Cass. civ., sez. VI, 28.11.2012, n. 21204: il frazionamento abusivo di una villa in due autonomi appartamenti determina incommerciabilita’ dell’intero fabbricato.

di Ennio MORO

 

  1. Il CASUS DECISUS.

 

Con due scritture private, rispettivamente del 24.8.1990 e del 23.3.1992, Tizio prometteva in vendita a Caio due appartamenti siti in (OMISSIS), alla contrada (OMISSIS), rispettivamente al piano rialzato e al primo piano. Pur avendo il promissario acquirente puntualmente adempiuto all'obbligo di pagare il prezzo posto a suo carico, il promittente alienante si era rifiutato di addivenire alla stipula dei contratti definitivi. Caio, pertanto, conveniva Tizio dinanzi al Tribunale (OMISSIS), per sentir emettere sentenza ex art. 2932 c.c. di trasferimento in suo favore degli immobili promessi in vendita, con condanna del convenuto al pagamento della penale pattuita. Nel costituirsi, Tizio contestava la fondatezza dell'avversa pretesa e chiedeva, in via riconvenzionale, la risoluzione del preliminare per grave inadempimento.

Con sentenza del 12.12.2002, il Tribunale rigettava la domanda attrice, per mancanza della dichiarazione di regolarità urbanistica di cui alla L. 28.2.1985, n. 47, art. 40, co. 2; dichiarava, inoltre, l'inammissibilità della domanda riconvenzionale, non avendo il convenuto, nel termine assegnatogli, provveduto ad integrare la propria domanda con l'indicazione delle ragioni della chiesta risoluzione.

Avverso la predetta decisione proponevano appello principale Caio e appello incidentale Tizio. La Corte di Appello di (OMISSIS), con sentenza depositata il 17.2.2010, rigettava il gravame principale e dichiarava inammissibile quello incidentale. La Corte, in particolare, riteneva che la documentazione (autorizzazione rilasciata il 2.1.1971 dal Comune) prodotta dall'appellante principale non era conforme a quella richiesta alla L. 28.2.1985, n. 47, art. 40, comma 2, avendo ad oggetto la costruzione di una villa al mare in contrada (OMISSIS) e che, stante la mancata indicazione, nell'autorizzazione medesima, delle caratteristiche costruttive, la stessa non poteva identificarsi con i due immobili oggetto dei preliminari in contestazione.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre Caio denunciando, tra l’altro, violazione o falsa applicazione della L. 28.2.1985, n. 47, art. 40 sostenendo che:

-gli immobili promessi in vendita sono stati edificati in base a regolare autorizzazione edificatoria di cui al "nulla osta per esecuzione lavori edili" del 1971;

-contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, il collegamento tra l'autorizzazione in questione e gli immobili promessi in vendita risulta pienamente provato dalla documentazione prodotta nel giudizio di merito (atto per notarile del 17.1.1980, con allegato frazionamento ed atto notarile del 17.12.1981) e non compiutamente analizzata dal giudice del gravame.

La Corte Suprema, ritenendo insussistenti i denunciati vizi della sentenza di secondo grado impugnata, con l’ordinanza in rassegna, rigetta il ricorso argomentando che “in mancanza della documentazione richiesta dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, da cui il giudice possa trarre elementi (le caratteristiche costruttive) idonei a dimostrare la regolarità urbanistica degli immobili promessi in vendita (due appartamenti, rispettivamente al piano rialzato e al primo piano) all’originario immobile (villa) edificato in forza della rilasciata autorizzazione sindacale, è preclusa la possibilità di pronunciare sentenza di esecuzione specifica dei due contratti preliminari stipulati dalle parti in quanto tale sentenza, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può certo realizzare un effetto maggiore o diverso da quello che, in materia immobiliare, sarebbe stato possibile alle parti o che, comunque, eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l'autonomia negoziale delle parti” (tra le tante, v. Cass. Civ. nn. 20258/09; 59/02; 1199/97; 13024/92)”.

