Caccia e animali. Parere ISPRA e calendario venatorio
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TAR Puglia (BA) sez. I n. 1119 del 3 settembre 2020
Caccia e animali. Parere ISPRA e calendario venatorio
Il legislatore nazionale, al comma 4 dell’art. 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 - recante “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, stabilisce che “Le regioni, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, pubblicano, entro e non oltre il 15 giugno, il calendario regionale e il regolamento relativi all'intera annata venatoria, nel rispetto di quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3, e con l'indicazione del numero massimo di capi da abbattere in ciascuna giornata di attività venatoria”. Pertanto, l’ISPRA, come già plurime volte evidenziato, si configura come un organo di consulenza e supporto tecnico-scientifico delle Regioni, la cui funzione istituzionale non può essere quella di sostituirsi alle Amministrazioni nel compimento delle proprie scelte in materia di caccia, ma quella di supportarle sotto il profilo squisitamente tecnico. Ne deriva che, applicando i principi generali in materia di rapporto tra provvedimento finale ed attività consultiva a carattere di obbligatorietà e non di vincolatività (carattere, quest’ultimo da riconoscersi ai pareri ISPRA ai sensi della succitata norma), l’Amministrazione regionale, nella redazione del Calendario Venatorio, ben può discostarsi dal parere reso dall’organo tecnico, purché dia specifico conto delle valutazioni che l’hanno portata a disattendere il detto parere. Pertanto, l’Amministrazione, se ritiene di discostarsi da alcune delle indicazioni provenienti dall’Istituto, ha l’onere di puntualmente motivare le proprie determinazioni, facendosi carico delle osservazioni procedimentali e di merito e prendendo esplicita posizione in ordine alle osservazioni formulate dall’organo tecnico.
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Rifiuti.Chi abbandona mascherine anche contaminate rischia meno di chi butta una cicca di sigaretta
Chi abbandona mascherine anche contaminate rischia meno di chi butta una cicca di sigaretta
di Gianfranco AMENDOLA
Urbanistica.Provvedimento di demolizione per la diversa distribuzione degli ambienti interni
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Consiglio di Stato Sez. VIn. 5354 del 3 settembre 2020
Urbanistica.Provvedimento di demolizione per la diversa distribuzione degli ambienti interni
Deve essere ritenuto illegittimo il provvedimento di demolizione in ordine alle opere interne, trattandosi di una tipologia di intervento che può essere assoggettata, in base alla disciplina di cui all’art. 6-bis del d.p.r. 380 del 2001, alla sola sanzione pecuniaria. La diversa distribuzione degli ambienti interni mediante eliminazione e spostamenti di tramezzature, purché non interessi le parti strutturali dell’edificio, costituisce attività di manutenzione straordinaria soggetta al regime della comunicazione di inizio lavori.
Rifiuti.Emergenza COVID e rifiuti sanitari. La Legge 4/2020 che ha convertito D.L. Liquidità, trasforma i rifiuti sanitari sterilizzati in rifiuti urbani
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di Giuseppe AIELLO
Urbanistica.Rapporto tra permesso di costruire e certificato di agibilità
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Consiglio di Stato Sez. IIn. 5319 del 31 agosto 2020
Urbanistica.Rapporto tra permesso di costruire e certificato di agibilità
Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti; il titolo edilizio è invece finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche.
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Rumore.Particolare tenuità del fatto
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Cass. Sez. III n. 26077 del 16 settembre 2020 (PU 2 lug 2020)
Pres. Rosi Est. Zunica Ric. Melidoni
Rumore.Particolare tenuità del fatto
L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen. non può essere dichiarata rispetto al reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 cod. pen.) in caso di reiterazione della condotta, in quanto si configura, in tale evenienza, una ipotesi di “comportamento abituale”, ostativa al riconoscimento del beneficio
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