Inapplicabile il silenzio-assenso ex art. 13 della legge 394 del 1991, “Legge quadro sulle aree protette”. Il Consiglio di Stato ribalta la propria posizione: NO al silenzio-assenso nei Parchi.

di Fulvio AlBANESE

 

 

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la Sentenza n. 5188 del 28 ottobre 2013, sgretola la disposizione contenuta nell’articolo 13 della legge 394 del 1991, che prevede l’acquisizione del nulla osta nelle Aree Naturali Protette tramite silenzio–assenso, dopo sessanta giorni dalla presentazione della domanda.

La Sentenza ribalta la tesi della piena vigenza dell’istituto del silenzio, sostenuta dallo stesso Consiglio di Stato con la decisione n 6591 del 29 dicembre 2008, ma adottata dalla Sezione Sesta, nonostante la vigenza del comma 4 dell’art. 20 della l. 241/90, novellato dalla l. 80/2005, che di fatto impediva il formarsi del silenzio assenso in materia ambientalei. L’incompatibilità del silenzio-assenso con l’acquis comunitario, con diverse e fondamentali pronunce della Corte Costituzionale e come finalmente riconosciuto dai Giudici di Palazzo Spada, con la novellata legge 241 del 1990, era stata sollevata dallo scrivente con due articoli il primo pubblicato su questo sito nel dicembre del 2009ii, il secondo su altro sito nel marzo del 2010iii.

La sentenza in commento fa giustizia di una norma ormai obsoleta e inapplicabile, molto pericolosa per la conservazione di ambienti naturali, spesso particolarmente vulnerabili e non sempre compatibili con la presenza di attività umane. Dunque, non può sfuggire l’assoluta necessità dell’Ente Parco, di essere in grado sempre di poter valutare attentamente la possibilità di esercitare tali attività all’interno dell’Area naturale Protetta, mediante il preventivo rilascio del nulla-osta.

Del resto, la Corte Costituzionale negli anni ha fornito un contributo determinante per il superamento del modello di tutela ambientale antropocentrico nel quale l’uomo è protagonista indiscusso e l’ambiente è ridotto ad un semplice mezzo per il soddisfacimento dei suoi bisogni. Infatti, l’inserimento nella legge 394/1991 della procedura di silenzio-assenso non può che leggersi come una strategia mirata soprattutto alla realizzazione delle esigenze umane.

Quindi nel momento in cui la Suprema Corte statuisce: “Oggetto di tutela (cfr. la Dichiarazione di Stoccolma del 1972), è la biosfera, che viene presa in considerazione, non solo per le sue varie componenti, ma anche per le interazioni fra queste ultime, i loro equilibri, la loro qualità, la circolazione dei loro elementi.”, ribadisce con forza che la tutela ambientale con la riforma della Parte seconda del Titolo V della Costituzione, è oggi totalmente incentrata nel modello biocentrico (o ecocentrico) nel quale l’uomo è ridimensionato a pari livello con tutti gli altri membri della comunità vivente facenti parte dell’ecosistema e la specifica tutela (nella fattispecie la legge 394/1991) non è certamente rivolta al soddisfacimento dei suoi bisogni, bensì alla tutela del valore naturalistico presente nell’area concepito come bene della intera comunitàiv.

Vediamo nel dettaglio le motivazioni dei Giudici di Palazzo Spada:

(…)

“La prima questione che l’appello introduce riguarda la formazione del silenzio-assenso sulla istanza di nulla-osta, che il ricorrente ritiene formalizzatosi in base alla norma speciale dell’art. 13 della L. 394/91, non essendo a suo avviso applicabile al caso di specie la precedente norma generale dell’art. 20 della L. 241/90 (come modificata dal comma 6 ter l- n.80/ 2005), secondo cui, come evidenziato dal TAR, la disciplina sul silenzio-assenso non sarebbe riferibile ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico. Il primo giudice, con la sentenza impugnata, ha invece affermato tale applicabilità, rafforzata dall’art. 22 della legge 15/05, operante sino all’adeguamento da parte delle leggi regionali, evidenziando che:

- in materia di competenza concorrente tra Stato e Regione, vige l’osservanza dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, al cui rango assurge il citato art. 20;

- lo stesso art. 28 dell’invocata l.r. Lazio n. 28/1997 “rimanda alla disciplina nazionale contenuta nell’art. 13 della L. 394/91 ed in particolare ai commi 1, 2 e 4 dello stesso articolo”.

Premesso che si pone fuori dalla questione l’art. 28 della L.R. n. 29/97 (poiché non regola alcun silenzio e rimanda alla citata disciplina nazionale contenuta nella “Legge quadro sulle aree protette”), il Collegio è dunque chiamato a stabilire se, come sostiene l’appellante, nel conflitto tra la norma contenuta nell’art. 20 comma 4 della L. 241/90 (come sostituita dalla L. 80/05) e la disposizione dell’art. 13 della L. 394/91, sarebbe quest’ultima, in quanto norma speciale, a dover prevalere su quella generale sopravvenuta o, al contrario, secondo l’orientamento accolto dal TAR, debba darsi prevalenza alla prima. Alla questione deve darsi esito nel senso indicato dal primo giudice, muovendo dal rilievo per cui entrambe le norme hanno la medesima natura procedimentale e vengono a disciplinare lo stesso istituto operante in materia edilizia-ambientale; resta, infatti, escluso che tra esse possa configurarsi un rapporto di specialità, poiché questo presuppone un certo grado di equivalenza tra norme a confronto, ma che non può spingersi sino alla sostanziale identità tra le due discipline in contrasto. In questo secondo caso, il prospettato conflitto tra due disposizioni, che, seppur con esiti opposti per l’istante, disciplinano il medesimo istituto procedimentale del silenzio-assenso, deve quindi essere risolto alla luce della successione nel tempo tra due norme generali e pertanto secondo il principio per cui la legge posteriore abroga la legge anteriore con essa incompatibile (art. 15 cod. civ.). Anche qui il Collegio condivide, perciò, l’orientamento espresso dal TAR, per cui “non si può far ricorso al principio di specialità che postula l’equivalenza tra le norme stesse, ma deve necessariamente applicarsi il criterio cronologico, in base al quale la legge successiva prevale su quella precedente”. Ciò considerato, è evidente che l’intervento dell’art. 20 della legge n. 241/1990, come successivamente modificato, determina che il regime del silenzio-assenso non trovi applicazione in materia di tutela ambientale, con la conseguenza che il diniego di n.o., pur sopravvenuto oltre il termine fissato dalla legge precedente, risulta pienamente legittimo in quanto emesso in forza di un potere non consumatosi – in quanto esplicato nella vigenza della nuova legge - ed il cui esercizio, dunque, non presupponeva l’annullamento in autotutela di un precedente silenzio-assenso, viceversa inesistente. Quanto sopra palesa l’infondatezza dei primi due motivi d’appello, in fatto rubricati sub A e B”.