 

  1. CONSIDERAZIONI DI DIRITTO

 

Qualche breve considerazione va ora necessariamente svolta per la migliore comprensione della decisione.

Per regolarità urbanistica - che deve essere verificata in fase di stipulazione dell’atto di trasferimento di diritti reali inerenti edifici ex L. n. 47/85, art. 40, 2 comma - si intende la corrispondenza tra lo stato di fatto ed il titolo abilitativo con cui il comune ha autorizzato la realizzazione dell'immobile.

In effetti, la regolarità urbanistica di un immobile implica un accertamento di corrispondenza tra il progetto autorizzato dal comune e lo stato di fatto dell’immobile all’atto della stipulazione del rogito, tanto perché l'edificio, in costanza della sua esistenza, potrebbe aver subito vicissitudini edilizie. Nel caso di non conformità urbanistica dell’immobile al progetto originariamente assentito con il titolo abilitativo e manchi la sanatoria, l’immobile a norma della citata L. 47/85 è giuridicamente indisponibile alla negoziazione in quanto sprovvisto della conformità urbanistico-edilizia.

Quando si parla di opere di trasformazione del territorio in violazione del parametro di legalità urbanistica ed edilizia ci si riferisce, difatti, non solo a quelle in violazione dei precetti degli strumenti urbanistici o del regolamento edilizio ma anche a quelle caratterizzate dall’inosservanza delle modalità esecutive dell’opera come risultanti dai suddetti strumenti e dalla licenza edilizia stessa (titolo legittimante), oltre che dalla legge (cfr. Cass. Pen. SS.UU., n. 11635/93); e la Licenza edilizia, titolo reale come gli altri titoli legittimanti le attività, è difatti idonea a definire esaurientemente lo statuto urbanistico-edilizio dell’intera opera mediante il rinvio alle rappresentazioni grafiche del progetto allegato (cfr. Cass. Pen. SS.UU., 12.11.1993).

La comminatoria di nullità dei contratti ad effetti traslativi di diritti reali riguarda, infatti, i casi di immobili costruiti non solo in assenza della licenza o concessione (e manchi la prescritta documentazione alternativa concessione in sanatoria o domanda di condono corredata dalla prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione) ma anche gli immobili contrassegnati da difformità totale o da variazioni essenziali rispetto al progetto originario assentito con licenza o concessione edilizia (e manchi l’emissione di una concessione in sanatoria), come è reso sistematicamente palese, tra l'altro, dal fatto che la L. 47 del 1985, accomuna, anche sotto il profilo delle sanzioni amministrative e penali (rispettivamente, artt. 7 e 20, contenuti nel Capo I, a sua volta richiamato dall'art. 40, comma 1), le ipotesi di costruzione in totale difformità o con variazioni essenziali a quella in assenza di concessione ed equipara, in caso di costruzioni in zone sottoposte a vincolo paesistico (art. 8, ultimo co.), le variazioni essenziali alla totale difformità.

La legge, pertanto, mira ad attrarre nella comminatoria di nullità contrattuale i casi riguardanti immobili, o loro parti, che al momento della stipulazione risultino diversi dalla previsione progettuale assentita con la licenza o la concessione rilasciata si da non poter essere più ricondotti alla stessa e manchi l’emissione di una concessione in sanatoria.

Per determinare la trasferibilità o meno della costruzione è, in effetti, appagante fare ricorso al criterio della "riferibilità iniziale della costruzione al progetto originario assentito" (licenza, concessione, permesso anche in sanatoria) integrato dal criterio fondamentale dell’ “epoca di effettiva costruzione”.

