L’AMBIENTE NEL DIRITTO AMMINISTRATIVO: UNA INTERESSANTE (RECENTE) LETTURA.

di Alberto PIEROBON

 

Abbiamo avuto modo di leggere, purtroppo solo ora, alcune parti di un interessante volume curato dai Professori Paolo DELL’ANNO ed Eugenio PICOZZA: si tratta del primo volume (“Principi generali”) di un Trattato di diritto dell’ambiente, Padova, 2012.

La introduzione del Pro. Avv. Eugenio PICOZZA (titolata “Il diritto dell’ambiente: concetto, portata, limiti, problematiche”) in otto pagine magistralmente riassume il percorso e le tendenze del diritto dell’ambiente.

Ci si consenta una osservazione di metodo e di approccio. Spesso noi ci affatichiamo a spiegare agli operatori che il tam tam dei blog, le newsletters di studi specializzati, le ricerche in google non possono dare quelle risposte che servono per le loro (specifiche) problematiche, ma che occorre (come dovrebbe essere chiaro a tutti, ma così non è) una previa selezione e un retroterra di studio (che va al di là dei contenuti e delle disposizioni normative) delle varie questioni, le quali (lo ripetiamo) non trovano facile soluzione compulsando prontuari o risposte da juke box, addirittura capita talvolta di notare come (non pochi) consulenti dell’ultima ora o altri c.d. “esperti” che si sono recentemente affacciati al settore ambientale producano pareri e note che seguono queste “sirene” mediatiche e del facile cliccare il WEB. Ecco che volumi quale quello in esame consentono, a nostro modesto avviso, di tornare agli aspetti non pedagogici, non descrittivi, ovvero portano gli esperti e i consulenti a meglio comprendere la disciplina ambientale senza impantanarsi in banalità, ovvietà, se non a veri depistaggi, od errori, nelle loro letture e decisioni riguardanti talune questioni ambientali, ma pure la lettura di sostanza delle novelle legislative (molte vicende sono significative al riguardo: dal Sistri, alle autorizzazioni, alle tariffe, alle sanzioni, etc.etc.).

Chiaro che poi la pratica e la conoscenza della gestione sono una altra cosa, è lo stesso operatore che deve capire i collegamenti e i fulmini che si accendono tra norma e fatto e tra fatto e norma,nelle varie prospettazioni, ma dopo aver capito la geografia e la mappatura non solo cartacea, bensì del “pensiero” che sta “dietro” la disposizione normativa o nella giurisprudenza.

Occorre (lo ripetiamo spesso a noi stessi) pazienza, dedizione, umiltà e tanto domandarsi prima di “rispondere”.

Confidiamo che i funzionari pubblici sicuramente più inclini dei privati a soffermarsi sulle gazzette ufficiali e sulle circolari (e altro ancora, anche se spesso questa attività viene tacciata essere da “perditempo”!) ricerchino quei nessi, quelle argomentazioni e riconduzioni (financo alla teoria generale) che tanto aiutano a dipanare le matasse quotidiane in cui sono aggrovigliate le diverse norme con le sentenze (di vario rango e livello),a tacer poi dei “signori del diritto”.

Il PICOZZA esordisce indicando, sostanzialmente, il fronteggiamento (pur con tutti i distinguo e le sfumature che non mancano mai) di due approcci, ovvero:

  1. Quello olistico che sotto il bene immateriale dell’ambiente ricomprende tutto, evitando altri approcci “solistici” (e per l’Autore sorti da “focolai di integralismo giuridico”) di altri diritti (dell’economia, del governo del territorio, dei beni culturali, del paesaggio,etc.);

  2. E quello “sostanzialmente induttivo-aggregativo” dove <attorno alla magica parola “ambiente” si tenta di aggregare una serie di discipline che sono contestuali, concomitanti, strumentali, succedanee, secondo il metodo dei settori organici di materie> (pag.2).

I Curatori e gli Autori hanno optato per il secondo approccio.

Il PICOZZA ricorda che l’ambiente è, per usare un termine di origine anglossassone, anzitutto una “politica pubblica” che riproduce le caratteristiche giuridiche del sistema. Invero, quel che è la grande novità (non solo grazie alla globalizzazione) che emerge nei meccanismi giuridici e interpretativi delle realtà odierna è il <binomio produttore-consumatore, che va progressivamente sostituendo quello di autorità-libertà o se si vuole di potere pubblico ed autonomia privata> (pag.3) il che si riflette nel rapporto con l’ambiente oggetto della produzione e del consumo, donde, come ben segnala l’A., la necessità di <sviluppare misure di soft law, quale l’educazione e l’informazione ambientale, fin dalla più tenera età> (pag. 3).

Seguono precisazioni sulle distinzioni nei diritti (costituzionale e amministrativo) della “materia” (sul concetto di materia vedasi oltre) di cui all’art.117, comma 2, lett.”s” della Costituzione, non mancando di evidenziare come le definizioni risentano dei <margini di ambiguità e indeterminatezza propri della intera Costituzione> (pag.5), donde la ricerca di un bilanciamento tra principi e valori e il perché, alla fin fine, si ricorra alla cosiddetta interpretazione secondo le regole del caso concreto (pag.5), nelle quali la Corte Costituzionale svolge (si badi: in questo senso e necessariamente) un <ruolo politico>.