(…)





N. 05188/2013REG.PROV.COLL.

N. 00906/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 906 del 2009, proposto da: 
Merelli Marco in pr. e q.tit.azienda agricola Marco Merelli, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Marsili, con domicilio eletto presso Pietro Marsili in Roma, via dei Due Macelli, 60;

contro

Parco regionale dei Castelli Romani, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune Di Grottaferrata;

nei confronti di

Regione Lazio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 13241/2007, resa tra le parti, concernente rilascio permesso di costruzione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti l’avv. Pietro Marsili e l’avv. dello Stato Amedeo Elefante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.- In data 11.3.2005, il sig. Marco Merelli presentava al Comune di Grottaferrata, domanda di rilascio di permesso di costruire, ai sensi dell’art. 57 della legge regionale Lazio n.38/1999 (PUA), un centro agricolo aziendale in v. Tuscolana (località Campagnola), su area contraddistinta a catasto dal foglio n.14, part. n.197.

In data 25/1/06 l’istante chiedeva all’Ente Parco dei Castelli Romani il rilascio del nulla osta preventivo e, non avendo l’Ente adottato alcun provvedimento decisorio sull’istanza, riteneva maturato il silenzio assenso ex art. 13 della L. 394/91.

Il Comune di Grottaferrata, dando atto del silenzio-assenso ex art. 13 L. 394/91, rilasciava il permesso a costruire (n. 118/06).

Successivamente (con nota AP-2805 del 26/4/07), l’Ente Parco regionale dei Castelli Romani comunicava al Merelli motivi ostativi al rilascio del nulla-osta; il ricorrente partecipava al procedimento deducendo la formazione del silenzio-assenso e che comunque i rilievi sollevati risultavano privi di fondamento giuridico.

Con provvedimento del 3/8/07, prot. n. 32594, il Comune di Grottaferrata disponeva tuttavia la sospensione dei lavori sulla base del parere dell’Ente Parco; e quest’ultimo, con il provvedimento del 12/9/07 impugnato, negava il rilascio del nulla osta.

2.- Il sig. Merelli, pertanto, adìva il TAR del Lazio, chiedendo:

a) - l'accertamento dell’avvenuta formazione del silenzio assenso, ex artt. 13 della L. n. 394/91 e 28 della legge regionale n. 29/97, sull’istanza di nulla osta preventivo presentata dal ricorrente (prot. n. 412/2006), relativamente al rilascio di un permesso a costruire per l’esecuzione di un centro agricolo aziendale in via Tuscolana, località Campagnola, foglio n. 14, part. n. 197;

b) - l’annullamento:

- - della nota del Parco regionale dei Castelli Romani, AP-6266-12/09/2007, a mezzo della quale si è espresso diniego alla richiesta di nulla osta del ricorrente;

- - ove ritenuto necessario, delle note della Regione Lazio, rispettivamente, nn. D2/2/S/00/29010 del 21/2/06, 82164 del 18/5/07, 15553 del 29/1/07, 195914 del 16/1/06 e n. 79489 del 17/5/07, richiamate nel suddetto provvedimento impugnato dell’Ente Parco;

- - dell’ordinanza di sospensione dei lavori del Comune di Grottaferrata, prot. n. 3264 del 3/8/07, notificata il 27/8/07;

- - di ogni altro atto antecedente, coevo e/o successivo, comunque presupposto e/o connesso ai provvedimenti impugnati;

c) - il risarcimento del danno consequenziale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 7, comma 3, della L. 205/00.

2.1.- A sostegno del gravame il ricorrente proponeva i seguenti motivi di impugnazione.

a)- Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della L. 394/91, degli artt. 20 e 29 della L. 241/90 e s.m.i., degli artt. 12, 14 e 15 delle preleggi, dell’art. 28 della L.R. n. 29/97 e dell’art. 22 della legge n. 15/05 (modifiche ed integrazioni alla legge 241/90); contrariamente a quanto ritenuto dall’Ente Parco, si sarebbe ormai formato il silenzio assenso e quindi l’Ente non avrebbe potuto adottare un provvedimento di diniego sulla domanda di rilascio del nulla osta. Non sarebbe, infatti, applicabile al caso di specie la norma dell’art. 20 della L. 241/90, secondo cui la disciplina sul silenzio assenso non sarebbe applicabile ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, esistendo la norma speciale dell’art. 13 della L. 394/91. La norma del comma quarto dell’art. 20 della L. 241/90 - essendo derogatoria – dovrebbe essere interpretata in modo restrittivo, e quindi non sarebbe applicabile al caso di specie; inoltre la norma non sarebbe applicabile alla fattispecie neppure in considerazione della disposizione dell’art. 29 della L. 241/90; infine l’inapplicabilità della suddetta disposizione si desumerebbe anche dalla norma dell’art. 22, primo comma della L. 15/05, secondo cui resterebbe applicabile la disciplina regionale vigente (art. 28 L.R. 29/97) fino al momento dell’entrata in vigore della disciplina regionale di cui all’art. 29 comma 2 della L. 241/90. Pertanto il diniego di rilascio del nulla osta dovrebbe ritenersi illegittimo.

b)- Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 comma terzo del D.P.R. n. 380/01 e degli artt. 7 e 10 della L. 241/90 – Eccesso di potere per difetto del presupposto ed incompetenza relativa; l’ordinanza di sospensione dei lavori adottata dal Comune di Grottaferrata sarebbe illegittima, atteso che lo stesso Comune aveva rilasciato il permesso a costruire ritenendo concluso il sub procedimento di competenza dell’Ente Parco; inoltre, il permesso di costruire sarebbe stato rilasciato in data 16/11/06, quando era già da tempo entrata in vigore la riforma sul procedimento amministrativo. Infine, ai sensi dell’art. 27 comma 3 del D.P.R. 380/01, la sospensione dei lavori potrebbe essere disposta solo in caso di contestazioni di irregolarità e violazione di norme da parte degli uffici comunali, e non per contestazioni da parte di soggetti terzi, qual è l’Ente Parco.

c)- Infondatezza ed illegittimità dei provvedimenti impugnati; quanto ai punti 2, 3 e 4 del diniego espresso dall’Ente Parco, illegittimamente l’Ente Parco avrebbe fatto riferimento alla disciplina prevista per le zone boscate, non avendo l’area in questione detta natura e mancando detto requisito fattuale; pertanto, non sarebbe applicabile la disciplina prevista dal piano paesaggistico per la zona 8 (zone boscate non compromesse), essendovi stata, nel caso di specie, una errata perimetrazione, e l’art. 28 della L.R. 24/98 prevedrebbe, in caso di errata perimetrazione, l’obbligo di far riferimento, ai fini delle autorizzazioni e dei pareri paesistici, alla effettiva esistenza dei beni; nonostante, secondo l’Ente Parco, il progetto superi gli indici di fabbricabilità, in realtà, trattandosi di piano di utilizzazione aziendale (c.d. P.U.A.), sarebbe ad esso applicabile il regime derogatorio. Illegittimamente, quindi, l’Ente richiamerebbe taluni pareri resi dalla Regione Lazio quando era stato ormai rilasciato il permesso a costruire.

- Nel punto 4 del provvedimento impugnato l’Ente Parco sostiene che l’intervento ricadrebbe in area critica, in quanto inserito in un delicato contesto ambientale caratterizzato dalla limitrofa presenza di boschi e dotato di un alto valore storico ed ambientale, e che pertanto ricorrerebbero i presupposti per il diniego del nulla osta ai sensi dell’art. 11 comma 3 della L. 394/91. Senonché non ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione della suddetta disposizione; comunque detti rilievi non sarebbero stati mai dedotti nel preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. 241/90. Trattandosi di P.U.A., non sarebbe neppure necessario il rilascio del nulla osta da parte dell’Ente Parco.

d)- Violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1 della L. n. 241/90 – Eccesso di potere per sviamento, per contraddittorietà e per illogicità ed ingiustizia manifesta.

