Il Giudice amministrativo segue il Giudice penale in materia di violazione del vincolo paesaggistico.

di Stefano DELIPERI

 

Rilevante pronuncia del T.A.R. Sardegna in materia di vincoli ambientali presenti nelle zone umide.

Con la sentenza Sez. II, 6 marzo 2013, n. 206 il T.A.R. Sardegna ha respinto il ricorso della Isolotto Immobiliare s.r.l. avverso la determinazione del Servizio Tutela del Paesaggio di Cagliari della Regione autonoma della Sardegna n. 66/RE del 3 agosto 2007 con cui era stato negato l’accertamento di compatibilità paesaggistica riguardo l’avvenuta realizzazione di un complesso turistico-edilizio di 45 unità immobiliari (36 residenziali, 9 commerciali) nell’Isoletta di Corrumanciu, entro lo Stagno di Porto Pino, in Comune di S. Anna Arresi (CI).

In precedenza, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Cagliari aveva espresso in merito parere negativo (n. 10300 del 21 settembre 2006).

Sulla realizzazione del complesso immobiliare in assenza di autorizzazione paesaggistica si era già espressa definitivamente la Corte di cassazione, con la sentenza Sez. III, 7 ottobre 2009, n. 38921, determinando la condanna dei trasgressori e, soprattutto, la demolizione delle opere abusive realizzate e il ripristino ambientale, al termine di una lunga vicenda processuale.

Anche il Giudice amministrativo sardo è pervenuto alle medesime conclusioni della Suprema Corte penale, anche in considerazione del fatto che l'accertamento svolto in sede penale, ormai passato in giudicato, è utilizzabile nel giudizio amministrativo ai sensi dell'art. 651 cod. proc. pen. “quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso”.

Il nodo centrale concernente la presenza o meno del vincolo paesaggistico (art. 1, comma 1, lettera a, della legge n. 431/1985, attualmente art. 142, comma 1, lettera a, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) nell’area oggetto di trasformazione è stato, infatti, già affrontato e risolto in tale sede, per cui il T.A.R. sardo ritiene di condividere e riprenderne la motivazione.

In buona sostanza, prescindendo dalla presenza dell’ulteriore eventuale tutela discendente dall’individuazione quale zona umida ai sensi della Convenzione internazionale di Ramsar (esecutiva con D.P.R. n. 448/1976), “lo specchio d'acqua … costituito da acqua marina, è assimilabile ai beni di cui alla lettera a) se fa parte del demanio marittimo, se costituito da acqua dolce è assimilabile ai beni di cui alla lett. b) se, per le sue dimensioni e caratteristiche, può considerarsi un lago”. Quindi rientra nella disciplina del vincolo paesaggistico.

Nel caso concreto, “lo specchio d'acqua in questione, che impropriamente viene chiamato stagno, ma si tratta più precisamente di una laguna viva perchè è collegato con il mare, è inquadrabile nei beni tutelati a norma dell'art. 142, lett. a) trattandosi di acque demaniali marittime: a) perchè sono sorte dal mare nel corso degli anni, dal quale sono divise da un'esigua striscia costiera; b) perchè era(no) e continua(no) ad essere collegat(e) con il mare anche se allo stato il collegamento è regolato da un sistema di chiuse per adeguarl(e) alle esigenze delle saline e della pesca (peraltro, secondo l'orientamento di questa corte, è del tutto irrilevante che la comunicazione con il mare sia assicurata dall'opera dell'uomo - cfr Cass. n 13677 del 2006); c) perchè utilizzat(e) per la pesca marittima che costituisce un uso tipico del bene demaniale marittimo”.

Concorda, quindi, il Giudice amministrativo sardo sul fatto che “pertanto la distanza dalla linea della battigia andava computata dalla sponda della laguna, trattandosi di litorale bagnato dall'acqua marina facente parte di un bene demaniale marittimo”, orientamento corrispondente “sia alla lettera che alla ratio legis” e indicato nella circolare regionale n. 16210 del 1986 adottata proprio in seguito all’entrata in vigore della legge n. 431/1985, con la disposizione (art. 1, lettera a) oggi presente identica nell’Ordinamento nell’art. 142 del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.

L’area, infine, deve ritenersi inedificabile ai sensi dell’art. 3 della legge regionale n. 8/2004 e, attualmente, dell’art. 12, comma 2°, delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale (esecutivo con D.P.Re. 7 settembre 2006, n. 82): il provvedimento di diniego non poteva quindi che avere discrezionalità vincolata.

