Il nudge (anche nell’ambiente) tra managerialismo e Foucault

di Alberto PIEROBON

pubblicato su osservatorioagromafie.it. Si ringraziano Autore ed Editore.

Mi pare che la teoria-approccio del nudge o della «spinta gentile»1, possa leggersi in un qualche modo come collegata al rischio e all’incertezza, quindi al probabilismo degli eventi. È questa una teoria ultimamente molto in voga che non intendo qui dettagliatamente analizzare, però vorrei cogliere l’occasione per avanzare alcune mie prime (ancorché sommarie) considerazioni, riservandomi di intervenire in un apposito scritto2.

Anzitutto, per nudges si indicano quei «piccoli indizi, aiutini, suggerimenti, pungoli, incentivi, “spintarelle”, ma anche “esche” (se non vere e proprie trappole), che orientano (più o meno intenzionalmente) la nostra mente a prendere certe decisioni invece di altre»3, ovvero a quei comportamenti che vengono sostanzialmente orientati, per la «razionalità limitata» dei consumatori (o degli altri soggetti), sulla scorta delle scienze cognitive e comportamentali, nell’interesse della comunità ovvero al c.d. «bene comune»4.

Il «caso classico» delle decisioni di investimento da parte dell’imprenditore5, che richiama gli «animal spirits» di keynesiana memoria ci porta al «cosa può fare la politica pubblica per rafforzare gli animal spirits e stimolare così gli investimenti e quindi la crescita e l’occupazione?» proprio perché non basta valutare il rischio e le condizioni di incertezza sulle quali Keynes ripeteva «non sappiamo», talché, per l’appunto, affermava che «per prendere decisioni occorre fare ricorso agli spiriti animali»6.

Invero qui la finzione è di considerare gli animal spirits come un soggetto che rientra nei fattori economici operanti nel mercato. Potremmo fruttuosamente poi discettare sulla «analisi costi-benefici», come pure sulle azioni sociali che producono effetti non preventivati, soventemente inintenzionali.

In realtà, il concetto mostra uno «scarto tra il comportamento subottimale di noi agenti, limitati e fallibili, e il comportamento “massimizzante” dell’agente a razionalità perfetta»7.

Sono comportamenti legati a instabilità e incertezza sul futuro, di ordine cognitivo, sulla base di decisioni basate, appunto, sulla «conoscenza incerta» che non può trovare soluzione ricorrendo al calcolo probabilistico, proprio perché semplicemente «non sappiamo» e «ammettendo che il nostro giudizio individuale non vale nulla, e che perciò ci converrà ricorrere al giudizio del resto del mondo, che forse è meglio informato» ancorché il sistema di riferimento (nel caso di Keynes quello capitalistico) non sia «ergodico»8.

Il principio del nudge risiede nell’idea che le nostre scelte (micro) siano basate su spinte interiori, in realtà si ricade in talune forme di incentivazioni, anche di stampo utilitaristico, sottese a cambiamenti che si presuppongono essere, in una diversa scala, persino “macro”9.

Volendo dare un senso più ampio e “alto” al nostro collocarsi in queste dinamiche, se non al nostro “esistere”, dovremmo prima comprendere che siamo in… «una civiltà bugiarda, non solo perché soffoca, ma anche perché dissipa e distrugge. In fondo quello che di grande avevano le civiltà passate era il senso dell’inutile (altrimenti N.d.R.) una civiltà che non lasci spazio all’inutile, che funzionalizzi tutto, è una civiltà suicida»10.

In una mia prima approssimazione, il nudge consiste in una teoria-approccio fondata su postulati semplificati, rimanendo entro l’ambito dell’utilitarismo, andando a sostituire il pensiero secondo il quale il comportamento umano segue determinati modelli (quasi sempre razionali), che vanno normati (alla fin fine oltre l’esortazione valoriale o certuni virtuosismi) secondo la logica delle punizioni e degli incentivi, invece il nudgepresta attenzione alla produttività individuale e al controllo di qualità, ossia a comportamenti che si conformano nei confronti di un interesse che seppur non tradizionale, rimane quasi come fosse un a-priori 11.

Tuttavia, per la teoria della «visione integrale»12, nessuno degli approcci include l’altro, ed entrambi non tengono conto degli altri due fattori, essendo «ogni individuo collocato in una rete di sistemi interdipendenti e di processi vicendevolmente collegati», ecco perché occorre trattare «il sistema aziendale nella sua globalità come una rete unificata», rivolgendoci ad «ogni fenomeno attraverso le quattro prospettive o dimensioni che (vengono chiamati N.d.R.) quadranti: l’interno e l’esterno dell’individuo, l’interno e l’esterno dei gruppi (o della collettività)»13.