Il comportamento tenuto dall’Ente Parco violerebbe il principio del buon andamento della P.A. di cui all’art. 97 Cost..

1.1- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.

2.- Di qui l’appello proposto dal sig. Merelli, che avversa le opposte determinazioni della sentenza, con motivi così riassumibili sui singoli aspetti:

a)- violazione dell’art. 28, comma 1, della legge regionale del Lazio n. 28/1997, in base alla quale il rilascio del titolo edilizio è subordinato al nulla osta dell’autorità preposta alla tutela dell’area naturale protetta, che si intende rilasciato decorsi venti mesi dalla presentazione dell’istanza tesa al suo rilascio; conseguentemente il diniego di nulla osta è illegittimo in quanto sopraggiunto oltre il termine di formazione del silenzio-assenso; nello stesso senso opera l’art. 13 della legge n. 394/1991, che non risulta abrogato da successive disposizioni, nemmeno dall’art. 20 della legge n. 241/1990, come invece erroneamente ritenuto dal TAR, che ha individuato nella disposizione una valenza di nuova disciplina generale della materia;

b)- illegittimità del diniego di nulla-osta, emesso dall’Ente Parco, essendo consumato il potere di provvedere da parte dell’amministrazione;

c)- illegittimità del diniego di nulla-osta, per erronea perimetrazione del Parco, con collocazione dell’area, peraltro priva di bosco, in zona boscata e quindi senza tenere conto della sua effettiva esistenza, anche considerata la natura meramente dichiarativa del vincolo ex lege di cui all’art. 146 del decreto n. 490/1999;

d)- illegittimità del diniego di nulla osta per errato riferimento alla determinazione virtuale di zone boscate contenuta nel PTP;

e)- illegittimità del diniego di nulla osta in relazione alla corretta interpretazione dell’art. 8 della legge regionale n. 2/1984 ed applicazione erronea degli indici di fabbricabilità del PRG relativi al lotto minimo, avvenuta senza considerare che il progetto presentato, costituito da un PUA, beneficiava di un regime derogatorio;

f)- violazione della legge regionale n.38/1999, che delega al Comune, tramite la commissione edilizia, la valutazione dei progetti recanti un PUA;

g)- quanto all’ordinanza di sospensione dei lavori, palese contraddizione col permesso di costruire in precedenza rilasciato;

h)- erronea reiezione dell’istanza risarcitoria;

2.1.- Si è costituito nel giudizio l’Ente Parco regionale dei Castelli romani, resistendo al gravame.

2.2.- Parte appellante ha riepilogato in memoria le proprie tesi e, alla pubblica udienza del 2 luglio 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

La controversia sottoposta alla Sezione dall’appello in esame verte sulla legittimità di un diniego di nulla osta emesso da parco regionale e seguito da ordine comunale di sospensione di lavori di costruzione (iniziati sul presupposto della maturazione del silenzio-assenso sulla domanda edilizia) di un centro agricolo aziendale, su area rientrante nel predetto parco e protetta in forza di vincolo paesaggistico del 1954 (piano territoriale paesistico).

1.- Il gravame è infondato.

1.1.- La prima questione che l’appello introduce riguarda la formazione del silenzio-assenso sulla istanza di nulla-osta, che il ricorrente ritiene formalizzatosi in base alla norma speciale dell’art. 13 della L. 394/91, non essendo a suo avviso applicabile al caso di specie la precedente norma generale dell’art. 20 della L. 241/90 (come modificata dal comma 6 ter l- n.80/ 2005), secondo cui, come evidenziato dal TAR, la disciplina sul silenzio-assenso non sarebbe riferibile ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico. Il primo giudice, con la sentenza impugnata, ha invece affermato tale applicabilità, rafforzata dall’art. 22 della legge 15/05, operante sino all’adeguamento da parte delle leggi regionali, evidenziando che:

- in materia di competenza concorrente tra Stato e Regione, vige l’osservanza dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, al cui rango assurge il citato art. 20;

- lo stesso art. 28 dell’invocata l.r. Lazio n. 28/1997 “rimanda alla disciplina nazionale contenuta nell’art. 13 della L. 394/91 ed in particolare ai commi 1, 2 e 4 dello stesso articolo”. -

Premesso che si pone fuori dalla questione l’art. 28 della L.R. n. 29/97 (poiché non regola alcun silenzio e rimanda alla citata disciplina nazionale contenuta nella “Legge quadro sulle aree protette”), il Collegio è dunque chiamato a stabilire se, come sostiene l’appellante, nel conflitto tra la norma contenuta nell’art. 20 comma 4 della L. 241/90 (come sostituita dalla L. 80/05) e la disposizione dell’art. 13 della L. 394/91, sarebbe quest’ultima, in quanto norma speciale, a dover prevalere su quella generale sopravvenuta o, al contrario, secondo l’orientamento accolto dal TAR, debba darsi prevalenza alla prima. Alla questione deve darsi esito nel senso indicato dal primo giudice, muovendo dal rilievo per cui entrambe le norme hanno la medesima natura procedimentale e vengono a disciplinare lo stesso istituto operante in materia edilizia-ambientale; resta, infatti, escluso che tra esse possa configurarsi un rapporto di specialità, poiché questo presuppone un certo grado di equivalenza tra norme a confronto, ma che non può spingersi sino alla sostanziale identità tra le due discipline in contrasto. In questo secondo caso, il prospettato conflitto tra due disposizioni, che, seppur con esiti opposti per l’istante, disciplinano il medesimo istituto procedimentale del silenzio-assenso, deve quindi essere risolto alla luce della successione nel tempo tra due norme generali e pertanto secondo il principio per cui la legge posteriore abroga la legge anteriore con essa incompatibile (art. 15 cod. civ.). Anche qui il Collegio condivide, perciò, l’orientamento espresso dal TAR, per cui “non si può far ricorso al principio di specialità che postula l’equivalenza tra le norme stesse, ma deve necessariamente applicarsi il criterio cronologico, in base al quale la legge successiva prevale su quella precedente”. Ciò considerato, è evidente che l’intervento dell’art. 20 della legge n. 241/1990, come successivamente modificato, determina che il regime del silenzio-assenso non trovi applicazione in materia di tutela ambientale, con la conseguenza che il diniego di n.o., pur sopravvenuto oltre il termine fissato dalla legge precedente, risulta pienamente legittimo in quanto emesso in forza di un potere non consumatosi – in quanto esplicato nella vigenza della nuova legge - ed il cui esercizio, dunque, non presupponeva l’annullamento in autotutela di un precedente silenzio-assenso, viceversa inesistente. Quanto sopra palesa l’infondatezza dei primi due motivi d’appello, in fatto rubricati sub A e B.