E’ alla vicenda costruttiva che bisogna fare riferimento, con conseguente commerciabilità o trasferibilità del bene qualora sussista tale “riferibilità iniziale dell'edificio da trasferire al progetto originario assentito” e ciò risulta evidente dal fatto che il secondo co. dell’art. 40 della L. 47/85 dispone la nullità dei contratti ad effetti traslativi di diritti reali relativi agli edifici che siano “in tutto o in parte abusivi” e che il primo periodo del secondo co. dell’articolo in parola impone la dichiarazione in contratto anche degli estremi della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell’art. 31 della L. 47/85; e proprio il collegamento con l’art. 31 è determinante perché rivela la consapevolezza del legislatore che anche edifici realizzati in base a regolare concessione edilizia possono essere successivamente trasformati in modo da far venir meno la “riferibilità iniziale dell’edificio al progetto originario assentito” e rendere necessaria, ai fini della validità degli atti, l’indicazione della sanatoria per condono edilizio. La “riferibilità iniziale dell’edificio al progetto originario assentito” viene ovviamente meno allorché sull’edifico, (o su parte di esso) munito di regolare permesso, risultino, successivamente al 1.9.1967, illecitamente eseguite opere in tutto difformi da quelle in origine assentite ed integranti tipologie di interventi necessitanti nuovi permessi.

Con la pronuncia che si commenta, la S.C., per la precisione, torna ad occuparsi del fenomeno del frazionamento di fatto di un’unità immobiliare urbana (villa) mediante la suddivisione della stessa in due unità (due appartamenti, rispettivamente al piano rialzato e al primo piano) sotto il rilevante profilo delle conseguenze civilistiche sul regime di circolazione del bene (c.d. commerciabilità), conseguenze che attengono alla validità degli atti di disposizione del bene stesso.

Collocandosi nel solco tracciato da molti anni dalla giurisprudenza della S.C., occorre preliminarmente chiarire che “il frazionamento di un’unica unità preesistente in due o più unità costituisce un’azione edilizia necessitante il preventivo rilascio di una concessione edilizia in quanto che le caratteristiche e la consistenza delle nuove unità immobiliari ottenute, aventi una propria individualità funzionale, arrecano concreto pregiudizio all'assetto urbanistico del territorio perché strumentali a determinare un aggravio del carico urbanistico stante la sopravvenuta, continuativa fruizione dei nuovi locali da parte di stabili occupanti” (cfr. Cass. Pen. n. 41541/09).

La Cassazione Civile, in simmetria con quanto appena chiarito, è quindi pervenuta (cfr., ex plurimis, Cass. Civ. nn. 10703/94; 1701/09; 25040/09; 9046/12) ad affermare che il “frazionamento abusivo dell’unità immobiliare urbana in più unità abitative autonome priva l’edificio della regolarità urbanistico-edilizia che costituisce requisito giuridico essenziale ai fini della sua commerciabilità e del suo legittimo godimento”.

“La L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2”, si legge nella decisione in esame, “stabilisce che: gli atti tra i vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31, ovvero se agli atti stessi non viene allegata copia conforme della relativa domanda, corredata della prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui all'art. 35, comma 6".

Orbene, poiché la presenza o la mancanza della licenza edilizia non possono essere affermate in astratto ma devono esserlo in relazione ad una concreta opera, la normativa in esame richiede che la parte renda una dichiarazione veridica, completa ed idonea allo scopo ovvero dichiari gli estremi della concessione ad edificare (o di quella in sanatoria) attinente alla realizzazione dell'intera costruzione oggetto di contrattazione ad efficacia reale, onde è onere del dichiarante specificare, a pena di nullità del contratto, la realizzazione o la modifica alla singola porzione immobiliare oggetto di trasferimento ove abbiano avuto luogo in assenza di concessione.

Ne consegue che, “in assenza della dichiarazione degli estremi della concessione edilizia o della allegazione della domanda di concessione in sanatoria con gli estremi del versamento delle prime due rate della relativa oblazione, il giudice non può pronunciare la sentenza di trasferimento coattivo di diritti reali su edifici o loro parti, prevista dall'art. 2932 c.c., in quanto tale sentenza, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può certo realizzare un effetto maggiore o diverso da quello che, in materia immobiliare, sarebbe stato possibile alle parti o che, comunque, eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l'autonomia negoziale delle parti (tra le tante, v. Cass. Civ. nn. 20258/09; 59/02; 1199/97; 13024/92).