In buona sostanza siamo al cospetto di un rinnovato « management culturale» (la cultura aziendale che tiene conto degli aspetti interiori del gruppo) e della c.d. «teoria dei sistemi» (che riguarda gli aspetti esteriori) con la quale si enfatizza il sistema sociale e il suo ambiente14.

Si tratta, alla fin fine, di una “riverniciatura”, ovvero di una pseudo umanizzazione delle tecniche aziendali o anche di governance, cercando di creare consenso e coesione, nei micro-comportamenti ritenuti essere virtuosi, ma soltanto perché essi corrispondono ai desiderata dell’efficienza e dell’efficacia, onde meglio raggiungere dei prefissati interessi e/o obiettivi (non solo i budget).

Si camuffa così il «criterio del tornaconto» che rimane da sfondo nelle iniziative private e pubbliche. Inoltre, queste iniziative, spesso varate a costo zero, sono pungolate, incentivate, assecondate, sussunte nella gestione, comunque lasciando indenne, anzi blindando ulteriormente, la struttura in cui esse operano, nonché il sistema di fondo (economico e sociale).

Nella ricaduta “micro” dei comportamenti sarebbe opportuno considerare anche il criterio della redditività sociale, che però è valutabile solamente da «uno Stato che non sia il sottoprodotto delle attività di un casinò»15.

Sbrigativamente parlando, il nudge-ocracy costituisce una «terza via» tra il lasseiz-faire e l’interventismo statale16, infatti venne utilizzata dal Governo statunitense di Barak Obama, come pure da quello inglese di David Cameron17.

Più in generale, si tende a congeniare ed avviare queste iniziative considerando l’eccessiva (talvolta soffocante) presenza di modelli e regole18.

Per cui l’imporre nuove condotte, con nuove regole, non sembra essere sempre efficace, anche perché il successo di questi comportamenti (obbedienze?) dipende da tantissime altre cose.

Ne viene che la «spinta gentile» può teoricamente risultare utile, ad esempio, allorquando si vogliano creare dei presupposti (culturali e di opinione) in vista della futura adozione di nuove regole che prospettano delle riforme, se non dei cambiamenti p.c.d. “radicali” evitandosi le “resistenze” o altri tipi di “reazioni” da parte dei destinatari (sintomaticamente chiamati nel gergo economico «agenti»).

In senso contrario vedasi la regola sul divieto di fumare nei locali pubblici introdotta ex abrupto, come pure la regola sulla patente a punti.

Il nudge può altresì reputarsi utile laddove si intendano sperimentare soluzioni innovative, ovvero quando l’ambiente/settore in cui si ipotizza l’applicazione delle norme sia talmente “sano” che l’adozione di regole non serve, anzi potrebbe risultare dannosa 19 .

Si creano quindi delle opportunità nell’integrazione/interazione tra regole formali e norme sociali.

Pervero, «volenti o nolenti, i nudges sono ovunque, anche se non ce ne accorgiamo. L’architettura delle scelte20, buona o cattiva che sia, è dilagante e inevitabile, e influenza profondamente le nostre decisioni. Non esistono infatti architetture (di scelta) neutrali. Si è sempre spinti (più o meno) gentilmente a fare qualcosa. In questo senso le applicazioni di politica economica derivate dall’economia cognitiva e sperimentale non mirano a imporre decisioni “migliorative”, ma a responsabilizzare chi progetta interventi architettonici a creare migliori ambienti di scelta, più semplici, amichevoli e trasparenti, e quindi potenzialmente vantaggiosi per gli individui e la società»21.

Ma, appunto, queste “spinte” come vengono poi (e come) strumentalmente sussunte nei presupposti o nei paradigmi normativi?

Ad es., si tira in ballo «la spinta gentile» per i rifiuti abbandonati in strada, allorquando non siano presenti in misura sufficiente nel luogo di raccolta dei contenitori, oppure perché essi contenitori sono totalmente assenti o, ancora, perché si tratta di contenitori inidoneamente posizionati secondo gli effettivi bisogni degli utenti (un altro bel tema il “bisogno” degli utenti in rapporto al servizio pubblico)22.

La questione ovviamente non può limitarsi, né essere liquidata sulla base delle lamentazioni addotte dagli autori dell’abbandono, ovvero col semplice considerare che poiché è obbligatorio da parte dell’utenza pagare la tariffa per il servizio pubblico “qualcuno” (cioè l’ente titolare e il gestore pubblico) è comunque tenuto alla rimozione di questi rifiuti dal suolo pubblico.