1.2- La decisione gravata merita conferma anche nella parte in cui, “contariis reiectis”, ha riaffermato l’obbligatorietà del rilascio del nulla-osta a cura dell’Ente Parco regionale dei Castelli Romani, in ragione dell’insistenza dell’area in zona boscata inserita nel perimetro del Parco. Sul punto si sofferma il terzo ordine di censure, che ripropone l’illegittimità del diniego di nulla-osta, per erronea perimetrazione del Parco; in questo è stata collocata l’area interessata dalla domanda edilizia nonostante che risultasse, peraltro, priva di bosco e quindi senza tenere conto della sua effettiva esistenza, anche considerata la natura meramente dichiarativa del vincolo “ex lege” di cui all’art. 146 del decreto n. 490/1999. In merito, il Collegio osserva, anzitutto, che, contro la collocazione dell’area nel perimetro protetto, determinante l’onere di ottenere il nulla-osta, non può utilmente invocarsi la circostanza che l’area sia di fatto priva di bosco: la “ratio” dell’inserimento di un’area nel perimetro protetto, perché prevalentemente boscato, non può logicamente venir meno per alcune aree, pur di fatto prive di vegetazione boschiva: tale ratio rimane in quanto dette aree sono state ritenute, in un’ottica di tutela dell’insieme del bene naturale, meritevoli di protezione naturalistica perché fisicamente collegate o strumentali rispetto alle aree strettamente interessate dal bosco.

Del resto, ragionando in senso opposto, vale a dire contro la necessità del nulla-osta in zone inserite nel parco, ma di fatto non boscate, la protezione del Parco quale bene d’insieme verrebbe incisa da una serie di interventi edilizi a “pelle di leopardo”, realizzando così una forma di governo del bene ambientale certamente di dubbia coerenza, uniformità e razionalità.

Né può contrastare queste osservazioni la invocata certificazione, resa dal Corpo forestale ai fini idrogeologici, sulla effettiva situazione dell’area, poiché simile documento non solo è giuridicamente inidoneo a sottrarre l’area alla perimetrazione del Parco, ma nemmeno può validamente supportare la tesi derogatoria del suo regime, se si considera che proprio l’assenza del bosco è, sotto il profilo idrogeologico, elemento indiscutibilmente negativo per la prospettiva edificatoria.

A conferma dell’infondatezza della tesi dell’appellante, si pone in ogni caso il rilievo svolto dal TAR per cui: “L’ente di gestione del parco è obbligato – in assenza di un procedimento diretto alla revisione della perimetrazione del parco – a dare applicazione alla classificazione contenuta nel piano paesistico”. Ora tale procedimento revisorio non risulta essere stato avviato; pertanto, il tenore della normativa regionale costituita dall’art. 28 della L.R. 6/10/97 n. 29 comporta che ogni intervento di trasformazione del territorio ricadente nella zona protetta, come perimetrata, è assoggettato al previo parere di compatibilità ambientale da parte dell’Ente Parco.

1.3.- Su altro aspetto sollevato dall’appello, deve rilevarsi che il parere dell’Ente Parco non può essere ritenuto assorbito da quello emesso dalla Commissione edilizia comunale in sede di approvazione del piano di utilizzazione aziendale, di cui all’art. 57 della L.R. n.38/99, avendo quest’ultimo natura e funzioni del tutto distinte. Sul punto l’appellante argomenta (come già menzionato in fatto, punto f) la violazione della legge regionale n.38/1999, la quale delega al Comune, tramite la commissione edilizia, la valutazione dei progetti recanti un PUA; ma anche qui il TAR ha ben chiarito che: “Il parere reso dall’Ente di Gestione del parco non può essere sostituito da alcunché, in mancanza di una norma espressa di delega dei compiti ad altri soggetti”. A ciò devono aggiungersi le considerazioni di cui “infra” (v. punto n.1.4 ) in tema di rapporto tra il n.o. ed il PUA.

1.4.- Altra doglianza riguarda l’ulteriore motivazione fornita dall’Ente Parco a supporto del diniego, ove si fa riferimento all’insufficienza del lotto minimo per edificare in zone agricole protette e dall’altro all’esuberanza delle previsioni progettuali rispetto all’indice di fabbricabilità per le zone agricole. La censura argomenta l’erroneità di queste motivazioni, per non aver esse tenuto conto che il progetto rappresentava in realtà un PUA ed avrebbe dovuto, perciò, beneficiare del regime derogatorio derivante dall’art. 57 della legge regionale del Lazio n.38/1999 in tema di lotto minimo. Con ciò si contrasta la tesi del TAR, che sul punto ha invece ritenuto che:

- “La disciplina regionale (art. 8 comma 2 punto 3 della L.R. Lazio 2/84) stabilisce particolari indici di fabbricabilità per le zone boscate, che sono di gran lunga inferiori a quelli indicati nel progetto presentato dal ricorrente.” ;

- “la deroga riguarda esclusivamente le prescrizioni urbanistiche, ma non si estende alle misure di salvaguardia del Parco Regionale dei Castelli Romani, di cui all’art. 8 della L.R. 2/84, che sono per loro natura inderogabili”.

A queste condivisibili motivazioni, il Collegio deve aggiungere che, come ricorda lo stesso appellante (p. 21 del ricorso), il richiamato PUA era stato approvato dall’amministrazione (provv. n.46177/2006) sul presupposto dell’avvenuto maturarsi del silenzio-assenso; è pertanto evidente che, non essendosi tale titolo formatosi (per effetto della normativa sopra esaminata), il PUA risultava privo di ogni effetto derogativo degli indici in questione e tanto meno era in grado di sostituire il richiesto nulla osta (come si ipotizza al termine delle censure in esame). E del resto la finalità del nulla-osta è proprio quella di “verificare la conformità tra le disposizioni di piano e l’intervento” proposto (v. Cons. di Stato, sez. IV, n.7440/2010), ponendosi in tal modo come presupposto operativo del piano e conseguentemente per assentire la domanda edilizia.

Quanto agli indici di fabbricabilità previsti in generale per le zone agricole, le stesse non vengono qui ad assumere rilevanza, poiché il contestato diniego poggia sufficientemente sulle altre e sopra verificate motivazioni.

1.5.- Il quarto mezzo critica la reiezione del ricorso contro l’ordinanza di sospensione dei lavori, evidenziando come essa, richiamando a motivazione il procedimento in corso sulla domanda di n.o., si ponga in contrasto con il permesso edilizio già rilasciato. Al riguardo il Collegio, prescindendo dal rilevare che l’ordinanza in argomento, in quanto provvedimento amministrativo cautelare, ha perso efficacia a seguito della definizione del procedimento per il n.o. di (sicché non sussiste alcun interesse alla doglianza), non può che constatare nella fattispecie come, in assenza del n.o. , il permesso di costruire in origine rilasciato sia sostanzialmente inefficace; la normativa sopra richiamata, in sostanza, induce a ritenere che la concessione edilizia emanata prima del n.o. sia sottoposta ad una sorta di condizione sospensiva, derivante dalla legge che sancisce la necessità di acquisire il nulla-osta stesso. Non può quindi configurarsi alcuna contraddittorietà della sospensione dei lavori rispetto ad una concessione non ancora efficace.

1.6.- Il quinto ordine di motivi lamenta, infine, una serie di omissioni in tema di procedimento, in contrasto coi principi del buon andamento (art 97 Cost.) e di uguaglianza. Sul punto il Collegio rileva, però, che la decisione gravata poggia sufficientemente sulle ragioni sin qui vagliate.

1.7.- All’infondatezza delle censure di illegittimità non può che conseguire la conferma della sentenza anche in punto reiezione dell’istanza risarcitoria proposta.