Ora dovrà seguire la demolizione degli abusi edilizi e il ripristino ambientale, come già indicato definitivamente dal Giudice penale.

 

Dott. Stefano Deliperi

 

 

 

 

 

N. 00206/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00988/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 988 del 2007, proposto da: 
Isolotto Immobiliare s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Sergio Segneri e Fiorenzo Principi, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Cagliari, via Sonnino n. 84;

contro

Regione Autonoma della Sardegna, rappresentata e difesa dagli avv.ti Patrizia Angius e Roberto Murroni, dell’Ufficio Legale dell’ente presso la cui sede in Cagliari, viale Trento n. 69, è elettivamente domiciliata; 
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso i cui uffici in Cagliari, via Dante n. 23 è legalmente domiciliato;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per le Provincie di Cagliari e Oristano; Ministero dell’Università e della Ricerca; Ministero della Pubblica Istruzione; Ministero dello Sviluppo Economico; Assessorato regionale degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica e Direttore del Servizio Tutela del Paesaggio di Cagliari, non costituiti in giudizio;

nei confronti di

Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna; Consorzio del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna e Comune di Sant’Anna Arresi, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

della determinazione 3/8/2007 n. 66/RE, con la quale il Direttore del Servizio Tutela del Paesaggio di Cagliari si è espresso negativamente sull’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica per la realizzazione n. 45 unità immobiliari (di cui 36 ad uso residenziale e 9 ad uso commerciale) in località Corrumanciu del comune di Sant’Anna Arresi;

della nota 21/9/2006 prot. 10300, con la quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per le Provincie di Cagliari e Oristano ha espresso parere negativo sull’istanza di cui sopra;

della nota 18/10/2006 prot. 7251, con la quale il Direttore del Servizio Tutela del Paesaggio di Cagliari ha comunicato alla società ricorrente l’intendimento di procedere all’emanazione del provvedimento di non accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento in parola;

della circolare dell’Assessorato regionale della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Sport e Spettacolo della Regione Autonoma della Sardegna n. 162010 del 2/7/1986, approvata dalla giunta regionale il 24/6/1986, nelle parti meglio precisate in ricorso;

del decreto del Ministero dell’Ambiente 16/10/2001, istitutivo del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna;

e per l’accertamento

della legittimità dei lavori eseguiti dalla società l’Isolotto Immobiliare nel Comune di Sant’Anna Arresi, in località Corrumanciu, nell’ambito della lottizzazione convenzionata Corridori, in forza della concessione edilizia n. 35 del 15/9/2003.



Visti ricorso e relativi allegati.

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna e del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Viste le memorie difensive prodotte dalle parti.

Visti tutti gli atti della causa.

Nominato relatore per l'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2013 il Consigliere Alessandro Maggio e uditi l’avvocato S. Segneri per la ricorrente, l’avvocato R. Murroni per l’amministrazione regionale e l’avvocato dello stato A. Bonomo per l’amministrazione statale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Sulla base della concessione edilizia 15/9/2003 n. 35, la “Isolotto Immobiliare” s.r.l. ha dato corso alla realizzazione di 36 unità abitative e 9 unità commerciali su un’area di sua proprietà, classificata zona C, ubicata in territorio di Sant’Anna Arresi, località “Corrumanciu”, sull’omonimo isolotto, collegato alla terra ferma da un istmo artificiale e circoscritto dagli stagni denominati “Spiaggia Porto Pino” e “Is Brebeis”

Poiché durante lo svolgimento dei lavori sono sorti dubbi circa la legittimità dell’intervento edificatorio, legati alla mancata acquisizione dell’autorizzazione paesistica, la detta società, in data 31/1/2005, ha presentato alla Regione, apposita istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 1, comma 37, della L. 15/12/2004 n. 308.

Sennonchè con determinazione 3/8/2007 n. 66/RE, il Direttore del Servizio Tutela del Paesaggio di Cagliari, acquisto il parere negativo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per le Provincie di Cagliari e Oristano e le osservazioni della richiedente, ha denegato la reclamata compatibilità paesaggistica.

Ciò sul presupposto che l’area interessata dall’indicato intervento fosse soggetta al vincolo paesaggistico ex lege di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) della L. 8/8/1985 n. 431 (ora art. 142, comma 1, lett. a, del D. Lgs. 22/1/2004 n. 42), così come chiarito dalla circolare dell’Assessorato Regionale della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport 2/7/1986 n. 16210, che include, fra i beni vincolati, anche gli stagni appartenenti al demanio marittimo.