Intanto, si dovrebbe “risintonizzare” il servizio pubblico su questi “errori”, in una ottica più qualitativa e meno di economizzazione dei costi di gestione: per fare un solo esempio di larvata truffa anche pubblica, si vedano le famose «curve di efficienza» sottese alla progettazione e all’erogazione dei servizi23.

Inoltre, non serve, come ho osservato in tante realtà istituzionali, intestardirsi sulle campagne educative (che talvolta foraggiano altri interessi, tra mass-media e organizzazioni ivi gravitanti) che sono più didattiche che educative.

Semmai occorre diversamente consapevolizzate le persone-utenti, onde instillare o trasformare in loro una sorta di “coscienza ecologica”, più che continuare a fare da cinghia di trasmissione dei desiderata delle Autorità varie alla collettività e agli utenti.

Infatti, solitamente queste iniziative di formazione, didattiche, educative, ecc. si realizzano tramite affidamenti o convenzioni, a cooperative, onlus , scuole, enti locali ecc., insegnando (in forme indirette, oblique, in salsa divulgativo-didattica) a rispettare le direttive, i regolamenti, i prontuari, eccetera dei Comuni e/o del gestore del servizio pubblico come da loro prefissati “menu24.

Di qui, ancora una volta, una sub-culturalità nell’approccio.

Inoltre, si apre così forse la strada alla costruzione di una scienza socio-morale quale via di uscita dalle “tensioni” o dai problemi normativi e/o di gestione?

Ecco perché qualcuno, semplificando (e un po’ depistando), utilizza il termine di «paternalismo libertario»25.

Insomma, la radice di questa teoria rimane squisitamente opportunistica e di matrice economica-manageriale, mentre i giuristi, ovvero coloro che pongono le regole (o decidono tra le maglie di esse), sembrano come dire… giungere “alla fine”. Cioè al termine di quanto viene valutato e deciso nell’orientare/utilizzare siffatti comportamenti, che vanno considerati negli effetti cognitivi ed emozionali, ma che pur sempre devono essere posti in rapporto a obiettivi e/o finalità che sono ad essi presupposti (posso arrischiarmi a dire… “esterni”?).

Bisogna, allora, capire quali sono le dimensioni della realtà nelle quali possono incistarsi questi comportamenti, cioè quanto questi meccanismi possano aiutare la componente di interesse pubblico, istituzionale in rapporto a quella della società26.

Vorrei aggiungere che per far funzionare le organizzazioni e per gestire i servizi pubblici serve la «voce» “hirshmana”, seppur talvolta possa essere ingannevole «perché i cambiamenti ottenuti possono risultare nell’interesse principale di chi rappresenta i partecipanti»27.

Questo è per me il punto: manca quell’elemento “sacrale” e valoriale, anche simbolico se vogliamo28, che porta alla trasformazione interiore (l’interiorizzazione?) quale vera spinta al cambiamento spontaneo e non coartato che necessariamente include anche l’esterno, gli altri, il Prossimo29.

Ovviamente, in questi campi, il linguaggio e le metodiche debbono necessariamente cambiare30.

Quindi, il nudge rimane un filone comunicativo dove tanti pseudo-esperti, consulenti o non31, sguazzano (assieme ai loro committenti) onde coartare comportamenti che, diversamente, sarebbe difficile per le istituzioni o aziende o altre organizzazioni, persuadere o incanalare, se non dominare.

Trovo possa esserci una qualche assonanza con la «macchina mitologica» di Furio Jesi, in quella sorta di a-priori col quale manipolatoriamente si cerca (nella cultura e nel linguaggio: che poi significano anche una ideologia e un assetto definito di rapporti sociali) 32 di far identificare i comportamenti nudge con modelli «quale fondamento solido e oscuro del processo gnoseologico»33.

Concludendo, il nudgemi pare sia una pseudo-tecnica manageriale, in un potere che «lungi dall’impedire il sapere, lo produce», in una complessità di modi e di espressioni à la Foucault.

1 Che, curiosamente, mi pare essere racchiuso nel termine bUDGEt. Il testo principalmente richiamato è R. Thaler - C. Sunstein, Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità , Milano, 2014.

2 Per una trattazione metodologica e di complessivo senso, sia consentito rinviare a A. Pierobon, La mediocrità della cornice , (titolo provvisorio), di imminente pubblicazione nelle edizioni ambientediritto.it.

3 M. Motterlini - F. Guala, Mente Mercati Decisioni, Milano, 2015, 189 et passim.

4 In realtà, seppur con prospettiva e accezione meno ideologica, è una terminologia che veniva usata più decenni or sono, ad esempio vedasi A. Fanfani, Summula sociale, Roma, 1945, 140.