Nella fattispecie, l’assenza di una pronunzia di illegittimità degli atti gravati priva, infatti, l’istanza di risarcimento aquiliano di uno dei requisiti essenziali ed indispensabili stabiliti dall’art. 2043 cod.civ. e precisamente dell’ “antigiuridicità” della condotta tenuta dall’amministrazione. Si tratta di una carenza che toglie rilevanza ad ogni altra questione che investa eventualmente gli altri presupposti risarcitori, poiché l’affermazione della responsabilità civile comporta il concorso di tutti i requisiti fissati dalla citata norma civilistica.

2.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

Restano assorbiti ulteriori motivi ed eccezioni, che il Collegio non ritiene rilevanti ai fini della presente decisione.

3.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio,

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.

Dichiara interamente compensate tra le parti costituite le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 luglio 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con l’intervento dei signori:

Paolo Numerico, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)





 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Sent. n.

R.G. 8427/07

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

- Sezione Seconda Bis -

composto dai signori magistrati:

Dott. Francesco Corsaro Presidente

Dott. Stefania Santoleri Consigliere, relatore

Dott. Solveig Cogliani Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 8427/07, proposto da MERELLI MARCO in proprio e in qualità di titolare dell’Azienda Agricola Marco Merelli, rappresentato e difeso dall’Avv. Pietro Marsili ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, Via dei Due Macelli n. 60.

contro

il PARCO REGIONALE DEI CASTELLI ROMANI in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Riccardo Biz ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, Via Giovanni Nicotera n. 29.

il COMUNE DI GROTTAFERRATA in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Giovambattista Coviello ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Alessandro Pieri sito in Roma, Viale Mazzini n. 41

e nei confronti

della REGIONE LAZIO in persona del Presidente della G.R. p.t., n.c.

per l'accertamento

dell’avvenuta formazione del silenzio assenso, ex art. 13 della L. n. 394/91 e 28 della legge regionale n. 29/97, sull’istanza di nulla osta preventivo presentata dal ricorrente (prot. n. 412/2006), relativamente al rilascio di un permesso a costruire per l’esecuzione di un centro agricolo aziendale in Via Tuscolana, Località Campagnola, Foglio n. 14, part. n. 197

e per l’annullamento

- della nota del Parco Regionale dei Castelli Romani, AP-6266-12/09/2007, a mezzo della quale si è espresso, tardivamente ed illegittimamente, diniego alla richiesta di nulla osta del ricorrente;

- ove ritenuto necessario, delle note della Regione Lazio rispettivamente nn. D2/2/S/00/29010 del 21/2/06, 82164 del 18/5/07, 15553 del 29/1/07, 195914 del 16/1/06 e n. 79489 del 17/5/07, meramente richiamate nel suddetto provvedimento impugnato dell’Ente Parco e mai notificate e/o conosciute dal ricorrente;

- dell’ordinanza di sospensione dei lavori del Comune di Grottaferrata, prot. n. 3264 del 3/8/07, notificata il 27/8/07;

- di ogni altro atto antecedente, coevo e/o successivo, comunque presupposto e/o connesso ai provvedimenti impugnati

per il risarcimento

del danno consequenziale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 7, comma 3, della L. 205/00.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Grottaferrata e dell’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti di causa;

Udita alla pubblica udienza del 22 novembre 2007 la relazione della Dott.ssa Stefania Santoleri, e uditi, altresì, per le parti costituite gli avvocati come da verbale di udienza allegato agli atti del giudizio.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO.

Il ricorrente ha presentato al Comune di Grottaferrata, in data 11/3/05, domanda di rilascio del permesso a costruire per l’esecuzione di un centro agricolo aziendale in Via Tuscolana, Località Campagnola, foglio 14, part. 197, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 57 della L.R. Lazio n. 38/1999 (cosiddetto P.U.A.).

In data 25/1/06 ha chiesto al Parco dei Castelli Romani il rilascio del nulla osta preventivo: non avendo l’Ente Parco adottato alcun provvedimento decisorio sull’istanza, si è muturato il silenzio assenso ex art. 13 della L. 394/91.

Il Comune di Grottaferrata, dando atto del silenzio assenso ex art. 13 L. 394/91, ha rilasciato il permesso a costruire n. 118/06.

Con nota AP-2805 del 26/4/07, l’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani ha comunicato al ricorrente i motivi ostativi al rilascio del nulla osta: il ricorrente ha partecipato al procedimento deducendo che si sarebbe ormai formato il silenzio assenso, e che comunque i rilievi sollevati non avrebbero avuto alcun fondamento giuridico.

Con provvedimento del 3/8/07 prot. n. 32594, il Comune di Grottaferrata ha disposto la sospensione dei lavori sulla base del parere dell’Ente Parco, e quest’ultimo, con il provvedimento del 12/9/07 impugnato, ha negato il rilascio del nulla osta.

Avverso detti atti il ricorrente ha proposto ricorso deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

  1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della L. 394/91, degli artt. 20 e 29 della L. 241/90 e s.m.i., degli artt. 12, 14 e 15 delle preleggi, dell’art. 28 della L.R. n. 29/97 e dell’art. 22 della legge n. 15/05 (modifiche ed integrazioni alla legge 241/90).

Sostiene il ricorrente che contrariamente a quanto ritenuto dall’Ente Parco, si sarebbe ormai formato il silenzio assenso, e che quindi l’Ente non avrebbe potuto adottare un provvedimento di diniego sulla domanda di rilascio del nulla osta.

Non sarebbe, infatti, applicabile al caso di specie la norma dell’art. 20 della L. 241/90, secondo cui la disciplina sul silenzio assenso non sarebbe applicabile ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, esistendo la norma speciale dell’art. 13 della L. 394/91.

Sostiene quindi il ricorrente che la norma del comma quarto dell’art. 20 della L. 241/90 - essendo derogatoria – dovrebbe essere interpretata in modo restrittivo e che quindi non sarebbe applicabile al caso di specie; inoltre la norma non sarebbe applicabile alla fattispecie neppure in considerazione della disposizione dell’art. 29 della L. 241/90, ed infine l’inapplicabilità della suddetta disposizione si desumerebbe anche dalla norma dell’art. 22, primo comma della L. 15/05, secondo cui resterebbe applicabile la disciplina regionale vigente (art. 28 L.R. 29/97) fino al momento dell’entrata in vigore della disciplina regionale di cui all’art. 29 comma 2 della L. 241/90.

Pertanto il diniego di rilascio del nulla osta dovrebbe ritenersi illegittimo.

  1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 comma terzo del D.P.R. n. 380/01 e degli artt. 7 e 10 della L. 241/90 – Eccesso di potere per difetto del presupposto ed incompetenza relativa.

L’ordinanza di sospensione dei lavori adottata dal Comune di Grottaferrata sarebbe illegittima, atteso che lo stesso Comune aveva rilasciato il permesso a costruire ritenendo concluso il sub procedimento di competenza dell’Ente Parco; inoltre, il permesso a costruire sarebbe stato rilasciato in data 16/11/06, quando era già da tempo entrata in vigore la riforma sul procedimento amministrativo.

Infine, ai sensi dell’art. 27 comma 3 del D.P.R. 380/01, la sospensione dei lavori potrebbe essere disposta solo in caso di contestazioni di irregolarità e violazione di norme da parte degli uffici comunali, e non per contestazioni da parte di soggetti terzi, qual è l’Ente Parco.