Ritenendo la menzionata determinazione e gli ulteriori atti del procedimento meglio descritti in epigrafe illegittimi la “Isolotto Immobiliare” li ha impugnati chiedendone l’annullamento per vizi vari di violazione di legge ed eccesso di potere.

Si sono costituiti in giudizio tanto l’amministrazione regionale quanto il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che con separate memorie si sono opposti all’accoglimento del ricorso.

Acquisite le risultanze di alcuni incombenti istruttori disposti con sentenza n. 927/2011 e con ordinanza collegiale n. 702/2012 (modificata con successiva ordinanza 754/2012), la causa è stata, quindi, definitivamente trattenuta in decisione.

DIRITTO

In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione con cui il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, deduce il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alla presente controversia.

L’eccezione è infondata.

Al riguardo basta osservare che risulta impugnato anche un atto emanato dal detto Ministero (decreto 16/10/2001, istitutivo del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna).

Passando al merito occorre partire dal primo motivo di gravame.

Con esso la ricorrente deduce le seguenti censure.

a) Contrariamente a quanto ritenuto dall’amministrazione regionale, l’area oggetto di intervento, posta sull’isolotto di “Corrumanciu”, lambito dalle acque degli stagni denominati “Spiaggia Porto Pino” e “Is Brebeis”, non potrebbe essere fatta rientrare tra quelle soggette a vincolo ex lege ex art. 1, comma 1, lett. a) della L. 8/8/1985 n. 431 (ora art. 142, comma 1, lett. a, del D. Lgs. 22/1/2004 n. 42).

La norma fa, infatti, riferimento ai “territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare”, di modo che l’ambito tutelato sarebbe solo quello che si estende per una profondità di 300 metri dalla linea in cui l’onda marina batte sulla spiaggia, mentre l’isolotto di “Corrumanciu” sarebbe posto al di fuori della fascia tutelata. In base alla norma, dovrebbe, poi, negarsi qualunque rilevanza alla natura demaniale o meno degli stagni.

b) Il lotto di terreno in questione non sarebbe, inoltre, soggetto ai vincoli previsti per le aree costituenti parchi o riserve naturali, né sarebbe incluso tra i siti interessati da specifiche proposte di tutela.

c) Non sarebbe ascrivibile ai parchi naturali il c.d. Parco geominerario storico ambientale della Sardegna in cui in parte rientrerebbe l’isolotto di “Corrumanciu”.

d) Il Direttore del Servizio Tutela del Paesaggio di Cagliari, aveva in un primo momento, manifestato l’esigenza di acquisire, prima di procedere, il parere dell’Ufficio Legale della Regione, pertanto del tutto illegittimamente avrebbe poi provveduto pur in mancanza del detto parere.

Il motivo non merita accoglimento.

Con riguardo alla censura sub a) concernente la dedotta violazione dell’art. 1, comma 1, lett. a) della L. n. 431/1985, ovvero art. 142, comma 1, lett. a), del D. Lgs. n. 42/2004, la questione, proprio con riguardo all’area oggetto della presente controversia, è stata, seppur ad altri fini, affrontata e risolta negativamente per il ricorrente, da una recente sentenza della Cassazione Penale che il Collegio condivide, per cui non resta che riprenderne le motivazioni.

“In base alla norma anzidetta sono considerati d'interesse paesaggistico e sono sottoposti alla disciplina prevista per i beni paesaggistici, tra gli altri, i territori costieri compresi in una fascia di trecento metri dalla linea della battigia. In base alla lett. b) sono considerati altresì d'interesse paesaggistico i territori contermini ai laghi compresi in una fascia di trecento metri dalla linea della battigia. La linea della battigia sia per la lett. a) che per la lett. b) è costituita dal litorale bagnato dall'acqua, sia marina che dolce. Alla lett. i) del medesimo art. 142 il legislatore considera zone vincolate anche quelle umide comprese nell'elenco previsto dal D.P.R. 13 marzo del 1976, con cui si è data esecuzione alla Convenzione firmata a Ramsar il 2 febbraio del 1971.