Dunque, ai sensi e per gli effetti della L. 47/85 in presenza di rilascio di una licenza edilizia sulla base di un progetto approvato, la dichiarazione degli estremi della licenza ottenuta per la prima edificazione dell’edificio non sostituisce il condono edilizio, il quale va richiesto prima della stipulazione dell’atto traslativo di diritti reali (e la domanda inoltrata deve essere allegata all’atto) e comunque ottenuto, per tutti gli abusi maggiori commessi successivamente al 1.9.1967 sull’immobile.

In definitiva, la pronuncia n. 21204/2013 della S.C. di Cassazione è pienamente condivisibile. D'altronde, è evidente che l'intervento di frazionamento immobiliare, comportando aumento di unità immobiliari, porti alla creazione di un organismo edilizio totalmente diverso dal precedente e ciò è tanto più vero allorché l’azione edilizia comporti aumento di volumetria e superficie, cambio di destinazione d'uso nonché modifica della sagoma.

  1. Il TESTO DELLA PRONUNCIA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE - SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GOLDONI Umberto - Presidente - Dott. MATERA Lina - rel. Consigliere -

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere - Dott. BERTUZZI Mario - Consigliere - Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9180-2011 proposto da: S.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA STIMIGLIANO 5, presso lo studio dell'avvocato CODOGNOTTO FABIO, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso; - ricorrente -

contro

S.C.; - intimato -

avverso la sentenza n. 176/2010 della CORTE D'APPELLO di BARI del 15.1.2010, depositata il 17/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/11 /2012 dal Consigliere Relatore Dott. UNA MATERA. E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

Svolgimento del processo

 

Il relatore della Sezione ha depositato in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c.:

"1) Con atto di citazione notificato il 2-6-1998 S.S. esponeva che con due scritture private rispettivamente del 24-8-1990 e dei 23-3-1992 S.C. gli aveva promesso in vendita due appartamenti siti in (OMISSIS), alla contrada Salata, rispettivamente al piano rialzato e al primo piano; che pur avendo l'attore puntualmente adempiuto all'obbligo di pagare il prezzo posto a suo carico, il promittente alienante di era rifiutato di addivenire alla stipula dei contratti definitivi. Tanto premesso, l'attore conveniva S.C. dinanzi al Tribunale di Trani, per sentir emettere sentenza ex art. 2932 c.c. di trasferimento in suo favore degli immobili promessi in vendita, con condanna del convenuto al pagamento della penale pattuita.

Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza dell'avversa pretesa e chiedeva in via riconvenzionale la risoluzione del preliminare per grave inadempimento.

Con sentenza del 12-12-2002 il Tribunale rigettava la domanda attrice, per mancanza della dichiarazione di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2; dichiarava, inoltre, l'inammissibilità della domanda riconvenzionale, non avendo il convenuto, nel termine assegnatogli alla prima udienza, provveduto ad integrare detta domanda con l'indicazione delle ragioni della chiesta risoluzione.

Avverso la predetta decisione proponevano appello principale S.S. e appello incidentale S.C..

La Corte di Appello di Bari, con sentenza depositata il 17-2-2010, rigettava il gravame principale e dichiarava inammissibile quello incidentale. La Corte territoriale, in particolare, riteneva che la documentazione (autorizzazione rilasciata il 2-1-1971 dal Sindaco del Comune di Bisceglie) prodotta dall'appellante principale non era conforme a quella richiesta alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2 avendo ad oggetto la costruzione di una villa al mare in contrada (OMISSIS) che, stante la mancata indicazione, nell'autorizzazione stessa, dei dati catastali e delle caratteristiche costruttive, non poteva identificarsi con i due immobili oggetto dei preliminari in contestazione.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre S.S., sulla base di due motivi.