  1. Nel merito – Infondatezza ed illegittimità dei provvedimenti impugnati – Quanto ai punti 2, 3 e 4 del diniego espresso dall’Ente Parco

Rileva il ricorrente che illegittimamente l’Ente Parco avrebbe fatto riferimento alla disciplina prevista per le zone boscate, non avendo l’area in questione detta natura.

Pertanto, non sarebbe applicabile la disciplina prevista dal piano paesaggistico per la zona 8 (zone boscate non compromesse), essendovi stata nel caso di specie, una errata perimetrazione e l’art. 28 della L.R. 24/98 prevedrebbe – in caso di errata perimetrazione – l’obbligo di far riferimento, ai fini delle autorizzazioni e dei pareri paesistici, alla effettiva esistenza dei beni.

Pertanto sarebbe del tutto illegittima l’applicazione della disciplina prevista per le zone boscate in mancanza del requisito fattuale.

Secondo l’Ente Parco il progetto supererebbe gli indici di fabbricabilità: in realtà trattandosi di piano di utilizzazione aziendale (c.d. P.U.A.) sarebbe ad esso applicabile il regime derogatorio.

Illegittimamente, quindi, l’Ente richiamerebbe dei pareri resi dalla Regione Lazio quando era stato ormai rilasciato il permesso a costruire.

Nel punto 4 del provvedimento impugnato l’Ente Parco sostiene che l’intervento ricadrebbe in area critica, in quanto inserito in un delicato contesto ambientale caratterizzato dalla limitrofa presenza di boschi e dotato di un alto valore storico ed ambientale, e che pertanto ricorrerebbero i presupposti per il diniego del nulla osta ai sensi dell’art. 11 comma 3 della L. 394/91.

Deduce il ricorrente che non ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione della suddetta disposizione, e che comunque detti rilievi non sarebbero stati mai dedotti nel preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. 241/90.

Rileva poi il ricorrente che in caso di P.U.A. non sarebbe neppure necessario il rilascio del nulla osta da parte dell’Ente Parco.

  1. Violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1 della L. n. 241/90 – Eccesso di potere per sviamento, per contraddittorietà e per illogicità ed ingiustizia manifesta.

Il comportamento tenuto dall’Ente Parco violerebbe il principio del buon andamento della P.A. di cui all’art. 97 Cost.

Insiste quindi il ricorrente per l’accoglimento del ricorso.

Si sono costituiti in giudizio l’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani ed il Comune di Grottaferrata ed entrambi hanno chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

All’udienza pubblica del 22 novembre 2007, su concorde richiesta delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO.

Come meglio dedotto in narrativa, il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale l’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani ha negato il nulla osta, ai sensi dell’art. 28 L.R. 6/10/97 n. 29, sul progetto per la realizzazione di un Centro agricolo aziendale nel Comune di Grottaferrata, località Molara – Campagnola.

La domanda per il rilascio del nulla osta era stata presentata il 25/1/07 ed il diniego è intervenuto solo in data 12/9/97, oltre il termine di sessanta giorni previsto dal combinato disposto delle norme di cui agli artt. 28 della L.R. Lazio n. 29/97 e 13 della L. 394/91 (legge quadro sulle aree protette).

Sicchè il ricorrente ritiene che – essendosi ormai formato da tempo il silenzio assenso – l’Ente Parco non avrebbe potuto negare il rilascio del nulla osta.

Di conseguenza, il provvedimento di sospensione dei lavori adottato dal Comune di Grottaferrata (che aveva già rilasciato il permesso a costruire sulla base del silenzio assenso dell’Ente Parco), dovrebbe ritenersi anch’esso illegittimo, in quanto adottato in difetto di presupposti.

Il ricorrente ha poi censurato il contenuto del provvedimento di diniego sostenendo che:

- l’intervento in questione non ricadrebbe in zona boscata e che quindi non potrebbero applicarsi ad esso gli indici di fabbricabilità previsti per le zone boscate;

- gli indici di fabbricabilità previsti nello strumento urbanistico di Grottaferrata sarebbero derogabili, ai sensi dell’art. 57 della L.R. Lazio 36/99, trattandosi di intervento da realizzarsi mediante l’approvazione di un piano di utilizzazione aziendale (c.d. P.U.A.);

- la dedotta incompatibilità del progetto con le esigenze di salvaguardia dei luoghi ex art. 11 comma 3 della L. 394/91, non sarebbe mai stata dedotta nel preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. 241/90, e non avrebbe potuto essere addotta come motivo di rigetto della domanda;

- il nulla osta dell’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani non sarebbe stato neppure necessario e sarebbe stato richiesto soltanto per tuziorismo.

Le controparti hanno replicato puntualmente deducendo che:

- la norma dell’art. 20, comma 4, della L. 241/90, nel testo modificato ed integrato dalla L. 80/05, ha espressamente escluso il ricorso allo strumento del silenzio assenso in materia paesaggistica ed ambientale e detta disciplina sopravvenuta avrebbe comportato l’abrogazione tacita della disposizione dell’art. 13 della L. 394/91 consentendo, quindi, all’Ente Parco di pronunciarsi espressamente sulla domanda anche oltre il termine di sessanta giorni;

- l’Ente sarebbe vincolato ad applicare gli indici di fabbricabilità previsti dall’art. 8 comma 2 punto 3 della L.R. 2/84 per le zone boscate, in quanto il progetto ricade in zona 8 del P.T.P.; in caso di errata o incerta perimetrazione, in via transitoria l’ente sarebbe comunque tenuto ad applicare – in attesa della conclusione del procedimento diretto alla correzione della perimetrazione – i provvedimenti di apposizione del vincolo;

- gli indici di fabbricabilità previsti nella zona non sarebbero derogabili in virtù del c.d. P.U.A., trattandosi di intervento ricadente in zona protetta;

- le valutazioni di incompatibilità del progetto con le caratteristiche dei luoghi sarebbero state introdotte a seguito del contraddittorio con il ricorrente instauratosi nella fase procedimentale.

Ritiene il Collegio di dover preventivamente esaminare nell’ordine le seguenti questioni:

- l’obbligatorietà o meno del rilascio del nulla osta a cura dell’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani;

- l’intervenuta formazione del silenzio assenso.

Solo in caso di accertamento dell’obbligatorietà del parere di compatibilità ambientale, e di positiva valutazione in merito alla conservazione del potere di provvedere sull’istanza da parte dell’Ente Parco, dovrà il Collegio passare ad esaminare i singoli motivi di diniego del nulla osta ex artt. 28 L.R. 29/97 e 13 L. 394/91.

La tesi del ricorrente sulla non necessità del rilascio del nulla osta non può essere accolta.

Con L.R. 13/1/84 n. 2 è stato istituito il parco suburbano dei Castelli Romani e la zona interessata dall’intervento del Sig. Merelli ricade all’interno del perimetro del parco.

L’art. 28 della L.R. 6/10/97 n. 29 dispone che “il rilascio di concessioni od autorizzazioni, relativo ad interventi, impianti ed opere all’interno dell’area naturale protetta, è sottoposta a preventivo nulla osta dell’ente di gestione ai sensi dell’art. 13 commi 1, 2 e 4 della L. n. 394/91”: ne consegue che ogni intervento di trasformazione del territorio ricadente nella zona protetta è assoggettato al previo parere di compatibilità ambientale da parte dell’Ente Parco.