Tale convenzione aveva lo scopo di individuare e tutelare l'habitat degli uccelli acquatici. In base alla L.R. n. 45 del 1989, art. 10 bis nelle zone umide di cui al citato elenco vigeva un divieto d'inedificabilità assoluta, divieto ribadito nella Legislazione Regionale n. 4 del 2008.

La tesi sostenuta dai prevenuti si fonda sulla premessa che la zona in questione non essendo inclusa nell'elenco di cui decreto Presidenziale citato non è sottoposta alla disciplina prevista per le aree tutelate per legge. L'assunto non può essere condiviso perchè le zone cosiddette umide si riferiscono a diversi tipi di specchi d'acqua, comprese quelle salate o salmastre ,come risulta dalla definizione contenuta nell'art. 1 della Convenzione. Esse sono tutelate perchè costituiscono l'habitat degli uccelli acquatici.

Dalla mancata inclusione di uno specchio d'acqua nell'elenco Ramsar non si può però trarre l'automatica conclusione che non si tratti di bene tutelato per legge, ma solo che tale specchio d'acqua non assume rilievo come habitat di uccelli acquatici e quindi non viene incluso nell'elenco di cui al citato decreto presidenziale. Se lo specchio d'acqua non incluso nell'elenco Ramsar, perchè non costituisce habitat di uccelli acquatici, è costituito da acqua marina, è assimilabile ai beni di cui alla lettera a) se fa parte del demanio marittimo, se costituito da acqua dolce è assimilabile ai beni di cui alla lett. b) se, per le sue dimensioni e caratteristiche, può considerarsi un lago. In definitiva non costituiscono beni tutelati per legge le sole zone umide, non comprese nell'elenco Ramsar, allorchè per le loro caratteristiche non sono assimilabili nè ai laghi nè alle acque demaniali marittime, perchè se sono assimilabili a tali tipi di acque sono sottoposti alla relativa disciplina,a nulla rilevando che non siano inserite nell'elenco Ramsar, il quale,come sopra precisato, ha unicamente lo scopo di individuare e tutelare l'habitat di uccelli acquatici.

Ciò precisato, lo specchio d'acqua in questione, che impropriamente viene chiamato stagno, ma si tratta più precisamente di una laguna viva perchè è collegato con il mare, è inquadrabile nei beni tutelati a norma dell'art. 142, lett. a) trattandosi di acque demaniali marittime: a) perchè sono sorte dal mare nel corso degli anni, dal quale sono divise da un'esigua striscia costiera; b) perchè era(no) e continua(no) ad essere collegat(e) con il mare anche se allo stato il collegamento è regolato da un sistema di chiuse per adeguarl(e) alle esigenze delle saline e della pesca (peraltro, secondo l'orientamento di questa corte, è del tutto irrilevante che la comunicazione con il mare sia assicurata dall'opera dell'uomo - cfr Cass. n 13677 del 2006); c) perchè utilizzat(e) per la pesca marittima che costituisce un uso tipico del bene demaniale marittimo … .

Pertanto la distanza dalla linea della battigia andava computata dalla sponda della laguna, trattandosi di litorale bagnato dall'acqua marina facente parte di un bene demaniale marittimo. Siffatto orientamento corrisponde sia alla lettera che alla ratio legis ed è stato esplicitato dall'Amministrazione regionale con la circolare n 16210 del 1986 adottata proprio dopo la L. n. 431 del 1985, che all'art. 1, lett. a) considerava bene tutelato per legge la fascia costiera per una profondità di trecento metri dalla battigia, allo scopo precipuo di individuare la linea della battigia nei casi di specchi d'acqua collegati con il mare ossia nei casi di specchi d'acqua aventi natura demaniale marittima. L'art. 1 della citata Legge è stato trasfuso nel D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 146 ed infine nel D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142. Quindi l'interpretazione prospettata dall'Amministrazione nel 1986 si deve ritenere ancora valida perchè il dato normativo non ha subito modificazioni. Pertanto le amministrazioni comunali, nell'approvare i piani di lottizzazione e nel rilasciare le concessioni edilizie , avrebbero dovuto adeguarsi all'orientamento espresso dall'amministrazione regionale, posto che l'anzidetta interpretazione non presentava profili d'illegittimità o di contrasto con la legge statale.

