Il MIBAC è assente! Le Soprintendenze locali, i Comuni e le Regioni si inventano le procedure e i controlli riguardo alla formazione degli strumenti urbanistici, mandando in soffitta l’art. 9 della Costituzione

di Massimo GRISANTI

Prendo spunto dalla nota prot. 14109 del 30/10/2013 del Soprintendente BB. AA. di Siena e Grossetto, indirizzata alla Direzione Regionale della Toscana, per portare l’attenzione del MIBAC e degli operatori del settore, pubblici e privati, sulle disposizioni di fondamentale importanza, ai fini della tutela paesaggistica, contenute nell’art. 28 del R.D. n. 1357/1940 di applicazione della legge n. 1497/1939 ed oggi del D. Lgs. n. 42/2004.

 

Il Soprintendente, con riferimento ad una segnalazione circa l’inosservanza, da parte di un Comune nella formazione del piano strutturale urbanistico, delle disposizioni dell’art. 28 del R.D. n. 1357/1940 afferma:

“… La questione posta dalla segnalazione in oggetto riveste un interesse generale e come tale meriterebbe un approfondimento da parte dell’Ufficio Legislativo della nostra Amministrazione.

Analoga questione è stata posta recentemente da questa Soprintendenza a codesta D.R. con nota n. 4013 del 21.3.2011 per quanto riguarda i piani particolareggiati in ambito di tutela paesaggistica. Codesta Direzione Regionale ha provveduto ad inoltrare una richiesta di parere all’Ufficio Legislativo con nota n. 5154 del 4.4.2011. Questa soprintendenza non ha ricevuto ad oggi riscontro in merito. Si osserva che la questione in oggetto presenta aspetti del tutto analoghi.

La segnalazione richiama infatti un disposto normativo (art. 28 R.D. 1357/1940) che, seppur non formalmente abrogato, risulta di fatto superato dall’evoluzione normativa in materia urbanistica e paesaggistica ed in particolare dal trasferimento e delega di funzioni amministrative alle Regioni con D.P.R. 616/1977 (art. 82). Si trasmette a codesta D.R. per comodità copia della corrispondenza citata rimanendo a disposizione per qualsiasi ulteriore supporto istruttorio.”.

 

Prima di soffermarsi sulle affermazioni del Soprintendente, occorre riportare il testo dell’art. 28 del R.D. n. 1357/1940:

“I criteri da seguire nella redazione dei piani regolatori e d'ampliamento dell'abitato debbono essere preventivamente concordati, quanto ai fini della protezione delle bellezze naturali e panoramiche, fra gli uffici interessati e la locale regia Soprintendenza, la quale li comunicherà al Ministero.

Il Ministero prima di consentire l'approvazione dei piani stessi, potrà udire, ove sembri opportuno, la Commissione provinciale per la compilazione degli elenchi delle bellezze naturali.”.

 

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Ebbene, innanzitutto si rimarca che non esiste, assolutamente, l’istituto dell’abrogazione normativa per desuetudine.

Peraltro, il Soprintendente riconosce – stante l’utilizzazione della locuzione “di fatto”, così come della presupposta puntualizzazione “seppur non formalmente abrogata” – che alla successione di norme nel tempo non può attribuirsi portata abrogativa implicita del R.D. n. 1357/1940. In sostanza, sembra ammettere – con un abile giro di parole – che nella Provincia di Siena vi è stata, almeno fino dal 1977, la disapplicazione delle disposizioni statali!

 

A proposito della abrogazione di norme per desuetudine così si esprime il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la sentenza n. 1672/2007:

“… E' il caso di aggiungere, infine, che la prassi in senso contrario seguita dall'Amministrazione comunale di ____, di cui fa cenno l'appellante, non può assumere alcun rilievo di fronte ad un inequivoco testo normativo la cui applicazione si rende necessaria fino a quando non venga espressamente modificato od abrogato dall'Autorità emanante, essendo evidentemente inconfigurabile, ai sensi dell'articolo 15 delle “preleggi”, una abrogazione tacita della norma, per una sorta di sopravvenuta “desuetudine” della stessa.”.

 

Ma il meglio, o il peggio (dipende dai veri interessi del lettore), è da venire!

 

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Non solo l’art. 28 del R.D. n. 1357/1940 non è formalmente abrogato, ma è vero l’esatto contrario!