Detto parere non può essere assorbito da quello reso dalla Commissione edilizia comunale in sede di approvazione del piano di utilizzazione aziendale di cui all’art. 57 della L.R. 36/99, avendo quest’ultimo natura e funzione del tutto distinte.

Si tratta, infatti, del normale parere reso dalla Commissione edilizia integrata – in questo caso - da membri esperti nel settore agricolo forestale, al fine di consentire all’Amministrazione comunale la corretta valutazione dell’intervento avente specifiche caratteristiche agricolo aziendali che – richiedendo competenze specifiche – non potrebbero essere validamente analizzate dalla normale commissione edilizia.

Il parere reso dall’Ente di Gestione del parco non può essere sostituito da alcunché, in mancanza di una norma espressa di delega dei compiti ad altri soggetti.

Ne consegue che il rilascio del nulla osta da parte dell’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani è elemento essenziale per il rilascio del permesso a costruire in zona naturale protetta.

Occorre quindi esaminare il nucleo centrale del presente giudizio, se cioè possa ancora oggi – dopo l’entrata in vigore della L. 80/05 che ha modificato l’art. 20 della L. 241/90 – prospettarsi la figura del silenzio assenso in sede di rilascio del nulla osta ex art. 13 della L. 394/91 “Legge quadro sulle aree protette”.

E’ necessario fin d’ora chiarire che, sebbene nel caso dell’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani il nulla osta sia previsto dall’art. 28 della L.R. Lazio n. 29/97, nondimeno lo stesso art. 28 rimanda alla disciplina nazionale contenuta nell’art. 13 della L. 394/91 ed in particolare ai commi 1, 2 e 4 dello stesso articolo.

Sicchè la previsione del termine di sessanta giorni entro il quale rendere il parere e la previsione della formazione del silenzio assenso una volta spirato il termine, non è contenuto – come dedotto dal ricorrente- nella disciplina regionale, ma è previsto nella legislazione nazionale.

Del resto non avrebbe potuto essere diversamente, non essendo la materia di competenza esclusiva regionale.

Peraltro, a seguito della riforma costituzionale che ha investito l’art. 117 Cost., sussiste la competenza esclusiva dello Stato nella disciplina delle materie dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117 comma 2 lett. s) e comunque – come ha correttamente rilevato la difesa del Comune di Grottaferrata - anche se si volesse ricondurre la disciplina in questione al “governo del territorio”, sussisterebbe la sola potestà legislativa concorrente della Regione, con il conseguente obbligo dell’osservanza dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

Sulla base di queste premesse è ora possibile esaminare la tesi del ricorrente.

Il Sig. Merelli ha sostenuto che nel conflitto tra la norma contenuta nell’art. 20 comma 4 della L. 241/90, come sostituita dalla L. 80/05, e la disposizione dell’art. 13 della L. 394/91, sarebbe quest’ultima, in quanto norma speciale, a dover prevalere.

In altre parole, nel conflitto tra norme, dovrebbe prevalere la norma speciale su quella generale sopravvenuta.

La normativa di cui all’art. 4 della L. 241/90, nel testo modificato dalla L. 80/05 sarebbe applicabile ai soli procedimenti che si svolgono nell’ambito delle Amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, mentre per quanto concerne quelli disciplinati sulla base della normativa regionale (per i quali il comma 2 dell’art. 29 rimanda alla potestà normativa regionale di adeguamento a quella nazionale), l’art. 22 della L. 15/05 stabilisce espressamente che “Fino all’entrata in vigore della disciplina regionale di cui all’art. 29 comma 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, come sostituito dall’art. 19 della presente legge, i procedimenti amministrativi sono regolati dalle leggi regionali vigenti. In mancanza, si applicano le disposizioni della legge n. 241 del 1990 come modificata dalla presente legge”.

Pertanto, secondo la tesi del ricorrente, in mancanza dell’adozione di una nuova disciplina regionale sul punto, dovrebbe ancora applicarsi la disposizione dell’art. 28 della L.R. Lazio n. 29/97.

Ritiene il Collegio di non poter condividere la tesi del ricorrente.

Come ha correttamente rilevato la difesa delle resistenti, la legge 80/05 ha rivoluzionato l’intero sistema del silenzio, assegnando il valore di silenzio assenso al comportamento inerte dell’Amministrazione, con l’unica eccezione delle materie – quali quella in questione – nelle quali, invece, non è ipotizzabile l’accoglimento tacito della domanda.

La nuova disciplina è concepita come legge generale che regola l’intera materia e ad essa devono adeguarsi ed armonizzarsi tutte le norme procedimentali di settore: ne consegue che nel contrasto tra le due norme – il cui contenuto è evidentemente incompatibile – non si può far ricorso al principio di specialità che postula l’equivalenza tra le norme stesse, ma deve necessariamente applicarsi il criterio cronologico, in base al quale la legge successiva prevale su quella precedente anche se speciale.

In altre parole, facendo corretta applicazione della disposizione dell’art. 15 delle preleggi – in presenza di una nuova legge che regola l’intera materia già regolata da una legge anteriore – non può che sussistere l’abrogazione tacita della norma precedente incompatibile.

Quindi, in presenza di una scelta del Legislatore diretta alla semplificazione amministrativa e all’accelerazione delle decisioni da parte della P.A., che però in particolari materie – quali quella riguardante il patrimonio paesaggistico e l’ambiente – esclude espressamente il ricorso all’accoglimento tacito dell’istanza per effetto del mero decorso del termine, non può che ricorrere la figura dell’abrogazione tacita per nuova regolamentazione, applicandosi, pertanto, la legge successiva.

Il ricorrente sostiene, però, che - pur prescindendo dall’applicazione del principio di specialità -, la nuova disciplina non sarebbe comunque applicabile al caso di specie, in quanto la normativa transitoria recata dall’art. 22 della L. 15/05 consentirebbe l’applicazione della disciplina regionale previgente, in attesa dell’adozione della nuova disciplina regionale di adeguamento alle nuove disposizioni sul procedimento amministrativo recate dalla L. 241/90, così come modificata ed integrata dalla legislazione successiva.

La tesi del ricorrente non può essere condivisa.

La tesi si fonda sul presupposto dell’esistenza di una disciplina di esclusivo rango regionale che regola il procedimento per il rilascio del nulla osta, con la conseguenza che finchè la Regione Lazio non provveda ad adeguare la propria normativa a quella statale – chiaramente incompatibile – resterebbe comunque applicabile quella regionale.

In realtà, come già rilevato in precedenza, la figura del silenzio assenso non è prevista espressamente da una norma regionale, in quanto l’art. 28 della L.R. 29/97 rimanda alla disciplina nazionale contenuta nella “Legge quadro sulle aree protette”.

La previsione del termine di sessanta giorni entro il quale l’ente di gestione deve provvedere, con la conseguenza che il tacito silenzio equivale ad accoglimento dell’istanza, è contenuto nell’art. 13 comma 1 della L. 394/91, che è norma statale e per la quale non si pongono problemi di adeguamento, ricadendo la disciplina nell’ambito del normale conflitto tra norme successive incompatibili tra loro, per le quali si applica – come già rilevato – la norma successiva.