La materia ambientale, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, come da tempo alcuni (tra i quali, modestamente, si annovera anche lo scrivente) sostengono, si comprende meglio riscoprendo i diritti e i doveri di cui all’art. 2 della Costituzione.

Al contempo occorre saltare le artificiose divisioni dei vari “diritti” (pubblico e privato; sostanziale e processuale; etc.).

P. DELL’ANNO nel capitolo <Ambiente (diritto amministrativo)> disamina con una chiarezza e sintesi esemplare (anzi, invidiabile) che sviluppa in quasi quaranta pagine (pagg.285-322) il diritto ambientale (non solo amministrativo, proprio perché questo diritto particolare rispetto agli “altri” diritti è stato costì “battezzato”).

Il diritto ambientale sarebbe, infatti, un buon esempio del <c.d. diritto della modernità> dove la tecnologica e il diritto si embricano e si influenzano reciprocamente (vedasi il concetto di fattibilità tecnica, la migliore tecnologia disponibile, etc.) ed è altresì un <diritto innovativo>, davvero anticipatore di tanti istituti, tra i quali citasi, senza pretesa di esaustività:

  • Il diritto di accesso;

  • la legittimazione processuale delle associazioni ambientaliste;

  • l’obbligo di mettere a disposizione del pubblico i provvedimenti autorizzatori emanati dalle pubbliche amministrazioni;

  • le cc.dd. autorizzazioni onnicomprensive;

  • la conferenza dei servizi;

  • lo sportello unico per le attività produttive;

  • i limiti di accettabilità;

  • i procedimenti amministrativi discrezionalissimi;

  • etc, etc..

Ancora, il diritto ambientale tende a ordinare la complessità, stante la pluralità degli interessi coinvolti, la nozione trasversale di ambiente, la peculiarità della metodologia decisionale, la pluralità dei centri di interesse pubblici e privati, etc. etc. : qui il diritto si fa da reattivo a progettuale (pag. 288).

Peraltro, non mancano osservazioni (in linea con le precedenti pubblicazioni del Nostro) critiche verso una <ideologia giuridica integralista che ritiene non possano essere lasciati spazi aperti alla responsabilità individuale, né possano esistere settori non sottoposti a specifica disciplina in funzione permissiva o inibitoria> (pag. 289).

Ma il diritto ambientale è (per usare una felice espressione dell’A.) allora <il cavaliere inesistente> di Calvino?

Su questo aspetto DELL’ANNO ricorda ed evidenzia:

  • la fondamentale dottrina del Suo Maestro M.S. GIANNINI (la notissima concezione tripartita del concetto di ambiente: sanitario, urbanistico e paesaggistico);

  • la spinta comunitaria (più o meno coperta esplicitamente dalle basi giuridiche dei Trattati);

  • l’opera della giurisprudenza comunitaria (vedi sintomaticamente, recentemente, nella disciplina dei rifiuti, l’anticipazione, rispetto al dato normativo, del “sottoprodotto”);

  • la “entificazione” (CAMMELLI) del concetto di ambiente con l’istituzione (Legge n.349/1986) del Ministero dell’Ambiente;

  • l’ordinamento settoriale complesso che vede una <straordinaria varietà di strumenti giuridici posti a disposizione delle autorità amministrative> (pag.293);

  • l’evoluzione delle competenze e delle funzioni in ambito nazionale, fino (con la Legge costituzionale n.3/2001) alla riforma del Titolo V della Costituzione e alla riserva esclusiva statale in campo legislativo (art.117 Cost.).

Su questo ultimo aspetto l’A. non lesina aspre critiche verso la tesi che ha cercato, con vari tentativi (talvolta grazie anche ad una Corte Costituzionale che, all’epoca, ancora doveva chiarire se l’ambiente è, o meno,una “materia”, richiamandosi alla trasversalità dello ambiente, etc.) <di salvaguardare – e se possibile ampliare – il ruolo legislativo ed amministrativo in tema di tutela dell’ambiente svolto fin’allora dalle Regioni, le quali non avevano apprezzato la modifica dell’art.117 sul punto specifico della lettera s)> (pag. 297).

Le argomentazioni dell’A. sono doviziose e alle stesse si rinvia per chi volesse approfondire (vedasi anche il paragrafo 5 <Ancora sulla pretesa regionale di dettare norme ambientali più restrittive di quelle statali>), ricordando, come molti di noi abbiano assistito, in questi anni, a numerosi tentativi regionali (più o meno giustificati) di bypassare l’esclusività con le materie concorrenti o residuali, ovvero di disciplinare regionalmente l’ambiente, utilizzando la regolamentazione in materia di energia, agricoltura, urbanistica, servizi pubblici2, etc.