Contrariamente all'assunto de(l) ricorrent(e) la circolare anzidetta non è stata smentita da quella adottata in materia di condono, sia perchè quest'ultima circolare aveva unicamente la finalità di individuare gli abusi condonabili, sia perchè dalla stessa circolare non emerge che l'amministrazione (regionale), facendo riferimento agli specchi d'acqua intermedi, abbia inteso alludere anche a quelli aventi natura demaniale marittima. Anzi una corretta interpretazione della circolare sul condono induce a ritenere che l'amministrazione regionale, facendo riferimento agli specchi d'acqua che si frappongono tra la costruzione e la linea esterna della costa abbia inteso alludere esclusivamente a quegli specchi d'acqua non assimilabili per le loro caratteristiche ai laghi o ai beni demaniali, altrimenti la circolare si sarebbe posta in contrasto con la legge” (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 10/6/2009 n. 38921).

Resta in questa sede da puntualizzare che alla luce delle risultanze del sopralluogo in situ disposto da questa Sezione con ordinanza n. 702/2012, non possono ormai sussistere più dubbi sul fatto che gli stagni “Spiaggia Porto Pino” e “Is Brebeis” risultino stabilmente collegati al mare.

E’ stata, infatti, riscontrata quantomeno la presenza di un varco (seppur regolato da chiuse) che permette l’ingresso delle acque marine negli stagni in corrispondenza del primo canale descritto nel verbale di sopralluogo del 21/9/2012.

Alla luce delle esposte considerazioni la doglianza in esame è da respingere, posto che è incontestato (ma peraltro emerge anche dalla documentazione agli atti) che le opere realizzate ricadano nella fascia dei 300 metri misurata a partire dalla linea in cui le acque dei due stagni battono sulla terra ferma dell’isolotto di “Corrumanciu”.

Altrettanto infondata, è la censura di cui alla lett. d).

Come sopra rilevato, l’autore dell’impugnato provvedimento di diniego della reclamata compatibilità paesaggistica, ha correttamente ascritto l’area interessata dall’intervento edificatorio della “Isolotto Immobiliare” ai beni vincolati ex lege. Tanto basta a rendere la determinazione assunta immune dal vizio dedotto, essendo il potere esercitato, per questo aspetto, privo di margini di discrezionalità.

Le censure di cui ai punti b) e c) sono invece inammissibili, atteso che l’intimata amministrazione non ha rilevato, sull’area oggetto della denegata compatibilità paesaggistica, la presenza di vincoli diversi da quelli di cui all’art. 1, comma 1, lett. a della L. n. 431/1985.

Per le stesse ragioni risulta inammissibile l’impugnazione del decreto ministeriale 16/10/2001 istitutivo del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna. Nel provvedimento impugnato manca, invero, qualunque riferimento a vincoli derivanti dall’istituzione del detto parco.

Col secondo motivo la ricorrente deduce che l’autorità procedente avrebbe provveduto senza prima acquisire agli atti la relazione paesaggistica richiesta dall’art. 2 del D.P.C.M. 12/12/2005.

Il motivo è infondato.

Il citato articolo 2, laddove configura la relazione paesaggistica come documento essenziale ai fini del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, fa evidente riferimento alle sole ipotesi in cui questa possa essere rilasciata.

Ma come si ricava dall’art. 3 della L. R. 25/11/2004 n. 8 e successivamente dall’art. 12, comma 2, delle N.T.A. del Piano Paesaggistico Regionale, approvato con delibera della Giunta Regionale 5/9/2006 n. 36/7, l’area di proprietà della ricorrente era soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta, per cui ai fini del necessitato diniego non occorreva l’acquisizione della detta relazione.

Col terzo motivo l’istante lamenta il contrasto dell’avversato provvedimento negativo con una precedente valutazione positiva dell’intervento resa, seppur ad altri fini, con determinazione del Direttore del Servizio Conservazione della Natura e degli Habitat dell’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente 28/5/2002 n. 1259, nonché il difetto di istruttoria che inficerebbe il provvedimento impugnato.

La doglianza è inammissibile.

Il potere nella specie esercitato, stante l’assoluta inedificabilità dell’area di che trattasi, non presentava margini di discrezionalità e ciò, com’è noto, rende inconfigurabili vizi di eccesso di potere.

Il ricorso va, in definitiva in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile.

Spese ed onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti dell’amministrazione regionale, mentre possono essere compensati nei riguardi di quella statale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile, secondo quanto specificato in motivazione.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’amministrazione regionale, liquidandole forfettariamente in complessivi € 4.000/00 (quattromila), oltre accessori di legge.

Compensa le suddette spese nei confronti dell’amministrazione statale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Scano, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

Tito Aru, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)