5 Esaminate nel volume R. Viale - L. Macchi (a cura di), Analisi comportamentale delle politiche pubbliche. Nudge e interventi basati sulle scienze cognitive , Bologna, 2021.

6 Così P.C. Padoan, Presentazione, in R. Viale - L. Macchi (a cura di), Analisi comportamentale delle politiche pubbliche ,cit.,11-13 per il quale «i fattori che influenzano le decisioni imprenditoriali in condizioni di incertezza sono diversi (...) la policy uncertainty (...) la credibilità del policy-making (... la buona reputazione N.d.R. del) policy-maker» ecc. Nell’esempio dell’efficacia delle politiche pubbliche che dipendono, «in relazione inversa, dalla complessità dei processi che le caratterizzano: prendiamo il caso delle riforme strutturali» sempre per l’A. «elemento chiave per il successo della politica di riforma è il cambiamento del comportamento dei soggetti verso cui le misure di riforma sono rivolte (... che N.d.R.) potrebbero “risvegliare” gli spiriti animali, ma potrebbero essere rese inefficaci a causa dell’eccessiva complessità dei processi (… e N.d.R.) richiede anche la determinazione del policy maker». Un altro esempio è dato dalla «innovazione» nell’incontro dei comportamenti da conciliare e sostenere reciprocamente del ricercatore e dell’imprenditore. L’ultimo esempio offerto dall’A. riguarda la «educazione finanziaria» per limitare le asimmetrie informative onde «mitigare la fragilità dei sistemi finanziari e allontanare le crisi».

7 M. Motterlini - F. Guala, op. cit., 176.

8 Ovvero «un sistema il cui futuro non è incerto e può essere previsto mediante una analisi statistica dei dati esistenti» così G. Lunghini - L. Cavallaro, Prefazione, J.M. Keynes, Laissez faire e comunismo , Roma, 2010, 16 e nota 24.

9 Mi pare si possa affermare che questa teoria implicitamente si fondi sulla convinzione (ma con riferimento a “pezzi” di sistemi, cioè limitatamente) che il comportamento del singolo, cioè micro, possa nella adozione-imitazione di altri, diventare (nella sua propagazione) molteplice, se non collettivo, cioè a livello macro, ambendo a cambiare una situazione, orientare una dinamica, scuotere le persone da certe abitudini e così via.

10 R. Meneghelli, È sera ormai. Storie sparse e pensieri segreti d’un anonimo prete , Vigodarzere (PD), 1980,33 et passim.

11 Seppur il nudge cerca di utilizzare la psicologia e certuni “valori” sociali, non sono comportamenti che nascono da una propria consapevolezza del sé e del noi: piuttosto cercano di evitare i conflitti sociali (ad es. tra l’ente di gestione di un servizio pubblico e la cittadinanza-utenza). Qui l’argomento prenderebbe una altra piega sulla quale conviene rinviare ad un prossimo contributo.

12 Sviluppata da K. Wilber, La visione integrale, Spigno Saturnia (LT), 2015.

13 Cfr. altresì D. Innocente, Idee per una visione integrale, Milano-Udine, 2020; K. Wilber, Breve storia del tutto, Roma, 2016.

14 K. Wilber, Integral meditation. Mindulness as a Path to Grow Up, Wake Up and Show in Your Life , Spigno Saturnia (LT), 2016. In particolare «I quadranti nel mondo degli affari», 154-159.

15 G. Lunghini- L. Cavallaro , op. cit., 22-23.

16 Cfr. A. Fanfani, Economia, Brescia, 1953, 150.

17 M. Motterlini - F. Guala, op. cit., 176, 186 e 188.

18 Il che, ammettiamolo, spesso diventa un pretesto e/o un alibi per portare avanti altri interessi e/o iniziative. Non mancano partiti politici, di qualsiasi segno o posizione essi siano (quindi anche nella compagine governativa), che continuano ad additare la selva normativa quale ostacolo al buon procedere nelle attività imprenditoriali e amministrative. Ciò può essere condivisibile, fors’anche in molti casi giusto, ma non può certo essere una lamentela “sempreverde” e prezzemolina, da utilizzarsi indiscriminatamente, secondo slogans annichilistici, che usano questa accetta per disboscare improvvidamente tutto il patrimonio culturale, dottrinario e giuridico formatosi nel tempo.

19 Devo queste considerazioni all’amico prof. avv. Michele Cozzio dell’Università di Trento.

20 «Architetto delle scelte è (...) chi scrive i contratti dei mutui, chi redige i prospetti dei conti correnti, chi disegna le schede elettorali usate per scegliere i candidati, chi illustra al paziente i possibili trattamenti a cui sottoporsi, chi prepara i moduli da compilare per aderire a un’assicurazione sanitaria».