 

Invero, l’art. 158 del D. Lgs. n. 42/2004 prevede espressamente l’applicazione e l’attualità di tutte le disposizioni del R.D. n. 1357/1940, nonché precisa che non è mai avvenuta la loro abrogazione (anche implicita):

“Fino all'emanazione di apposite disposizioni regionali di attuazione del presente codice restano in vigore, in quanto applicabili, le disposizioni del regolamento approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357.”.

 

Solo con l’emanazione di norme regionali si ha l’effetto disapplicativo del regolamento statale: ovviamente, la formulazione delle disposizioni regionali deve essere fatta d’intesa con lo Stato (il quale non può permettere che venga diminuito lo standard di tutela paesaggistica che assicura il R.D. n. 1357/1940).

 

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Richiamando le pronunce della Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 61/2009) non è assolutamente difficile – nemmeno per i Soprintendenti e Direttori regionali, men che mai per l’Ufficio Legislativo del MIBAC o il suo Direttore generale – scorgere nelle disposizioni dell’art. 28 del R.D. n. 1357/1940 uno standard minimale di tutela (nel senso di adeguata e non riducibile) che non può essere eliso o eluso dai Comuni, né dalle Soprintendenze, né dagli organi Ministeriali.

 

Tantomeno hanno rilievo le disposizioni contenute nel D.P.R. n. 8/1972 con le quali lo Stato ha trasferito alle Regioni a statuto ordinario le funzioni amministrative in materia di urbanistica, giacché quelle di carattere paesistico interferenti con essa - ed espressamente trasferite – sono unicamente quelle previste nella legge n. 765/1967, giammai quelle dell’art. 28 del R.D. n. 1357/1940 (cfr. Corte Costituzionale, n. 141/1972: “… Alle Regioni a statuto ordinario, in conclusione, e in maniera costituzionalmente non illegittima, sono state trasferite solo le funzioni ed attribuzioni del Ministero della pubblica istruzione previste dalle leggi di disciplina dell'urbanistica, nonché dall'art. 5 della ripetuta legge n. 1497 del 1939.”).

 

Infine, si consideri che l’art. 145 del D. Lgs. n. 42/2004, recante disposizioni in tema di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al piano paesaggistico regionale (elaborato d’intesa con lo Stato), non tratta – in alcun modo – la questione della tutela dei beni paesaggistici negli strumenti urbanistici comunali – prevista dal legislatore statale anche nell’art. 10 della legge n. 1150/1942, nel testo modificato dall’art. 3 della legge n. 765/1967 – nelle more di formazione ed approvazione dei piani paesaggistici.

 

Mentre, al contempo, l’art. 155, comma 2-bis del D. Lgs. n. 42/2004, impone a tutti gli Enti territoriali la conformazione degli strumenti di pianificazione urbanistica o territoriale ai principi di di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche dei vari contesti.

Non vi è dubbio, a tal proposito, che le disposizioni dell’art. 28 del R.D. n. 1357/1940 costituiscano esplicazione dei principi di tutela dei beni paesaggistici finalizzate alla salvaguardia delle loro caratteristiche peculiari.

 

Da qui l’ulteriore dimostrazione dell’erroneità delle considerazioni svolte dal Soprintendente BB. AA. di Siena e Grosseto.

 

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In conclusione ad avviso dello scrivente le disposizioni dell’art. 28 del R.D. n. 1357/1940 sono pienamente attuali e vigenti e ne DEVE essere fatta o imposta l’applicazione (da parte del Ministero).

Per l’effetto:

  1. i Comuni non possono procedere nella formazione degli strumenti urbanistici in assenza dell’intesa con le Soprintendenze in ordine ai criteri di tutela delle zone vincolate;

  2. le Regioni non possono procedere nell’approvazione degli strumenti urbanistici comunali in assenza del nulla osta del Ministero.

 

Si ritiene, altresì, che i Pubblici Ministeri, così come le strutture del MIBAC, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155, comma 2-ter e dell’art. 146, comma 12, del D. Lgs. n. 42/2004 e ss.mm.ii., possono impugnare con ricorso al TAR o al Presidente della Repubblica – anzi debbono, visto che la loro è un’azione istituzionalmente volta alla tutela del territorio – gli atti di pianificazione urbanistica o territoriale, ricomprendenti beni paesaggistici, che difettino tanto dell’intesa e del nulla osta ministeriale (prescritti dall’art. 28 del R.D. n. 1357/1940) quanto dell’atto approvativo regionale (prescritto dall’art. 10 della legge n. 1150/1942 e ss.mm.ii. e dall’art. 1, comma secondo, lettera d- del D.P.R. n. 8/1972).

 

 

 

Scritto il 15 novembre 2013