Peraltro, come ha correttamente rilevato la difesa del Comune di Grottaferrata, la legge n. 80/05 che ha innovato l’art. 20 della L. 241/90 reca essa stessa la propria disciplina transitoria: trattandosi di normativa speciale e successiva rispetto a quella recata dall’art. 22 della L. 15/05, deve ritenersi questa la disciplina applicabile.

Ebbene, l’art. 6 septies della L. 80/05 stabilisce che le nuove disposizioni sul silenzio assenso (ivi comprese quelle di cui al comma 4, come sostituito dal comma 6 ter della L. 80/05) si applichino a tutte le domande presentate entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, con la conseguenza che se già da quel momento la nuova disciplina doveva ritenersi applicabile perfino ai procedimenti in corso, deve considerarsi sicuramente operativa per i procedimenti iniziati in epoca successiva (come nella fattispecie).

Ritiene quindi il Collegio – per i suesposti motivi – che non essendosi formato il silenzio assenso, l’Ente Parco Regionale dei Castelli Romani disponeva del potere di decidere sulla domanda di rilascio del nulla osta.

Occorre dunque esaminare le censure dirette a sostenere l’illegittimità del diniego, e prima tra tutte, quella riguardante la disciplina applicabile all’area di cui trattasi ricadente pacificamente nella zona 8 del P.T.P.

Ritiene il ricorrente che non essendo l’area in questione boscata – e a sostegno della sua affermazione ha prodotto specifica certificazione – non potrebbero applicarsi ad essa gli indici di fabbricabilità stabiliti per dette zone.

In punto di fatto è incontroverso che l’area sulla quale il ricorrente intende realizzare il suo intervento ricade all’interno del piano territoriale paesistico ambito n. 9 Castelli Romani, approvato con L.R. n. 24 del 6/7/98 che lo classifica come zona 8 aree boscate (cfr. certificazione del responsabile dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Grottaferrata del 31/10/07).

La disciplina regionale (art. 8 comma 2 punto 3 della L.R. Lazio 2/84) stabilisce particolari indici di fabbricabilità per le zone boscate, che sono di gran lunga inferiori a quelli indicati nel progetto presentato dal ricorrente.

Ritiene però il ricorrente che la classificazione del suo terreno come boscato sia erronea non essendovi alcun bosco, e che quindi l’Ente Parco non avrebbe potuto fare applicazione delle misure di salvaguardia su di un bene che non presenta le caratteristiche che giustificano le esigenze di tutela previste dalla legge.

Peraltro, lo stesso art. 26, comma 4 della L.R. n. 24/98 prevedrebbe che in caso di errata perimetrazione, si debba far riferimento ai fini delle autorizzazioni e dei pareri paesistici, alla declaratoria dei provvedimenti di apposizione del vincolo ai sensi della legge 1497/1939 e “alla effettiva esistenza dei beni, come definita ed accertata ai sensi degli artt. 5, 6, 7, 8 , 9, 10, 11, 12 e 13”.

La tesi del ricorrente non può essere accolta.

L’ente di gestione del parco è obbligato – in assenza di un procedimento diretto alla revisione della perimetrazione del parco – a dare applicazione alla classificazione contenuta nel piano paesistico e ad applicare, di conseguenza, gli indici di fabbricabilità previsti dalla legge regionale per quella particolare tipologia di beni.

La norma dell’art. 26 comma 4 della L.R. n. 24/98 deve essere interpretata in combinato disposto con le disposizioni dei commi precedenti, che prevedono l’attivazione di uno speciale procedimento, di competenza regionale, diretto alla correzione delle errate perimetrazioni: poiché il Comune di Grottaferrata non ha mai attivato alcun procedimento in tal senso, ne consegue che l’ente di gestione del parco è vincolato a tener conto esclusivamente delle classificazioni contenute nei provvedimenti di apposizione del vincolo, senza poter svolgere ulteriori accertamenti di ordine fattuale.

La censura deve essere pertanto respinta.

Altrettanto infondata è la censura diretta a sostenere che gli indici di fabbricabilità previsti dal piano regolatore di Grottaferrata sarebbero derogabili, trattandosi di piano di utilizzazione aziendale, in quanto – come ha correttamente rilevato la difesa dell’Ente Parco – la deroga riguarda esclusivamente le prescrizioni urbanistiche, ma non si estende alle misure di salvaguardia del Parco Regionale dei Castelli Romani, di cui all’art. 8 della L.R. 2/84, che sono per loro natura inderogabili.

Quanto alla carenza di presupposti per l’applicazione dell’art. 11 della L. 394/91, è sufficiente rilevare che detta norma stabilisce che “…nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat”, e che dunque l’ente di gestione ben poteva rilevare l’incompatibilità dell’intervento progettato con le caratteristiche di particolare pregio del territorio oggetto di vincolo.

Infine, deve rilevarsi che la lunghezza del procedimento svolto dall’Ente Parco non è tale da comportare l’illegittimità dell’atto, mentre la violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90, per aver introdotto l’Ente aspetti ostativi al rilascio del provvedimento autorizzatorio nuovi rispetto a quelli dedotti, non è tale da comportare l’illegittimità dell’atto stesso, atteso che sussistevano già sufficienti ragioni giustificatrici idonee a sorreggere la legittimità dell’atto, e che comunque il provvedimento non avrebbe potuto presentare un diverso contenuto.

Pertanto, il ricorso avverso il diniego di nulla osta del Parco Regionale dei Castelli Romani deve essere respinto perché infondato.

Altrettanto infondato è il ricorso avverso il provvedimento di sospensione dei lavori adottato dal Comune di Grottaferrata, che è atto meramente consequenziale a quello dell’Ente Parco.

Il Comune, infatti, ha adottato il proprio provvedimento su istanza dello stesso Ente Parco (cfr. nota del 26/4/07 prot. n. 2805) ed in attesa che lo stesso ente di gestione si determinasse sulla domanda di nulla osta: il provvedimento, quindi, avente tipica natura cautelare è adeguatamente giustificato ricorrendo i presupposti di cui all’art. 27 comma 3 del D.P.R. 380/01.

Deve pertanto respingersi anche il ricorso avverso il provvedimento di sospensione dei lavori.

In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Quanto alle spese di lite, in considerazione della novità e complessità della questione, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda Bis -

respinge

il ricorso in epigrafe indicato.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 novembre 2007.

Francesco Corsaro PRESIDENTE

Stefania Santoleri ESTENSORE

 

 

 

i V. Legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. Testo coordinato ed aggiornato con le modifiche introdotte dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, dal decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 coordinato con la legge di conversione 14 maggio 2005 n. 80, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 e dalla legge 18 giugno 2009, n. 69:
(...)
Articolo 20.
(Silenzio assenso)
1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.
2. L'amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.
3. Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.

ii







 F. Albanese - dicembre 2009 – “Il silenzio assenso ex articolo 13 L. 394/1991 è costituzionalmente illegittimo? Breve commento alla decisione del Consiglio di Stato n. 6591 del 2008”, in www.lexambiente.it, rivista giuridica online di diritto ambientale, Roma.

 

iii







 F. Albanese – marzo 2010 – “Nulla-osta nelle aree naturali protette e formazione del silenzio assenso”, in www.ambientediritto.it, Rivista Giuridica Telematica, Tortorici (Me).

 

iv







 Cfr. Corte Costituzionale n. 378 del 5 novembre 2007.