21 M. Motterlini - F. Guala, op. cit., 191. Il termine di «paternalismo libertario» è stato coniato da R. Thaler - C. Sustein, op. cit.

22 Si veda A. Pierobon, Servizi pubblici locali preterintenzionali e tariffe (e non solo) , in ambientediritto.it, Anno XXIV, 2024, 2.

23 Si veda A. Pierobon, Governo e gestione dei rifiuti urbani: approcci, metodi, percorsi e soluzioni , Milano, 2022 e bibliografia ivi citata.

24 Tanto spesso avviene tramite la “colonizzazione” culturale di consulenti ed esperti che si pongono come veri e propri mercenari al servizio delle imprese pubbliche o private, nella riduzione del loro ruolo e in una resa professionale e di impegno etico, anche nei confronti degli enti locali o degli Enti titolari del servizio: cfr. A. Pierobon, Abdicazione di taluni comuni in materia di riprogettazione delle gare di appalto della raccolta e trasporto di rifiuti urbani , in Azienditalia, 2023, 5.

25 «È una posizione paternalista perché ritiene legittimo influenzare i comportamenti individuali architettando scelte che rendano le vite dei cittadini “più lunghe, sane e felici”. Ed è libertaria perché gli individui sono liberi di scegliere quello che preferiscono», M. Motterlini - F. Guala, op. cit. , 192.

26 Su questi temi rimando all’articolato scritto di A. Pierobon, Servizi pubblici locali preterintenzionali e tariffe (ma non solo) , in ambientediritto.it, 2024, 2.

27 L. Meldolesi, Alla scoperta del possibile. Il mondo sorprendente di Albert O. Hirshman , Bologna, 1994, nota 22 a p. 284.

28 Pur nel rischio di attribuire troppa importanza ai simboli. Vedasi, ad esempio, nella scienza quanto avvenuto nel grande dibattito svoltosi all’epoca di Leibniz, dove le scienze (il pensiero) ancora si mischiavano, in un certo modo, alla teologia ed altro ancora: cfr. M.R. Antognazza, Leibniz. Una autobiografia intellettuale , Milano, 2015. Ma il simbolo può attribuire importanza ai messaggi, anche a quelli “interni”. Mentre la politica tende a costruire dei simboli, divorando anche la cultura. Nella nostra “doppia” esistenza, nella sfasatura di piani o livelli, nei sottili e complessi passaggi della nostra crescita personale, possiamo però trovare dei “rimedi” che sono, almeno per me, metafisici. Non serve rendere dolci le cose amare, basta capire fino in fondo l’amaro.

29 Su questo rinvio ancora al mio La cornice della mediocrità, cit.

30 Quale esempio di un inedito stile nella piena conoscenza tecnica dell’argomento - oltre che in uno sfondo culturale davvero preclaro, almeno per coloro che rivestono un ruolo dirigenziale nell’ambito delle funzioni ambientali - rinvio all’originale riflessione che si rifà, tra altro, al pensiero di Alex Langer svolta da G. Angelucci, Al di là della siepe. Pensieri per passare dal disastro ambientale ad una sostenibilità desiderabile , Prefazione di G.A. Benacchio, Bolzano, 2022.

31 Evitando di chiudersi entro i confini angusti dello specialismo, per avventurarsi in diversi campi, tra connessioni e sbalzi creativi. Come nel motto pascaliano: «Impegniamoci a pensare bene» perché «Quello che importa è l’unità (senza tradire la verità N.d.R.), è lo spirito, è la relazione tra carne e spirito», Jean Guitton cit. da J.J. Antier, Jean Guitton. Pensatore e testimone , Milano, 2002, 14-15 recentemente si veda P. Poli, Il pensiero di Jean Guitton: l’uomo, il tempo, Dio, Lecce, 2025. Cfr. altresì A. Pierobon, Ambiente: nuove opportunità per i tecnici, consulenti e periti , in due parti, rispettivamente, in L’Ufficio Tecnico , 2015, 11-12 e 2016, 1; Id., Un itinerario, nel modo artigianale, di padroneggiare metodo e teoria nella disciplina rifiuti , in COMEN Conferenza mediterranea - Colloqui interculturali mediterranei, 2020-2021.

32 F. Jesi, Cultura di destra. Con tre inediti e un’intervista , A. Cavalletti (a cura di), Milano, 2025, 23-26.

33 F. Jesi, Lettura del “Bateau ivre” di Rimbaud, Macerata, 1996, 30.