L'intimato non ha svolto alcuna attività difensiva.

2) Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40. Sostiene che gli immobili promessi in vendita sono stati edificati in base a regolare autorizzazione edificatoria, di cui al "nulla osta per esecuzione lavori edili" del 2-1-1971, con cui il Sindaco di Bisceglie autorizzava G.M. a costruire una villa al mare in contrada (OMISSIS). Rileva, in particolare, che la Corte di Appello ha erroneamente rilevato la mancanza, nel predetto nulla osta, dell'indicazione dei dati catastali, potendo l'accatastamento avvenire solo successivamente alla costruzione.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l'omessa ed erronea valutazione delle prove, sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, il collegamento tra l'autorizzazione in questione e gli immobili promessi in vendita risulta pienamente provato dalla documentazione prodotta nel giudizio di merito (atto per notaio Di Donna del 17-1-1980, con allegato frazionamento ed atto per notaio Monterisi del 17-12-1981) e non compiutamente analizzata dal giudice del gravame.

3) Il relatore ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per la manifesta infondatezza dei motivi.

La L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2 stabilisce che "gli atti tra i vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31, ovvero se agli atti stessi non viene allegata copia conforme della relativa domanda, corredata della prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui all'art. 35, comma 6".

Ne consegue che, in assenza della dichiarazione degli estremi della concessione edilizia o della allegazione della domanda di concessione in sanatoria con gli estremi del versamento delle prime due rate della relativa oblazione, il giudice non può pronunciare la sentenza di trasferimento coattivo di diritti reali su edifici o loro parti, prevista dall'art. 2932 c.c., in quanto tale sentenza, avendo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, non può certo realizzare un effetto maggiore o diverso da quello che, in materia immobiliare, sarebbe stato possibile alle parti o che, comunque, eluda le norme di legge che governano, nella forma e nel contenuto, l'autonomia negoziale delle parti (tra le tante v. Cass. 18-9-2009 n. 20258; Cass. 4-1-2002 n. 59; Cass. 8-2-1997 n. 1199; Cass. 9-12-1992, n. 13024).

Nella specie, pertanto, la Corte di Appello, nel negare, in mancanza della documentazione richiesta dalla cit. L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40 la possibilità di pronunciare sentenza di esecuzione specifica dei contratti preliminari stipulati dalle parti, non ha affatto violato la predetta disposizione di legge, ma si è puntualmente uniformata ai principi di diritto sopra richiamati.

Né sussistono i denunciati vizi di motivazione, in quanto la Corte territoriale ha esaminato la documentazione prodotta dall'appellante a dimostrazione della regolarità urbanistica degli immobili oggetto della richiesta di sentenza costitutiva, dando atto della mancanza di elementi (che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non si esauriscono nei meri dati catastali, che evidentemente non potevano essere già presenti al momento dei rilascio dell'autorizzazione, essendo l'accatastamento successivo alla costruzione) idonei a consentire la sicura identificazione degli immobili promessi in vendita con la villa alla quale si riferiva l'autorizzazione a costruire rilasciata il 2-1-1971 dal Sindaco di Bisceglie. Ciò posto, si osserva che il ricorrente, nel sostenere che dalla documentazione prodotta emergeva con certezza il collegamento tra l'immobile edificato in virtù dell'autorizzazione sindacale e gli appartamenti promessi in vendita, propone sostanziali censure di merito, non consentite in questa sede. I vizi di motivazione denunciabili in cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, infatti, non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perché spetta solo a quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova (Cass. Sez. 2, 14-10-2010 n. 21224; Cass. 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21- 4-2006, n. 9368; Cass, 20-4-2006, n. 9234; Cass, 16-2-2006, n. 3436;Cass., 20-10-2005 n. 20322)".

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite.

Motivi della decisione

 

Il Collegio condivide la proposta di decisione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici dalle parti. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Poiché l'intimato non ha svolto alcuna attività difensiva, non vi è pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.