Il diritto ambientale è poi un “diritto speciale” che presenta, rispetto al diritto amministrativo, elementi distintivi e propri principi giuridici (diversi, se non confliggenti con quelli generali), tra le quali, l’Autore, indica (ne riportiamo solo alcune):

  • La conversione del principio ordinatore del favor libertatis in quello del favor naturae;

  • La compressione del principio di libertà di iniziativa economica da parte dell’interesse ambientale, non preesistendo un diritto soggettivo (art. 41 Cost.) bensì un interesse legittimo suscettibile di molteplici vicende di affievolimento (pag. 314);

  • Il principio di legalità che subisce numerose deleghe, vedasi la amplissima discrezionalità di cui godono le pubbliche amministrazioni in campo ambientale (sintomaticamente con le “prescrizioni” in sede autorizzativa);

  • La temporaneità della autorizzazioni;

  • L’assenza del principio del silenzio-assenso;

  • L’ampia deroga all’intangibilità dei diritti quesiti, etc.;

  • La non ammissibilità della previa notifica di inizio attività in sostituzione di un procedimento permissivo (salvo due casi: recupero in semplificata di rifiuti e le emissioni atmosferiche scarsamente significative);

  • Etc. etc.

La tendenza, lo sappiamo, rimane quella della <progressiva amministrativizzazione del diritto ambientale>3, dove per DELL’ANNO rimane ancora da meglio integrare la disciplina del command and control con quella di incentivazione (o moral suasion) evitando la <ansia precettiva> dei soggetti pubblici, evitando altresì lo <schema binario> del legislatore che quando scrive le norme ambientali prima dispone inibitoriamente (ovvero il “si vieta”) e poi bilancia (se non contraddice) con deroghe ai divieti.

Gli esempi ivi citati dall’autore sono l’art. 187 (miscelazione di rifiuti) e l’art. 104 (scarico di acque reflue) del codice ambientale.

Peraltro, <La codificazione dovrebbe avere la funzione di semplificare il catalogo delle norme disponibili, sia attraverso la loro reductio ad unitatem nei differenti settori, sia mediante la riconciliazione degli istituti, dei procedimenti, delle sanzioni con l’assunzione di principi ispiratori comuni> (pag. 307), in realtà da noi le cose si complicano (vedasi la vicenda dei “principi” introdotti nel codice ambientale solo successivamente) tanto che l’efficacia giuridica dei principi sembra riguardare i pubblici poteri più che i cittadini <Norme di azione, dunque,e non già norme di relazione, e dunque non idonee a conformare le situazioni giuridiche soggettive senza la mediazione del potere amministrativo> (pag. 308).

Per quanto riguarda i procedimenti, l’A. ricorda, tra altri, quelli:

  • concessori (nei servizi pubblici locali, per esempio sul servizio idrico integrato);

  • le registrazioni (iscrizioni in Albi che svolgono anche funzione permissiva o abilitante);

  • i controlli (ispettivi, monitoraggio, raccolta dati, etc.);

  • le pianificazioni;

  • le ordinanze di necessità e di urgenza,

  • sanzionatori;

  • etc.

Circa i soggetti, ricordando (vedi sopra) la pluralità di centri di imputazione si richiamano i criteri dell’adeguatezza (art.118 Cost.) e altri, non mancando di notare come il Ministero dell’Ambiente (nell’ambito del quale, attualmente, il Prof. Avv. Paolo DELL’ANNO svolge l’incarico di consigliere giuridico del Ministro Clini) sia diventato un <super-ministero> sia per la amministrazione attiva sempre più allo stesso attribuita, sia per le ingenti risorse finanziarie gestite (si pensi ai siti di interesse nazionale SIN e loro bonifiche, con il procedimento di transazione ambientale e pure a quelle dell’art.252-bis del codice ambientale sui siti destinati a iniziative di riconversione industriale), agli enti che “dipendono” dal Ministero (ISPRA, CONVIRI, Albo nazionale gestori ambientali, ISS, CNR, etc.).

1 Pubblicato in Gazzetta enti locali on line, Maggioli, 24 settembre 2012.

2 Da ultimo abbiamo l’impressione che la recente novità costituita dalle “reti di imprese” (teoricamente tesa a far superare le difficoltà in cui versano le piccole e medie imprese, costituendosi, appunto sinergicamente in reti, ottimizzando risorse e conoscenze onde perseguire in modo efficiente e innovativo i propri obiettivi , di prodotto o di processo) diventa un pretesto, da parte di alcune Regioni per surrettiziamente eludere la disciplina sui servizi pubblici locali, facendo ottenere contributi comunitari a realtà pubbliche che manterranno i loro piccoli “feudi” (in rapporto di in house) nonostante la costituzione di reti che paiono piuttosto salvaguardare lo status quo (oltre che a sottrarre risorse per le aziende private) sotto la scorza dell’innovazione.

3 Che abbiamo già, in una ottica diversa, illustrato nel Nuovo Manuale di diritto e di gestione dell’ambiente (a cura di A.PIEROBON), Rimini, 2012 al quale si permette rinviare anche nel cambiamento del metodo, del linguaggio e delle tattiche con le quali si assiste ad una vera e propria ibridazione tra il pubblico e il privato, sperando dualità e manicheismi (ovvero smascherando quanto prima avveniva dietro il sipario pubblico).