribuzione, nell’ambito dell’ordinamento  interno, della competenza a proporre l’adattamento dell’elenco dei SIC. 40 In  difetto di una simile precisazione, occorre conformarsi alla regola  prevista dall’articolo 288, terzo comma, TFUE, secondo cui la direttiva,  pur vincolando lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il  risultato da raggiungere, lascia agli organi nazionali la competenza in  merito alla forma e ai mezzi. La designazione delle autorità nazionali  competenti incaricate di adempiere gli obblighi imposti dalla direttiva  92/43 rientra nell’ambito di tale competenza. 41 A  questo riguardo, il diritto dell’Unione richiede unicamente che la  trasposizione nel diritto nazionale della direttiva 92/43, anche per  quanto concerne detta designazione, garantisca effettivamente la piena  applicazione della direttiva stessa in modo sufficientemente chiaro e  preciso (v. in tal senso, segnatamente, sentenza Commissione/Austria,  C‑507/04, EU:C:2007:427, punto 89). 42 Infatti,  se è pur vero che ciascuno Stato membro è libero di attribuire come  meglio crede le competenze sul piano interno e di attuare una direttiva  mediante provvedimenti adottati dalle autorità regionali o locali, tale  facoltà non può però dispensarlo dall’obbligo di garantire una completa  esecuzione degli obblighi discendenti dalla direttiva stessa. 43 Di  conseguenza, il diritto dell’Unione non esige che la competenza  attribuita ad enti locali territoriali per l’esecuzione degli obblighi  della direttiva 92/43 sia integrata da una competenza sussidiaria dello  Stato. Inoltre, gli obblighi che gravano su uno Stato membro in forza  della stessa direttiva, e in particolare quello di proporre  l’adattamento dell’elenco dei SIC, non implicano, in termini di  ripartizione interna delle competenze, che lo Stato debba,  eventualmente, sostituirsi all’inerzia degli enti locali territoriali.  Tuttavia, il diritto dell’Unione esige che il complesso delle misure  adottate secondo le modalità dell’ordinamento giuridico nazionale sia  sufficientemente efficace per consentire un’applicazione corretta delle  prescrizioni della direttiva 92/43 (v., in tal senso, sentenza  Germania/Commissione, C‑8/88, EU:C:1990:241, punto 13). 44 Alla  luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla terza  questione dichiarando che gli articoli 4, paragrafo 1, 9 e 11 della  direttiva 92/43 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano  ad una normativa nazionale che attribuisca la competenza a proporre  l’adattamento dell’elenco dei SIC soltanto agli enti locali  territoriali, e non anche – quanto meno in via sostitutiva in caso di  inerzia di tali enti – allo Stato, purché detta attribuzione delle  competenze garantisca l’applicazione corretta delle prescrizioni della  citata direttiva. Sulle questioni dalla sesta alla decima 45 Va  ricordato che, nell’ambito del procedimento previsto dall’articolo  267 TFUE, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta  la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda  decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari  circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale  per poter emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle  questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni  sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la  Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare,  sentenza Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013;105, punto 39 e la  giurisprudenza ivi citata). 46 La  presunzione di rilevanza che si riconnette alle questioni sottoposte in  via pregiudiziale dai giudici nazionali può essere superata solo in  casi eccezionali, qualora sia evidente che l’interpretazione richiesta  del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o  con l’oggetto del procedimento principale, oppure qualora il problema  sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli  elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile  alle questioni che le vengono sottoposte. 47 Orbene,  nel caso in esame, come riconosce lo stesso giudice del rinvio nella  sua domanda di pronuncia pregiudiziale, è pacifico che le questioni  dalla sesta alla decima, sollevate dinanzi ad esso dalla Regione  Lombardia, sono di natura ipotetica. Difatti, sulla base degli elementi  forniti da detto giudice, tali questioni si riferiscono ad una normativa  nazionale che attualmente non esiste nell’ordinamento giuridico  italiano. 48 Di conseguenza, le questioni dalla sesta alla decima devono essere dichiarate irricevibili. Sulle spese 49 Nei  confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa  costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui  spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti  per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a  rifusione. Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara: 1)      Gli  articoli 4, paragrafo 1, 9 e 11 della direttiva 92/43/CEE del  Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat  naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come  modificata dall’Atto relativo alle condizioni di adesione all’Unione  europea della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della  Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di  Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della  Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica  slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione  europea, devono essere interpretati nel senso che le autorità competenti  degli Stati membri sono tenute a proporre alla Commissione europea il  declassamento di un sito iscritto nell’elenco dei siti di importanza  comunitaria, qualora sia stata ad esse presentata, da parte del  proprietario di un terreno incluso in tale sito, un’istanza che adduce  il degrado ambientale di quest’ultimo, purché tale istanza sia motivata  dalla circostanza che, malgrado il rispetto delle disposizioni  dell’articolo 6, paragrafi da 2 a 4, di detta direttiva, come  modificata, il sito in questione non può definitivamente più contribuire  alla conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della  flora selvatiche o alla costituzione della rete Natura 2000. 2)      Gli  articoli 4, paragrafo 1, 9 e 11 della direttiva 92/43, come modificata  dall’Atto relativo alle condizioni di adesione all’Unione europea della  Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro,  della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della  Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di  Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli  adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea, devono  essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa  nazionale che attribuisca la competenza a proporre l’adattamento  dell’elenco dei siti di importanza comunitaria soltanto agli enti locali  territoriali, e non anche – quanto meno in via sostitutiva in caso di  inerzia di tali enti – allo Stato, purché detta attribuzione delle  competenze garantisca l’applicazione corretta delle prescrizioni della  citata direttiva. 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